Pastorale Giovanile

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    Un nuovo valore attribuito al corpo



    Adolescenti che sanno star bene /2

    Domenico Cravero

    (NPG 2006-03-48)


    «Amo pensare che il mio corpo
    sia frutto del mio operato,
    della mia determinazione e tenacia.
    Che sia sotto la mia responsabilità»
    (Jane Fonda)

    In un’epoca ossessionata dalla giovinezza, dalla salute e dalla bellezza fisica ma anche sostenuta dalla fiducia nei risultati delle tecnologie e della conoscenza scientifica, il corpo cessa di essere vissuto come un destino e diventa un compito al quale darsi con impegno e determinazione, pena il proprio e responsabile decadimento.
    Il corpo diventa così un progetto di cui l’individuo è architetto, il risultato di azioni che rendono concreti e realizzabili desideri inizialmente anche indeterminati e incerti, e quindi facilmente condizionabili dagli standard culturali, dal controllo sociale e dalle mode.
    La pedagogia, la spiritualità, le filosofie di vita lungo i secoli hanno accompagnato le nuove generazioni, nell’opera dell’accoglimento del corpo, su un doppio versante: l’accettazione serena del corpo come esso è, e la sottomissione del corpo alla superiorità dell’anima o della mente.
    Il corpo era considerato come destino della sorte oppure accolto come dono di Dio. Si consigliava di controllare il corpo per non appesantire l’anima e la mente. Oggi non è più così. Il corpo diventa tutto: chiede una dedizione totale per la sua causa, la partecipazione attiva e concreta per il miglioramento della propria forma fisica. Le qualità del corpo diventano «plastiche»: si ritiene che sia possibile, applicandosi con volontà e decisione, ottenere l’aspetto che si desidera, senza dover accettare supinamente il corpo che si ha. I difetti possono essere nascosti, cancellati, trasformati; i risultati sperati possono essere raggiunti.
    L’abbondante disponibilità di mezzi economici, tecnologici e di tempo libero stimola l’aspettativa di nuove pratiche e traguardi. La possibilità affascina e invita alla prova.
    Secondo il nuovo valore attribuito al corpo, ogni singolo individuo ha il diritto e il dovere di badare a sé, di cercare il piacere secondo i modi da lui giudicati e opportuni.
    Si lascia libero sfogo alla competizione, all’imitazione, alla copia, perché ognuno realizzi il suo individuale progetto di corpo.
    Piccole imperfezioni, macchie o cellulite, pancia o seno piccolo possono trasformarsi in insopportabili aberrazioni e apparire gravi danni fino a provocare disprezzo per se stessi o per la vita.
    Il grasso è interpretato come il segno evidente di un corpo indisciplinato, una patologia estetica e fisiologica da non accettare, da combattere con il movimento, l’esercizio fisico organizzato, la cosmesi.

    Il corpo adolescente

    Occhi che mi guardano,
    dallo specchio osservano
    occhi a volte un po’ troppo severi
    scrutano per capire quanto c’è
    di diverso come se dalla faccia
    e dai capelli fosse semplice intuire
    se quello riflesso sono ancora io,
    se ogni piccolo dettaglio su quel volto
    è proprio mio, se ce la farò
    ogni giorno ad affrontare
    tutto quello che verrà.
    (Max Pezzali, Me la caverò)

