Pastorale Giovanile

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    Giovani e catechesi

    Spunti per animatori giovanili

    Cesare Bissoli

    giovani-ritiro

    Mi permetto di proporre una recente esperienza catechistica con gli animatori di giovani di una diocesi del nord Italia. Il mio intervento si concentrava su un tema preciso: “Quali itinerari di fede per adolescenti e giovani nelle nostre comunità”. Voleva essere un percorso evangelico, che fosse cioè Vangelo secondo la fede della Chiesa, e insieme un percorso mirato a suscitare una sentita partecipazione dei giovani stessi. Vi era dunque una precisa angolatura catechistica di annuncio della fede per la vita. Non intendevo toccare tutti gli aspetti , tanto meno dare delle ricette che sarebbero morte prima ancora di nascere. Piuttosto, per una utile preparazione all’incontro, chiesi ad ogni animatore (per lo più presbitero) di raccogliere dai giovani delle singole comunità i loro punti di vista (interrogativi, dubbi, certezze…) sui principali contenuti della fede e sugli atteggiamenti verso di essa. Intendevo così sensibilizzarmi di quel mondo giovanile di cui avrei parlato, ma anche stimolare l’attenzione e dare incoraggiamento ad animatori, non di rado insoddisfatti e delusi del loro servizio (“Non vengono più, non riesco a raggiungerli”). Fu creato così un ponte di amicizia e condivisione tra me straniero e i miei interlocutori.
    Ritengo che questa impostazione di parità rispettosa e amica sia un inizio necessario per un cammino corretto, anzi rappresenti il clima vitale per la comunicazione dei contenuti.
    Parto dunque dal pensiero dei giovani registrato dagli animatori, mettendolo in ordine così come io ho recepito, con citazioni virgolettate del loro punto di vista.

    RIFLESSI DALLA LETTURA DEGLI INTERVENTI

    Un bilancio dei contenuti

    Richiamo l’attenzione su seguenti punti.
    - Nelle valutazioni dei giovani emergeva come problema centrale la relazione giovani e Chiesa, più che una tematica espressamente attenta al mistero di Dio, di Gesù Cristo e globalmente del Credo cristiano; ma non mancano cenni espliciti in tale direzione.
    - Entro tale relazione si nota una ripetuta menzione del rapporto tra Chiesa e Cristo, facendo comprendere che soltanto in tale servizio la comunità si rende insostituibile. Siamo al cuore della 'sfida' dell’evangelizzazione oggi.
    - Si manifesta il bisogno di segni o gesti non pessimistici e non burocratici, ma di “persone che stanno vicino, aiutando a superare l’impressione assai diffusa della Chiesa che giudica e condanna”, ricordando poi che “il concreto della comunità è migliore della chiesa in genere”.
    - Servizi invocati: “formare coscienze, puntare sull’essenziale cristiano, vita comunitaria più fraterna, celebrazioni eucaristiche meno generiche e ripetitive”.
    - Quale somma dei desideri inviati, si chiede di “evangelizzare una consuetudine di vita con il Signore; proporre una impostazione di vita, non in puri termini negativi, ma coraggiosi e radicali; rendere il Vangelo comprensibile a tutti quelli che si incontra oltre le differenze”.

    Sui destinatari

    Quanto ai destinatari, il riferimento agli adolescenti, anche se non particolarmente tematizzato, a appare sottinteso un po’ in tutti gli interventi. Feci osservare che proprio la considerazione degli adolescenti - e preadolescenti -, dunque dei giovani nella fase pre-universitaria domanda oggi una considerazione specifica a livello non solo ecclesiale (a causa di quella icona-incubo che è diventata la fuga post-cresimale!), ma anche a livello familiare, scolastico e sociale. Sono i ‘poveri’ della società e della chiesa.

    Messaggio e vita

    Si nota il forte collegamento, affermato da tutti, tra il messaggio e la vita, per cui la fede si fa esperienza, convogliata verso “l’amore di Dio” come “gioia del cuore”. L’elemento ‘difficile’ sarà proprio nel non saper fare tale traduzione, come - si dice - “porgere l’altra guancia”. Bella è l’affermazione di una piccola parrocchia della diocesi: “Il messaggio più bello del Vangelo è il Vangelo stesso nella sua totalità. La cosa più difficile è ancora tutto il vangelo (abbiamo scelto come esempio: il racconto del giovane ricco: come lasciare tutto?)”.
    “Ciò che affascina di più è il Vangelo delle Beatitudini, Vangelo dell’amore, essere e vivere liberi da condizionamento umano e dalla mode correnti. Non viene accettato il Vangelo del ‘porgi l’altra guancia’, occorre camminare nella direzione della gratuità e del servizio”.
    “Gesù amico che cammina con noi nella nostra vita e che è soprattutto sempre disposto a perdonarci quando sbagliamo. Difficoltà di lasciare tutto per seguire Gesù”; “Il buon Samaritano, il mistero della risurrezione, il sì incondizionato della Madonna che ha accettato di avere un figlio per donarlo completamente”; “Io penso che GC inizia a diventare interessante per la vita di un uomo quando risponde ai suoi bisogni quotidiani (quando ho provato o che mi vuole bene...).
    Non si dovrà dimenticare questo plesso tra Parola di Dio ed esperienza, questa sporgenza della fede sul versante dell’affettività ed emotività, la percezione del valore evangelico che si vuole radicale e insieme la difficoltà di riuscirci. Questa situazione dialettica ci aiuta a capire quello che è forse uno dei dati più rimarcati, e cioè il valore delle mediazioni.
    Ancora un’annotazione: sono troppo dotate di fede queste affermazioni? Saranno molto probabilmente minoranza in un conto totale, Ma sono possibili e ci sono!

    L’essenziale valore delle mediazioni come accompagnamento

    È quanto emerge sempre dagli interventi dei giovani. Sono di vari tipo.

