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    La «scelta degli adulti» nella Chiesa italiana



    Cesare Bissoli

    (NPG 1990-03-5)


    Come il lettore affezionato sa, «Note di pastorale giovanile» ha realizzato un interessante convegno sul confronto tra giovani e adulti per la costruzione «assieme» di cristiani adulti.
    In due dossier mettiamo il prezioso materiale elaborato a disposizione di un pubblico più vasto di quello che ha partecipato all'incontro. Non si tratta di «atti» nel senso stretto del termine, ma di un ripensamento redazionale.
    Qualche parola la dobbiamo ai lettori, per dare il taglio adeguato ad un discorso che stimiamo qualificante.
    La scelta di affrontare direttamente il problema degli «adulti» non significa né il rifiuto né il ridimensionamento di un orientamento che è centrale nella nostra proposta.
    «Note di pastorale giovanile» crede fortemente alla pastorale giovanile come azione specializzata di tutta la comunità ecclesiale verso i giovani, i figli che ha generato alla vita e vuole riconsegnare alla vita nuova nel Signore della vita.
    E crede che la capacità di misurarsi con l'attuale momento giovanile rappresenti una responsabilità e una carta privilegiata per la pastorale dell'intera comunità ecclesiale..
    Per questo indichiamo nei problemi e nelle sfide che provengono dai giovani il luogo privilegiato per ripensare e qualificare l'intera azione pastorale.

    LA RIAFFERMAZIONE DELLA PASTORALE GIOVANILE

    Come abbiamo già ricordato in altri contesti, non ci entusiasma l'orientamento un po' adultista che sta attraversando alcuni spazi ecclesiali. Lo valutiamo poco realistico rispetto al movimento attuale e minacciato di quei modelli involutivi e integratori, che hanno segnato la prassi educativa del passato. Certamente la fiducia in un'azione privilegiata verso i giovani non significa né giovanilismo né tanto meno tentativo di cavalcare la linea emergente. Connota invece il bisogno di guardare verso il futuro con una chiara attenzione educativa: stare con i giovani da adulti.
    Corrisponde a quel confronto tra modelli culturali, tante volte ricordato per una corretta pastorale ecclesiale; e pone in primo piano l'irrinunciabile responsabilità delle generazioni adulte per la costruzione di una qualità nuova di vita, anche cristiana.

    L'ATTENZIONE NUOVA AL MONDO DEGLI ADULTI

    Da questa prospettiva, riaffermata con forza, ci siamo posti allo studio del mondo degli adulti. Perché l'orientamento e in che senso?
    Le ragioni sono diverse e di differente intonazione.

    Alla ricerca di un dialogo urgente

    L'urgenza di un confronto nuovo tra giovani e adulti nasce prima di tutto dal versante dell'esito. Ci spieghiamo.
    Questi ultimi due decenni sono stati caratterizzati da un distacco, spesso duro e teorizzato, tra giovani e adulti. Ha risentito degli scompensi soprattutto la generazione giovanile. Ne abbiamo parlato a lungo, in preparazione al convegno citato, interpellando in prima persona esperti e protagonisti.
    Le cause sono molte e differenziate. E non possiamo certamente imputare al dialogo mancato una responsabilità molto più generalizzabile.
    D'altra parte però ci sembra urgente riallacciare il contatto.
    Oggi le cose procedono in una direzione più favorevole. Il tempo del silenzio sembra superato e quello della contrapposizione dura ormai finito.
    I giovani interpellano gli adulti. Qualcuno lo fa esplicitamente, alla ricerca di ragioni per vivere e sperare. Altri lo fanno implicitamente, nella coscienza riflessa dei loro educatori.
    Purtroppo però non mancano le delusioni. Il confronto con gli adulti e con i modelli in cui si esprime la loro pastorale qualche volta spegne il dialogo appena iniziato.
    Per questo è importante sfondare i confini: chiedere verifiche al mondo degli adulti, per restituire credibilità e capacità propositiva; sollecitare i giovani a maturare come uomini nuovi «assieme» agli adulti con cui di fatto condividono l'esistenza quotidiana.

    La necessità di diventare adulti

    La fede cristiana è sempre una fede «adulta»: chiede il coraggio «della decisione solitaria contro la pubblica opinione; un coraggio solitario analogo a quello dei martiri della prima era cristiana; il coraggio della decisione di fede che trova la propria forza in se stessa e non ha bisogno di essere sostenuta dal pubblico consenso» (K. Rahner). Questo è qualità della vita nella fede ed è un'esigenza imprescindibile oggi, in una società complessa e pluralista.
    L'affermazione è pacifica ed è richiamata in tanti contesti. Il problema è un altro: che significa «adulto»?
    La fede adulta è solo quella dell'adulto cronologicamente definito? Ci può essere una fede adulta in un giovane? Alcune dimensioni del vissuto attuale degli adulti non sembrano sconfessare proprio le esigenze di una fede adulta? Come si vede, la pastorale giovanile, nella sua specificità, è costretta a confrontarsi seriamente con l'«essere adulto» per ragione dell'obiettivo che si prefigge. In qualche modo, per essere se stessa, deve invadere il campo altrui, sollecitando nuovi modelli educativi e antropologici negli adulti stessi.
    Davvero, l'impegno di educare mette in questione la personalità stessa dell'educatore.

    Qualificare il soggetto della pastorale giovanile

    Una terza ragione, implicita nelle precedenti, ci spinge a riflettere sugli adulti a partire dalla centralità della pastorale giovanile.
    La comunità ecclesiale, impegnata in prima persona, nell'azione pastorale verso i giovani, è sempre una comunità di adulti. Non possiamo certamente affidare unicamente ai giovani l'animazione educativa e pastorale dei loro coetanei. Quale comunità può essere soggetto autentico?
    La domanda connota subito una ricomprensione dell'essere adulto, in questa società e in questa Chiesa: chiede di pensare in modo lucido alle linee di tendenza affermate e chiede di progettare visioni alternative, con coraggio e capacità inventiva.

    L'ESITO

    Nel convegno siamo giunti ad alcune importanti conclusioni. Esse riguardano la qualità dell'essere giovane e dell'essere adulto, in vista di un dialogo reciprocamente arricchente nella diversità riconosciuta, e il consolidamento e l'invenzione di luoghi dove il dialogo sia possibile e operativo.
    Un'attenzione speciale è stata portata verso la dimensione femminile, al centro di tensioni e ricerche, condivise sul cammino comune, e speciali per alcune difficoltà e resistenze.
    Non riusciremo a riprodurre su «Note di pastorale giovanile» tutta la ricchezza sperimentata nel convegno. Le conclusioni sono maturate in un serrato dibattito tra relatori, gruppi di approfondimento e assemblea; e sono state caricate della passione e del vissuto dei partecipanti. Qualcosa però cerchiamo di tradurre sulla carta.
    Nella proposta, non distinguiamo mai in modo rigido il mondo della fede da quello della maturità umana. L'adulto autentico è per noi colui che ha raggiunto un profondo livello di integrazione tra fede e vita. Per questo, quando pensiamo alla maturazione umana, lo facciamo in una chiara prospettiva anche teologica; e quando progettiamo esperienze di fede, lo facciamo nel pieno rispetto dei ritmi di maturazione anche antropologica.
    Siamo convinti che di adulti così ci sia davvero un gran bisogno, per l'autenticità dell'azione pastorale con i giovani

    IL PIANO DI LAVORO

    Il materiale è troppo ampio per un solo dossier. Per questo lo spezziamo in due, raccomandandone una lettura articolata e complementare.
    Il primo dossier propone un lungo articolo di C. Bissoli, destinato a fare il punto della sensibilità presente oggi nella Chiesa italiana a proposito del problema in oggetto.
    Si parla molto di «coscienza adulta» e di pastorale attenta al mondo degli adulti. Che significa? Quali modelli antropologici ed ecclesiologici sono evocati? Verso quale esito è trascinata tutta l'operazione?.
    Nel secondo dossier, dopo qualche richiamo a carattere interpretativo dell'esistente, viene proposto il nostro progetto redazionale: l'invenzione di un modello di adulto, maturo e credente, e la definizione di spazi esistenziali di dialogo, rivisitando quelli attuali (nella comunità ecclesiale: ascolto della Parola, ricerca di spiritualità, impegno caritativo...; nel gruppo, come luogo normale del confronto e della ricerca comune; nella vita quotidiana, attorno ai grandi nodi dell'esistenza: lavoro, gestione del potere, amore e affettività, uso del tempo e progettazione di una nuova qualità di vita per tutti).

    1. La prospettiva di fondo: una Chiesa adulta

    Quale Chiesa si autopropone oggi in Italia a dei giovani che si avviano verso l'età adulta con intenzionalità cristiana? In quale contesto ecclesiale cade il loro prossimo futuro? Che riflessi educativi derivano per una pastorale giovanile sensibile al problema dello sbocco e dell'inserimento dei giovani nel mondo degli adulti credenti? Sono le domande - e l'interesse di fondo - che formano l'oggetto di questa ricerca.

    IL SENSO DI UNA RICERCA

    Abitualmente vi si risponde cercando di tratteggiare fatti e dinamiche della comunità ecclesiale italiana attuale, rilevando aspetti sociali, culturali e tipicamente religiosi, e proiettandone gli esiti sull'uditorio giovanile.
    A mio parere credo che oggi sia possibile focalizzare meglio il tema, trattando il quadro generale della nostra Chiesa nella prospettiva dell'essere adulto in essa, arrivando a delineare la presenza e l'incisività di una «scelta degli adulti», come si dice, che si sta facendo, valutarne gli obiettivi, i contenuti e i processi di realizzazione, e naturalmente le difficoltà.
    È precisamente il nostro obiettivo.