    Il corpo e il suo piacere, dimensioni a lungo mortificate, acquistano negli adolescenti di oggi la loro centralità fino a diventare oggetti di culto. Pratiche sportive e frequentazione delle palestre, ossessioni dietetiche e attenzioni igieniche non sono caratteristiche solo degli adolescenti, anche se, significativamente, costituiscono le espressioni più immediate di quel mito della giovinezza che si pone ormai come un riferimento culturale generalizzato.
    L’investimento sul corpo, che è poi l’oggetto più immediato dell’appartenenza, avviene secondo le modalità più caratteristiche della nostra cultura: l’impulso a sfidare i limiti e la volontà di estendere le proprie capacità, la mancanza di punti di riferimento precisi e fondati e l’eccedenza delle possibilità d’azione.
    Il congedo dalla prima età avviene sostituendo l’esperienza idealizzata dell’infanzia, la nostalgia per il corpo armonioso e perfetto del bambino, con un’immagine sufficientemente appagante di sé, in una condizione fisica e psicologica del tutto nuova, piena di fascino e di passione ma, anche, di altrettanti imprevisti e delusioni. La cura del corpo, oggetto di proprietà esclusiva, vero marchio di se stessi, diventa, per questo, un impegno quotidiano e, a volte, un vero tormento. Attraverso la presentazione pubblica del corpo, la scelta meticolosa dell’abbigliamento, dell’acconciatura, del portamento, l’adolescente esprime bene il senso di dignità che attribuisce alla sua persona.
    La penosa sensazione di uno squilibrio tra lo sviluppo del corpo, l’irruenza dell’intelligenza e la difficoltà nell’accettazione di sé, il contrasto tra l’esteriorità del corpo e l’interiorità delle emozioni e dei sentimenti, nasce dalla facile constatazione che la vitalità del corpo, nel periodo del suo massimo vigore evolutivo, è immediata e costante, mentre, invece, l’accettazione psicologica del nuovo stato fisico è ben più lenta e travagliata.
    Nell’adolescenza il corpo entra in una metamorfosi profonda: improvvisamente estraneo o colto nell’irruenza delle sue pulsioni, luogo della scoperta e dell’avventura ma anche del timore e dell’ossessione. I ragazzi non parlano spontaneamente del loro corpo. È il corpo che parla per loro.
    Tatuaggi e piercing, particolarità e stravaganze del look o del portamento non vogliono perlopiù mettere in evidenze delle appartenenze o mandare dei messaggi, quanto piuttosto esprimere differenza e individualità (di gruppo più che personale), attirare attenzione verso di sé, per presentarsi originali, diversi, riconoscibili. Un’esperienza di sicuro interesse e di profondo impatto è costituita dal linguaggio straordinario della musica, che permette anche al corpo di esprimersi e di mostrarsi in movimento. Il successo delle discoteche è spiegato anche dal bisogno di uno spazio, di un appuntamento, dove poter sperimentare, confrontare e mettere alla prova le infinite potenzialità di un corpo giovane, nel momento del suo massimo fascino e vigore e, nello stesso tempo, di potersi confrontare con pulsioni, violente e impetuose, di un’energia che, nella prima adolescenza, impone, in modi nuovi e imprevisti, la sua esuberanza.

    La frontiera che si può violare

    Corpo perfetto, corpo immortale.
    Il corpo è la frontiera
    che si può violare.
    Santi burocrati sangue d’ipocriti
    La vita spesso è una discarica di sogni
    Che sembra un film
    dove tutto è deciso
    Sotto ad un cielo d’un grigio infinito.
    (Subsonica, Corpo a corpo)

