Pastorale Giovanile

    Home Indice

    Pastorale Giovanile

    Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email


     

    Giovani e religiosità


    Uno scenario in trasformazione accelerata

    La religiosità, come è noto, sta vivendo nel contesto dei paesi occidentali una profonda trasformazione, che sta interessando chiaramente anche il nostro paese. Alcuni fenomeni appaiono ormai evidenti.
    L'universo religioso dell'Occidente, seppure ancorato alla tradizione cristiana, appare sempre più caratterizzato da una pluralità di convinzioni e dalla convivenza di differenti religioni.
    Il tratto religioso del singolo è sempre meno un fatto che potremmo chiamare ereditario dovuto all'appartenenza a un preciso territorio e un determinato contesto per diventare sempre più frutto di un percorso personale. A una adesione sociale si va sostituendo la costruzione individuale del proprio credo:
    Anche in Italia la religione ha ormai perso il vincolo dell'osservanza, per diventare sempre più oggetto di preferenza. Anche da noi l'individualismo del credere è un tratto culturale, che può dare vita a percorsi religiosi autonomi.
    Oltre a essere individuale, la religione appare sempre più come un fatto privato. La religiosità è vissuta dalla persona, nella maggioranza dei casi, senza dare troppa importanza alle manifestazioni pubbliche delle proprie convinzioni e senza che essa incida in modo radicale sulle proprie scelte di vita. Sono così comuni a molti paesi occidentali sia l'attenuarsi della religiosità popolare (che non significa però diminuzione di una religiosità che potremmo chiamare spontanea che può sconfinare, a volte, nella superstizione e nel magismo) sia la crisi della vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.
    Dentro la società dell'incertezza anche il credo religioso è un processo aperto, segnato da un'attiva selezione da parte dei singoli delle credenze a cui aderire.
    Se questi fenomeni sono evidenti anche nello scenario italiano, tuttavia esso continua a presentare alcuni tratti peculiari che lo rendono un'eccezione: una vivacità sociale del cattolicesimo delle parrocchie, delle associazioni, del mondo del volontariato; un'attenzione pubblica sulle posizioni della Chiesa in ordine soprattutto a tematiche di carattere morale; un'appartenenza e una pratica, seppure in diminuzione, al di sopra della media.
    Se dallo sguardo sulla religiosità in generale ci spostiamo su quella delle fasce giovanili italiane, le ricerche degli ultimi anni mettono in luce un processo di accelerazione delle trasformazioni prima richiamate.
    Appare ormai evidente nei giovani la presa di distanza da un'adesione automatica a un credo in base alla socializzazione religiosa ricevuta; si va così facendo molto più debole nelle nuove generazioni del nostro paese il riconoscimento culturale e relazionale nei confronti della Chiesa tanto da far parlare di «prima generazione incredula».
    La dimensione religiosa permane anche nelle nuove generazioni, ma diventa sempre di più area di scelta personale, non raramente vissuta in forma principalmente individuale. Ha osservato recentemente il sociologo Grassi:

    La religiosità tra i giovani rimane come rumore di fondo sempre più indistinto, di cui si riconosce la presenza e, spesso, l'importanza, che emerge soprattutto in particolari situazioni a forte impatto emotivo, ma che non rappresenta di per sé, nella maggior parte dei casi, un riferimento costante e saldamente ancorato all'interno del processo dí identità.

    Si sta passando sempre più velocemente da una religiosità ereditata a una adesione «scelta», attraverso un cambiamento ben descritto da Castegnaro: «Dal credere in Dio si passa a credere nel mistero di Dio (o a flirtare con il mistero), dalla dogmatica alla mistica, dalla teologia alla poesia».
    Segni evidenti di questa accelerazione e trasformazione si trovano anche nei dati sull'appartenenza religiosa e la pratica raccolti dalla presente ricerca.

