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    Amorevolezza e autorevolezza per definire la «relazione educativa» /2



    Luciano Cian

    (NPG 1979-07-05)


    Abbiamo pubblicato la prima parte di questo articolo nel numero precedente. Riprendiamo questa seconda parte, conclusiva del discorso.


    Come abbiamo già ricordato, introducendo l'articolo, si tratta di un contributo importante, per definire la presenza dell'educatore con i giovani, nello stile del «sistema preventivo i di Don Bosco, utilizzando in modo serio i contributi attuali delle scienze dell'educazione.

    LA RELAZIONE EDUCATIVA DEVE PROMUOVERE LA VITA E L'ESSERE DEI DUE PARTNERS, SIMULTANEAMENTE

    Il rapporto educativo non è una giustapposizione di due ruoli ma una relazione tra due persone che comunicano attraverso la persona nella sua globalità. Èun'interazione vissuta come «presenza totale» di uno all'altro nel realizzare gradualmente l'attenzione all'altro, la comunicazione con lui, nel rispetto della sua autonomia, con l'uso di espressioni di amore nei suoi confronti. Il rapporto educativo riuscito segnala sul versante dell'educatore una profonda predilezione per l'educando, una sintonia con il suo essere profondo, una scelta coerente e costante della dialettica della vita e della comunione; sul versante dell'educando si può costatare fiducia e confidenza, gioia di approfondire e ricercare insieme, interiorizzazione graduale di valori; per entrambi una intesa profonda senza perdita dell'identità, un clima di serena e familiare condivisione, una crescita e maturazione che giunge all'approfondimento della propria esperienza fino a toccare i bisogni che rimandano a quelle forze interiori che coincidono con gli appelli del bene, del vero, del bello.
    Oggi c'è la necessità di formare gli educatori a vivere il rapporto e l'interazione educativa come «luogo» in cui recuperare in pienezza il senso della persona. È lì che ci si conosce e riconosce, che si valuta, che si programma, che si verifica, che si costruisce la capacità di scegliere liberamente, e impegnarsi in modo consapevole con un profondo senso di appartenenza alla comunità civile e cristiana.
    Non siamo del parere che i problemi educativi si possano risolvere attraverso la «relazione educativa» intesa come «duetto» isolato ed intimistico; abbiamo presente l'efficace veicolo dell'ambiente educativo nel suo insieme, inteso come clima di allegria, di partecipazione, di relazioni fraterne, di spirito di famiglia, come modo comunitario di crescita. La relazione educativa tuttavia concentra l'attenzione ad ogni singolo giovane, secondo le sue necessità ed esigenze; il che porta all'individualizzazione dell'intervento educativo fatto di ricerca, di incontro, di dialogo.
    Tutto ciò però non si verifica in un contesto di comunicazione autoritaria o permissiva, ma soltanto in una relazione nella quale le due presenze si interrogano, si interpellano in reciproco impegno di crescita graduale secondo l'appello delle aspirazioni interiori più profonde e vere.
    Tutto ciò è possibile nella scelta di tre prospettive:
    - la prospettiva dell'educazione dell'«essere»;
    - la prospettiva dell'educazione al senso dell'Assoluto;
    - la prospettiva dell'educazione alla comunicazione profonda.

    La prospettiva dell'educazione del'a essere» fa evolvere la relazione educativa verso la «vita profonda»