    La riscoperta del corpo nella nostra cultura comporta un cambio di prospettiva dell’immagine di sé. Il corpo va costantemente sorvegliato, non solo per rimediare ai difetti, per recuperare forma e immagine, ma soprattutto per incrementarne le forze, svilupparne la vitalità, farlo eccellere fino alla perfezione («Corpo perfetto, corpo immortale»).
    Ci si guarda allo specchio, si osservano le inevitabili imperfezioni, che si discostano in modo più o meno evidente dall’ideale di corpo che si ritiene degno, e si decide di fare qualcosa. Oggi il corpo è inteso come territorio di sperimentazione, come qualcosa da mettere alla prova per testarne potenzialità e limiti. Si vuole acquisire una vera competenza a proposito del proprio corpo. Le sue qualità sono considerate tutte sottoponibili a possibile manipolazione. Il corpo è diventato docile perché sono cadute le barriere di accesso.
    Nella società occidentale l’avanzamento tecnologico e la globalizzazione delle informazioni sollecitano ad un cambiamento radicale a proposito del corpo, ad un adeguamento continuo e inarrestabile. Contano i gusti, i desideri, le preferenze; non si riconoscono più fini iscritti nella natura. Il corpo non rimanda più ad altro che a sé. Il capovolgimento è radicale: dalle norme collettive si passa ai desideri dei singoli, dal corpo regolamentato al consumo senza pensieri, dal potere dello stato e delle sue leggi alla prospettiva cosmopolita ugualitaria e individualista. Le nuove tecnologie consentono nuovi modi di essere, nuove esperienze del corpo: le biotecnologie modificano la vita nel suo nascere, le conquiste dell’informatica dissolvono il corpo nel cyberspazio.
    La tecnologia non è considerata prevalentemente come rischio bensì come opportunità, mezzo per amplificare l’azione corporea. La concezione del corpo come compito, pratica e dovere, rende provvisoria, discutibile, incerta ogni forma e immagine di corpo. L’identità cessa di essere un dato: è un cantiere aperto che si estende per tutta la vita; la sua nuova qualità è la flessibilità. Ne nasce un’immagine di corpo individualizzato, sensibile al piacere, disponibile ad un’ampia gamma di esperienze emotive, ma fondamentalmente incerto e insicuro.
    Le frontiere del corpo che si possono sfidare riguardano il dentro e il fuori del corpo; gli strumenti della sfida possono essere sia naturali che artificiali e i risultati conseguiti possono essere definitivi oppure temporanei. Fenomeni come il piercing, il tatuaggio, lo scaring e, in termini decisamente più invasivi il trans-gender, sono i segni di una mutazione in atto a proposito del corpo, dove la possibilità di incidere, marchiare, modificare in modo permanente il corpo diventa indicazione inequivocabile della nuova plasticità del corpo. Il corpo è marchiato, non diversamente da come si usa con i «prodotti di marca», per esprimere differenza e individualità, di gruppo più che personale.
    L’estensione delle possibilità, la continua sollecitazione degli stimoli e l’alternarsi frenetico delle esperienze, danno l’impressione di un corpo forte, sicuro e pieno di risorse. Non è così: gli adolescenti vivono una lucida percezione della fragilità della loro condizione, dell’incertezza del loro futuro che li avvolge, spesso, in un silenzio confuso e disarmante.
    Così, una sconfitta sul campo da gioco, uno scarto nei risultati sperati, un insuccesso scolastico possono diventare un dramma insopportabile, possono evocare l’amara sensazione di una sconfitta nella vita vera.

    Il valore della salute

    «Le sostanze dopanti le considero come lo smog in città inquinanti» (Mara, 17 anni).
    Cosa pensi del doping? «Non m’interessa la domanda, ognuno fa ciò che vuole» (Sergio 18 anni).
    «(le sostanze dopanti) le ho provate, e posso dire che sono dannose soprattutto per la mente» (Valerio 21 anni).
    «Gli integratori sono il livello massimo che la stupidità possa raggiungere» (Carlo 17 anni).
    «Gli integratori? Se integrano fanno bene» (Claudio 15 anni).
    (Ricerca Intervento – Corpi allo specchio)