    Un'appartenenza rarefatta

    In una ricerca del 2010 svolta dall'Istituto Iard su un campione di 1.000 giovani tra i 18 e i 29 anni venne registrato un profondo cambiamento nell'appartenenza religiosa con quello che possiamo definire un vero e proprio tracollo dell'adesione alla religione cattolica. Rispetto infatti alle rilevazioni (sempre Iard) del 2004 i giovani che si dichiaravano cattolici nel 2010 passarono dal 66,9 al 52,8%. I dati della nostra indagine se da un lato ci dicono che la discesa ha subìto un arresto, dall'altro lato però ci confermano il trend di progressiva erosione del senso di appartenenza dei giovani italiani verso il credo cattolico. Se infatti all'inizio del secolo la proporzione era di due giovani cattolici su tre, oggi essa si attesta ormai sull'uno su due: l'appartenenza si fa sempre più diversificata e rarefatta.
    I giovani che si dichiarano credenti nella religione cattolica sono circa il 56% (esattamente il 55,9%). Si dichiara invece atea il 15,2% della popolazione giovanile, agnostica il 7,8%, credente in una entità superiore ma senza fare riferimento a una divinità specifica il 10,0%.
    Vi è una parte di giovani (6,4%), che si dichiara cristiana, ma senza riconoscersi in una specifica confessione. Appare invece ancora numericamente marginale l'appartenenza alla Chiesa ortodossa e alle Chiese riformate (2,4%), alle cosiddette religioni orientali (0,7%), alle altre religioni monoteiste (1,4%). Per quest'ultima appartenenza però, in ragione dei processi migratori, sembra logico attendersi nei prossimi anni una crescita.
    Il genere risulta avere ancora una forte incidenza nel campo del sentimento religioso e dell'appartenenza a un credo. Le ragazze che hanno dichiarato di credere nella religione cattolica sono infatti oltre il 10% in più dei ragazzi, così come le giovani che si dichiarano non credenti sono il 6% in meno dei coetanei di sesso maschile
    Altrettanto rilevante appare l'incidenza del territorio in cui si vive; risulta infatti una differenza di più di 20 punti in ordine all'adesione alla religione cattolica tra l'area del Sud e delle Isole rispetto al In tutto il Nord Italia i giovani che si dichiarano cattolici sono già sotto il 50%. L'andamento di questo dato andrà nei prossimi anni esaminato con molta attenzione, in quanto alcune rilevazioni svolte a carattere locale fanno pensare che anche nel Nord ci sia una situazione ancora diversificata, con contesti dove la percentuale risale oltre il 50%.
    Non risulta avere una influenza determinante nella scelta della fede dei giovani il fatto di aver conseguito un titolo di studio medio-alto (laurea o diploma di scuola secondaria di secondo grado) oppure un titolo di studio di grado inferiore. Si dichiarano infatti credenti nella religione cattolica il 56% di coloro che hanno conseguito una laurea o un diploma e il 55,4% di coloro che hanno un titolo inferiore e, correlativamente, si dichiarano atei il 15,2% dei laureati o diplomati e il 15,4% dei giovani in possesso di un titolo inferiore.
    Sembra invece esserci ancora una certa correlazione tra la convinzione religiosa e il titolo di studio dei genitori. Infatti tende a crescere la percentuale di coloro che si dichiarano non credenti in corrispondenza di un titolo di studio alto sia del padre (17,8%), sia della madre (17,7%), la stessa tendenza si nota tra i giovani che appartengono a una posizione «agnostica». Correlativamente tende a diminuire l'adesione alla religione cattolica, che risulta al 52,3% nei giovani con genitori diplomati o laureati contro il 59,1% nei giovani con genitori in possesso di titoli di studio più bassi. In presenza di genitori con tasso di istruzione e formazione più elevata sembra esserci, perciò, una maggior propensione, seppure percentualmente contenuta, al distacco nei confronti della religione più diffusa nel paese e all'assunzione di un atteggiamento critico verso la dimensione religiosa.