    In ascolto di un doppio appello

    Sempre in fase di premessa, per evitare il rischio di una esplorazione statica, archeologica, di nomi e date, vorrei subito affermare due cose che aiutano l'animatore giovanile a farsi un corretto atteggiamento sulla questione e seguire meglio lo sviluppo dei pensieri che seguono.
    Anzitutto, anticipando sinteticamente i risultati, credo che a proposito del mondo degli adulti si aprono oggi sulla scena della Chiesa in Italia delle prospettive e delle proposte non banali e sufficientemente organiche, inevitabilmente generali, ma certamente cariche di potenzialità, di stimoli vitali, tra l'altro congrui - vale la spesa di sottolinearlo - al profilo di cristiano che promana dal progetto di pastorale giovanile portato avanti da NPG. Sicché sarebbe perdere ben più che una opportunità non tenerne conto, sarebbe trascurare un cantiere di lavoro che ci riguarda a livello di comunione ecclesiale e di saggezza educativa.
    In secondo luogo, proprio perché di cantiere si tratta, occorrerà tener presente, da parte di ogni animatore giovanile, un doppio livello di interpellanza, quello del ricevere e quello del dare.
    Vi è anzitutto l'invito alla «receptio», come si diceva sopra, di un insieme notevole di dati ed elementi di progettualità; ma si sbaglierebbe chi si aspettasse una nicchia prefabbricata per ospitare giovani diventati adulti: in realtà ciò che viene offerto diventa inevitabilmente invito a darsi da fare perché si realizzi.
    Cosa dunque la Chiesa italiana offre oggi a giovani che si fanno adulti; cosa questi giovani sono chiamati a fare per essere gli adulti che la Chiesa riconosce: ecco il doppio appello che solca il panorama che andremo descrivendo.

    Una problematica complessa

    Chiaramente l'attenzione agli adulti è sì un filone emergente significativo nella Chiesa italiana, ma pur sempre necessariamente dentro la complessità e fluidità di problemi e situazioni umane, civili, religiose plurime e diversificate, soprattutto non facilmente riconducibili ad una interpretazione unitaria.
    Concretamente si dovrebbe tener conto, contestualmente ai diretti pronunciamenti in materia, di due serie di fattori fortemente influenti: lo sviluppo della società italiana dal dopoconcilio ad oggi la vita della Chiesa cattolica, segnatamente gli atti del magistero pontificio, dato il ruolo del papa per l'Italia.
    Qui dell'esistente non si potrà che realizzare una rapida ricognizione, quasi per flashes, richiamando ognuno a verificare e incrementare in proprio l'analisi proposta.

    Un cammino a tre livelli e nuove domande

    Ragionando a ricerca conclusa, mi pare che il parlare di adulti nella comunità italiana oggi si articola secondo una sequenza obbligata, e già di per sé illuminante, di tre momenti, che stan- no tra loro come tre cerchi concentrici.
    - Noteremo come primo il maturare e l'affermarsi della concezione di una chiesa adulta: è la prospettiva unitaria di fondo.
    - Il che conduce al profilarsi dell'esigenza sempre più netta ed avvertita di una chiesa di adulti, di cui esamineremo le iniziative concrete di espressione, partecipazione e formazione nelle diverse comunità e associazioni, in forma più o meno organica e settoriale: è la progettualità in atto.
    - Per passare ad un terzo livello a fissare l'emergere di una concezione di adulti nella chiesa in termini più o meno unitari e adeguati: è l'immagine di adulto che si evidenzia.
    Una conclusione fisserà a grandi linee il contorno della «scelta degli adulti» nella Chiesa italiana.
    Qui avrà termine la nostra esplorazione, ma non senza che si sia venuto determinando un ampio spazio di valutazione critica. Il discorso, data l'ampiezza, lo invoca. In particolare, della triplice sequenza entro cui abbiamo organizzato il nostro tema, è l'ultimo aspetto (gli adulti nella chiesa) che oggi incalza come prima questione, per vedere se viene rispettata la specificità e singolarità del loro essere nella Chiesa.
    In altre parole è aperto il dibattito se e quanto l'attenzione agli adulti secondo la chiesa rispecchi e rispetti il senso che di chiesa esprimono questi adulti laici, uomini e donne così come di fatto esistono.
    Veramente i riflessi che ne derivano per una pastorale giovanile concreta ed aperta al futuro non sono né piccoli né marginali.

    LA PROSPETTIVA UNITARIA: UNA CHIESA ADULTA

    Giova affermare con tutta chiarezza che ciò che caratterizza la scelta degli adulti nella Chiesa italiana non sta anzitutto in un qualche specifico interesse o dispositivo pastorale a favore degli adulti (concretamente. catechesi degli adulti), ma nel proporre e far germinare tale interesse, che pure c'è, dentro un processo più ampio e determinante: l'affacciarsi di un bisogno prorompente e non dilazionabile: quello di una chiesa adulta (di una fede adulta, di una coscienza cristiana matura...).

    Il salto di qualità

    Annotava L. Sartori nel 1980 in una sorta di bilancio dell'impegno pastorale della Chiesa italiana: «Anzitutto va notato che la Chiesa italiana ha preso coscienza che la pastorale è a una svolta profonda. Si potranno denunciare carenze, silenzi, insufficienza nella diagnosi condotta dalla CEI; ma impressiona il fatto globale dello sforzo continuo e ripetuto di partire dall'analisi della nuova situazione, nella consapevolezza che veramente di 'novità' si tratta».
    A tale coscienza di novità risponde, come è noto, una pastorale di novità che regge dagli anni '70 la nostra Chiesa. Ebbene è da questa novità che emerge la categoria di fede e chiesa adulta.
    Vi stanno sottesi due serie di fatti complessi, indispensabili da ricordare, tra loro dialettici:
    - la fine del regime di cristianità con l'impetuosa ondata di secolarizzazione mette allo scoperto la debolezza di una chiesa esposta insieme a problemi adulti, di senso, etici, personali e collettivi e a possibilità inedite di servizio, cui tenta di rispondere con una pastorale attiva nell'ambito dell'infanzia, e dove gli adulti sono aiutati più sul versante della memoria e della conservazione;
    - la risposta in termini globali, come è noto, proviene dal Concilio, il quale propone una visione di cristiano che, richiamandosi risolutamente alle radici evangeliche, di un colpo spiazza una piccola pastorale perché ridotta su piccoli problemi, l'obbliga ad aprirsi sui grandi problemi, la dota di prospettive e mete di grande respiro e con ciò determina un movimento verso una concezione adulta, matura della fede, e quindi verso una Chiesa adulta. Dove adulto, si è potuto comprendere, non significa un fatto cronologico, ma una qualità di autenticità, di apertura, di robustezza, di assunzione in proprio, valida per tutte le età cronologiche.
    Prima di passare oltre, facendo applicazione al nostro tema, rimane da osservare che la scelta degli adulti ed ogni impegno verso di loro si colloca su questo rapporto tra il processo di cambio della società e la proposta conciliare. Ne sono dunque toccati chiesa e mondo in unità indissolubile. Si dovranno valutare al meglio le condizioni del rapporto, ma non costruire un mondo di adulti credenti sopprimendone questo o quel polo. Tale almeno è stata la via della pastorale italiana.

    Le caratterizzazioni

    In questa prospettiva di «adultità» qualitativa si pone dunque risolutamente la Chiesa italiana.
    Ricordiamolo qui sinteticamente, percorrendo «il cammino dottrinale e pastorale della chiesa italiana», avvalendoci di una rilettura autorevole dell'attuale segretario della CEI, C. Ruini, sul cui impianto sostanzialmente convergono altri autori.
    Il piano pastorale della Chiesa italiana (nei tre documenti che abbracciano, il primo gli anni '70 con «Evangelizzazione e sacramenti» del 1973, il secondo gli anni '80 «Comunione e comunità», cui seguirà per gli anni '90 «Evangelizzazione e testimonianza di carità») intende essere una vera e propria «receptio» del Vaticano II, nei due momenti della Chiesa ad intra e della Chiesa ad extra.
    Nella sua strutturazione interiore - gioverà notarlo - tutto il progetto con i singoli documenti è attraversato da una meta unitaria a doppia valenza: la qualità dell'identità cristiana e l'impegno di servizio e di presenza verso il paese. Autenticità e missionarietà intendono restare uniti e coagenti in termini peraltro specificati. Sono come i due occhi che rendono sanamente visiva la comunità ecclesiale.[1] In questa logica si comprende una rilevante innovazione metodologica: in ogni pianificazione pastorale, d'ora in avanti, sarà non un processo deduttivo, ma l'attenzione alla realtà ad aprire il cammino di una terapia che si vuole tanto più aderente alla fede quanto più incarnata nella storia. Il doppio polo dell'autenticità della fede e della missione si è storicamente espresso con due canali principali: i testi scritti e i convegni ecclesiali nazionali (cf la scheda).

    I TRATTI CONTESTUALI DELLA SCELTA DEGLI ADULTI

    La «chiesa adulta» (tale ormai era la prospettiva scelta) non fu limitata e imbalsamata a modo di bel «manifesto». Dai documenti si ricavano una mole di criteri operativi in corrispondenza agli agenti responsabili, a forme attuative, a destinatari...
    Prima però di accennarvi, raccogliamo brevemente alcuni tratti che ritengo particolarmente rilevanti, in quanto contesto necessario per capire la cosiddetta «scelta degli adulti».
    Per quanto possa essere stata affermata formalmente, tale scelta (i passi espliciti sono pochi, per lo più bloccati sul versante catechistico e piuttosto recenti), in termini sostanziali, era il proposto livello di ecclesialità (e di fede) «adulta» che per sua natura invocava ed invoca una «chiesa di adulti», ossia persone all'altezza della qualità richiesta. Ciò è per sé ascrivibile e quindi esigibile in ogni stadio di età.
    Ma chiaramente l'attenzione era da trasferire direttamente al mondo degli adulti, di chi gode (o dovrebbe usufruire) di maturità umana.
    È dunque su questo contesto di «chiesa adulta» che si gioca veramente la ragione e l'ampiezza della scelta degli adulti. Il che significa quanto meno che un discorso per adulti, e per giovani che verso la fascia adulta sono in cammino, è adeguato partendo dal contesto che siamo venuti delineando.
    Esso si caratterizza per almeno cinque elementi costitutivi:
    1. Il regime di cristianità - e quello che in esso giocava la figura dell'adulto - è superato e impresentabile. Forme più o meno surrettizie di nostalgia e di recupero non possono reggere una fede ed una ecclesialità del nostro tempo. Semmai ci possono essere dei correttivi realistici che ci provengono, come saggezza e realismo, dal passato (o come prudenza pedagogica, o forse paura, di fronte allo strappo?).
    Tale è almeno la dialettica tra vecchio e nuovo innescato lungo il postconcilio in Italia e attualmente vigente agli inizi degli anni '90.
    2. Il Concilio è visto come il determinante, la matrice del rinnovamento, di cui il piano pastorale italiano intende essere uno sforzo organico, articolato, a lungo respiro, di incarnazione per il nostro Paese.
    3. Tale curriculo conciliare all'italiana propone come prima costante una bipolarità: l'essere cristiano si gioca insieme per una definita autenticità o identità nei confronti del dato della fede e del mondo (paese) in cui si è chiamati a vivere.
    4. Pastoralmente il progetto si qualifica per una visione organica di parola, sacramento, comunità, carità, incisività nel mondo (diakonia, testimonianza). Questo soprattutto attraverso la promozione dei valori morali e la mediazione culturale (dialogo), in termini positivi (promozione umana, riconciliazione).
    5. Allo stato attuale, ossia agli inizi degli anni '90, si assiste all'affermarsi di una categoria-prospettiva che in certo modo reinterpreta e modifica notevolmente il quadro precedente: la categoria della nuova evangelizzazione, con i termini affiancanti di identità, di missionarietà, di presenza delle opere cattoliche...
    Tre fattori tra gli altri si incrociano in questo cambio: l'evoluzione dei tempi (le realtà e i bisogni della società), la variabile dei movimenti (istituti religiosi compresi: variabile fortemente indipendente nel contesto ecclesiale italiano), gli orientamenti magisteriali di Giovanni Paolo II per l'Italia, che fanno certamente da elemento trainante e consequenziale dei due fattori precedenti.