    Il culto del corpo, la sua centralità e continua esposizione, non sono solo una sfida all’educazione tradizionale, una provocazione in nome della scienza e del suo potere. Il corpo è anche un terreno fertile per far germogliare nuove sensibilità etiche e radicare nuovi stili di vita.
    Considerare con cura gli alimenti di cui nutrirsi, dedicare tempo alla palestra, controllare il cibo per non aumentare di peso, non sono necessariamente scelte frivole o insignificanti. Anche scegliere un diverso taglio di capelli o comprare un vestito nuovo, per piacere e piacersi di più, possono essere decisioni di un sano amore verso di sé e di considerazione verso gli altri. Chi appare trasandato o trascurato nella persona, è probabile lo sia anche nel rapporto con gli altri. L’esteriorità della persona ha il suo indiscutibile valore: è metafora e specchio dell’interiorità. Una persona eticamente formata, ascolta il suo corpo, ne segue i desideri che riconosce sani.
    L’esercitazione e il movimento, la pratica sportiva, tonificano il corpo, rilassano, scaricano lo stress accumulato dalla fatica e dalle pressioni quotidiane, prevengono l’insorgenza di problemi fisici cardiocircolatori e di numerose malattie. L’attenta considerazione del corpo, l’esaltazione del movimento, lo sviluppo e la fortificazione della muscolatura, la cura del cibo, la pratica sportiva possono dunque promuove una corretta cultura della corporeità e l’educazione sanitaria. Il tema della salute sta acquisendo centralità e importanza anche presso gli adolescenti. È possibile, però, che molti adolescenti pensino che, per preservare la salute, sia sufficiente perseguire la bellezza, dal momento che la nostra cultura ha enfatizzato l’equivalenza tra giovinezza e benessere, tra bellezza e salute. Questo atteggiamento, ingenuo e riduttivo, potrebbe essere l’eco dei grandi titoli della pubblicità dove si propone «la bellezza per curare l’anima», dove il corpo è presentato come «patrimonio personale di salute e bellezza» e lo sport e il divertimento si praticano «per mantenersi sani e belli».
    Scegliere per la salute vuol dire, invece, molto di più: mettersi sulla via dell’amore alla vita e della qualità della vita. La cura della salute coinvolge i rapporti che ciascuno ha con sé, gli altri, l’ambiente e le stesse prospettive esistenziali.
    Nessuno oggi nega il valore della salute, anzi esso è ossessivamente richiamato ed esibito. Tuttavia il principio della gratificazione istantanea, che è la promessa ingiustificata ma costantemente ribadita dalla degenerazione commerciale, (cioè della massimizzazione del profitto fine a se stesso) mina alla radici la pratica della salute. Così mentre si esalta la vita integra e sana e si riserva al corpo l’attenzione dell’idolo e del feticcio, gli si negano le più elementari attenzioni, soprattutto nel divertimento e nell’alimentazione.

