Santa Maria Maggiore
Motivi di un pellegrinaggio giubilare
A cura di Maria Rattà
La basilica di santa Maria Maggiore, immergendo il visitatore nel mistero di Maria quale "Theotokos" - Madre di Dio - proietta anche e soprattutto nel mistero della Misericordia: quella del Padre che ha donato il Figlio per redimere l'uomo; quella del Figlio che si è incarnato per la salvezza delle creature, quella di Maria, che ha sperimentato su di sé - in modo unico - la misericordia divina ed è stata resa madre misericordiosa verso tutti i suoi figli.
Il mistero della maternità divina
Visitare la Basilica di Santa Maria Maggiore nell’Anno Giubilare dedicato alla Misericordia, diventa, per il pellegrino, un viaggio in questo grande mistero divino, in un duplice senso: come mistero sperimentato, in modo unico e irripetibile, dalla Madre della Misericordia Incarnata; come mistero che tocca ogni credente, tanto nel rapporto con Cristo - Volto della Misericordia del Padre - quanto con Maria - Madre misericordiosa - . Il mistero del Figlio e quello della Madre si illuminano infatti vicendevolmente. Giovanni Paolo II ha sottolineato, nella Redemptoris Mater, n. 4 che: «se è vero che "solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo" – come proclama il Concilio Vaticano II – bisogna applicare tale principio in modo particolare a quella eccezionale "figlia della stirpe umana", a quella "donna" straordinaria che divenne Madre di Cristo. Solo nel mistero di Cristo si chiarisce pienamente il suo mistero. Così, del resto, sin dall’inizio ha cercato di leggerlo la Chiesa: il mistero dell’incarnazione le ha permesso di penetrare e di chiarire sempre meglio il mistero della Madre del Verbo Incarnato. In questo approfondimento ebbe un’importanza decisiva il concilio di Efeso, durante il quale con grande gioia dei cristiani, la verità sulla divina maternità di Maria fu confermata solennemente come verità di fede della Chiesa. Maria è la Madre di Dio (Theotokos), poiché per opera dello Spirito Santo ha concepito nel suo grembo verginale e ha dato al mondo Gesù Cristo, il Figlio di Dio consustanziale al Padre. "Il Figlio di Dio, nascendo da Maria Vergine, si è fatto veramente uno di noi", si è fatto uomo. Così dunque, mediante il mistero di Cristo, sull’orizzonte della fede della Chiesa risplende pienamente il mistero della sua Madre. A sua volta, il dogma della maternità divina di Maria fu per il Concilio Efesino ed è per la Chiesa come un suggello del dogma dell’incarnazione, nella quale il Verbo assume realmente nell’unità della sua persona la natura umana senza annullarla».
Madre della Misericordia
D'altronde, ed è sempre san Giovanni Paolo II a ricordarlo, nella Dives in Misericordia, n.9, «Maria è colei che conosce più a fondo il mistero della misericordia divina. Ne sa il prezzo, e sa quanto esso sia grande. In questo senso la chiamano anche Madre della misericordia: Madonna della misericordia o Madre della divina misericordia; in ciascuno di questi titoli c'è un profondo significato teologico, perché essi esprimono la particolare preparazione della sua anima, di tutta la sua personalità, nel saper vedere, attraverso i complessi avvenimenti di Israele prima, e di ogni uomo e dell'umanità intera poi, quella misericordia di cui "di generazione in generazione" si diviene partecipi secondo l'eterno disegno della SS. Trinità.
I suddetti titoli che attribuiamo alla Madre di Dio parlano però soprattutto di lei come della Madre del Crocifisso e del Risorto; come di colei che, avendo sperimentato la misericordia in modo eccezionale, "merita" in egual modo tale misericordia lungo l'intera sua vita terrena e, particolarmente, ai piedi della croce del Figlio; ed infìne, come di colei che, attraverso la partecipazione nascosta e al tempo stesso incomparabile alla missione messianica del suo Figlio, è stata chiamata in modo speciale ad avvicinare agli uomini quell'amore che egli era venuto a rivelare: amore che trova la più concreta espressione nei riguardi di coloro che soffrono, dei poveri, di coloro che son privi della propria libertà, dei non vedenti, degli oppressi e dei peccatori, cosi come ne parlò Cristo secondo la profezia di Isaia, prima nella sinagoga di Nazaret e poi in risposta alla richiesta degli inviati di Giovanni Battista. Appunto a questo amore "misericordioso", che viene manifestato soprattutto a contatto con il male morale e fisico, partecipava in modo singolare ed eccezionale il cuore di colei che fu Madre del Crocifisso e del Risorto, partecipava Maria. Ed in lei e per mezzo di lei, esso non cessa di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell'umanità. Tale rivelazione è specialmente fruttuosa, perché si fonda, nella Madre di Dio, sul singolare tatto del suo cuore materno, sulla sua particolare sensibilità, sulla sua particolare idoneità a raggiungere tutti coloro che accettano più facilmente l'amore misericordioso da parte di una madre. Questo è uno dei grandi e vivificanti misteri del cristianesimo, tanto strettamente connesso con il mistero dell'incarnazione. "Questa maternità di Maria nell'economia della grazia - come si esprime il Concilio Vaticano II - perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell'annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata"».