    La finalità educativa che unifica, illumina e lievita tutto il processo educativo è la «vita piena» della persona; pienezza intesa come apertura dell'essere a tutto il meglio di se stesso, fino ad includere l'incontro con Dio, la salvezza in Gesù.
    L'educazione e oggi è molto preoccupata di costruire persone dalla «testa» ben formata, o dalle «braccia» robuste ed esperte, accentuando gli aspetti del sapere e del fare e dell'apparire. Ma tutto ciò si rivela alla resa dei conti poco efficace perché tale educazione promuove persone tese, efficienti e competitive, esteriorizzate ed instabili. L'armonia dell'essere richiede accentuazioni diverse perché l'esito finale risponde alle reali esigenze della «vita piena». Anche la formazione di «tenaci e volitive personalità» non ha buoni risultati: il perfezionismo, i sensi di colpa esagerati, l'ambizione esasperata, la difficoltà ad accettare lo scacco sono le conseguenze più comuni di tale contesto.
    Noi pensiamo piuttosto alla prospettiva pedagogica dell'«essere», della persona cioè integralmente considerata e condotta a vivere a casa propria, là dove essa si ritrova nel meglio di sé, nel positivo del suo esistere, nella roccia delle sue ricchezze d'essere. Tutto ciò ci induce ad essere critici verso una relazione educativa che ha come prospettiva la formazione intellettuale e culturale come prevalente; ad essere tali anche per quelle proposte educative che non integrano il sapere-fare nello stare-comprendere e nell'essere poiché l'essere ha come esigenza sua propria l'armonia delle sue componenti. Tale armonia è ritrovabile in una personalità dalle seguenti caratteristiche:

    Solida
    È la persona cosciente delle proprie ricchezze d'essere vissute lucidamente, serenamente e senza orgoglio. Esse sono la sua vita e le lascia sbocciare secondo la propria vocazione, la propria identità, le proprie caratteristiche, la propria originalità. Con calma e serenità vive e progredisce facendo indietreggiare ciò che sembrava l'insieme dei suoi limiti. Così la fiducia in sé cresce e cresce anche nell'Assoluto che la abita e che la trasporta al di là dei suoi limiti sperimentando la possibilità di essere sempre di più. La propria interiorità diviene l'abituale luogo di vita, di rifornimento e di pilotaggio per cui naviga con calma anche in mezzo alle più forti tempeste che scuotono e tentano di piegare la barca sul fianco, tra gli scogli. L'amore per la solitudine permette di ritrovarsi e di rifarsi anche dopo un errore e di trarre profitto da esso ricavando lezioni di saggezza. La solitudine diventa sempre più piena; nulla ha a che vedere con la durezza, la rigidezza: la solidità è fluidità, elasticità.

    Amante
    È la persona che vive vicino a chi incontra, che lascia esistere in sé la meraviglia per l'altro e la tenerezza che si sprigiona da un amore sempre più universale e disponibile a tutti. Vive attrattive privilegiate e amicizie profonde ma non chiuse in attrattive di tipo sensibile perché basate sul rispetto dell'autonomia. Conosce pure irritazioni e fastidi di superficie ma ciò non dura perché la tenerezza e la delicatezza fanno evolvere verso un di più di amore.

    Autentica
    Per lei sì è si e no è no, ma senza rigidezza ed aggressività; non maschera il suo pensiero ma sa esprimerlo con sfumature; il suo parlare è attinto a livello di pensiero profondo ed è carico di esperienza e di verità. Ama dire ciò che può risvegliare il positivo, il meglio dell'altro, le sue ricchezze d'essere anche se non esita a dire cose spiacevoli per farlo progredire. A questa persona si può dar fiducia a occhi chiusi: è vera e non maschera ciò che pensa o ciò che sente.

    Efficace
    È la persona occupata a vivere intensamente il presente. Il passato non mobilita più le sue energie, né l'avvenire, non esistendo ancora, la preoccupa per cui è disponibile totalmente per vivere il presente con efficacia massima. La creatività si sviluppa con questa attenzione al presente e al profondo dando loro fiducia; allora è possibile osare, impegnarsi in vie nuove, cercare le risorse per vivere bene anche i colpi duri o le contestazioni anche se fanno male come a tutti. Le persone efficaci non sono quasi mai dei geni, ma nel settore in cui si preparano e sono competenti diventano geniali ed innovatrici perché, in un mondo in trasformazione sono i meno disorientati e si adattano rapidamente, facendo un chiaro discernimento tra il buono e il meno buono.