    LA SCELTA DELL'«ADULTITÀ» DELLA CHIESA ITALIANA
    Excursus in documenti e convegni

    Anzitutto vanno ricordati i diversi momenti del piano generale che stanno scandendo il cammino pastorale comune.

    EVANGELIZZAZIONE E SACRAMENTI

    Al primo momento o tappa, «Evangelizzazione e sacramenti», si può attribuire lo scossone più forte e la chiara prospettazione del traguardo di adultità cui le comunità sono chiamate a pervenire. All'assemblea della CEI del 1973 che vara la riforma, Mons. Del Monte, relatore del progetto, afferma che «bisogna uscire da una pastorale che vive sui principi dell'atavismo della fede e
    dell'unanimità dell'appartenenza alla fede». E scandisce una sorte di decalogo operativo: «Non dare più per scontato che basti l'automatismo della nascita da famiglia cristiana, solo all'anagrafe, per appartenere alla fede; privilegiare la proposta di fede come libera scelta personale; non ritenere scontata la crescita della fede, ma verificarla e suscitarla a ogni recezione dei sacramenti; non concentrare tutto lo sforzo pastorale sulla pratica sacramentale liturgica; non credere che la crescita della Chiesa sia misurabile col semplice numero dei sacramenti distribuiti; costruire una Chiesa viva fatta di 'credenti', più che di 'praticanti'; mettersi anche dal punto di vista di coloro che non credono; comunicare con 'parole' e con 'segni' che tutti possono comprendere».
    In concreto ciò si riassume nel riconoscere il primato della Parola di Dio, che evidentemente non annulla né secondarizza la portata dei sacramenti, ma li rende teologicamente possibili e spiritualmente significativi.
    Quindi sul versante dell'identità della fede (primo polo) il piano prospetta la necessità di «fare i cristiani» (è il linguaggio catechistico che emerge), con la proposta altamente innovativa di un cammino di iniziazione cristiana degli adulti. È questa la stagione feconda di progettazione e pubblicazione dei catechismi nazionali e di lunga maturazione e gestazione del «Catechismo degli adulti» che apparirà nel 1981. All'evangelizzazione ad intra si coniuga, come secondo polo, un rapporto nuovo con il mondo (dei credenti anzitutto) in termini appunto di evangelizzazione, dove sono visti binomi impegnativi come religiosità e impegno culturale, fede e storia, culto ed esistenza, evangelizzazione e promozione umana (per dirla con il convegno del 1976).

    COMUNIONE E COMUNITÀ

    La seconda tappa del piano, «Comunione e comunità», agli inizi degli anni '80, al cammino adulto della fede (nel doppio polo di identità e missione) apporta delle specificazioni assai importanti, cui sopravvengono, in una maniera che ha dell'imprevisto e del dialettico, scelte pastorali determinate da cambi sull'orizzonte della Chiesa universale e rifluiti tra noi a metà degli anni '80 (cf Evangelii Nuntiandi, 1975 e Catechesi Tradendae, 1979).
    Interessa sottolineare tutto ciò perché questo è il decennio cui apparteniamo, ed anche è il decennio in cui si esplicita più nettamente l'attenzione pastorale privilegiata agli adulti.
    Quanto all'identità del cristiano, l'affermato principio di comunione intende non tanto - o solo - parlare di contenuti della fede, cioè della chiesa, dopo il vangelo e i sacramenti, quanto piuttosto confrontarsi e rispondere direttamente al processo di soggettivizzazione e privatizzazione dei valori, che, dal contesto sociale, si è fatto operante tra i credenti a proposito della stessa fede. Ma comunione significa anche - ed è l'aspetto missionario - superamento delle tante lacerazioni che, dentro e fuori la Chiesa, solcano il paese (si rammenti la viva memoria della contestazione e degli anni di piombo). Comunione si fa ricerca di dialogo e di riconciliazione, con peculiare attenzione al risveglio di evidenze etiche comuni. Non per nulla, a metà degli anni '80, «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini» è il tema del II Convegno ecclesiale di Loreto. In questa prospettiva, pur con significative accentuazioni, si muovono soprattutto due testi: uno che in maniera vigorosa ed insuperata esprime ad extra sul paese il senso di servizio che proviene dall'evangelizzazione proposta dalla Chiesa: «La Chiesa italiana e le prospettive del Paese» (1981); il secondo testo, che è poi il primo dei tre documenti degli anni '80 «Eucaristia, comunione e comunità» (1983), si fa ammirare nel saper cogliere ad intra, nel mistero del sacramento, non solo delle verità teologiche, ma anche il potenziale spirituale, anzi umanizzante, che da esse deriva. Qui merita ricordare una peculiare nota del tutto consona alla fascia degli adulti, cioè il costante richiamo nel piano pastorale al valore della vita e al ruolo primario della famiglia. Vi si incrociano motivi sociali rilevanti, di cui i due referendum, e successive legalizzazioni, sul divorzio (1974) e sull'aborto (1978), denunciavano la precarietà etica in termini gravi. Pertanto il piano degli anni '80 «Comunione e comunità» ingloba come seconda parte, «Comunione e comunità nella Chiesa domestica» (1981). Di questa tematica della vita e della famiglia si tratta ampiamente a Loreto e poi molte altre volte in occasioni diverse, tanto da dover ritenere come costante nella «scelta degli adulti» il concetto e l'impegno «per la cultura della vita», per dirla secondo un linguaggio che annualmente si ripropone con «la giornata per la vita».
    Quanto alla famiglia, merita ricordare che essa (la sua catechesi) viene riaffermata tra le scelte pastorali qualificanti gli anni '90 assieme alla catechesi degli adulti, in una unità significativa.

    LA «NUOVA EVANGELIZZAZIONE»

    Ma qui, come sopra notavamo, sopravviene una delle caratterizzazioni, più importanti del profilo della chiesa adulta che stiamo delineando. Lungo gli anni '80, nella sensibilità di base, annota E. Franchini, si affermano, insieme ai grandi titoli ufficiali dominanti, altri fatti e termini, come scelta religiosa, dialogo, pluralismo, aggregazione, presenza... Ancora di più si assiste, soprattutto a partire da Loreto, dopo il noto intervento di Giovanni Paolo II, a delle dislocazioni lessicali di notevole rilievo: al posto di promozione umana si preferisce parlare di scelta etica, al dialogo si associa quello di mediazione culturale, ad entrambi si affianca ed oppone quello di presenza cristiana (le due anime). Il leitmotiv di evangelizzazione non basta più. Nuova o seconda evangelizzazione, e più marcatamente «missionarietà» prendono il campo; l'attenzione alla Parola di Dio deve comportare anche una netta «coscienza di verità»...; parrocchia e movimenti entrano in gioco con una notevole carica dialettica. Vi è quasi un'operazione di aggiustamento di tiro: entra in primo piano il motivo dell'identità cristiana che deve essere più consapevole, rigorosa e visibile; il cammino di fede della catechesi non esime da catechismi improntati ad integrità e sistematicità, anzi confrontati e controllati sul modello di un catechismo per la chiesa universale; la missione non è solo dialogo, ma anche confronto, e la proposta cristiana deve poter apparire dotata di presenzialità e di opere cattoliche; le Settimane dei Cattolici italiani vengono a scandire entro binari più precisi il convenire ecclesiale così elogiato a Loreto. La Chiesa deve poter acquisire «valenza pubblica e sociale» (C. Ruini).
    Ora si sta preparando per gli anni '90 il momento del piano dedicato a «Evangelizzazione e testimonianza di carità, dove andranno a confluire in una nuova sintesi di ispirazione certamente originale (il motivo della carità è altamente qualificante e fa bene sperare) ed altri sopravvenuti lungo il cammino, sia magisteriali che operativi (tra questi il fenomeno fondamentale del volontariato).

    I CONVEGNI ECCLESIALI

    Una seconda forma espressiva, forse ancor più di quella dei documenti, agli effetti del rapporti adulti-chiesa, sono i due fondamentali convegni ecclesiali di Roma del 1976 e di Loreto del 1985. Essi infatti hanno in proprio di essere concretizzazione, sia pure limitata nel numero e nel tempo, ma storica, effettiva, e quindi altamente simbolica, del livello adulto della chiesa enunciato nei testi. Adulti laici, uomini e donne, diventano infatti protagonisti delle assemblee, nella fase di diagnosi, di discussione e di proposte, con il pregio di calare nel concreto della vita e nella verifica dell'esperienza le tematiche trattate. Potrà essersi rilevato da allora fin qui un ulteriore bisogno di maturazione della Chiesa adulta, ma la svolta di interesse sopravvenuta non può far dimenticare che quei due Convegni ecclesiali rimangono una pietra miliare, un punto di riferimento sostanziale per pensare da adulti la Chiesa e una Chiesa di adulti. A mio parere sono delle anticipazioni profetiche di quell'essere adulti nella Chiesa in qualità di laici di cui dovranno farsi carico peculiarmente gli anni '90. Ricrearne la memoria ai giovani di oggi sarebbe un'operazione culturale vitale. L'unica in fondo che abbiamo a livello nazionale, e felicemente realizzata.