    Per esplorare meglio il rapporto tra il nucleo familiare d'origine e l'appartenenza religiosa è stato chiesto direttamente ai giovani in che misura essi ritengono che la famiglia sia stata importante nella loro decisione di credere o meno. 'Più della metà dei giovani (53,6%) ha scelto la voce «abbastanza» o «molto», mentre il 46,2% ha risposto optando per le voci «nulla» o «poco». Non risultano particolari differenze in rapporto al titolo di studio del giovane e dei suoi genitori, mentre vi sono alcune differenze in merito alle fasce di età: se infatti il 56,2% dei giovani tra i 27-30 anni ha riconosciuto la famiglia come molto o abbastanza importante in merito alla propria religiosità, la percentuale scende tra i 23-26enni al 54,5% per arrivare al 52,1% nella fascia 18-22enni. Si può perciò formulare l'ipotesi, da verificare nei prossimi anni, che la posizione religiosa personale sia percepita dai giovani in modo sempre meno dipendente dall'influenza familiare. Attualmente, però, la percezione di maggiore o minore influenza cambia maggiormente in rapporto alla zona di Italia in cui si vive. Mentre solo il 49,7% dei giovani del Nord-Est dichiara di riconoscere abbastanza o molto influente la propria famiglia in merito al credo religioso, la percentuale sale nell'area Sud-Isole al 57,8%.
    Se andiamo ora a considerare in modo più dettagliato il rapporto tra le diverse posizioni sulla credenza religiosa e le diverse età interne all'arco 18-30 anni, possiamo mettere in rilievo una questione interessante. Aggregando le diverse tipologie di credo in tre macro aree (credenti nella religione cattolica, credenti in altra confessione cristiana o altro credo, atei e agnostici), e incrociandole con tre fasce d'età (18-22; 23-26; 27-30) risulta chiaramente come nella prima fascia sia più accentuata la propensione verso una posizione atea o agnostica (24,7%) a scapito dell'appartenenza alla religione cattolica (54,0%) e come essa vada decrescendo con l'età. Il dato dunque potrebbe essere interpretato nel seguente modo: i più giovani tendono a dichiararsi cattolici con minore frequenza e ad assumere maggiormente una posizione o di negazione o dubbio.
    Questo atteggiamento sembra iniziare ancora prima del sopraggiungere della maggiore età, e più precisamente verso i 16-17 anni. È quanto, ad esempio, rilevato da un'indagine su 600 adolescenti della diocesi di Fidenza dove i ragazzi che si dichiarano atei o agnostici passano dal 9,1% nella fascia 13-14 anni per salire al 26,2% nella fascia 15-17 anni e riscendere al 19,4% tra i diciottenni.
    La maggior propensione dei più giovani verso posizioni atee o agnostiche può essere però interpretata in due modi differenti. Si potrebbe infatti formulare una prima ipotesi, che potremmo chiamare generazionale, che attribuisce la differenza a un vero e proprio cambiamento nella popolazione giovanile caratterizzata sempre di più da un progressivo distacco dalla religione cattolica e dalla religione in generale. È però plausibile anche una seconda ipotesi, che potremmo chiamare evolutiva, secondo la quale è nella fase a cavallo tra l'adolescenza e la giovinezza che la religiosità è messa in maggior discussione per essere poi progressivamente recuperata con maggiore consapevolezza. Le due ipotesi non Sono necessariamente alternative tra loro, occorrerà però esaminare lo sviluppo dell'indagine nei prossimi anni per vedere se in merito alla credenza religiosa sia più rilevante il fattore generazionale oppure quello evolutivo.