    Affascinante
    Questa persona ha una forza particolare perché solida ed efficace, ha una serenità che la caratterizza perché solida ed amante, ha un fascino ed un'attrazione perché amante ed autentica. A persone come questa ci si rivolge come le piante si voltano verso il sole perché il sole le fa vivere, le riscalda, risveglia le loro energie, fa sbocciare la loro bellezza. Ad esse ci si rivolge perché vivono tutto quello che si può desiderare di vivere per sé. A volte il loro contatto provoca un invito e un richiamo perché ci si sente legati e contorti, resistenti; ma a loro si ritorna irresistibilmente perché portatori di mezzi che fanno vivere o rivivere.

    I compiti dell'educatore

    Questa prospettiva dell'«essere a che coincide con lo sviluppo della «vita profonda «esige educatori capaci di autentiche relazioni personalizzate e individualizzate, mature, che trascinano verso un più in continua espansione. Per indicare brevemente le possibili vie di tale prospettiva elenchiamo alcune modalità di sviluppo:
    - Sostenere nell'educando il desiderio di conoscersi veramente, prendendo coscienza del proprio vissuto (motivazioni, disagi, passato eventualmente doloroso). Questo si può fare in gruppo e mediante l'accompagnamento individuale. L'aiuto individuale fa progredire nella conoscenza di sé, nell'analisi di alcuni problemi per trovare una soluzione e sfociare in una vita più armoniosa e piena. Bisogna che sia l'interessato a prendere l'iniziativa dell'incontro e della frequenza; che sia lui ad affrontare i problemi che vuole e a prendere le decisioni che crede essere le migliori per lui. Se la relazione è vissuta in un clima di cordiale accoglienza la persona diventa più se stessa. Il clima è fatto di ascolto comprensivo, di accettazione, di stima, di affetto vero, di benevolenza, di rispetto e di autenticità. Sono due esseri che insieme cercano di chiarire un problema e di superarlo. In due si è più coraggiosi che da soli: si ha il coraggio di guardare ciò che faceva paura quando si era da soli a cercare; in due si è più lucidi che da soli, perché chi accompagna, non essendo immerso nella confusione delle impressioni, può discernere l'essenziale e rifletterlo o orientare lo sguardo su realtà lasciate in ombra.
    - Abituare l'educando a vivere in profondità; cioè a vivere il proprio essere, dopo averlo conosciuto; ed esserne felici, appoggiandovisi come su una roccia. Il proprio essere è ricco. Ognuno già vive delle certezze profonde ed è abitato da Dio che chiama e si impone come un'esigenza interiore che trascina in un cono o spirale in continua espansione, senza fondo e senza orizzonti perché Lui è l'orizzonte massimo e la pienezza di vita. È così che si diventa creativi, che si hanno intuizioni nuove, che ci si impegna in vie nuove nelle quali si possono dispiegare le virtualità dell'essere trascinando anche altri nel proprio percorso di rinnovamento. È la coscienza profonda la voce dell'essere; in essa riposano le certezze e le intuizioni, l'Assoluto.
    - Indurlo a darsi dei condizionamenti esterni favorevoli: il corpo ha bisogno di rilassamento, di controllo, di un'igiene alimentare adeguata, movimento, aria pura, sonno. È indispensabile imparare a vivere il proprio corpo se si vuole vivere il proprio essere. Anche l'ambiente fisico deve essere riposante, calmo e condurre a contatto con ciò che è bello, distensivo, vitale, naturale poiché la vita risveglia la vita. Ma tanto più l'ambiente umano deve poter vivificare e risvegliare il meglio di sé mediante relazioni personalizzanti, la vita comune e gli affetti familiari, gruppi. L'armonia delle persone e dei gruppi fa del bene per la pace dell'essere umano e la sua crescita. Ricercarla è istintivo e vitalizzante.
    La pedagogia dell'essere attraverso la formazione della «vita profonda» richiede molta pazienza (il cammino si fa più o meno rapidamente) continuità e rettitudine. Cercare, accettare e vivere la verità del proprio essere, del meglio di sé facilita la costruzione dell'essere e la sua espansione.