    2. Quale progettualità? Una Chiesa di adulti

    Abbiamo colto un passaggio essenziale: l'attenzione agli adulti e la loro scelta si compiono
    dentro una prospettiva più grande, ricca di implicanze. Ora è tempo di cercare di raccogliere l'operatività posta in atto: quali espressioni di partecipazione e quali iniziative di formazione sono proposte oggi agli adulti in una chiesa che si vuole adulta?
    Chiamiamo questo l'aspetto di progettualità della «scelta degli adulti» nella Chiesa italiana. Una progettualità più o meno organica e soddisfacente, ma emergente come obiettivo pastorale affermato a parole nei documenti e concretato nei fatti.
    Il discorso essendo assai ampio è solo indicato; si segnalano delle piste da approfondire.

    PLURALITÀ DI AGENZIE: L'INCIDENZA DEI GRUPPI

    Non è che una scelta pastorale, come quella degli adulti od altre ancora, esista quando viene affermata: probabilmente viene affermata perché già è iniziata ad esserci e, vistala buona e necessaria, se ne vuol dare pubblicità, rafforzamento, diffusione.
    Questo è di certo il caso italiano, dove la cura degli adulti, intrinseca per sé ad un nuovo profilo di chiesa adulta, nella linea della prassi, non si presenta come opera di un'unica agenzia di gestione (ad esempio la parrocchia), né offre significati unitari ed integrati. A tutti è noto che di fatto tra noi le più importanti centrali operative a riguardo degli adulti sono le comunità ecclesiali, le associazioni e movimenti.
    A livello gruppale poi occorre storicamente distinguere l'apporto fondamentale dell'Azione Cattolica, specificamente, ma non solo, nel settore adulti, che ha notevolmente influenzato e che è stata insieme influenzata dalla scelta ecclesiale italiana. Tipico dell'AC, attenta all'evolversi della società e della chiesa, è oggi la collocazione popolare (apertura alla gente comune di tutte le condizioni sociali), l'attenzione alla quotidianità della vita (famiglia, professione, tempo libero) con una articolazione interna che bada alla categoria dei lavoratori, il riconoscimento della laicità, la connessione con l'azione pastorale della comunità parrocchiale. Del tutto recente, si è venuta profilando una istanza nuova di grande interesse: saldare il settore adulti con quello dei giovani, specificamente per quanti, aderenti all'uno o altro settore, hanno un'età compresa tra i 25 e i 40 anni. Si ipotizza quindi un certo cammino di formazione e azione inter-generazionale per ovviare alla difficoltà che tanti giovani dell'AC avevano nell'entrare nella fascia degli adulti, ritenuta troppo bloccata e statica.
    Né va sottovalutata l'opera delle Congregazioni religiose, dal cui carisma dipendono sovente Confraternite e Associazioni di adulti, e che agiscono in proprio sul mondo degli adulti con parrocchie ed altre opere sociali.
    Quanto ai movimenti, intesi nell'accezione comune di gruppi organici, moderni, di larga diffusione (Comunità neocatecumenali, Cursillos, Focolarini, Gruppi famiglia, Rinnovamento nello Spirito, MASCI o Adulti Scouts, Opus Dei...), si dovrebbe fare un discorso a sé stante, data un'innegabile attrazione che essi esercitano, su giovani e su adulti.
    Ricordiamo alcuni tratti caratterizzanti riguardo al nostro tema: una effettiva partecipazione di adulti in movimenti, anzi - elemento rilevante - una compresenza ed interazione di giovani ed adulti; una forte influenza del movimento nel suo contesto di vita, in ragione di una marcata individualità (carisma e progetto) facile generatore di larga aggregazione (sia pur in numeri ridotti e quindi fondamentalmente élitario); un rapporto di autonomia, fino alla indipendenza dal progetto della Chiesa italiana, con cui peraltro i movimenti possono avere notevoli convergenze, specialmente sul versante spirituale, meno forse su quello sociale.
    Se noi qui accenneremo al piano-adulti della Chiesa italiana, rimandando a studi specifici a riguardo del piano-adulti dell'Azione Cattolica e dei movimenti, converrà porre fin da ora alcuni rilievi di un piccolo interesse sul senso della «scelta degli adulti» che ci interessa:
    - in Italia l'area del progetto e delle iniziative, come pure poi dell'immagine di adulto credente passa di fatto attraverso non una ed unitaria agenzia operativa, ma molte e diverse, tutte quelle concretamente esistenti in atto nel territorio;
    - si terrà conto che vi possono essere delle connessioni di principio e di fatto tra queste agenzie;
    - semmai comune parametro di valutazione sarà il vedere la loro corrispondenza alla concezione ideale di «chiesa adulta» elaborata dal Concilio;
    - però rimane da chiedersi se la differenza tra la scelta degli adulti dei Vescovi e quella dei movimenti non abbia a rispecchiare un certo processo di mancata attenzione e sensibilità (autosufficienza) della chiesa delle diocesi nei confronti del resto.

    IL PROGETTO-ADULTI DELLA CHIESA ITALIANA

    Dove e come di fatto i credenti adulti italiani possono esprimere nella stragrande maggioranza la loro presenza nella chiesa? Per quali finalità e con quale livello di partecipazione? E tali espressioni di presenza hanno corrispondenza adeguata al disegno della «chiesa adulta»?

    La continuità di una presenza diffusa

    Oggi, come ieri, gli adulti hanno sempre avuto una presenza di una qualche preminenza nella chiesa, perché la chiesa non ha potuto almeno evitare di fare con essi i conti e sempre se ne è servita.
    La quotidianità cristiana della nascita, della morte, di altre situazioni di vita, li ha visti interlocutori obbligati del prete. Sono esistite, almeno dal Concilio di Trento in qui, delle vie di formazione strutturata in misura ampia, quali le sacre funzioni, le missioni e le altre predicazioni occasionali.
    Varie le forme di partecipazione attiva: nella cura dei benefici parrocchiali, nella catechesi, in altre attività celebrative (processioni, feste).
    Pur nel bisogno di cambio, non si dovrebbe mai dimenticare che il mondo di adulti corrisponde per tanti ancora a queste forme, si direbbe scontate, di ecclesialità, ma che forse devono avere delle potenzialità se ritornano a fiorire (religione popolare?). Molti giovani in concreto, specie fuori delle grandi città, si troveranno di fronte a questo tipo di mondo adulto.

    Le nuove forme

    Ma evidentemente il cambio di chiesa, detto all'inizio, sta ad indicare una reale carenza di tali forme di partecipazione e formazione.
    Ed infatti esso ha introdotto esigenze nuove e quindi novità di iniziative. Soltanto che altra è la chiarezza e la rapidità dei documenti, altra è l'esecuzione dei medesimi.
    Si può dire in linea globale che la progettualità italiana per gli adulti tanto è fervida e promettente, altrettanto è disorganica nelle diverse forme e procedente in ordine sparso. Siamo decisamente in fase pionieristica, di transito.
    Tre mi sembrano attualmente i principali indicatori di presenza (o di richiamo) dell'adulto nella comunità: la catechesi, i consigli pastorali e forme collegate di partecipazione, il volontariato.
    Se ne intuisce la differenza di senso: consigli pastorali e volontariato sono nell'ordine del fare, del produrre attivamente, la catechesi è nell'ordine del conoscere e anche del ricevere, ossia dell'essere formati.
    Sul come funzionino il consiglio pastorale ed altri organismi affini (assemblea parrocchiale, diocesana), voluti dal Vaticano II, è nota l'acerbità, l'immaturità della struttura stessa, e delle persone che la gestiscono. Eppure se ne intuisce l'importanza strategica pastorale per una effettiva partecipazione degli adulti e una reale crescita. Snobbarli sarebbe una grave perdita.
    Anche sul volontariato, o in termini più ampi «associazionismo sociale», non possiamo che attirare l'attenzione, perché si abbia a riflettere sulla notevole incidenza circa il nostro tema, ma anche si abbia a riconoscere la specificità, anzi l'anomalia, e quindi fino a che punto e come è inquadrabile nelle scelte pastorali della Chiesa italiana. Il volontariato cattolico appare infatti ricco di prospettive che rientrano sì in tali scelte, specie sul versante del sociale, ma che paiono superarle, in quanto il volontariato esprime sovente una forte collaborazione intergenerazionale (adulti e giovani) e soprattutto inter-ideologica (credenti o meno).
    È comunque fondato ritenere che è al volontariato (cattolico) che va riconosciuta oggi la forma forse più originale ed incisiva di realizzare quella componente del piano pastorale, che è il riflesso della fede come servizio umanizzante del territorio, o con parole ufficiali, «la scelta a partire dagli ultimi». E. Franchini la chiama «evangelizzazione promozionale, che non riduce il Vangelo al motivo scatenante un'azione 'profana' in tutto il resto; che suppone anzi il Vangelo come contributo originale e insostituibile per la promozione dell'uomo».
    Vi è però chi ha notato - questo già a Loreto - la dissociazione o quanto meno il parallelismo tra formazione del volontariato e formazione dell'operatore catechistico e liturgico-celebrativo, e quindi il rischio di una chiesa locale accettata nel solo servizio sociale, sovente di supplenza. Per questo a Loreto si è invocata una saldatura più organica delle tre componenti, Parola, Liturgia, Carità.