    Una nuova sfida educativa: la politica del corpo

    «Un corpo in forma è muscoloso ed energico. La bellezza dipende dalla grazia di una persona, dai suoi modi di fare» (Serena, 16 anni).
    Il potere sul corpo (il «biopotere») è sempre stato esercitato nel corso della storia ma, oggi, se ne possiede una consapevolezza particolare. Esiste una possibilità biomedica concreta di «violare le frontiere del corpo» mai prima conosciuta.
    Il potere sul corpo per opera della ginnastica e della dieta è conosciuto dalla politica e dalle religioni fin dall’antichità. La modificazione del corpo attraverso il vestito e il trucco è praticata da sempre. Oggi si può intervenire sui corpi, non solo dall’esterno ma dall’interno, manomettendo la struttura stessa della vita. Costantemente gli uomini hanno rimescolato il proprio patrimonio genetico, ma oggi l’ingegneria genetica offre delle possibilità inaudite. Non si tratta soltanto di incidere la pelle, di gonfiare di silicone parti del corpo, di modificare i connotati dell’identità di genere.
    Eppure, più aumenta il suo potere, più la scienza rivela la sua incompletezza; più si fa invasiva la tecnologia, meno sicure appaiono le sue operazioni. La scienza da sola può non essere in grado di assumere decisioni a proposito delle problematiche umane.
    Il potere della tecnologia e della scienza è incompleto perché, in vista di una soluzione soddisfacente delle questioni umane, non è sufficiente l’appello al libero potere individuale.
    L’inarrestabile diffusione dell’abuso delle droghe, a dispetto dell’ingente (spropositato) sforzo, anche economico, profuso nella lotta per contrastarla, è un esempio emblematico.
    La sola considerazione della libertà individuale e l’appello alle conoscenze scientifiche e alle loro applicazioni mediche e tecnologiche, non possono che condurre ad esiti opposti e fallimentari, la liberalizzazione o la repressione. Lo dimostra abbondantemente l’evoluzione contraddittoria della legislazione in materia e i risultati ottenuti. Non appare del tutto dissimile, purtroppo, l’evoluzione della triste vicenda del propagarsi incontrollabile del doping.
    L’individualismo rende manifesto il suo fallimento, particolarmente quando è applicato alla libera gestione del piacere e del benessere del corpo.
    Come ha insegnato M. Foucault, in nome della liberazione di una sessualità rimossa e repressa, il piacere è stato sottoposto ad infinite altre forme di controllo e di disciplina. Dall’aspettativa del piacere spontaneo si è passati alla realizzazione del «piacere costruito».
    Sport e ginnastica, palestre e fitness sono pratiche di estensione e di amplificazione del piacere del corpo e, nello stesso tempo, della sua disciplina. L’osservazione si può estendere anche agli altri domini del piacere: la sessualità, il piacere della vista (come la moda), dell’orecchio (come la musica), del gusto (come il cibo), il consumo delle droghe e l’abuso dei farmaci. Il controllo e il disciplinamento sono la logica conseguenza dell’esistenza dell’«inter-corpo» culturale, dell’ovvia constatazione che il mio corpo nasce da un altro corpo, vive di e con altri corpi.
    L’individualismo vorrebbe fare a meno delle mediazioni culturali ma l’operazione si rivela, per fortuna, impossibile.
    Lo indica anche la più che secolare storia dell’alcol (il cui abuso è uno degli aspetti più gravi e trascurati delle problematiche adolescenziali).
    Questa sostanza naturale capace di modificare lo stato di coscienza, era conosciuta fin dall’antichità più remota. Il frutto della vite è stato coltivato e onorato in tutte le epoche e le civiltà. Il suo uso è stato però sempre culturalmente regolato, perché non eccedesse in abuso.
    Già per i Greci, Dioniso non era il dio dell’eccesso sconsiderato ma l’uscita regolata da sé.

    Educare a partire dal corpo

    «Credo che un buono e costante allenamento, svolto seriamente, possa cambiare, in positivo, il mio modo di vivere, anche quotidiano» (Livio, 15 anni).
    Il corpo è sicuramente un tema esplosivo che rende espliciti i valori e le conquiste ma anche le contraddizioni e le lotte, non solo dei singoli individui ma anche delle loro società.
    Di fronte a sfide nuove e impegnative, si deve ammettere che la presa di coscienza che la corporeità sia uno dei temi centrali nell’educazione dei giovani come degli adulti è ancora insufficiente. Tra i banchi di scuola, come sui posti di lavoro, nelle abitazioni come negli spazi urbani, il corpo è spesso sacrificato e umiliato.
    Uscendo sulla scena del mondo adulto, dopo una fanciullezza iperprotetta ma affettivamente impoverita, gli adolescenti, non sentendosi né aspettati né valorizzati, non possono che esporre il loro corpo (la loro esteriorità), come provocazione comunicativa oppure come potenziale resistenza all’uniformazione, con il rischio di essere interpretati come un sintomo di inquietudine soggettiva (la logora categoria dei «giovani a disagio») o di venire assimilato nella normalità come stravaganza (l’insignificante categoria delle «mode giovanili»).
    È possibile percorrere un’altra strada: fare della corporeità un grande tema di riflessione e di mobilitazione collettiva. Riscoprire il significato essenziale dell’educazione come conferma della persona umana, unica e irriducibile, a partire della sua corporeità. Additare un compito coraggioso per l’educazione fisica: crescere come persone riuscite e integrali grazie al proprio corpo, non facendone astrazione, meno ancora sacrificandolo e umiliandolo. Non in un’ottica individuale ma solidale.


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