    La prospettiva dell'educazione al senso dell'Assoluto fa evolvere la relazione educativa verso l'esperienza di Dio

    Un educatore per condurre l'educando a vivere in profondità deve essere personalmente disponibile a sviluppare se stesso in tale direzione. Al livello della zona profonda c'è il suo essere positivo, al centro del quale è l'amore; ci sono le sue vocazioni d'essere e professionali, le sue certezze, la creatività, la coscienza e la realtà dell'Assoluto interiore.
    Deve mantenere lo sguardo del cuore rivolto sempre verso il profondo ed esservi docile; scegliere sempre relazioni vitalizzanti e sbloccare ciò che ostacola l'espansione della vita; cercare tempi di solitudine e di comunione con la vita perché così la sua personalità, di soglia in soglia, entra in una zona di irradiamento costruttore che risveglia gli altri esseri a se stessi e tende a costruire fermenti nuovi per una società nuova e i cieli nuovi.
    Ciò è possibile a tutti perché tutti hanno in sé una zona profonda anche se strade diverse vi conducono e spesso c'è bisogno, a causa di ritardi e perturbazioni o alienazioni, che qualcuno faccia da guida. I limiti dell'intelligenza non sono un handicap; la speranza di accedervi per tutti non è una speranza folle. Bisogna però che ciascuno si impegni a percorrere un cammino che nessuno può percorrere al suo posto.
    Un nucleo profondo della propria vita è la realtà dell'Assoluto interiore. Prima o poi tutti hanno una precisa esperienza di un al-di-là del «sé in quel momento», di una pienezza d'essere che sta più avanti, di un «più» che non è estraneo, che vive in armonia dentro di noi e che ci sorpassa da ogni parte dandoci la sensazione dell'infinito dell'essere, della nostra appartenenza ad una realtà di cui facciamo parte ma che ci supera. Questo al-di-là di noi stessi con i suoi richiami e la sua forza ci sospinge senza violenza ma potentemente, verso un più-essere e un più-agire, fino a sentirci complici di una misteriosa avventura che non conosciamo con chiarezza ma che percepiamo essere buona per noi perché ci conduce al di là di ciò che credevamo essere i nostri limiti.
    L'educatore nella sua relazione con l'educando ha bisogno di un paziente lavoro di decondizionamento per liberare se stesso e il partner dagli equivoci sull'assoluto e dai miraggi che la realtà sociale frappone (denaro, carriera, successo, potere, piacere...). L'educazione all'Assoluto non è semplice. Ma è certo che in ogni persona c'è già un aggancio chiaro e certo, un desiderio inappagato, un richiamo che trascina e proietta in avanti, l'invito a conoscere quella realtà che vive già in armonia con il proprio essere ma che non si confonde con esso.

    L'educatore deve essere un rivelatore di Dio

    Come?
    - Non preoccupandosi anzitutto del nome da dargli ma della esperienza da percepire bene. Il giovane ha bisogno di incontrare un educatore che sia attento al richiamo di questo al-di-là, che non lo escluda già a priori. È essenziale appoggiare il contatto con questa realtà ed accompagnare la spinta che essa avvia all'essere che si sente trascinato perché tale movimento sia compiuto in docilità massima.
    - L'educatore riesce a fare questo approfondimento se rispetta la libertà di coscienza dell'educando ma non ha paura di fargli proposte precise. Deve però stare bene attento a trasmettere solo parole; le parole non svegliano la realtà profonda se non sono fondate sulla vita e l'esperienza. Quelle possono confondere, questa no. Il giovane attende proposte precise, tanto più efficaci se testimoniate nella vita da colui che gliele porge. Il non farle è tradire, facendo un errore scientifico, e privare l'interessato di qualcosa che è decisivo per la costruzione del suo essere.
    - L'educazione al senso di Dio non è un impegno di tipo cerebrale soprattutto; ma è vivere facendo riferimento cosciente alla sua presenza interiore. Se con tale coscienza si accompagna la docilità a tutto ciò che Dio ispira e si lascia che la vita venga influenzata, un po' alla volta il Dio-intimo diventa attraente. Può esserci una certa lotta e resistenza; ma la fedeltà agli imperativi della coscienza e la docilità a Lui conduce ad una accettazione religiosa di Dio fino a far prevalere il suo polo su quello personale. L'attrazione di questo Assoluto può sollecitare a lasciare tutto; superata la paura di abbandonarvisi, tutto l'essere esperimenta una profonda unità e una grande armonia: Dio infatti libera dal passato, dalle alienazioni, apre all'amore universale e alla comunione profonda con tutti, libera tutte le energie rese disponibili per realizzare la propria vocazione.