    La «nuova frontiera»

    Pare di poter dire con fondamento, a distanza ormai di più anni, che la scelta della «chiesa adulta» si è accompagnata con una via preferenziale di attuazione, e che in ogni caso pare aver fin qui risposto positivamente: la via della catechesi per tutte le età.
    È noto come tale scelta anteceda lo stesso piano pastorale e in certo modo lo fecondi del suo successo, accompagnando tale piano, con in testa il Documento di Base (1970), lungo il cammino con la produzione dei diversi catechismi negli anni '70, la loro revisione negli anni '80, la loro ripubblicazione in veste rinnovata, e quindi il rilancio, per gli anni '90. Indubbiamente, nell'intenzione della Chiesa, la catechesi dei catechismi è chiamata a rispecchiare con intensità ed autenticità il profilo della chiesa adulta, diventando di fatto il canale di maggior investimento organico ed esteso (a livello nazionale) in persone (catechisti), pubblicazioni, esperienze. Si tratterà di verificare come ha funzionato tale canale nella fascia giovanile ed adulta, tipico banco di prova di una «chiesa adulta».
    Infatti, come secondo elemento nell'ordine operativo, si deve ricordare che nel canale ben stabilito della catechesi, più che per ogni altro, si espresse progressivamente e sempre più insistentemente, con tratti di urgenza a partire da Loreto (anche se presente nel Documento di Base fin dal 1970, ma evidentemente come consegna non ancora vitalmente sentita e praticata), l'attenzione agli adulti, tanto da dover concludere fino ad oggi che la scelta degli adulti, nella Chiesa italiana, a parole e di fatto, si è diretta ed espressa, per tanta parte, nella scelta della catechesi degli adulti, definita piuttosto enfaticamente a Loreto «nuova frontiera».[2]
    Sicché parlare di «scelta di adulti» tra di noi significa concretamente fare i conti con il fatto catechistico come ambito primario, e intenderlo in prospettiva formativa. Tanto poco strane dunque, quanto pratiche e impegnative sono le consegne di Mons. Ruini, Segretario della CEI, nel già citato Convegno dei catechisti: «Di qui scaturisce una meta precisa per le nostre comunità negli anni '90: in ogni comunità non manchi una catechesi, per quanto minimale, ma organizzata e viva, per giovani e adulti. E non manchino per conseguenza catechisti giovani e adulti per tutte quelle situazioni familiari, sociali, culturali dove è necessaria la presenza di cristiani maturi nella fede, testimoni e annunciatori della verità».
    Qui si apre un ampio capitolo di esperienze ecclesiali, di cui ci limitiamo a coglierne i tratti maggiori, sempre in riferimento al nostro argomento, distinguendo tre punti: il catechismo degli adulti; il progetto nazionale; le iniziative regionali. Ma prima di procedere oltre, converrà segnalare, per una sua fisionomia particolare, un tipo di catechesi degli adulti, con o senza il catechismo degli adulti, per categorie specificate. Anzitutto va nominata la catechesi che prende contatto con l'ambito familiare: gruppi-famiglia, gruppi di coppie di sposi o di fidanzati, genitori in vista dell'educazione dei figli (con l'uso in particolare del catechismo dei bambini). Si afferma anche la catechesi per la terza età o gli anziani. Presenti, ma pochi, sono anche i modelli per catechesi per fasce professionali, per condizioni speciali (handicappati, marginali...).
    È doveroso ricordare che di tutto questo abbiamo più germi che sviluppate realtà!

    Il catechismo degli adulti: «Signore, da chi andremo?»

    Certamente uno dei mezzi, ed insieme una delle vie che maggiormente coagularono l'interesse per gli adulti, fu in Italia il catechismo per loro, nella fase di circa dieci anni di preparazione, di pubblicazione (1981), di revisione, di riedizione (1991?). Va subito indicato come la letteratura intorno al catechismo, considerevole e qualificata, si interessa assai di più di una spiegazione testuale, bada piuttosto alla collocazione pastorale e alle sue possibilità formative, tanto da fare di esso una sorta di test di attuazione dello stesso piano pastorale globale. Il contesto di lettura è dunque decisivo per capire questo catechismo. L. Sartori, uno degli artefici del catechismo, riconduce la ripartizione piuttosto minuziosa del testo, a volontà di rispondenza al piano pastorale, di cui il catechismo fa sua sia la prospettiva globale (diagnosi delle attese, istanze, sensibilità, problemi, valori, rischi, bisogni, negatività) sia la linea di risposta che punta su una fede cosciente, libera, viva, rigenerantesi, investita nella verifica, soprattutto come «servizio» all'uomo «pro Deo». Di qui le opzioni di fondo:
    - non itinerario lineare della fede (come il Catechismo Olandese), ma una concentrazione (gerarchia delle verità) intorno a dei nuclei, anche per esigenze del soggetto credente che deve essere aiutato a una fede «critica», dinamica, agile, che collega, ricapitola;
    - concezione della Parola di Dio come «storia», eventi e parole, la storia di Gesù (I parte), della Chiesa degli Atti (II parte), le situazioni di vita dei cristiani;
    - concentrazione su tre soggetti concreti vivi: Gesù Cristo, la Chiesa, il cristiano;
    - la ben nota e piuttosto ostica tripartizione di profezia, sacerdozio, regno intende riflettere la trilogia di evangelizzazione, sacramenti e vita che innervano tutto il piano pastorale.
    Si tratta di vedere se questa comprensione abbia avuto riscontro nella realtà. Noteremo per ora che questa concentrazione privilegiata del piano pastorale («chiesa adulta») nell'uso del catechismo degli adulti, se ha avuto il vantaggio obiettivo di avere in questo un canale concreto e unitario e, come abbiamo visto, aperto e moderno, portava anche con sé il rischio di codificare e far incontrare la «chiesa adulta» nelle possibilità limitate di un testo, e di quel testo. Fino a che punto infatti il catechismo riusciva a rendere, e la sua catechesi poteva realizzare quell'obiettivo di «chiesa di adulti» che usciva dal piano pastorale?
    In effetti la verifica fatta tra il 1982-1985 portò a risultati di consenso, ma anche di critica, a proposito della poca incisività del testo (una esposizione oceanica e atemporale), ad una astrattezza di articolazione, e soprattutto alla insufficienza del solo ricorso al testo per fare un cammino di fede, invocando itinerari diversificati e più applicati alla situazione concreta dei destinatari. Sarà la nuova edizione in cantiere del catechismo a migliorare l'ambizioso obiettivo precedente? Da quanto ci consta, esso si propone piuttosto di completarlo con un'altra meta, vista emergere lungo il farsi del piano pastorale: quello di una integrità della fede e di una ridizione concettualmente più precisa. Precederà dunque una parte dedicata al problema religioso, sarà tolta la tripartizione di profezia, sacerdozio, regno, si toccheranno aspetti apparsi trascurati (ad es. sul mistero di Dio) e si semplificheranno e riscriveranno altri ritenuti troppo estesi. Più che un testo «economico» della fede, si adombra un testo «canonico», in relazione anche al normativo confronto con il catechismo per la chiesa universale previsto per il 1991.

    Il progetto nazionale

    Chiaramente le sempre più pressanti affermazioni di principio rafforzate da una crescita di interesse per la catechesi degli adulti a livello mondiale non potevano essere disattese a livello operativo, quale «severo banco di prova della pastorale» (Mons. Ruini), anche a livello nazionale. Se ne interessò l'Ufficio Catechistico Nazionale con un progetto ancora in corso, le cui fasi sono per sé rivelative di uno sforzo innovativo. Le accenniamo telegraficamente:
    - Il seminario di studio del gennaio 1987, sopra citato, evidenziò la necessità di itinerari di formazione, con specifica attenzione agli adulti.
    - Al Convegno annuale direttori degli UCD (giugno 1987), il card. Martini propone il quadro generale (la prospettiva di fondo) trattando del senso e portata per l'Italia della «nuova o seconda evangelizzazione», in una misura che integra, senza deformarlo, l'impianto del piano pastorale nello spirito di Loreto (dialogo, riconciliazione, a partire dagli ultimi...).
    - Al medesimo Convegno del 1988 si fanno due passi in avanti: rispecchiando le impegnative scelte del Convegno nazionale dei catechisti, si cerca di delineare in quale piano pastorale viene a cadere la scelta degli adulti, e di ogni catechesi (Mons. Ruini): insieme si propone un effettivo programma di lavoro, comprendente una indagine organica, anche se non esaustiva, di modelli di esperienze di catechesi degli adulti a livello diocesano entro Pasqua del 1989. Sarebbe servita da input concreto per ulteriori sviluppi.
    - Al Convegno di Collevalenza del 1989 è stata fatta una terza riflessione-quadro dedicata esplicitamente alla «Catechesi degli adulti nella comunità cristiana», con relazioni di studio e di esperienze, con un primo esame dei risultati dell'indagine fatta.
    Ai Direttori è chiesto di pronunciarsi su un progetto di catechesi degli adulti e sulla figura dei loro formatori.
    Poco prima, al Convegno di Napoli dei primi di maggio del 1989, una commissione di catechisti (a livello regionale) si interessò appositamente dal suo punto di vista della catechesi degli adulti. In questo modo si vorrebbe procedere a livello nazionale, regionale e diocesano: coinvolgere responsabili religiosi (clero) e catechisti laici.
    - Per il 1989-1990 e in seguito sono in cantiere due importanti iniziative: un seminario nazionale sulla catechesi degli adulti ed una fase di sperimentazione, sempre nazionale, di itinerari di catechesi alla luce del catechismo degli adulti rinnovato.

