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    S. Paolo fuori le Mura

    Motivi di un pellegrinaggio giubilare

    A cura di Maria Rattà

    41-03-011

     

    San Paolo offre al visitatore della Basilica un modello da imitare: evangelizzatore, annunciatore della misericordia ricevuta in Cristo, operatore per l’unità. 

    EVANGELIZZATORE

    «Giovanni Paolo II ha più volte presentato il Giubileo non come un punto di arrivo, ma come una tappa importantissima nel cammino verso l’annuncio del vangelo nel terzo millennio del cristianesimo» (Andrea Lonardo). Il Papa scrisse infatti, nell’Incarnationis Misterium, Bolla di indizione del Giubileo del 2000:
    «La Chiesa annunciando Gesù di Nazareth, vero Dio e Uomo perfetto, apre davanti ad ogni essere umano la prospettiva di essere "divinizzato" e così diventare più uomo. È questa l'unica via mediante la quale il mondo può scoprire l'alta vocazione a cui è chiamato e realizzarla nella salvezza operata da Dio» (IM., n. 2).
    San Paolo, ricordato come “l’apostolo delle genti” si presenta esattamente come modello del perfetto evangelizzatore, che non fa dell’annuncio la ricerca di un’autoglorificazione, ma la risposta a una chiamata, tanto da poter dire «è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16) e «mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno» (1Cor 9,22).

    paolo di tarso 1

    Anche papa Francesco ha rammentato, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, che la «salvezza, che Dio realizza e che la Chiesa gioiosamente annuncia, è per tutti, e Dio ha dato origine a una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati. Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana. Questo popolo che Dio si è scelto e convocato è la Chiesa. Gesù non dice agli Apostoli di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di élite. Gesù dice: "Andate e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28,19). San Paolo afferma che nel popolo di Dio, nella Chiesa "non c’è Giudeo né Greco... perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28). Mi piacerebbe dire a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, a quelli che sono timorosi e agli indifferenti: il Signore chiama anche te ad essere parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore!
    Essere Chiesa significa essere Popolo di Dio, in accordo con il grande progetto d’amore del Padre. Questo implica essere il fermento di Dio in mezzo all’umanità. Vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo» (EG, nn. 113,114). 

    ANNUNCIATORE DELLA MISERICORDIA RICEVUTA

    Paolo, che ha sperimentato su di sé la misericordia di Dio, «ci ha ricordato che siamo stati salvati nel mistero della morte e risurrezione del Signore Gesù. Lui è il Riconciliatore, che è vivo in mezzo a noi per offrire la via della riconciliazione con Dio e tra i fratelli. L’Apostolo ricorda che, nonostante le difficoltà e le sofferenze della vita, cresce tuttavia la speranza nella salvezza che l’amore di Cristo ha seminato nei nostri cuori. La misericordia di Dio si è riversata in noi rendendoci giusti, donandoci la pace» (Papa Francesco, Omelia nei Primi Vespri della Domenica della Divina Misericordia, 11 aprile 2015).

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    La vita di Paolo «prima di incontrare Cristo sulla via di Damasco, era dedicata a perseguire in maniera irreprensibile la giustizia della legge (cfr Fil 3,6). La conversione a Cristo lo portò a ribaltare la sua visione, a tal punto che nella Lettera ai Galati afferma: “Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge” (2,16). La sua comprensione della giustizia cambia radicalmente. Paolo ora pone al primo posto la fede e non più la legge. Non è l’osservanza della legge che salva, ma la fede in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione porta la salvezza con la misericordia che giustifica. La giustizia di Dio diventa adesso la liberazione per quanti sono oppressi dalla schiavitù del peccato e di tutte le sue conseguenze. La giustizia di Dio è il suo perdono (cfr Sal 51,11-16)» (Francesco, Misericordiae Vultus, n. 20).
    San Paolo può dunque ben dire che «laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). «La grazia però, per compiere la sua opera, deve svelare il peccato per convertire il nostro cuore e accordarci “la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore” (Rm 5,21). Come un medico che esamina la piaga prima di medicarla, Dio, con la sua Parola e il suo Spirito, getta una viva luce sul peccato:
    “La conversione richiede la convinzione del peccato, contiene in sé il giudizio interiore della coscienza, e questo, essendo una verifica dell'azione dello Spirito di verità nell'intimo dell'uomo, diventa nello stesso tempo il nuovo inizio dell'elargizione della grazia e dell'amore. Così in questo "convincere quanto al peccato" scopriamo una duplice elargizione: il dono della verità della coscienza e il dono della certezza della redenzione. Lo Spirito di verità è il Consolatore “» (CCC 1848). 