    La prospettiva dell'educazione alla comunicazione profonda fa evolvere la relazione educativa verso un'affettività matura

    Il nucleo centrale della vita profonda di ogni essere umano è il cuore, la sua possibile capacità di amare con amore di tenerezza, con amore-gioia, ammirazione, meraviglia, simpatia.
    Purtroppo questa condizione di partenza simile per tutti al momento della nascita si deteriora a causa di situazioni non armoniose, di paure, di immaturità di ogni genere, di non-amore che ritardano l'evoluzione dell'essere atrofizzandone le possibilità affettive od orientandole verso livelli affettivi meno costruttivi ed appaganti perché alimentati dall'amore goloso, interessato, ingordo, dal piacere e dall'istinto del possesso della persona a proprio uso e consumo.

    La maturazione affettiva nell'educatore

    L'educatore ha bisogno di verificare continuamente a che punto si trova nella sua evoluzione affettiva; deve poter coscientizzare bene il suo vissuto affettivo per non incorrere in pericolose situazioni che non promuovono la liberazione dell'amore nell'altro. Deve conoscere a fondo i meccanismi dell'amore maturo, individuare forme di fissazione o regressione affettiva, deve poter dire con l'esperienza qualcosa sull'amicizia perché la vive in profondità con persone del proprio sesso o dell'altro sesso. Un educatore che non abbia fatto almeno una profonda e ricca esperienza di amicizia non può sapere che cosa significa realmente aiutarsi a essere di più, rivelarsi l'uno all'altro, aiutarsi a progredire, sostenersi, crescere pur tra fluttuazioni ed ondeggiamenti, aprirsi agli altri con espressioni corrette, valutare i rischi dell'amicizia specie quella uomo-donna.
    La vera maturità affettiva presenta queste caratteristiche:
    - è amore di tenerezza vissuto senza timore;
    - è amore universale che coltiva alcune relazioni privilegiate senza essere prigioniero di esse. Non chiudersi nel cerchio angusto di un piccolo mondo è una esigenza importante;
    - è padronanza naturale dell'espressione sensibile che è presente con tutta la sua vivacità ma senza tirannia per cui non trascina mai al di là di ciò che è voluto dall'essere profondo;
    - è amore che si esprime in diverse modalità sensibili che provengono dal cuore;
    - tutta la vita è guidata dall'amore perché l'amore ha preso il posto centrale; è riconosciuto come il primo valore dell'essere e l'essenziale da vivere.

    Capacità di amicizie «cristiane»