Maria è colei che ha sperimentato per prima, proprio nella maternità divina, il mistero dell’infinita misericordia di Dio e ne diviene, in un certo senso, "specchio". Infatti, «nella luce della misericordia paterna, il mistero della maternità della Santissima Vergine appare un riflesso, una viva immagine, della paternità eterna di Dio nei confronti del Verbo. Così Maria riceve in modo adeguato e profondo, soave e misericordioso, il dono che, per pura gratuità, il Padre le fa di suo Figlio. Se, nella sua sapienza, il Padre vuole fare un gesto di misericordia assoluta, un gesto che in qualche modo esaurisca tutte le esigenze della sua misericordia, è necessario, per così dire, che Maria diventi Madre del Verbo Incarnato. Questa maternità è veramente la cooperazione più efficace e più intima della creatura con il suo Dio. Nell’ordine delle realtà umane, non vi è connaturalità più profonda e più fondamentale, non vi è un adattamento più grande, di quelli del figlio nei confronti di sua madre» (Marie-Dominique Philippe).
Madre misericordiosa verso tutti i suoi figli
D’altro canto, colei che è Madre della Misericordia Incarnata, è anche Madre di misericordia: «la Madonna può essere tanto misericordiosa solo perché Dio Padre lo è infinitamente di più; la sua tenerezza materna è soltanto un pallido riflesso della strabocchevole tenerezza del Padre, oblazione pura che si definisce sul non trattenere nulla, e per questo nulla trattiene in rapporto al Figlio eterno e ai figli generati nel tempo; ella è parola eccelsa su Dio, eminente teologia in senso esistenziale, “icona materna della paternità di Dio”» (Giorgio Gozzelino). L’atto più grande ed eloquente della misericordia di Maria è il fatto stesso che ella conduca i credenti a Suo Figlio, l’unico Salvatore, proprio come l'arte musiva della navata di S. Maria Maggiore vuole ricordare al pellegrino che l'attraversa, portandolo, in uno snodarsi di scene tratte dalla Storia Sacra, verso l'Altare, "luogo" del sacrificio incruento di Cristo che si rinnova ancora oggi. Ma - è sempre don Gozzelino a illustrare questo concetto - «la mariologia mostra che l’uomo salvato da Dio è chiamato a essere salvatore di se stesso. Essa fa toccare con mano che la salvezza non è solo (pur essendolo primariamente) salvezza ricevuta da altri, ma anche (sia pure subordinatamente) salvezza costruita da colui che ne è beneficiario. Mette in chiaro che la salvezza scende dall’alto (de Spiritu Sancto), ma arriva alla creatura spuntando dal basso (ex Maria Virgine). Con ciò stesso, giustifica ed esige la presenza di un irrinunciabile impegno personale nella crescita spirituale propria e altrui».
La vocazione alla "maternità" di ogni credente
In questa prospettiva, il mistero della maternità divina correlato a quello della Misericordia, proietta luce sulla connessione tra fede e opere: «La fede amante – scrive Marie-Dominique Philippe - riceve la parola di Dio, la luce, il dono di Dio, come Maria, nel suo fiat, accoglie il Verbo di Dio che le è donato. Ricevere la parola di Dio come una parola viva, significa riceverla come un seme divino, come l’unica luce; riceverla come Maria, maternamente, e lasciarla libera di impadronirsi di tutta la nostra intelligenza, possederla, trasfigurarla e anche fecondarla». Infatti «si sa che non ci salviamo per le buone opere, ma non ci salviamo senza le buone opere. Che siamo giustificati per la fede, ma che è la fede stessa che ci spinge alle opere. Concepisce Gesù senza partorirlo chi accoglie la Parola senza metterla in pratica, chi continua a fare un aborto spirituale dietro l'altro, formulando propositi di conversione che vengono poi sistematicamente dimenticati e abbandonati a metà strada; chi si comporta verso la Parola come l'osservatore frettoloso che guarda il suo volto nello specchio e poi se ne va dimenticando subito come era (cf Gc 1, 23-24). Insomma, chi ha la fede, ma non le opere. Partorisce, al contrario, Cristo senza averlo concepito, chi fa tante opere, anche buone, ma che non vengono dal cuore, da amore per Dio e da retta intenzione, ma piuttosto dall'abitudine, dall'ipocrisia, dalla ricerca della propria gloria e del proprio interesse, o semplicemente dalla soddisfazione che dà il fare. Insomma, chi ha le opere, ma non la fede» (Raniero Cantalamessa).
Concepisce e partorisce Cristo chi ascolta la Parola e la osserva, chi ha la fede e le opere, in accordo a quanto detto da Gesù stesso nel Vangelo:«Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 49-50).
FONTI
Andrea Lonardo, La Basilica di Santa Maria Maggiore, https://www.gliscritti.it/approf/luogiub/lugcap4.htm#_Toc514781594
Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater
Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia
Marie-Dominique Philippe, Tre misteri di misericordia. Immacolata Concezione, Presentazione, Annunciazione, Città Nuova, 2010
Giorgio Gozzelino, Ecco tua Madre! Breve saggio di mariologia sistematica, Elledici, 1998
Raniero Cantalamessa, Maria, uno specchio per la Chiesa, Ancora, 1997