    Iniziative locali

    Come di consueto avviene, un progetto nazionale può esistere sulla spinta di esperienze in atto nelle comunità singole. P. Scabini, un esperto in materia, trattando della «catechesi degli adulti in Italia» afferma l'esistenza di una diffusa sensibilità, con apprezzabili esperienze. Egli dice: «Diocesi come Bari, Padova, Vicenza, Parma, Modena, Torino, Oristano, Acireale, Piacenza (ce ne sono certamente altre) sono già entrate nel vivo di una programmazione». Si possono sottolineare delle caratterizzazioni: a Livorno, Udine e Vicenza, la scelta degli adulti è vista parte sostanziale del progetto sinodale; Padova riflette esemplarmente il cammino dell'Azione Cattolica; Milano ha praticamente coinvolto la dimensione adulti all'interno di tutto il ben noto piano pastorale diocesano, articolato e progressivo, da parte del Card. Martini, di cui il Convegno catechistico del 1984 è una tappa significativa di un lavoro intenso e creativo. Su una linea analoga si è posta da qualche anno la diocesi di Verona. Interpretando esperienze di questo tipo, i Biader notano a volte «più una preoccupazione dottrinale veritativa o la volontà di perseguire una meta prefissata che non la tensione a dare risposte all'uomo di oggi». Denunciano un linguaggio troppe volte aulico o sprovveduto o inconsistente o incomprensibile, un contatto superficiale con le esperienze e la persona dell'adulto, una non integrazione tra catechesi, liturgia, vita. Facendo una critica al positivo, ossia richiamando il dover essere, P. Scabini vede la necessità di tre passaggi: riconoscere che adulti si diventa (la catechesi deve poter afferrare le persone con elementi di novità); riconoscere che soggetto pieno di catechesi è la comunità cristiana (senza di cui la catechesi degli adulti rischia di galleggiare come una navicella extraterrestre); accogliere la spinta propulsiva che viene dal modello culturale della formazione permanente (preferenza per itinerari di fede per la vita cristiana con solido spessore culturale e con esplicita dimensione catechistica).

    QUALI ESITI?

    Nel tentativo di un bilancio sulla progettualità in atto in rapporto alla scelta degli adulti, mi sembra di poter dire quanto segue:
    - Diverse iniziative pastorali toccano oggi il mondo degli adulti italiani, polarizzandosi sostanzialmente su due soggetti: la comunità ecclesiale (diocesana) e i movimenti (includendovi anche le Congregazioni religiose). Pur con diversi punti in comune, pare si proceda per convergenze di fatto, più che su un programma riflesso e comune. In particolare, rimane intatta la domanda su come valutare i movimenti a forte presa sugli adulti, che paiono tanto più efficaci quanto più esoterici al cammino comune.
    - Il volontariato sembra muoversi incisivamente, ma autonomamente, non sufficientemente integrato al piano globale (promozione umana senza evangelizzazione?) e d'altra parte non sempre riconosciuto ed accolto nella sua specificità (evangelizzazione senza promozione umana?).
    - Balza soprattutto agli occhi che il piano pastorale si è affiancato e affidato ad un progetto catechistico (catechesi degli adulti) come via privilegiata.
    Ma il progetto di «chiesa adulta» offre una prospettiva unitaria che supera per sé l'ambito catechistico, e l'adulto per realizzarla ha da attingere per la sua identità ben oltre l'esperienza catechistica. Vi è quel «prima sono le comunità ecclesiali» (prima dei catechisti e dei catechismi) di cui parla il DB (RdC 200).
    Resta quindi aperto il problema, a proposito anche della catechesi degli adulti, di come la via catechistica possa esaurientemente esprimere le richieste del profilo adulto di Chiesa: vi è pure un versante liturgico, diaconale o della carità, di testimonianza e presenza missionaria. Vi è anzi un apprendistato del diventare cristiani che non è realizzabile con la sola mediazione del catechismo.
    - Più in dettaglio si deve osservare che la via catechistica ha delle notevoli lacune: presenta il rischio di un cammino in parallelo, è carente di itinerari operativi, abbisogna di una maggiore attenzione alla tipologia dell'adulto, per età e per condizione sociale, spirituale..., è pressoché sprovvista di catechisti adeguati, specie tra i laici, non riconosce una qualche prospettiva intergenerazionale tra adulti e giovani.
    In sintesi, a mio parere, mentre da una parte va riconosciuta una progettualità vivace e convergente al volto di «chiesa adulta», dall'altra va anche ammessa l'incompletezza operativa del progetto pastorale, fin qui concentrato quasi esclusivamente, almeno teoricamente, sulla catechesi degli adulti.
    Ciò non soddisfa, anche se è indispensabile, quella «chiesa di adulti» cui si aspira, rende difficile la stessa catechesi e vanifica la prospettiva di largo respiro (la chiesa adulta, appunto) da cui tale scelta scaturisce.


    3. Quale immagine? Gli adulti nella Chiesa

    Il profilo del piano pastorale per una chiesa adulta, confrontato con le linee del progetto attuativo di una chiesa di adulti, ci spinge ora a cercare di abbozzare l'immagine di adulto nella chiesa che ne deriva. Questo permette di verificare se tale immagine regge, e quindi procedere in un ulteriore affinamento dei punti precedenti.
    In prospettiva di pastorale giovanile, significa elaborare meglio la figura di adulto che si intende proporre a questi giovani in rapporto alla chiesa in cui stanno per entrare.
    Qui fanno da riferimento i documenti ecclesiali e dati derivanti da certe rilevanze sociologiche.
    A ciascuno poi fare un confronto critico mettendosi nel concreto della sua comunità.
    Data l'ampiezza e complessità del tema, procediamo mettendo a confronto due serie di dati: il profilo dell'adulto religioso italiano oggi e l'adulto sotteso al piano pastorale italiano.

    IL PROFILO DELL'ADULTO «RELIGIOSO» ITALIANO

    Una cosa non manca nella comunità ecclesiale italiana: la capacità e la volontà di vederci chiaro sulla condizione religiosa nell'attuale contesto sociale. Il Convegno di Roma del 1976, come quello di Loreto del 1985, sono momenti-chiave di tale coscienza, rivelati- va di una adultità riflessa con cui ogni operatore pastorale deve fare i conti.
    Termini come società complessa, conflittuale, ad alto tasso di soggettività, esposta a una dominanza di pensiero debole, incerta sulle evidenze etiche, incline al consumismo, eppure non aliena ad impulsi religiosi, in ogni caso entro una spinta di secolarizzazione non ancora cessata..., sono termini e concezioni diffuse, pur nel diverso grado di avvertenza e di partecipazione.
    In ambito più strettamente di religione di chiesa, la stessa CEI nel documento del 1974 in preparazione al Sinodo sull'evangelizzazione cercò con successo di tracciare un profilo del- l'«uomo italiano».
    Ma è S. Burgalassi che in certo modo ha accompagnato più dappresso il cammino della Chiesa italiana dal 1968 al 1988, con diverse indagini che hanno il pregio di saper mantenere un confronto su tematiche comuni, cui si aggiunge nel 1988 un originale confronto tra giovani e anziani.
    In una sintesi puntuale, Burgalassi annota, tra gli altri, questi aspetti:
    1. Esiste nella cultura e prassi religiosa italiana una specie di zoccolo duro che costituisce la struttura di base religiosamente, eticamente e politicamente omogenea. Sarebbe circa un 22-28% di persone, prevalentemente donne, giovani, anziani (però la fascia tra i 25 e 40 anni è vistosamente assente); un altro 15% è costituito da praticanti saltuari; un 55% da cattolici anagrafici, che costituiscono la massa dell'indifferenza religiosa attestata su valori fortemente pragmatici (benessere, moda, status symbol, divertimenti…); un 10% da dissenzienti.
    Si assiste, a livello anche europeo, ad una riduzione dell'ambito religioso di chiesa e ad una frammentazione del campo valoriale (etica) con una scalarità discendente: dalla religiosità coerente si abbassa il tiro verso obiettivi sempre più terreni fino a confondersi con forme di religiosità solo culturalmente cristiane e spesso magiche.
    2. È in atto il tentativo di masse informi di individui, a lontana matrice cattolica, di ricerca momenti di coagulo assai spesso di natura effimera, emozionale e non di rado schizofrenica. Da ciò le miriadi di tentativi aggregativi di ogni tipo, dalle sagre paesane ai movimenti e fenomeni di sette, agli oroscopi, alle stregonerie, ai guaritori...
    Si può anche parlare di nuove dislocazioni di sacralità, ora incentrate sui grandi problemi della sopravvivenza (ecologia, inquinamento, energie...).
    3. La Chiesa italiana oggi vive una stagione di movimentismo secolaristico che per certi aspetti fa pensare ad una riedizione moderna delle confraternite medievali. Sono circa 8-10% la massa di volontari, per lo più di matrice cattolica, impegnati nei vari campi delle supplenze nelle pubbliche amministrazioni, con uno sprigionamento di energie veramente enormi verso il solidarismo e la gratuità veramente enormi. Non si può dimenticare l'ascesa di laici cattolici di alto livello di cultura, a seguito di scuole di teologia e di formazione socio-politica.
    4. Infine va registrata nell'ambito etico una vistosa spaccatura generazionale, per cui valori comuni sono vissuti in modo diverso. Sembrano in decadenza i precetti religiosi e quelli relativi al sesso e alla vita familiare e relazionale; sono mediamente osservati i precetti relativi al valore della vita; si accettano frequentemente atti condannati dalla morale cattolica (prostituzione, omosessualità, divorzio, aborto, convivenza), mentre emergono prepotentemente quegli atti aventi rilevanza pubblico-sociale (lotta alla droga, al terrorismo, rifiuto dell'inquinamento, etica fiscale, ecologia...).
    Si noterà poi la crescente contrapposizione tra la morale giovanile e moralità anziana: minimo distacco su atti pertinenti al rispetto della vita adulta (omicidio, suicidio), mentre è massimo sul non rispetto di una vita che sta per nascere (aborto) o che si vuole che non nasca (contraccezione).
    Dopo aver sottolineato l'emergere di una cultura di morte specie verso l'anziano (oggi è lui il trovatello, più che il bambino), Burgalassi conferma l'immagine di un Paese a minoranza cattolica, solcato da spinte e controspinte, eppur anche percorso da istanze più che materiali: «Avvicinandosi al terzo millennio, l'uomo di oggi sembra spinto sempre di più verso domande antropologicamente semplici e come tali ineludibili, circa il significato da attribuire alla vita, alle sue qualità, agli altri, al dolore, alla sofferenza, all'amore, alla morte».