    OPERATORE PER L'UNITÀ

    «Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint, interamente dedicata a una riflessione sull’ecumenismo, così ha scritto:
    “Non si deve dimenticare che il Signore ha implorato l’unità dei suoi discepoli, perché essa rendesse testimonianza alla sua missione ed il mondo potesse credere che il Padre l’aveva inviato (cfr. Gv 17, 21). Si può dire che il movimento ecumenico abbia in un certo senso preso l’avvio dall’esperienza negativa di quanti, annunciando l’unico Vangelo, si richiamavano ciascuno alla propria Chiesa o Comunità ecclesiale; una contraddizione che non poteva sfuggire a chi ascoltava il messaggio di salvezza e che vi trovava un ostacolo all’accoglienza dell’annuncio evangelico.
    È nella volontà di Dio che la Chiesa sia costantemente rivolta ad essere segno e strumento di unità:
    Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la Chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell’unità. Infatti la Chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; ed essere per tutti "sacramento inseparabile di unità”.
    La basilica di San Paolo è divenuta nel tempo luogo della preghiera struggente per l’unità dei cristiani» (Andrea Lonardo). Il Giubileo del 2000 ha visto l'apertura della Porta Santa della basilica di San Paolo non a Natale, come avvenne in San Pietro e in San Giovanni in Laterano, bensì il 18 gennaio 2000, inizio della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

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    «Già Papa Giovanni XXIII, la sera del 25 Gennaio del 1959, celebrando nella basilica paolina la Conversione di San Paolo, manifestò per la prima volta la sua intenzione di indire il Concilio Vaticano II (e di indire anche un Sinodo della Diocesi di Roma). Proponendo il Concilio estese quel giorno l’invito ai fedeli delle altre Chiese e Comunità cristiane, perché partecipassero alla "ricerca per l’unità e la grazia". La celebrazione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si è poi concretizzata, in Roma, con la tradizione della liturgia presieduta dal papa l’ultimo giorno della settimana di preghiera, il 25 gennaio, festa della conversione di San Paolo.Il riconoscimento della realtà dello stesso battesimo ricevuto nella professione di fede, che rende figli di Dio e che incorpora alla Chiesa, è sorgente di stupore e di ringraziamento a Dio, come esigenza di cammino e di conversione. "È l'ascolto dello Spirito che deve rendere tutti noi capaci di giungere a manifestare visibilmente, nella piena comunione, la grazia della figliolanza divina inaugurata dal battesimo: tutti figli di un solo Padre. L'Apostolo non cessa di ripetere anche per noi, oggi, l'impegnativa esortazione "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Efesini, 4, 4-6)... Ogni anno giubilare è come un invito ad una festa nuziale. Accorriamo tutti, dalle diverse Chiese e Comunità ecclesiali sparse per il mondo, verso la festa che si prepara; portiamo con noi ciò che già ci unisce e lo sguardo puntato solo su Cristo ci consenta di crescere nell'unità che è frutto dello Spirito". (Giovanni Paolo II, Incarnationis Mysterium, n. 4)» (Andrea Lonardo). 

    FONTI

    Andrea Lonardo, La Basilica di San Paolo, https://www.gliscritti.it/approf/luogiub/lugcap2.htm#_Toc514781579

    Francesco, Evangelii Gaudium

    Francesco, Misericordiae Vultus

    Giovanni Paolo II, Incarnationis Mysterium

    Giovanni Paolo II, Ut Unum Sint


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