    Un educatore cristiano si abilita ad amare in modo cristiano e ad impegnarsi in amicizie cristiane che implicano una crescita particolarmente interessante. Esse partono da una premessa: vivere Dio. Se lo sguardo su Dio è reciproco l'amicizia spirituale cristiana rende i due esseri molto vicini, in qualche modo li unifica perché nell'altro ciascuno ha l'impressione di ritrovare qualcosa di sé e questo qualche cosa è ciò che di più prezioso si possiede: Dio. Nascono così le amicizie cristiane che conducono verso relazioni di fraternità che superano le semplici, ma già preziose, esperienze di relazioni cordiali tra cristiani, perché alimentano la comunione, la fusione. I legami che si creano in profondità poggiano su un'affinità umana molto forte e su di una parentela d'essere profonda; ma la sorgente è Dio, la sua volontà; Lui è riconosciuto nell'altro e diventa il legame intimo e la forza di attrazione più consistente. Hanno le seguenti caratteristiche:
    - Dio è il primo amato, da lui i due imparano come amare;
    - l'altro è ricevuto come un dono di Dio per cui lasciarsi amare da una persona è lasciarsi amare da Dio, entrare in comunione con l'altro è avvicinarsi a Dio; l'altro è un sacramento di Dio, un supplemento di essere che è donato per avanzare sulle strade che Dio traccia;
    - questo amore introduce in una conoscenza intima di Dio, fino a fare l'esperienza del Padre, del Figlio e dello Spirito trovandosi proiettati verso il mistero della Trinità alla cui immagine siamo creati: uomo e donna;
    - gli altri sono amati con cuore nuovo, con apertura, con la preoccupazione di farli crescere e vivere di più, di raggiungerli dentro e più profondamente. Le disponibilità d'amore possono condurre anche verso amicizie nuove, vissute tutte nella medesima fedeltà a Dio, senza concorrenza perché ogni relazione è unica, senza gelosia perché ognuno è colmato da Dio e supercolmato da questa amicizia arrivata come un lusso;
    - gli incontri hanno un sapore di cielo e di eternità perché familiari, pieni di comunione, di silenzio e convergenti sulla stessa direzione: Dio e la patria di Dio. Essi sono un'immersione in Dio, un'immersione nell'essere, un'immersione nell'amore che vitalizza l'essere, lo consolida ancora di più e rafforza le sue fondamenta. Non sono ricercati con avidità: vengono sempre al momento giusto ed opportuno e rimandano verso ciò a cui Dio chiama.
    Quanto più intenso è l'amore tra due tanto più profonda è l'unità in Dio; quanto più il proprio cuore viene liberato dall'amore tanto più Dio viene liberato in sé. Liberare il cuore è il problema centrale di ogni essere umano. Per un cristiano ciò equivale a liberare Dio, permettergli di riempirsi d'amore, di rendersi irradiazione di Lui. Perché avere paura di amare se amare è andare in fondo al proprio essere, immergersi di più nel mondo di Dio che è il mondo dell'amore? Ne va della nostra felicità, della sua gloria, del bene di molti esseri che ci circondano e, a più lunga scadenza, del bene dell'umanità che aspetta di essere salvata dal non-amore, attraverso l'irradiazione e la creatività di quelli che vivono l'amore fino in fondo.

    Le piste vitali

    Si dirà che tutto ciò è docile, forse utopia. Siamo d'accordo; l'esperienza lo dimostra. Ma non è impossibile: molti vivono questa possibilità. Occorre che ci aiutiamo ed aiutiamo i nostri giovani a giungere ad amare in modo profondo orientando gli interventi educativi nelle giuste direzioni, individuando chiaramente le premesse o le piste vitali che garantiscono la fedeltà ad un itinerario sicuro.
    Ci pare di averne individuate quattro che proponiamo come elemento di riflessione. Sono a nostro parere le vie per giungere ad una conveniente maturità affettiva.

    1. Rendersi attenti all'altro
    L'attenzione nasce sul terreno della attrattiva sensibile per lasciarsi prendere dal fascino dell'intelligenza e della cultura fino ad approdare all'attrattiva del profondo dell'altro, proporzionale alla sua ricchezza e al suo valore morale. L'amore è fatto dall'amalgama delle tre attrattive fino a lasciarsi dominare dalla più profonda.
    Ciò esige:
    - l'impegno a voler incontrare ogni persona a livello profondo;
    - il desiderio che nasca l'amore profondo e ciò è possibile quando ci si fa attenti alla bellezza degli esseri e si incontrano con il cuore nel loro positivo senza lasciarsi smarrire dal negativo e dai loro limiti;
    - il bisogno di far crescere l'amore anche nelle sue più manifeste fluttuazioni dedicando del tempo alla comprensione dei doni che l'altro nasconde. Uno sguardo sereno può far nascere sentimenti di meraviglia e di stupore;
    - il superamento di ostacoli all'amore profondo: la mancanza di profondità personale, il «centramento» sull'io, la mancanza di tempo, la fretta, la difficoltà di meravigliarsi dell'altro.