    Verso una pratica più consapevole

    Il secondo aspetto, nell'ambito della dimensione religiosa, preso in esame dalla ricerca è quello della cosiddetta «pratica», intendendo con questa espressione la partecipazione ai riti di culto della propria religione di appartenenza. All'interno di coloro che dichiarano una fede religiosa, è evidente che possono esservi diversi atteggiamenti e comportamenti, tanto che, ad esempio, il sociologo Grassi individua all'interno dei giovani che si dichiarano cattolici ben sei tipologie: cattolico fervente, cattolico moderato, cattolico intimista, cattolico ritualista, cattolico occasionale, cattolico lontano.
    Senza entrare nel dettaglio di questa distinzione, anche lo sguardo generale alla pratica religiosa dichiarata dai giovani presenta aspetti di indubbio interesse.
    I giovani che dichiarano di assistere ai riti religiosi tutte le settimane sono il 15,4%, mentre quelli che affermano di non parteciparvi mai sono al 19%. Se aggreghiamo però le ultime due voci (solo «occasionalmente» e «mai») la percentuale di coloro che non praticano sale al 54,5%, il che significa però, correlativamente, che quasi un giovane su due in Italia partecipa, almeno una volta all'anno, a una funzione religiosa.
    Se poí si va a esaminare la pratica all'interno del gruppo dei giovani che si sono dichiarati cattolici, la percentuale dei praticanti settimanali è del 24,1%; di coloro che partecipano al culto una volta al mese è del 16,1% e di coloro che partecipano qualche volta durante l'anno del 27,4%. Vi sono però anche un 28,3% di giovani dichiaratamente cattolici che frequentano il culto solo in particolari occasioni e un 4,2% che non partecipa mai.
    Tornando alla media generale dei praticanti è difficile fare una comparazione precisa con altre ricerche svolte negli anni precedenti per la diversità della formulazione delle possibili risposte, vale comunque la pena richiamarle. Nell'indagine lard del 2004 dedicata alla religiosità giovanile, coloro che avevano dichiarato di assistere alla Messa o alle funzioni religiose di altri culti era il 17,2%, mentre secondo quanto rilevato dalla ricerca sulla religiosità degli italiani pubblicata da Garelli nel 2011, la frequenza settimanale dei riti religiosi risulta essere del 26,5%.
    Sembra essere dunque confermato un processo di contrazione della pratica assidua nelle giovani generazioni e un ampliamento della distanza dal mondo adulto e anziano. Questo processo però non appare con i caratteri di una accelerazione, quanto piuttosto di una continua, lenta erosione. Se infatti andiamo a osservare la distribuzione della pratica nelle diverse fasce d'età possiamo osservare che il dato dei praticanti settimanali resta sostanzialmente costante, mentre va accentuandosi nei più giovani la tendenza a non frequentare mai (al 20,7% tra i 18-22 anni).
    Il maggior numero di non praticanti tra i più giovani potrebbe essere letto anche in questo caso come un intreccio tra un fattore evolutivo e uno più spiccatamente generazionale. Da un lato la diminuzione appare come l'onda lunga della cesura nei confronti della pratica che avviene nel corso dell'adolescenza. Alla domanda: «E quando aveva 16 anni con quale frequenza assisteva ai riti religiosi?», infatti, risulta raddoppiata la percentuale dei frequentanti settimanali (31,5%) e quasi dimezzata (11,5 %) quella di coloro che non frequentano mai. Dall'altro lato, però, proprio la risposta alla stessa domanda, esaminata per fasce d'età mette in luce anche un più precoce distacco dalla pratica nella generazione più giovane. Se infatti il 34% dei giovani tra i 27-30 anni afferma la sua frequenza religiosa quando aveva 16 anni, la percentuale della pratica in età adolescenziale scende al 31,7% tra coloro che hanno oggi tra i 23-26 anni e al 30,2% tra i 18-22enni.
    Quando si pensa al rapporto tra la pratica religiosa si tende solitamente a mettere in luce la maggiore tendenza a frequentare le funzioni religiose da parte del mondo femminile. I dati raccolti rappresentano a questo proposito una conferma solo parziale. Se infatti la percentuale di coloro che non frequentano mai risulta molto più alta nei maschi (23,5%) rispetto alle femmine (14,5%), la forbice va restringendosi tra i praticanti settimanali, tanto che accanto a un 17,7% tra le femmine abbiamo un 13,1% tra i maschi.
    La differenza di genere sembra dunque indebolirsi come fattore determinante rispetto alla scelta di praticare.
    Scompare addirittura, invece, rispetto alla pratica più assidua l'incidenza della zona di residenza che tanto peso ha ancora, come si è visto, in ordine alla posizione del mondo giovanile nei confronti della credenza religiosa. La percentuale dei praticanti settimanali è in effetti sostanzialmente uguale tra le diverse zone del paese, mentre nel Sud-Isole risulta ancora prevalente rispetto alle altre aree una partecipazione occasionale rispetto a una completa assenza di frequenza ai riti religiosi.
    Andando inoltre a vedere le percentuali dei praticanti settimanali tra i giovani cattolici delle diverse zone di Italia, emerge che i più assidui (con il 29,1%) sono proprio quelli del Nord-Est, ossia il gruppo meno numeroso, seguono quelli del Nord-Ovest (con il 27,4%) e, quindi, quelli del Sud-Isole e del Centro (rispettivamente al 21,9 e al 21,8%).
    A una diminuzione dell'adesione religiosa sembra perciò fare da contrappeso una maggiore attenzione alla frequenza al culto da parte di coloro che scelgono di credere.
    Ancora più interessante è quanto emerge prendendo in considerazione la variabile del titolo di studio. Mentre il tipo di titolo posseduto dal padre e dalla madre, come si è visto, ha ancora un qualche peso nella decisione di credere o meno, sembra incidere molto meno sulla scelta dei giovani di frequentare i riti religiosi. Il quadro cambia se si prende in considerazione il titolo di studio posseduto dai giovani; tra i praticanti settimanali prevalgono coloro che hanno un titolo di studio medio-alto, mentre tra coloro che non frequentano mai prevalgono i giovani con titoli medio-bassi. Anche la risposta in merito alla pratica a 16 anni presenta lo stesso andamento.
    Più che l'istruzione dei genitori, dunque, è quella del giovane stesso a risultare fattore condizionante per la pratica religiosa e il titolo di studio alto sembra essere fattore favorevole piuttosto che ostacolante. Come si può interpretare questo dato?
    Possono essere fatte almeno due ipotesi. La prima è che la minor presenza tra i praticanti dei giovani con titoli medio-bassi sia dovuto al fatto che la perdita dello «status» sociale di studente porti con sé (anche per motivi legati a una differente gestione dei tempi di vita) un distacco più rapido dall'ambiente religioso, soprattutto cattolico. La seconda ipotesi è che diventando la pratica sempre meno conseguenza di un'appartenenza sociale per diventare invece frutto di una scelta più consapevole e ponderata, essa trovi un terreno più fertile tra coloro che hanno avuto la possibilità di compiere un percorso formativo più lungo e che perciò hanno avuto la possibilità di sviluppare maggiormente la propensione alla riflessione e alla critica.