    L'ADULTO SOTTESO AL PIANO PASTORALE

    Quale tipo di adulto è inteso dal piano pastorale dei Vescovi? Come esso risponde al tipo di adulto italiano sopra indicato? Non è un discorso facile.
    Bisogna distinguere la pubblicistica cattolica del dover essere e quella effettiva emergente dai dati di fatto.
    L'idealità a cui si mira è esemplare. Ormai è recepita la lezione che proviene dal contesto attuale, si tiene conto di un progetto che rispetti la condizione adulta della persona, interpretata a mezzo delle scienze umane, ispirata da sano realismo sia circa i bisogni umani e di fede sia circa le possibilità e i tempi di maturazione.
    Il pronunciamento più recente del magistero in Italia a questo riguardo sintetizza bene un profilo di cristiano veramente adulto, dalle attese agli obiettivi al cammino di formazione. Lo proponiamo come identikit emblematico:
    - identità globale: cristiano maturo, consapevole del patrimonio di verità e testimone fedele («presenza missionaria»);
    - due i compiti mirati: render conto della fede della comunità nei diversi contesti di vita, farsi riferimento (modello) credibile alle giovani generazioni per la trasmissione della fede;
    - scelta pastorale di tutte le comunità, organica e prioritaria: la catechesi degli adulti;
    - criteri di formazione: incontro dell'uomo (cultura, linguaggio, esperienze) con il Vangelo; illuminare i momenti forti e tipici della vita dell'adulto per abilitarlo al discernimento; rispetto della vocazione e carisma di ciascuno.[3]
    Un passo ulteriore ci permette di cogliere come uno strumento operativo, quale il catechismo degli adulti, possa tenere conto del profilo di adulto sopra indicato.
    Riflettendo dal punto di vista del catechismo degli adulti, di cui sappiamo bene la rilevanza, E. Franchini si chiede quale fosse l'uomo da cui partire per fare il catechismo: «Qual è dunque l'uomo che ci sta di fronte? Quali sono le ferite che egli ostenta, perché non capiti che si curi un malanno immaginario invece della malattia reale? Da quale diagnosi far scaturire la terapia?». Prima sorprendente, ma non troppo, risposta: è impossibile, dal punto di vista dell'annuncio, scegliere un'antropologia, pena dirigersi non all'adulto, ma a degli adulti molto certificati. Piuttosto il catechismo ha voluto dirigersi ad un italiano medio, la cui mentalità pare rispecchiarsi in alcune categorie generanti: una visione funzionale della realtà, la preferenza a un procedimento induttivo, il bisogno di messaggi come tradizione o memoria vitale, l'apertura al futuro, autocomprensione come cristiano della soglia, apertura alla verità più grazie alla forza interna del progetto che per estrinseca forza apologetica.
    Vi riconosciamo benissimo le qualità di fondo del catechismo. Corrispondono veramente con esigenze e possibilità dell'italiano di fronte all'esperienza di vita e di religione? E la risposta del catechismo può dirsi adeguata al quadro di Burgalassi di cui sopra?
    Ma oltre i libri, possiamo, almeno parzialmente, udire ciò che gli adulti credenti dicono di se stessi, quelli che partecipano al cammino di fede secondo la Chiesa.
    Ci riferiamo a due fasce di adulti, i catechisti e gli adulti di Azione Cattolica. Di essi infatti abbiamo delle indagini sociologiche.
    1. Il gruppo dei catechisti, che agli inizi degli anni '80 arrivavano a circa 300.000, erano il 60% adulti (oltre i 24 anni). Solo 1'1,3% dei catechisti laici appariva catechista degli adulti, e questi poi erano toccati dalla catechesi per circa il 3% (rispetto al 68% dei fanciulli). Visti nella loro identità di adulti, i catechisti dimostravano una notevole disponibilità al servizio, una grossa coscienza di appartenenza ecclesiale, una crescita di spiritualità, ma anche un basso coefficiente di senso politico e sociale e di difficoltà di una gestione culturale della catechesi. Il che fa dubitare ancora su una catechesi adeguata agli adulti.
    Di qui deriva la seconda scelta privilegiata della Chiesa italiana: assieme alla catechesi degli adulti, curare la formazione dei catechisti, di cui si sottolinea «il ruolo insostituibile, in quanto la vitalità della comunità cristiana dipende in maniera decisiva dalla loro presenza e dal loro valore».
    2. L'Azione Cattolica, l'unica tra i grandi movimenti, verso lo stesso tempo (inizio degli anni '80) fece un'inchiesta sugli adulti di AC in vista di una pastorale rinnovata.
    Così ne offre una sintesi G. Moreschini: «L'adulto che emerge ha una esperienza familiare serena e positiva, un vissuto religioso tradizionale, ma non banale, un senso di appartenenza ecclesiale che si esprime in una molteplicità di servizi alla parrocchia, una considerazione sfumatamente negativa della politica accompagnata da un discreto impegno di partecipazione sul territorio e nelle strutture di base. Appare preoccupato della propria formazione, ma privilegia quella spirituale e catechistica su quella più ampiamente culturale. È un adulto attivo e responsabile, non sempre critico e creativo... Si impegna meno alla prospettiva innovatrice verso il futuro... È una personalità che ha la forza delle fedeltà più quotidiane: può comportare il rischio dell'appiattimento e della banalità, ma, se opportunamente valorizzata, può anche esprimere la capacità di dare dignità e senso alla vita in tutte le sue dimensioni, a quella vita che è della gente comune».
    E conclude: l'indagine si svolge all'interno dell'AC, ma ci sono motivi, che emergono dalla ricerca stessa, per ritenere che il campione sia sufficientemente rappresentativo degli adulti che frequentano abitualmente la vita delle nostre parrocchie... l'adulto impegnato mediatamente a livello di base.
    Da altre parti dell'inchiesta emerge il forte distacco tra adulti e giovani nella stessa Associazione, tanto da determinare una politica nuova, di cui abbiamo fatto sopra cenno: un cammino tra giovani ed adulti.

    QUALE ADULTO NELLA CHIESA?

    Non basta la somma di aggettivi usati nei documenti per rispondere. La risposta passa necessariamente in un confronto tra il progetto (idee e iniziative), le reazioni di fatto (le indagini) e il contesto socio-culturale-religioso della vita.
    A mio parere si possono ricavare i seguenti tratti.
    - Percezione acuta di una situazione di complessità e di trapasso per cui appare impossibile tentare uno schema unico di interpretazione e di azione.
    - Si insiste sulla figura dell'adulto come un maturo nella fede. Ed è tale se sa render conto della propria scelta cristiana e si fa garante di trasmissione della fede.
    - Di qui la scelta della formazione come esigenza ineliminabile, di cui quella catechistica appare prioritaria, seppur in difficoltà di affermarsi.
    - Si dà per presupposto che pur in contesto di secolarizzazione avanzata l'adulto italiano sia disponibile ad un discorso di fede quando esso si incrocia con la vita. Per questo si resta aperti ad un approccio che corrisponda all'adulto nella sua realtà effettiva, e secondo le indicazioni delle scienze umane.

    CONCLUSIONE: TENTATIVO DI VALUTAZIONE

    Tutto bene dunque? Gli adulti di oggi, e i giovani che lo saranno, si ritrovano nella scelta della Chiesa? In una valutazione globale, dopo questo lungo cammino, mi sembra di poter affermare quanto segue.

    Una scelta pastorale innovativa

    La scelta degli adulti nella Chiesa italiana va compresa entro una scelta pastorale innovativa (vi si riflette il Concilio), che poggia sul duplice polo: chiesa adulta vuole chiesa di adulti, non nel senso ovviamente di bloccarsi su di essi, ma in quanto li si riconosce protagonisti, per «natura e per grazia», indispensabili nella vita del popolo di Dio. L'adultità è dunque un valore, si potrebbe dire un carisma.
    Tale respiro di chiesa adulta non è un fenomeno in sé chiuso: intende corrispondere al tipo di società oggi esistente, società decisamente complessa, di cui si riconoscono i tratti fondamentali coraggiosamente, mediante una lettura appropriata, moderna, «adulta» della realtà. Sicché, stando nella chiesa, l'adulto non si sente per sé relegato in schemi oscurantisti e sorpassati (magico-sacrali), anzi è reso sensibile al sociale da una apertura mentale e una strumentazione analitica di tutto valore.
    L'ambito di impegno dell'adulto viene, più che spiegato, organizzato a due fini, che sono quelli del piano pastorale nazionale: una autenticità di fede (tale perché ritrovata alla sorgente della Parola), garantita da una convinta appartenenza ecclesiale (vista come comunione), per un servizio di promozione dell'uomo e del mondo. Il motivo ulteriore della «nuova evangelizzazione», con quello connesso di missionarietà, specifica tale servizio al mondo connotandolo in termini di ri-annuncio del vangelo e di riconfigurazione della Chiesa nella società in termini di valenza pubblica e sociale.
    Vige dunque una progettualità per sé aperta alla totalità della realtà cristiana ed umana, in uno sforzo di autenticazione e di adeguamento ai tempi che rendono non arcaico il profilo della Chiesa oggi.
    Semmai è da riflettere su un fenomeno interno di evoluzione verificatosi sul delicato fronte del rapporto con il mondo. Ad una metodologia della mediazione, del dialogo e della riconciliazione si è giustapposta o contrapposta, talvolta sostituita, una metodologia della presenza che rischia di esorbitare verso forme di fondamentalismo nella Chiesa, ad intra e nel suo rapporto con il mondo. Sacralismi sbagliati dentro, rigidità di posizione fuori, che disturbano un per sé non facile cammino.
    L'area di espressione dell'adulto credente è molteplice: 1' associazionismo nelle varie forme e la comunità parrocchiale sono le due maggiori, e purtroppo non ancora integratesi.
    I movimenti forti (salvo l'Azione Cattolica) mostrano una reale fatica di camminare insieme con la comunità..
    D'altra parte si e sottolineato l'eccesso di parrocchialismo e una indebita supremazia del clero rispetto ai laici.
    La Chiesa italiana ha dato un posto eminente alla catechesi degli adulti, e fatta da adulti. Se ne intuisce la necessità e la portata per giungere al profilo di chiesa-adulta. E difatti sembra che solo a proposito di questo si sia espressa una formale «scelta» degli adulti.

