Domenico Sigalini
(NPG 2005-07-64)
Riportiamo, come «dono» ai lettori», parte del discorso tenuto al popolo da Mons. Sigalini il giorno della sua ordinazione episcopale, la domenica di Pentecoste 15 maggio 2005 a Palestrina. Una immagine di chiesa che NPG non solo condivide, ma che «sogna» sulla scia del Concilio e dell’insegnamento più illuminato dei nostri Pastori. Una realtà che certamente l’amico don Domenico riuscirà a realizzare nella sua «Chiesa»).
... Mi permetto solo di dire come amerei che continuasse ad essere la nostra chiesa di Palestrina.
1. Una Chiesa che orienta tutta la sua attenzione (pensiero, azione, sentimenti, progetti…) alla vita delle donne e degli uomini con lo stile con cui il Concilio ha guardato all’uomo.
«Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò lo esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto e amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia… I suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette». Così diceva Paolo VI concludendo il Concilio.
Non stiamo quindi a guardarci l’ombelico, a guardare soprattutto le nostre organizzazioni, le nostre riunioni, le nostre attività stabili come se fossero il fine della nostra esistenza o della nostra presenza di chiesa; non vi chiedo soltanto di collaborare alle attività pastorali della vostra parrocchia o della nostra diocesi, ma vi chiedo di prendervi cura dell’umanità con cui viviamo.
Penso in particolare ai giovani, alle loro domande, alla loro sete di Dio, ai tradimenti che si perpetrano nei loro confronti, alle loro involuzioni e aspirazioni, ai sogni di mondo pulito e in pace e alle loro frustrazioni. A questi orientiamo tutto il resto.
2. Una Chiesa che ritrova il centro del suo essere credente e la sua passione incoercibile in Gesù Cristo, come sorgente dell’operare, pensare, essere.
Facciamo di tutto per contemplare il volto di Dio in Gesù e lo supplichiamo di concederci la grazia di innamorarci perdutamente di Lui; vogliamo diventare dei profondi conoscitori della sua storia, della sua parola, della sua decisione radicale di donare la vita; vogliamo stare con Lui, dimorare. È Gesù che motiva ogni nostra fatica, ogni tempo che dedichiamo agli altri. In Lui troviamo ragioni di vita da giocare e da proporre. Sappiamo che le ragioni di vita non si depositano mai, o sono vive o non ci sono, non sono mai archiviabili, non esistono in biblioteca, non le puoi trovare neanche su Internet, te le devi sempre costruire, cercare, attendere, invocare, aspettare. Ci dobbiamo prendere in mano la vita ogni giorno, con la nostra ingenuità e debolezza e farcela invadere da Gesù.
3. Una Chiesa, comunità necessaria, in cui nessuno si deve isolare o sentire isolato. È solo la Chiesa che può donare salvezza, felicità piena, anche se entro fragilità impensabili.
Amiamo senza condizioni la chiesa, come la strada unica e vera per incontrare Gesù, per avere il suo perdono, il suo corpo e il suo sangue, la sua parola, la sua grazia. Non ci interessa se ha qualche ruga di troppo; è quella che le abbiamo procurato noi, come a nostra madre. Non vogliamo costruirci delle comunità gruccia, cui appendere le nostre attese, in cui possiamo anche star bene tra di noi, ma vogliamo dedicarci a lei anche nelle contrade più impossibili e nelle famiglie più provate.
4. Una Chiesa che non è fatta né di talebani, né di smidollati, ma di gente desiderosa di farsi salvare da Gesù Cristo e da portatori di una speranza che convince per quello che riusciamo a viverne e a farne percepire la grandezza.
Vogliamo rendere disponibile la gioia di vivere per tutti, non solo entro appartenenze confessionali, ma nei percorsi della vita quotidiana, dalla famiglia alla amministrazione pubblica, dalla scuola allo sport, dal lavoro alla notte, dal volontariato allo stare a fare niente tutta sera. Siamo una Chiesa che è preoccupata di rendere felici le persone e di aiutarle a conoscere la vera fonte della felicità che per noi è il Signore della vita, Gesù. Desideriamo avere a messa persone e soprattutto giovani felici, che celebrano con noi la gioia di una vita bella riscoperta anche con fatica, anche dopo tutte le balordaggini in cui vengono facilmente intrappolati.
5. Una Chiesa di natura sua vocazionale, convergenza di carismi, di qualità, di doni, gamma diversificata di provocazioni, proposte, spinte, competenze e intuizioni, che valorizza la specifica sensibilità laicale; il soggetto è la Chiesa, lo spazio di azione e di collaborazione il mondo.
Sentiamo irresistibile il desiderio di condividere con altri questa passione. Da soli non riusciamo nemmeno a immaginare di essere in grado di rispondere a noi stessi, alle provocazioni di tutti, alle nostre crisi quotidiane, alle nostre pigrizie. Sentiamo il bisogno di metterci assieme tra giovani, adulti, ragazzi, educatori, preti, suore, genitori, amministratori, istituzioni… nessuno è autosufficiente nel sostenere il rischioso mestiere di vivere. Non c’è una taglia unica di vestito che va bene a tutti. Lo Spirito Santo non deve restare imbrigliato nelle nostre piccolezze. Non abbiamo paura di un laicato aperto, leale, in sincera ricerca di come mostrare al mondo di oggi la bellezza del vangelo e l’amore della Chiesa per ogni persona. Ci possono fare paura solo i laici che non si appassionano ai problemi del nostro tempo, ma solo alla gestione della sagrestia.
Una diocesi così mi interessa!