    2. Comunicare con l'altro
    Comunicare con una persona non è facile; e abituarsi a ciò è impegnativo. Infatti occorre:
    - capire l'altro come egli stesso si capisce, entrando nel suo mondo con le disposizioni del cuore: non-giudizio, pazienza, interesse per l'uomo e la sua interiorità, serenità;
    - accogliere ed accettare l'altro come è, dal momento che l'amore incondizionato fa vivere la persona;
    - volere che l'altro viva e sia felice a modo suo, aiutandolo a divenire se stesso e quindi felice di vivere;
    - tendere ad una certa unità con l'altro, unità più o meno grande, secondo l'attrattiva che si prova e la profondità della relazione o della reciprocità;
    - restare se stessi, non perdere la propria autonomia, distinguendo bene, eventualmente, la persona che si ama dalle sue azioni difettose.

    3. Rispettare l'autonomia dell'altro
    Non ci può essere crescita che dall'interno della persona. Ciò ci induce a fare delle affermazioni:
    - non si manipolano le persone come si manipolano le cose. È compito dell'altro riprendersi, correggersi, scoprire ragioni di vita, darsi ideali, progredire con le proprie forze;
    - il nostro compito: amare ed essere presenti, cioè accompagnare nella crescita, creare un'atmosfera che gli permetta di esistere secondo ciò che è, risvegliando ciò che è assopito in lui e che deve vivere senza paura di passi falsi o della propria inettitudine. Amare vuol dire non essere di ostacolo; a volte incoraggiando, esprimendo un dissenso, o anche stando là presenti in modo discreto e disponibile se l'altro ha bisogno di solitudine e libertà;
    - avere fede nelle capacità di autosviluppo personale; lui può guidare la propria vita se dà fiducia alle sue forze di vita che l'orientano verso ciò che è buono, vero, bello;
    - non forzare la reciprocità, poiché l'amore è indipendente dalla risposta che l'altro può dare; il ricercarla può essere segno di interesse;
    - il rispetto dell'autonomia è molto difficile da vivere, perché l'autonomia è rischiosa: può richiedere un cambiamento temuto; di qui tentazioni di proibire qualcosa, di dare molti consigli, di mettere in guardia proiettando sull'altro le proprie paure. La paura paralizza e conduce verso gli errori che si volevano evitare.

    4. Esprimere l'amore profondo
    L'amore si deve esprimere con segni, gesti, parole, attenzioni, linguaggio. L'espressione pone dei problemi riguardo a se stessi, all'altro e all'ambiente. Ha dei rischi specie nelle relazioni uomo-donna. Non sempre l'amore è profondo, a volte è di tipo goloso. È l'amore profondo che regola la sessualità e l'armonizza con il tutto della persona, facendole prendere il suo posto nell'insieme armonico il cui centro è l'amore. Le espressioni vanno scelte secondo la propria condizione di vita, le attese più vere dell'altro e i codici sociali anche se questi devono evolvere.

    CONCLUSIONE

    Abbiamo voluto dimostrare che il rapporto educativo è uno degli aspetti più importanti dell'intervento educativo. Non nasce «comunque .v e non tutte le relazioni educatore/educando sono educative nel senso pieno, perché non ispirate al senso della ricerca, dell'incontro, del dialogo.
    Per giungervi e promuovere la crescita di entrambi i partners della relazione ci pare siano importanti e decisive tre linee di formazione da parte dei due poli della relazione:
    - la dialettica dell'essere e l'ottica della vita profonda;
    - l'educazione al senso dell'Assoluto profondo, di Dio;
    - l'abilitazione a comunicare in modo profondo nella linea di un'affettività matura come espressione di tenerezza adulta.


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    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
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    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

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