    Alcune «strettoie»

    Ma qui si rischia di incappare in strettoie ed occlusioni.
    La prima riguarda la stessa impostazione di catechesi. Certamente bene pensata in termini ideali, ma la concentrazione pressoché esclusiva sul catechismo, l'assenza di itinerari diversificati, attardano un cammino pur promettente di formazione religiosa.
    La seconda osservazione riguarda la mancata integrazione - nel confronto dell'adulto - delle tre espressioni della maturità di fede: con la Parola del Vangelo, la celebrazione della liturgia, l'esercizio della carità. Più che una scelta catechistica, dovrebbe essere una scelta pastorale globale a favore degli adulti. Si sa come la maturazione liturgica dei nostri adulti sia pressoché spenta. Quanto alla espressione caritativa, spira il vento impetuoso del volontariato, su cui due rilievi si possono fare: manca una integrazione armonica con il servizio della Parola e della celebrazione (con il rischio già accennato di manipolazioni di identità del credente e di non trasparenza evangelica del servizio agli occhi della società, e quindi di strumentalizzazione da parte di questa), e soprattutto manca ancora da parte della comunità un'accoglienza più ampia e riconosciuta del volontariato e di altre forme di solidarietà, quale tipica e moderna proposta di carità in tutto congrua a degli adulti.
    Una terza osservazione riguarda l'incontro e la valorizzazione del mondo degli adulti nella sua espressione di popolo, come massa popolare. È chiaramente un continuum stabile della società, che può apparire degradato, ma non ignorato o trascurato. La gente, come i poveri, li avrete sempre con voi! Le folle delle periferie e dei comizi, dei pellegrinaggi da Padre Pio e degli stadi. Da testi ed iniziative ufficiali, non emerge forse una concezione élitaria di «scelta degli adulti»? Ai giovani che si fanno adulti non è prevista la presentazione di una destinazione popolare del loro essere credenti, non solo perché magari dal popolo vengono, ma anche per un uso delle qualità a servizio della gente comune.
    Un nodo a mio parere non ancora ben risolto riguarda il tipo di adulto cui si bada. Seguendo la sequenza che ha strutturato la ricerca, se la chiesa-adulta pone l'esigenza di una chiesa di adulti, si può dire che gli adulti si trovano in questa chiesa? In altri termini, quali altri aspetti dovrebbero essere riconsiderati nella scelta dell'adulto da parte della Chiesa in Italia?
    Io qui pongo alcuni elementi che richiedono ben più attenzione.
    1. Occorre prendere più seriamente in conto la figura degli adulti come laici, nella pienezza della loro esperienza e sensibilità laicali e quindi nella pienezza delle loro possibilità originali (volute da Dio) nel processo di evangelizzazione e missione, come ne parla oggi la Christifideles Laici.
    Se dei laici - e qui sotto aggiungeremo, delle donne - avessero collaborato direttamente a fare il piano pastorale, un po' come avviene negli Stati Uniti nella stesura di documenti significativi dell'episcopato, si sarebbero ritrovati nel linguaggio, come nelle analisi e nelle prospettive di vita ivi delineate?
    2. Quegli adulti che sono le donne, che formano per tantissima parte gli adulti che rispondono alla scelta dei Vescovi, si sentono riconosciute secondo il profilo che emerge dalla Mulieris Dignitatem e da Christifideles Laici (nn. 49-52)? Oggi come oggi molte giovani potrebbero risentirsi per un grande silenzio nei loro confronti. Di fatto non vi è documento della CEI che li riguardi.
    3. Chi è poi l'adulto, se non questo adulto? Ci si può chiedere se la scelta degli adulti non sia ancora troppo astratta, o almeno l'inevitabile schema astratto non debba precisarsi in tipologie più rispondenti alla realtà.
    Annotava P. Visentin al Convegno di Torreglia: «Il nostro sistema pastorale è sempre più tentato dal radicalismo del 'tutto o niente'. Per chi non è in grado di prepararsi (mezzo credenti, divorziati, irregolari, saltuari, lontani...) ad accogliere il sacramento, resta solo il rifiuto. E perché, se l'idea centrale della nuova pastorale è quella dell'itinerario, addirittura del catecumenato?».
    Il discorso può ampliarsi. Riguarda gli adulti chiamati nel contesto della politica, dell'economia, della cultura, a livello nazionale ed internazionale (ad esempio il Mercato Comune), in aree di professionalità estremamente sviluppate e complesse da valutare sotto il profilo etico... Non mancano utili indicatori nel piano pastorale. Ma, dato che da esso non ci si può aspettare più di tanto, rimane almeno la necessità che una scelta di adulti si faccia scelta di dibattito e di aggiornamento. Si può dire che la Chiesa italiana offra agli adulti tali opportunità, a partire dai giornali, capaci di innescare un vero processo di maturazione?

    Tra giovani e adulti

    Come ultimo metto un dato che trova sempre più consenso in sede di discorso sugli adulti.
    Vista la spaccatura, talvolta dirompente, tra generazione giovanile ed adulta, e vista anche la ramificazione della cosiddetta classe adulta al suo interno, assai più differenziata di quello che sembra (lo stacco degli anziani ad esempio), emerge la necessità di altre ripartizioni categoriali, si propone soprattutto un cammino intergenerazionale, ossia una scelta degli adulti che non sia esclusiva dei giovani, e non estrometta gli anelli lontani degli anziani. Si noterà sovente che nel piano pastorale la scelta catechistica degli adulti è contemperata da una scelta di giovani e adulti insieme.
    In questa direzione merita attenzione il progetto dell'Azione Cattolica che nell'incontro tra giovani, giovani-adulti, adulti-giovani, adulti, anziani, pone la speranza di un incontro più proficuo.


    NOTE

    [1] Come si vede, è la dinamica del Concilio, efficacemente descritta da G. Colombo: dopo aver accennato che a seguito della svolta culturale moderna, dinamica e creatrice, il precedente modo di annunciare il vangelo risultava sostanzialmente proiettato sull'aldilà e produttivo di tutele minuziose, «a partire dall'illuminismo, l'uomo della nuova situazione ha sentito progressivamente il sistema precettistico clericale (il regime di cristianità) sempre piú soffocante rispetto alle proprie aspirazioni, così da mettere in dubbio, per la verità con un salto indebito, la valenza liberatrice dell'annuncio cristiano. Evidentemente era un 'segno dei tempi' che invitava la Chiesa a dissociare l'annuncio cristiano dal 'clericalismo', più in generale, dal suo prepotere sulla società. Per 'aggiornare' la Chiesa, il movimento del Concilio si articola in due momenti logici. Il primo tende a riportare la Chiesa a Gesù Cristo. Spinge in questa direzione non solo il cap. 1 della Lumen Gentium, ma anche la Dei Verbum e la Sacrosanctum Concilium, con una convergenza sintomatica che mette in risalto la linea tendenziale. Il secondo momento, conseguente al primo, e in questo senso 'cleri I ai& e 'secondario', tende a rinviare la Chiesa al mondo, cioè agli uomini». («L'annuncio cristiano all'uomo di oggi», in Catechesi 51 (1982)17, 27-34).
    [2] Nel Documento di Base si afferma che «gli adulti sono in senso più pieno i destinatari del messaggio cristiano» per la loro maturità e la loro responsabilità educativa (n. 124; 139); v. pure Evangelizzazione e Sacramenti (1973), nn. 82-83 e 86-92. A Loreto (1985) invece, nella relazione conclusiva del quarto ambito, si tocca l'argomento nel modo più esplicito fin qui mai avuto in un'assise ecclesiale, a cui si collegano un po' tutti i pronunciamenti successivi: «Crediamo di poter affermare che è giunto il momento che la chiesa italiana si dia la catechesi degli adulti come sua nuova frontiera, superando sperimentalismi disorganici, inventando in grande e in piccolo vie nuove. Fare catechesi degli adulti significa dare futuro cristiano al nostro paese e stabilire i protagonisti della riconciliazione nella comunità degli uomini» (Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini, 449); cf pure la Nota pastorale La Chiesa italiana dopo Loreto, 1985, nn. 29, 54; Comunione e comunità missionaria (1986), n. 44. Per la Lettera dei vescovi del 1988 (n. 12) si veda di seguito nell'articolo.
    Merita siano ricordati ancora gli interventi del Papa e del Segretario della CEI Mons. C. Ruini al Convegno nazionale dei catechisti. Il Papa afferma che per mantenere apertura missionaria al servizio catechistico, occorre continuare a dedicare una cura attenta, inventiva, paziente, competente e credibile, al mondo degli adulti e dei giovani. Poi, citata Catechesi Tradendae («la catechesi degli adulti è la principale forma della catechesi», n. 43), conclude: «il movimento dei catechisti sarà tra voi adulto quando e nella misura in cui esprimerà itinerari di fede per gli adulti e susciterà un grande numero di catechisti per gli adulti» (I Congegno nazionale dei catechisti, Atti del Convegno, CEI, Roma 1988, 121). Quanto all'intervento del Segretario della CEI, v. ibid, 112.
    [3] «In un tempo di trapasso culturale, la comunità ecclesiale potrà dare ragione della sua fede, in ogni ambito di vita comunitaria e sociale, solo attraverso la presenza missionaria di cristiani maturi, consapevoli del ricchissimo patrimonio di verità di cui sono portatori e delle necessità di dare sempre fedele testimonianza alla propria identità cristiana, Anche la catechesi delle nuove generazioni ha assoluto bisogno di riferirsi a modelli adulti e credibili di vita cristiana, se vuole avere presa nel cuore e nell'esistenza dei giovani.
    Ciò comporta la scelta pastorale comune e prioritaria per una sistematica, capillare e organica catechesi degli adulti, proprio perché 'gli adulti sono in senso più pieno i destinatari del messaggio cristiano' (RdC 124).
    Camminare verso una catechesi degli adulti richiede anzitutto impegno per far incontrare l'uomo, la sua cultura, il suo linguaggio, le sue esperienze di vita con la perenne novità del Vangelo. Comporta inoltre l'impegno di illuminare i momenti forti e tipici della vita dell'adulto con quella parola che, arricchendosi dell'insegnamento dei Pastori, abilita al discernimento e si traduce in sapienza di vita. Esige infine l'indispensabile rispetto della vocazione e del carisma di ciascuno, per promuovere laici credenti, protagonisti e soggetti della vita e della missione della Chiesa. Come infatti non si può far crescere una comunità senza una catechesi che tenda a rendere adulti nella fede, così diciamo che questa catechesi rinnovata non è nemmeno pensabile senza la responsabilizzazione diretta dei laici» (Lettera dei Vescovi italiani, n. 12).


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