    - Certamente la mediazione più espressa è quella del gruppo: fare cammino insieme
    “L’esperienza di fede vissuta privatamente non dà tanto quanto l’esperienza vissuta insieme e con l’aiuto dei nostri amici. Dio si manifesta soprattutto nelle persone al di là del rapporto personale che possiamo avere con Lui”; “Ciò è possibile all’interno di gruppi in cui sia facilitato il confronto e sia possibile vivere anche reali esperienze nel sociale attraverso il volontariato e la partecipazione alle iniziative proposte ai giovani dalle istituzioni, divenendo propositivi e critici al tempo stesso, favorendo un impegno anche in ambito politico, non inteso come potere, bensì come servizio”); “Il crescere insieme permette di giungere alla propria identità”.
    Questo aspetto emerge come dato di fatto dalla presenza in diocesi di gruppi operativi (o associazioni e movimenti), come appare dagli interventi: Scout, CL, Casa Famiglia, Comunità Papa Giovanni, Seminario, e segnatamente l’AC e il gruppo Taizè: tutto un potenziale di sicuro valore.
    - Vanno menzionati quei mediatori che sono le persone: il prete anzitutto.
    “Zaccheo è il brano evangelico più suggestivo: ‘Scendi, vengo a casa tua stasera’”. È quello che è successo a me. Mentre ero in giro per i fatti miei Don Mauro mi ha detto: Vieni a casa mia a mangiare, e adesso sono qua”.
    - Ma ancora di più, per certi aspetti, sono apprezzati quei mediatori che sono gli animatori, i catechisti: la caratura di ciò si manifesta nella stesura degli interventi di cui stiamo parlando.
    Viene da dire che una comunità ecclesiale che dispone di persone così convinte, lucide e determinate si trova con delle risorse assai positive.
    - Ci troviamo così confrontati con un fattore, questo della mediazione, fondamentale e delicato insieme: delicato perché si tratta di educare alla personale scelta di fede, evitando impostazioni che diventino surrogati; fondamentale, perché vengono alla luce certe condizioni decisive. Ne colgo quattro:
    * l’impostazione educativa dell’animatore in quanto adulto esemplare e incoraggiante:
    “Questo è il messaggio degli adolescenti: hanno necessità di aspirazioni alte, sono disposti a confrontarsi con scommesse difficili e impegnative se autentiche per la loro vita, ma riconoscono la loro fragilità, la fatica di stare ‘ sempre sulla strada’, e per questo chiedono di essere condotti da persone che sappiano soprattutto perché quando un giovane si sente amato, voluto bene è più disposto a saltar fuori”;
    * la forza coinvolgente di un cammino condiviso tra il gruppo dei pari;
    * la specificità di proposte qualificate come quelle delle Associazioni (nella misura che restano radicate nella diocesi);
    * il grande valore di concreti servizi di aggregazione: Grest, campi scuola, incontri settimanali, ACR, LD, i ritiri in casa del Don, varie occasioni di festa…

    Ricapitolando i risultati dell’inchiesta, io stesso dissi agli animatori all’inizio dell’incontro: “Nelle ‘voci’ giovanili da voi mandate, vorrei rimarcare il ‘silenzio’ sul mistero di Dio, la secondarietà della Parola di Dio e dei sacramenti, lo sfocamento di attenzione sui cosiddetti ‘lontani’ (“non conosciamo le storie e le esperienze dei giovani lontani”), la quasi assenza della famiglia, una marginalità dei problemi culturali… Se punto di approdo (iniziale) per questa età è ‘la scelta di fede’, occorre fare strada”.


    INDICAZIONI PER DEGLI ITINERARI DI FEDE

    L’attenzione adesso si concentra sul cammino di fede da proporre ad adolescenti e giovani: sul cosa dire e sul come dirlo alla luce della contestualità emersa, cercando non di dire tutto, ma elementi di rilievo, a seguito anche degli interventi giovanili. Mi rivolgo agli animatori, per una loro personale riflessione critica sulla proposta.
    Premetto quelli che chiamo a-priori della fede. Faccio seguire alcuni criteri-guida per l’elaborazione di itinerari, propongo gli elementi di un itinerario cristocentrico (=‘come dire Gesù’).

    Alcuni “a-priori di fede” per gli animatori

    - “Dio è misericordia” (Papa Francesco): deve restare l’orizzonte illimitato di ogni discorso religioso cristiano. Vuol dire che Dio in Cristo ama questi giovani, uno per uno, così come sono, in vista di quello che possono essere. Agli occhi del Padre nessun figlio è irrimediabilmente perduto, semmai è 'scappato di casa' e si procura del male. Ma Dio lo aspetta, anzi lo cerca.
    - L’annuncio di Gesù Cristo è per sé costruttivo: a livello soprannaturale (è la stessa verità di Dio) e a livello umano (propone un progetto d’uomo che vale, risponde al bisogno profondo della persona anche quando essa non se ne accorge o lo rifiuta).
    - Ogni giovane in profondità non è immune dalla provocazione del Vangelo, anche se riesce ad addormentare la domanda di senso e la ricerca della fede con una condotta morale lesiva.
    - Il processo della fede è un… processo: non è automatico, né rapido, né di successo assicurato. Cristiani non si nasce, ma si diventa, e lo si diventa continuamente, così come è la vita che fluisce incessantemente, sempre la stessa e sempre diversa.
    - La proposta di fede è un processo tra viventi, non tra libro e un giovane. L’adulto, compagno di percorso (testimone ed educatore, amico) è di fatto indispensabile, capace di personalizzare una relazione di uno per uno pur lavorando insieme (gruppo). Un accompagnamento siffatto si fa segno sacramentale dell’accompagnamento di Dio.

    Fattori-guida per l’elaborazione di itinerari

    Ne enumero quattro che ritengo di peculiare rilevanza a riguardo della verità o autenticità della fede, della sua significatività, della sua integralità, della sua propositività effettiva.

     

    1. “Voi chi dite che io sia?” (Mc 8, 29).

    Fede è anche sapere la fede con il senso del mistero e con valide motivazioni culturali. Ritrovare il gusto e la ricerca della verità del Vangelo.

    “Ciò che è più preoccupante è il crescente analfabetismo religioso delle giovani generazioni, per tanti versi ben disposte e generose, ma spesso non adeguatamente formate all’essenziale dell’esperienza cristiana e ancor meno a una fede capace di farsi cultura e di avere un impatto sulla storia” (CEI, Comunicare il vangelo…, 40)

    Sapere la fede in un certo modo fa parte anche del viverla

    Quattro ragioni:
    - oggi si assiste ad un effettivo deterioramento e perdita (ignoranza) della verità o senso preciso dei contenuti di fede secondo la fides ecclesiae;
    - è necessario promuovere l’ identificazione della fede di Gesù Cristo di fronte - eppur in dialogo - con il pluralismo religioso e sistemi di significato religioso ed etico di tipo diverso e non di rado alternativo;
    - occorre puntare sulla radicalità o senso profondo (‘choc di vangelo’) di fronte allo svuotamento per superficializzazione e omologazione levigante;
    - va messa a fuoco come dato centrale l’autopresentazione di Gesù come Maestro che chiede al cristiano di essere discepolo. Significa disponibilità all’ascolto e non all’invenzione religiosa e quindi accettare di andare a scuola del Maestro per arrivare a due obiettivi: alla conoscenza come stupore davanti al Mistero (Dio si comunica o rivela, non si conquista, ma si accoglie: è l’obbedienza della fede essenziale alla fede) ; e alla completezza della fede secondo la gerarchia delle verità: “Maestro, dove abiti? Venite e vedrete. E rimasero con Lui. Era l’ora decima” (Giov 1, 38s).

    La Chiesa maestra

    Vi è un Gesù Maestro, che si affida ad una Chiesa maestra, che non è soltanto una centrale di servizi di carità, riconoscendo piuttosto che dire la verità è un fondamentale e indispensabile opera di carità.
    Bisogna poter riportare nel circuito del cammino di fede la conoscenza precisa e approfondita in un contesto di grave ignoranza, di stereotipi di fake news, di catechesi in flashes. Ciò richiede la frequentazione dei documenti oggettivi della fede, quali la Bibbia, segnatamente i Vangeli, ma anche quelle mediazioni sistematiche che ritengo ben fatte e utili anche oggi in mano ad un animatore capace . Questo non vuol dire e non deve diventare assolutamente ricaduta nella pura comunicazione dottrinale, ma fissare il tracciato di un cammino che sarà sempre Mistero (che è qualcosa di più di domanda e risposta tipo quiz televisivo), ma che si compie in una direzione corretta espressa dalle formule della fede. È quello che provoca Gesù stesso quando pone le famose domande: “La gente, chi dice che io sia? Ma voi chi dite che io sia?” (cf Mc 8, 27-29).
    Vorremmo ribadirlo con un intento critico costruttivo verso certi modi di intendere l’annuncio di Cristo ai giovani.
    Non si dovrebbe dimenticare che ‘dire Gesù’ non avviene mai nel vuoto, in astratto, entro un recinto che si vorrebbe isolato dai rumori (Bose, Camaldoli, ‘deserto’…), per cui capita qualcosa tra Gesù e il giovane, dimenticando che ciò che capita avviene in un quadro di persone, di attese, di obiettivi, di testimonianze e contro-testimonianze, di rumori dispersivi, entro una rete di esperienze, di atteggiamenti, di interazioni, di linguaggi, insomma secondo un processo, che rispecchia in fondo il modo di dirsi di Gesù nei Vangeli (si noterà che nei vangeli la sua esistenza è tra la gente, sempre in dibattito e culmina in un processo), processo che ha per testimoni i discepoli, la Chiesa. Si, bisogna ammetterlo, i giovani oggi non gradiscono il Gesù detto dalla Chiesa proprio, parrebbe, in quanto detto da essa, ma occorre realisticamente riconoscere che senza la chiesa, questa chiesa concreta con luci e ombre, sparisce anche Gesù. Nasce così una tripolarità pastorale circolare: occorre essere una buona Chiesa per trasmettere credibilmente Gesù (è la mediazione pedagogica); a sua volta dicendo bene Gesù (Vangelo!) è sempre generare e rigenerare una comunità (è la mediazione biblica) ; resta vero che solo la Chiesa riesce a dire compiutamente Gesù, esprimerne le sue fattezze vere, il suo corpo (è la mediazione ecclesiale). E questo corpo siamo noi animatori, magari sciancati, grippati, anemici, ma gli unici e normalmente indispensabili perché “Gesù av-venga”: ne siamo il sacramento! Per questo bisognerebbe dire Gesù con un amore migliore e più paziente verso la Chiesa, per rendere migliore la sua voce. È in questo equilibrio tra Cristo e Chiesa vi è la maturità di un cammino di fede verso Cristo, un percorso che ritiene: “Chi ascolta voi, ascolta me!” (Lc 10, 16). Mi verrebbe di inficiare certi progetti catechistici non di falsità, ma di irrealtà, perché si tratta di un Gesù inventato, non di un Gesù riconosciuto e accolto dalla Chiesa sua sposa. Di qui proviene, l’esigenza di verificare la nostra credibilità ecclesiale, di migliorarla nel dire, nel fare e nell’essere, perché Gesù sia veramente incontrato, come faceva Don Bosco e altri santi educatori?

    Il cammino cristocentrico-trinitario

    Come è noto è l’unica via garantita per dire la fede cristiana, teologicamente ed esistenzialmente perché punta sul cuore della Rivelazione, la Parola ultima e definitiva di Dio nella storia, oggi avvalorata dal Vaticano II e sviluppata dal magistero .
    Le implicanze sono rilevanti:
    - si tratta di dire Gesù nella pienezza del suo mistero divino-umano, storico e metastorico (cristocentrismo trinitario e antropologico) ;
    - come chiave ermeneutica del deposito della fede (= dire Dio, uomo, mondo, novissimi… secondo Gesù);
    - come mediatore essenziale del rapporto Dio e uomo in ogni sua forma e manifestazione, a riguardo quindi delle grandi religioni, dei mondi culturali, del progresso scientifico, delle proposte laiche di salvezza (ideologia, consumismo), insomma di tutta la realtà;
    - come portatore di una antropologia teologica: quale uomo per Dio; e quale Dio per l’uomo, sintesi e ragione di tutto - come missionario del Padre (Regno) nel mondo, Egli è colui che ci introduce nella famiglia trinitaria con il Padre mediante il Figlio nello Spirito.
    Riportare al centro la fede nel mistero trinitario può essere una sfida dopo tanto esilio, ma è anche la meta obbligata: dire di meno è dire non certamente il Dio di Gesù e nemmeno l’identità vera di Gesù. È tradirlo!

    Nel punto terzo sarà svolta questa ‘esplorazione di Gesù’. Intanto ricordo, come uno dei dati più significativi, la profonda convergenza con voci degli interventi dei giovani:
    “Condividere la fede nel Signore nostro GC vuol dire pensarla in tutto come lui, scegliere su una base comune, che è il Vangelo stesso”; “Solo conoscendo bene noi Cristo possiamo presentarlo ad altri, solo con la nostra passione di cristiani possiamo portare anche ai nostri amici ‘lontani’ il messaggio di speranza del Cristo. Abbiamo passione e siamo convinti di ciò?”.

     

    2. “Non chi dice, Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre mio entrerà nel regno dei cieli” (Mt 7, 21). 

    Per essere vera la proposta di fede deve essere significativa, cioè richiede una sostanziale integrazione tra fede e vita, tra dottrina ed esperienza e fare della fede una scelta di vita.

    È il superamento del puro apprendimento meccanico e mnemonico della dottrina, per una adesione di fede, ossia per una esperienza vitale di Cristo, dove la vita e il Vangelo si richiamano e si interpretano a vicenda, in modo da formare quella ‘mentalità di fede’ che fa da obiettivo centrale della catechesi italiana (Il Rinnovamento della catechesi, c IV). Un ciò che ascoltano, sono a loro modo spie di questa necessità di ‘annuncio per incarnazione’.
    Vorrei sottolineare tre elementi centrali:

    Importa non solo conoscere la fede come dato, ma farne esperienza

    Il che richiede due cose:
    - trasformare il vissuto religioso, anche intenso, ma epidermico, in conoscenza consapevole, motivata, incisiva sul mondo di valori della persona;
    - imparare ad esprimere ciò nel linguaggio opportuno (preghiera, canto, testimonianza, racconto…). Questo comporta con il momento di studio, il momento del silenzio e della preghiera. Taizé rappresenta un modello diventato famoso. Esperienza del Vangelo vuol dire specificamente mettere in pratica la Parola di Dio, specie nell’ordine della carità: “Chi fa la verità viene alla luce” (Giov 3, 21).

    Con la Parola di Dio, si deve imparare a fare ciò per cui ci viene data

    E Dio ci parla non per provocare una comunicazione di conoscenze astratte, per quanto amorose, ma come fermento evangelico nella pasta della vita, ossia per fare con la Parola (=la storia di Gesù) discernimento delle vicende rilevanti della mia storia personale e comunitaria: quale è il pensiero di Cristo di fronte a questo evento, a questo fatto di cronaca (bianca e nera), a questo orientamento di pensiero, a questa esperienza? Vi rientrano in particolare due obiettivi:
    - l’autocomprensione credente: scoprire se stessi alla luce di Dio e scoprire Dio alla luce del proprio mondo interiore;
    - la capacità di cogliere la ricaduta umanizzante del Vangelo (“Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto si fa lui stesso più uomo”, GS, 41). A questo proposito l’incontro con la Parola mediante la Lectio Divina, grazie anche all’esempio indimenticabile del Card. Martini, appare ai giovani di cui parliamo come via non solo fattibile, ma da farsi.

    Investire saggiamente in affettività e emotività

    Nelle Giornate Mondiali delle Gioventù sono state messe bene in luce le parole chiavi, i leitmotiv, i motivi trascinatori: in ‘tanti, insieme, in festa’. Sappiamo come vi siano inclini soprattutto gli adolescenti.
    Riconosciamo anche l’ambivalenza di queste espressioni-atteggiamenti.
    - Oggi assai più di ieri il lato estetico della verità, il ’sentire Gesù’, il provare gioia, piangere di commozione, abbracciarsi e danzare… quindi la potenza dei segni espressivi e la fantasia o creatività nell’elaborarli (canto, gestualità corporale…) sono una esigenza assai sentita, da non sottovalutare, tenuto conto anche della suggestione delle ‘liturgie musicali e sportive’ in cui i giovani sono immersi. Qui si innesta una certa facilità giovanile alla pubblicizzazione in forma entusiasmante dell’atto religioso (confessione, eucaristia).
    - Ma si nota anche il bisogno della vigilanza educativa per passare dalle ‘emozioni di Gesù’ al ‘Gesù delle emozioni’ (anche quando queste mancassero!).
    Questo rapporto fede e vita appare centrale in tutti gli interventi di cui stiamo parlando.
    Una voce per tutte: “Per noi e per il nostro cammino di operatori pastorali chiediamo momenti di incontro e di preghiera insieme, mediante i quali imparare a cogliere i segni di tempi e valutare con saggezza le scelte e le azioni da intraprendere”.

     

    3. “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (Atti 2, 42).

    Il cammino di fede deve essere integrale, ossia deve comportare tutti gli elementi che formano l’esistenza del cristiano nella sequela di Gesù, esistenza in crescita di santità. In concreto comporta impostare tutta la pastorale nella prospettiva di iniziazione cristiana.

    Questo significa assumere un criterio totalizzante della pastorale, il modello dell’iniziazione cristiana, ossia il ‘diventare cristiano e vivere come cristiano’ (CEI, Comunicare…, 59), e come tale farlo conoscere e volere dai giovani.

    Questo significa cose importanti

    - Con l’itinerario di fede si tratta non di qualcosa di buono da fare, ma della fede in Gesù Cristo come scelta di vita. Non si arriverà subito, ma la scelta di fede è una meta da proporre subito, rendendola convincente nel cammino di formazione, al cui termine tale scelta viene emessa (festa dei cresimandi, comunione di maturità…).
    - Vuol dire mirare ad una fede autentica, profonda, fedele, progressiva: “Non vogliamo restare figli della semplice natura e dell’ignoranza, ma di una scelta consapevole” annota un animatore.
    - Riprendendo un pensiero detto sopra, ciò comporta immergersi nel mistero di Gesù Cristo, come rivelazione del mistero di Dio e del senso dell’uomo e della realtà. La ‘santità’ è l’unica vera prospettiva del cristiano, ossia una crescente e forte immedesimazione e intimità con Gesù Cristo si da corrispondere a quel patto di amore con il quale Egli ha voluto legarsi a noi e che nei sacramenti e nell’amore fraterno egli ripropone e rinnova.
    - Comprende quattro momenti sincronici e progressivi: annuncio, celebrazione, servizio di carità, comunione ecclesiale.

    * ANNUNCIO
    Per assicurare una genuina verità della fede e della risposta della fede.
    Significa mettere come esperienza essenziale l’ascolto della Parola di Dio in misura periodica, costante, graduale, incarnata. In due momenti:
    - come fondazione ed è la catechesi, a partire dal primo annuncio e giungendo al quadro della catechesi del Catechismo (v. sopra nota 2), focalizzando questioni specifiche della condizione giovanile: educazione morale, all’amore e alla corporeità, alla libertà, ai valori sociali…
    - come nutrimento: incontro di fede con la Bibbia, tramite la Lectio Divina mirando ad acquisire la capacità di fare discernimento cristiano. Ne abbiamo fatto cenno sopra.
    - come fermento di vita. La Parola di Dio vuole intrecciarsi con l’umanità della persona

    “Rimane vero che per amare da persone adulte, mature e responsabili, bisogna saper assumere tutte le responsabilità della vita umana: studio, acquisizione di una professionalità, impegno nella comunità civile. Le esperienze forti (= volontariato) possono tanto più giovare quanto più si coniugano con i cammini ordinari della vita, che consistono nell’operare scelte di cui poi si è responsabili” (CEI, Comunicare il Vangelo, 51).

    * CELEBRAZIONE
    È la componente liturgica e orante della vita di fede.
    Qui ci limitiamo ad alcuni obiettivi che si fanno compito di evangelizzazione:
    - il cristiano (giovane) prega, e quindi impara a pregare come fatto costante, ’quotidiano’, della vita;
    - il cristiano (giovane) vive con passione e fedeltà i sacramenti come appuntamenti privilegiati di incontro con Gesù, specie la Messa domenicale, il sacramento della penitenza, l’anno liturgico;
    - il cristiano (giovane) trova momenti di incontro per fare adorazione di Gesù Cristo in comunità.
    “Per noi animatori e per il nostro cammino chiediamo momenti di incontro e di preghiera insieme mediante i quali imparare a cogliere i segni dei tempi e valutare con saggezza le scelte e le azioni da intraprendere”.
    - il cristiano (giovane) fa celebrazioni belle, significative, coniugando fedeltà alla fede comune (es la Messa) con una creatività espressiva, specie in ambito extra-liturgico.

    * CARITÀ
    Qui siamo forse al punto decisivo per i giovani di oggi affinché la fede si accenda e abbia senso: la carità verso il prossimo. Negli interventi si nota un accento appassionato su questo punto, specie nelle comunità di servizio a disabili, ai poveri. Un po’ tutti dicono che la Chiesa è credibile se fa opere di amore verso i più poveri e deboli.
    Personalmente ritengo importanti alcuni obiettivi:
    - evangelizzare l’amore al prossimo in modo che non scada in amicizia mercanteggiata o filantropia, ma tenga il respiro, le ragioni, lo stile, le proporzioni che vi ha dato Gesù Cristo. Preghiera e carità si reggono insieme:
    - fare tirocinio di amore cristiano per diventare capaci di amare veramente. Lo si diventa attraverso impegni specifici e volontari in ambito familiare, scolastico, ecclesiale, sociale…
    - realizzare forme plurime e diversificate per età, di’ volontariato’ come segno sacramentale dell’amore cristiano.
    Ecco voci dei nostri amici: “Quello che la Chiesa può dare si concretizza nello stare vicini alle persone e nell’attuare gesti forti di servizio agli ultimi”; “Bisogna uscire un po’ dalla mentalità parrocchialista ed entrare di più in quella diocesana… Oratorio senza frontiere”; “ Il gruppo ha valore se si rende possibile vivere anche reali esperienze nel sociale attraverso il volontariato e la partecipazione alle iniziative proposte ai giovani dalle istituzioni, divenendo propositivi e critici al tempo stesso, favorendo un impegno anche in ambito politico, non inteso come potere, bensì come servizio”.

    * COMUNIONE
    Intendiamo qui l’appartenenza ecclesiale come nota qualificante dell’essere cristiano.
    A livello giovanile, stante anche la condizione giovanile che è stata evidenziata (chiesa scambiata come fonte di minacce o mera organizzazione o esercizio di potere), vedo tre obiettivi-compiti:
    - evangelizzare la Chiesa, annunciare come l’ha voluta Gesù
    - appartenere alla Chiesa, farne esperienza con spirito di comunione e di servizio. Non separare i gruppi giovanili dalla comunità, ma proporre alla comunità ‘i giovani come bene comune’, per un incontro intergenerazionale, segnatamente con la famiglia.
    - portare avanti la missione della Chiesa con la testimonianza personale e comunitaria. Che diventa quindi esplicito obiettivo di formazione. La fede è missionaria o semplicemente non è!
    In questo quadro ecclesiale si propone il motivo del progetto di vita, o vocazione, sacerdotale, di vita consacrata e al matrimonio. Questa è l’età decisiva. Bisogna tornare a parlarne come dono - non peso - che Dio fa alla comunità. Bisogna tornare a parlarne come obbligo di coscienza della comunità, se si vuol fare degnamente Eucaristia!
    Dicono i Vescovi italiani: ”Dobbiamo far sì che ciascuno giunga a discernere la’forma di vita’ in cui è chiamato a spendere tutta la propria libertà e creatività: allora sì sarà possibile valorizzare energie e tesori preziosi. Per ciascuno la fede si traduce in vocazione e sequela del Signore Gesù” (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 51)
    Colpisce il silenzio sul tema ‘vocazione’ negli interventi giovanili.

    A titolo di verifica poniamo cosa dicono i Vescovi italiani nella Nota Pastorale Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (n. 51):
    “Ci pare opportuno chiedere per gli anni a venire un’attenzione particolare ai giovani e alle famiglie… È proprio ai giovani che vanno insegnati e trasmessi il gusto per la preghiera e per la liturgia, l’attenzione alla vita interiore e la capacità di leggere il mondo attraverso la riflessione e il dialogo con ogni persona che incontrano, a cominciare dai membri delle comunità cristiane… Trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la vita interiore, per l’ascolto perseverante della Parola di Dio, per l’assiduità con il Signore nella preghiera per un’ordinata vita sacramentale nutrita di eucaristia e di riconciliazione, per la capacità di’ lavorare su se stessi’ attraverso l’arte della lotta spirituale
    Non solo: se non sapremo trasmettere loro un’attenzione a tutto campo verso tutto ciò che è umano - la storia, le tradizioni culturali, religiose e artistiche del passato e del presente-, saremo corresponsabili dello smarrirsi del loro entusiasmo, dell’isterilirsi della loro ricerca di autenticità, dello svuotarsi del loro anelito alla vera libertà”.

     

    4. “Maestro, dove abiti? Venite e vedrete” (Giov 1, 39). 

    La fede chiede comunicazione da vivente a vivente (accompagnamento) come in un cammino e insieme si realizza adeguatamente come ‘laboratorio della fede’.

    Catechesi non è riflessione teologica o pedagogica a se stanti, ma atto di comunicazione, di passaggio di qualcosa da uno a qualche altro.

    È un processo, un cammino

    Vuol dire che non si comunica il Vangelo con due battute come quando il tecnico ti porta a casa la lavatrice e ti spiega il funzionamento. Corrisponde piuttosto all’esperienza della scuola dove si va ogni giorno per diversi anni, cioè ad una progettualità dinamica e unitaria, come il seminare, coltivare, il mietere per avere il frutto; l’annuncio, la conversione e l’adesione. Concretamente si richiede una articolazione dei contenuti, uno svolgimento temporale a tappe, l’adeguamento del programma alle persone… Di qui la figura dell’itinerario per comunicare la fede, bene rappresentati dalla icona della strada di Emmaus (Lc 24, 13-35) o del ’Maestro dove abiti? Venite e vedete. Andarono e restarono con Lui” (Giov 1, 38s).
    Viene opportuno fare almeno un cenno di una esigenza oggi molto sentita: l’accompagnamento bene significato dal cammino di Gesù con i due viandanti di Emmaus o del suo invito ai due primi discepoli.
    Si tratta non soltanto di proporre il cammino di fede ai giovani (da maestro ad allievo), ma di farlo insieme (da educatore all’educando) in un clima di dialogo e di consapevole fraternità, tanto affettiva quanto intelligente e saggia.
    Diceva un animatore: “Occorre farsi amico e compagno di viaggio di ciascun giovane, uno per uno, dicendogli Cristo, anzitutto con l’amicizia e l’incoraggiamento costante prima che per altre vie e dentro ogni altra via”.

    È un laboratorio di fede (Giovanni Paolo II)

    Ossia prevede “l’esserci dentro“ dei giovani fin dall’inizio, quindi dove la fede non è un dato depositato, ma richiede ricerca, partecipazione, approfondimento. Un procedimento di appropriazione consapevole e voluta.

    Scelte metodologiche

    Qui subentra una serie di scelte metodologiche di cui qui vorrei toccare per cenni quelle che mi paiono più congrue alla situazione dei giovani:
    - quanto all’organizzazione: vanno pensate tappe continuate periodiche lungo tutto l’anno pastorale e non quindi a spruzzi occasionali; ma anche va coltivato il momento forte: il ritiro di un giorno, il campo scuola, un pellegrinaggio a Taizè, il volontariato in luoghi di bisogno in Italia o all’estero;
    - quanto alle esperienze: tenere insieme e interagenti “l’annuncio, la celebrazione (Eucaristia e Riconciliazione), la carità, la comunione, la manifestazione culturale (musica, teatro…)”;
    - quanto ai contenuti dell’annuncio, la fede va detta considerando sempre le colonne portanti (v. sopra sul primo annuncio) e rifacendosi sempre ad esse ; va considerato il messaggio ecclesiale (ai giovani) (specie i discorsi di Giovanni Paolo II, di Papa Francesco, del proprio Vescovo…);
    - modelli: abbiamo nominato il testo di Catechismo dei giovani I, Io ho scelto voi; Catechismo dei giovani II, Venite e vedrete. Essi sono esemplari nello sforzo di proporre un itinerario adeguato a destinatari, è teologicamente corretto, antropologicamente attento, con tutti gli elementi per fare un itinerario. Molti animatori fanno percorsi in proprio. È importante che la scelta dell’animazione dia spazio chiaro ed esplicito alle tematiche della fede cristiana. Notiamo che la Bibbia da sola non basterebbe ad essere un’adeguata catechesi.

    Ritengo che usare un testo cartaceo o anche on-line suscitando un dialogo continuo, è saggezza pedagogica che non impedisce, anzi richiede ulteriore integrazione con l’ampia gamma di linguaggi giovanili (canzoni, espressioni artistiche…).


    PROPOSTA DI UN ITINERARIO INCENTRATO SU GESÙ CRISTO

    “Dire Gesù”, cioè evangelizzare, implica qualcosa di più che parlarne: vuol dire, secondo il paradigma evangelico del ‘Venite e vedrete’ (Giov 1, 39), “incontrarlo”, stare con lui, parlargli, tramite quindi un cammino di fede.
    Un tracciato globale è così proposto dalla Chiesa italiana, “Solo il continuo e rinnovato ascolto del Verbo della vita, solo la contemplazione costante del suo volto permetteranno ancora una volta alla Chiesa di comprendere chi è il Dio vivo e vero, ma anche chi è l’uomo” (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 10),
    Più che prospettare un percorso completo, ricordiamo certi indicatori da tenere in considerazione:

    Gesù va annunciato, o meglio riannunciato come fosse la prima volta

    Occorre tenerlo come compito primario, come la radicalità di cui abbiamo bisogno. Vuol dire riconoscere Gesù nella sua verità, accoglierlo nella propria vita, far parte del suo corpo, che è la Chiesa. . Vorrei sottolineare di non appesantire troppo questo compito, facendo un minuzioso inventario delle difficoltà e delle procedure da usare, finendo nel respiro affannoso dell’ultima spiaggia. Ciò avviene quando si sottolinea troppo il problema, ossia la distanza del mondo giovanile dal Vangelo. Oltre a potere esservi delle gonfiature nel valutare tale distacco, resta vero che Gesù non è mai lontano dai giovani, e più ampiamente da questo nostro tempo. E noi siamo chiamati ad annunciarlo anzitutto nella certezza che Lui vuol incontrare i giovani, prima ancora dal punto di vista di giovani che vogliono incontrare Gesù. Questa è la lunghezza d’onda del magistero giovanile del Papa. Tale servizio non dispensa dall’impegno di una comunicazione efficace, ma ci libera dal complesso di essere padroni dell’annuncio e ci fa fare il nostro compito anzitutto per il fatto che Gesù vuol diventare amico dei giovani, di ogni giovane. Evidentemente tale annuncio non può essere monotono nello stile, riduttivo nei contenuti, frutto di occasionalità, a proposito e a sproposito. Qui tocca la nostra collaborazione essenzialmente educativa, secondo un programma pensato, attuato, verificato.

    I contenuti

    Si tratta di non bloccarsi in Gesù (cristomonismo), ma attraverso di Lui approdare al più grande mistero di Dio e dell’uomo, della vita e delle grandi domande. Cristo viene quindi compreso come la persona storica in cui si incarna il Figlio-Parola di Dio nell’uomo, il missionario del Padre nel mondo, il Messia Salvatore, l’amico dei poveri, il figlio di Maria, colui che si è affidato alla Chiesa.

    Le vie di attuazione

    Si possono ricondurre a tre.

    La via biblica-teologica

    È quella classica, ma da mantenere aggiornata, che parte dal Gesù storico per arrivare all’intelligenza di Gesù secondo i Vangeli.
    Uno schema elementare può seguire questo tracciato ‘biografico’: “Ci sei? Chi sei? Che cosa dici? Che cosa fai? Quale è il tuo io? Come incontrarti?”.
    Altra via è seguire un Vangelo, come Marco… Al seguito del Vangelo si propongono opportuni raccordi con l’AT e le lettere degli Apostoli.
    Al Vangelo conviene far seguito a grandi linee la sistemazione teologica propria del Catechismo (ricordo i già citati volumi della CEI: Catechismo degli adulti, degli adolescenti e dei giovani…).
    Si connette la via liturgica-sacramentale, come momento essenziale per non solo sapere di Gesù, ma per incontrarlo nella celebrazione.

    La via testimoniale

    Essa si rifà a persone cristiane di ieri e soprattutto di oggi (quindi non soltanto le classiche figure di S. Francesco, P. Pio, Madre Teresa…), cercando anche su giornali e riviste figure di testimoni, magari ancora viventi… rilevando il contributo di ciascuno alla vita di fede.

    La via culturale

    Fa da opportuna integrazione, specie a livello di studenti, la via culturale. Vi è quella più facile, sperimentabile, ossia la storia degli effetti prodotta dalla figura di Gesù nell’ordine artistico, ma soprattutto interessa la lettura antropologica (etica), per decifrare il rapporto di Gesù con i sistemi di significato, la sua visione dell’uomo a confronto con quella di ambiente, dei movimenti di pensiero e degli stili di vita. (v. sopra la nota 8).

    I linguaggi

    Il superamento della monotonia si realizza attraverso l’uso creativo di determinati linguaggi e forme comunicative che hanno peculiare incidenza e attrazione a livello giovanile.
    Ricordiamone alcune:
    - fare la Lectio Divina sul Vangelo: permette di sostare alla fonte con una progressività di esperienze che vanno dall’ascolto, alla riflessione, alla condivisione, alla preghiera;
    - allenarsi al discernimento evangelico dei fatti e situazioni della vita;
    - esercitare una prassi di carità nel nome e con lo spirito di Gesù;
    - realizzare intense celebrazioni liturgiche e sacramentali, segnatamente l’Eucarestia domenicale e l’adorazione del Santissimo;
    - fare esperienze di preghiera in luoghi significativi;
    - incontrare testimoni viventi (missionari);
    - valorizzare contesti musicali moderni (canzoni che esprimano una tematica religiosa, notando dubbi, attese, invocazioni... e cercando i motivi).

    Progettualità

    Diventa necessaria un certa progettualità. Procedere a prezzemolo (un po’ di Gesù dappertutto) significa non affrontare mai seriamente l’annuncio di Gesù Cristo, in quanto ciò implica non solo discorrere di Gesù al giovane, ma di questo a se stesso alla presenza di Gesù. È più che conoscere Gesù quello che conta, ma convertirsi a Lui come in un processo catecumenale. Occorrono tempi, luoghi, forme opportune, non frequenti, ma incisive. Richiamiamo come meta globale per questa età quella che viene chiamata “la scelta di fede”, dal Sinodo dei giovani tradotta con più precisione teologica esattezza “discernimento della vocazione”.
    Vi rientrano come mezzi utili:
    - i ritiri, i campi scuola, il “giorno di deserto”;
    - una bella celebrazione domenicale (diceva un educatore: “la messa o è bella o non vale”), la celebrazione del sacramento della riconciliazione;
    - il processo di iniziazione per i più piccoli e per tanti adolescenti la preparazione alla Cresima;
    - la valorizzazione dell’anno liturgico, nei tempi forti dell’Avvento-Natale, Quaresima-Pasqua, Pentecoste;
    - la direzione spirituale…
    ….


    NOTE

    [1] Tengo a sottolineare che la mia impostazione segue una linea ‘tradizionale’, non tiene esplicitamente conto – salvo cenni pertinenti – del fattore ‘linguaggio’ in connessione con i social-network, ad es. in forma on line, che hanno tanto capacità di attrazione e influsso sul mondo giovanile.

    [2] Confermo l’utilità dei Catechismi (italiani) dei giovani I, Io ho scelto voi (adolescenti) (1993) e II, Venite e vedete (giovani) (1997), come pure Il Catechismo degli adulti, La verità vi farà liberi (1995). Particolare utilità possiede Youcat italiano - Youth Catechism per conoscere e vivere la fede della Chiesa, Città Nuova, Roma 2011. Eccellente, sintetica elaborazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

    [3] Ricordiamo tra l’altro: “Lo sguardo fisso su Gesù, l’Inviato del Padre”, in CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2000); Ripartire da Cristo, in Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte (2001); Papa Francesco, Evangelii Gaudium nn. 264-267, 2013. Recente e stimolante pista di comprensione del mistero di Cristo è il documento Placuit Deo della Congregazione per la dottrina della fede, 2018.

    [4] Scrive un gruppo dei nostri giovani: “A prima vista vista, per un ragazzo, sembrerebbe una proposta troppo impegnativa. Il nostro Don ha saputo proporci un po’ a tutti noi ragazzi, a partire dai più piccoli questo tipo di riflessione e condivisione, cercando per ogni gruppo la forma più adatta. Il numero di quelli che hanno risposto non è stato altissimo, ma quelli di noi, che ci sono stati, hanno sentito la necessità di continuare: confrontarsi con un brano del Vangelo, portare la propria esperienza di vita, i propri pensieri e dubbi: è un modo per continuare un cammino di formazione-condivisione che verso i 18 anni (o più spesso prima) si interrompe”.

    [5] Non si può dimenticare la scelta insistente della Chiesa italiana per una catechesi impostata sul processo di iniziazione (cf. Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia). Vedi la ripresa di ciò rimarcata in Evangelii Gaudium, c. III, di Papa Francesco.

    [6] Ecco la riflessione di un esperto catecheta di cui riassumo il pensiero. Il primo annuncio comprende la fede nell’unico vero Dio creatore, convertirsi a Dio e amarlo con tutto il cuore, la fede in Gesù tramite i racconti del NT (Vangeli). Finalità del primo annuncio è: 1) Rendere consapevoli coloro che ancora non lo fossero del grande mistero dell'amore di Dio che interpella ogni uomo e del fondamentale bisogno di salvezza che è iscritta nella nostra esistenza umana. 2) Creare reali possibilità per incontrare Gesù Cristo e il suo Vangelo, e luoghi dove è possibile fare esperienza di cristianesimo. 3) Fare conoscere le proposte ed esigenze fondamentali del Vangelo di Gesù Cristo (contenuti del primo annuncio). 4) Invitare a realizzare seriamente la conversione a Dio e l'adesione a Gesù Cristo e il suo Vangelo. 5) Accompagnare le persone interessate lungo questo processo che dovrebbe cambiare profondamente la loro vita (J. Gevaert).

    [7] All’incontro di cui stiamo parlando, un esperto fece un lettura psicosociale degli interventi affermando che l‘esperienza del sacro’ porta ad una ricerca di senso e ha precisato: “È compito della comunità cristiana non lasciare che questa ricerca di senso e di valore si esprima in modo individualista e solitario: vanno ricuperati o rigenerati riti di iniziazione e di passaggio, e liturgie che canalizzino lo scambio simbolico tra l’ambito del profano e quello del sacro (‘battesimo giovanile’, ‘maratone spirituali’, ‘adorazione eucaristica in luoghi pubblici’...)”.

    [8] Vanno considerati quelli che sono nodi delicati e difficili nella fede giovanile: l’indicativo di grazia precede l’imperativo etico (non prima quello che Dio vuole da noi, ma anzitutto quello che Dio ha fatto e fa per noi;” sii ciò che sei”); vivere la fede come relazione profonda, personale che tramite Gesù arriva al mistero del Padre e all’intimità con lo Spirito; l’impegno di promuovere i segni del Regno nella società; il primato del duplice comandamento dell’amore a Dio e al prossimo come base della spiritualità e della vita etica, segnatamente della sessualità; senso di appartenenza alla chiesa come a’ tua madre’; il coraggio delle’ grandi domande’ e delle ‘grandi risposte’ (la dimensione culturale della fede)… Qui si apre un capitolo non apparso negli interventi, ma emergente oggi in forma intensa. Sono questioni di frontiera con implicazioni religiose ed etiche che raduno in aree: pluralismo religioso; pluralismo etnico e il fenomeno delle migrazioni; aree squilibrate di povertà per tanti e di ricchezza per pochi; il problema ecologico; la pericolosa e vasta area di una” guerra a pezzi” (Papa Francesco); sviluppo tecnologico e futuro dell’uomo (teorie del gender…). Questioni specifiche: il bullismo; il significato della disciplina religione nella scuola; l’uso dello smartphone e dei media in generale…

    [9] Cf Bissoli C., ‘Venite e vedrete’. . Itinerari giovanili con il Vangelo, LDC, Leumann (To) 2002


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