    Una fiducia non scontata nella Chiesa

    Accanto alla appartenenza e alla pratica religiosa, la ricerca ci permette di prendere in esame lo stato di fiducia dei giovani italiani nei confronti della principale istituzione religiosa del paese: la Chiesa cattolica. Come vedremo tra poco, i giovani non sono particolarmente fiduciosi nei confronti di una serie di realtà istituzionali e la Chiesa non fa eccezione.
    Già nei dati Iard del 2004 erano il 13,1% i giovani che dichiaravano nulla la loro fiducia nei confronti della Chiesa, il 21,1% che la definivano bassa, il 44,8% né alta, né bassa. Solo il 17,3% dei giovani esprimeva una fiducia alta e il 2,4% una fiducia molto alta.
    Nella presente ricerca è stato chiesto ai giovani di dare un voto da 1 a 10 al loro grado di fiducia. La Chiesa ha ottenuto un voto medio del 4,0 (3,9 per gli uomini, 4,2 per le donne) e una percentuale di voti sufficienti del 33,8% (31,2% negli uomini, 36,8% nelle donne). Si conferma dunque una situazione di bassa fiducia.
    Ha una certa incidenza nel tasso di fiducia nei confronti della Chiesa il contesto territoriale: sono i giovani del Sud ad avere espresso il maggior numero di voti positivi (38,1%) contro il 32,7% di quelli del Nord-Ovest, il 30,1% di quelli del Nord-Est, il 29,9% dei giovani del Centro Italia. La percentuale di voti uguali o superiori al 6 è più alta nei giovani con titoli di studio medio-bassi (35,9%) rispetto a quelli con titoli di studio medio-alti (32,5 %); non vi sono rispetto alle diverse fasce di età particolari differenze, anche se la fascia in cui si è registrata la percentuale più bassa di voti positivi nei confronti della Chiesa è la fascia 23-26 anni (32,8%).
    Il giudizio sulla Chiesa però cambia notevolmente in rapporto all'appartenenza religiosa e alla pratica.
    Tra i giovani che si dichiarano cattolici il voto medio sale al 5,4 (contro solo il 2,6 dei giovani appartenenti ad altri credo e al 2,0 dei giovani atei o agnostici). Nei praticanti settimanali inoltre il voto medio sale al 6,6. La fiducia nei confronti della Chiesa dunque risente molto del diretto rapporto che il giovane ha con essa. Per verificare ulteriormente quest'aspetto sarebbe interessante indagare il tasso di fiducia delle diverse figure che compongono il mondo della Chiesa cattolica (papa, vescovi, sacerdoti, diaconi, laici, missionari, catechisti...). Alcune indagini locali svolte nelle diocesi (ad esempio una ricerca svolta dalla diocesi di Piacenza-Bobbio nel 2006 e una ricerca svolta dalla diocesi di Noto nel 2012 in collaborazione con l'Istituto Toniolo) sembrano confermare una certa differenziazione del grado di fiducia dei giovani nei confronti delle diverse figure che appare più bassa nei confronti delle figure che sentono più lontane da loro (ad esempio i vescovi) e più alta nei confronti delle figure che vedono più vicine a loro o che riconoscono portatrici di scelte radicali (ad esempio i missionari).

    NB. Quanto qui riportato è l'analisi relativa a una parte del capitolo "Una fiducia da coltivare. L'atteggiamento verso la vita, l'appartenenza e la pratica religiosa, il rapporto con le istituzioni", di Pierpaolo Trani, tratto da "La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2013 (Il Mulino 2013), pp.185-200.
    Ad esso abbiamo tolto - per semplificazione e migliore lettura - le tabelle e i riferimenti bibliografici.

     


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu