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    Identikit dell’adolescente /1. Rapporto con il mondo degli adulti e modelli educativi


     

    Eurispes e Telefono Azzurro

    (NPG 2005-04-59)

    NOTE METODOLOGICHE

    L’indagine campionaria del 5° Rapporto Nazionale sulla condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza ha sondato un campione più che rappresentativo della popolazione scolastica italiana, per sesso, età, area geografica, tipologia di scuola e di istituto, classe frequentata.
    Il questionario era diretto alla costruzione dell’identikit dell’adolescente, ed è stato somministrato a ragazzi appartenenti alla fascia di età 12-19 anni, frequentanti la seconda e la terza media o una delle cinque classi degli istituti superiori. La rilevazione sul campo ha riguardato 80 scuole di ogni ordine e grado, mentre i questionari pervenuti e analizzati sono stati 3.453.
    La rilevazione è stata realizzata tramite la somministrazione di un questionario semistrutturato ad alternative fisse predeterminate, composto in prevalenza da domande a risposta chiusa o semichiusa (con possibilità per l’intervistato di aggiungere una propria risposta a quelle già previste). La modalità delle domande chiuse o ad alternativa fissa predeterminata ha consentito di ottenere, oltre ad un elevato tasso di risposta al questionario, una più efficace standardizzazione e una maggiore facilità di codifica e di analisi delle risposte fornite dagli studenti.
    Il questionario ha verificato la percezione degli adolescenti in ordine alle seguenti aree tematiche: rapporto con il mondo degli adulti e modelli educativi, qualità e funzionalità del sistema scolastico (il significato della scuola nella progettualità degli adolescenti, efficacia della formazione scolastica per l’ingresso nel mondo del lavoro, l’insegnamento della religione a scuola, ecc.), il rapporto con il futuro e l’atteggiamento dinanzi ai principali problemi socio-politici, il sistema di certezze e di valori degli adolescenti (comportamenti illegali e/o immorali, l’opinione degli adolescenti su aborto, eutanasia, pena di morte, ecc.), il rapporto con il medium televisivo.
    Ecco l’identikit che ne è emerso.
    (Pubblichiamo la sintesi di questo rapporto in due puntate)

    È particolarmente interessante prendere in esame le relazioni dei ragazzi all’interno del nucleo famigliare nel periodo adolescenziale, quando il loro rapporto con gli adulti, e in primo luogo con le figure genitoriali, attraversa un passaggio critico. Nel momento in cui gli adolescenti iniziano ad affermare la propria individualità, i contrasti con i genitori divengono solitamente più frequenti e rappresentano da un lato l’espressione del primo distacco dei ragazzi, dall’altro la conseguenza dell’inevitabile gap generazionale.
    Gli adolescenti intervistati, chiamati ad indicare in quale circostanza in particolare i genitori si arrabbiano con loro, affermano che ciò avviene quando non fanno quel che viene detto loro (28%), quando non studiano (21,6%), quando non dicono la verità (20,8%), quando fanno cose pericolose (11,2%); percentuali meno elevate di ragazzi dichiarano che soprattutto quando i genitori sono nervosi si arrabbiano con loro (6,8%); il 6,5% fa arrabbiare padre a madre in particolare quando prende un cattivo voto a scuola.
    La disobbedienza rappresenta quindi il motivo principale di arrabbiatura per i genitori, ma sono rilevanti anche le questioni relative alla scuola (scarso studio e cattivi voti) e le bugie.

    Confrontando queste risposte con quelle fornite alla stessa domanda dai bambini di 7-11 anni, notiamo che non ci sono grandi differenze, nonostante infanzia ed adolescenza siano due fasi della vita generalmente molto diverse e, di conseguenza, caratterizzate da forti cambiamenti nel rapporto fra genitori e figli. In entrambi i casi la principale causa di arrabbiature per i genitori rimane la disobbedienza dei figli e lo studio riveste la stessa importanza; sono invece leggermente più numerosi, rispetto ai bambini, gli adolescenti che attribuiscono al nervosismo dei genitori le arrabbiature.

    Le risposte dei ragazzi e delle ragazze si differenziano per alcuni aspetti. Sono più numerosi fra i maschi che fra le femmine i soggetti che fanno arrabbiare i genitori soprattutto quando non studiano (29,1% contro 14,1%) e fanno cose pericolose (13%); fra le femmine sono più alte le percentuali di chi cita come cause di arrabbiatura il fatto di non fare quello che i genitori dicono (33,5% contro 22,3%) e le bugie (24,1% contro 17,7%). I dati rispecchiano una minore propensione maschile per lo studio e una maggiore tendenza dei ragazzi a mettere in pratica comportamenti rischiosi.
    I comportamenti messi in atto dai genitori quando si arrabbiano con i figli sono, secondo il campione, principalmente due: li sgridano (41,7%) e spiegano loro perché hanno sbagliato (40,8%). L’8,7% dei ragazzi afferma di ricevere punizioni, il 5% dice che i genitori non gli parlano per un po’, solo l’1,6% afferma di venire picchiato. Le sgridate sono la reazione più diffusa, ma molti genitori hanno anche l’abitudine di spiegare ai figli ciò in cui hanno sbagliato, al fine di evitare che ripetano l’errore.
    Fra gli adolescenti coloro che dicono di ricevere dai genitori la spiegazione del loro errore sono più numerosi che fra i bambini; dal confronto fra le risposte dei due campioni sembra inoltre che con l’aumentare dell’età dei figli i genitori li puniscano e li picchino meno spesso.
    Le reazioni dei genitori, quando si arrabbiano, non risultano molto diverse in relazione al sesso dei figli; si può solo segnalare che i maschi affermano di essere puniti leggermente più spesso delle femmine (10,7% contro 6,7%), le quali, dal canto loro, affermano di venire sgridate lievemente più spesso (43,4% contro 40,3%).
    Il 40,6% degli adolescenti, quando vuole ottenere qualcosa dai genitori, cerca di convincerli delle proprie ragioni, mentre il 34,9% si impegna per meritarla; il 13,2% chiede con insistenza quello che vuole, il 4,5% dice che ce l’hanno i suoi amici, il 3,8% si lamenta. Le spiegazioni, le argomentazioni e la persuasione prevalgono dunque sugli altri comportamenti, compreso l’impegno per meritare ciò che si vuole, indicato comunque da oltre un terzo del campione. Sono una minoranza gli adolescenti che si lamentano o che ricordano ai genitori che gli amici hanno quel che vogliono.

    Negli adolescenti si osservano comportamenti significativamente diversi rispetto a quelli dei bambini: oltre la metà dei più piccoli afferma infatti di impegnarsi per ottenere quel che desidera. Gli adolescenti sembrano invece più propensi a convincere i genitori che ad assumere e rispettare un impegno per meritare poi in premio ciò che desiderano. D’altra parte fra gli adolescenti sono più rari i comportamenti più immaturi come il confronto con quel che hanno gli amici.

    Se il comportamento più utilizzato dai maschi intervistati quando vogliono ottenere qualcosa è impegnarsi per meritarla (lo fa il 37,8%, contro il 31,9% delle femmine), quello più utilizzato dalle femmine è cercare di convincere i genitori delle proprie ragioni (lo fa il 44,7% contro il 37% dei maschi). Le ragazze in questa circostanza sembrano quindi puntare più sul dialogo e sulla persuasione, i ragazzi sull’impegno concreto.
    Il 48,9% degli adolescenti afferma che i genitori spendono più per i figli che per se stessi, molti (39,3%) dicono che le spese vengono distribuite in modo equilibrato per ciascun componente della famiglia. Per quote più basse di ragazzi i genitori spendono soprattutto per la casa (4,5%), più per se stessi che per i figli (2,1%), più per i loro fratelli (2,1%).

    Mettendo i dati a confronto con quelli ottenuti sul campione di bambini, emerge che gli adolescenti sono più propensi dei bambini a riconoscere che i genitori spendono soprattutto per i figli. Ciò può dipendere dal fatto che, crescendo, i figli richiedono risorse economiche sempre più ingenti alla famiglia, ma anche dal fatto che i ragazzi più grandi di solito acquisiscono maggiore consapevolezza dei sacrifici fatti per loro dai genitori.

    Quale ruolo per i genitori?

    Interrogati sul ruolo che, secondo loro, un genitore dovrebbe rivestire, i ragazzi hanno scelto in modo piuttosto equilibrato le diverse risposte senza concentrarsi su una in particolare: per il 28,2% un genitore dovrebbe essere un esempio, per il 24,6% una guida, per il 20,2% un sostegno, per il 18,9% un amico; pochi lo vedono invece come un rifugio (3,4%).
    Sono meno numerosi che fra i bambini gli intervistati secondo cui il genitore dovrebbe essere un rifugio.
    Osservando le risposte fornite a questa domanda dagli intervistati dei due sessi, si rileva che fra i maschi sono più numerosi che fra le femmine i soggetti secondo i quali un genitore dovrebbe essere un esempio (30,7% contro 25,8%) e una guida (26,5% contro 23%). Fra le femmine, al contrario, è più elevata che fra i maschi la percentuale di chi ritiene che un genitore dovrebbe rappresentare un amico (21% contro 16,8%) ed un sostegno (23,1% contro 17,4%).
    Benché in entrambi i sessi risulti forte il bisogno di una figura di riferimento comportamentale ed etico, fra gli adolescenti tale esigenza risulta più diffusa che fra le adolescenti; queste ultime manifestano più dei coetanei il bisogno di genitori complici e vicini, pronti a comprendere e sostenere. Pensando al proprio futuro, quasi la metà del campione immagina, una volta finiti gli studi o trovato un lavoro, di andare a vivere per conto suo (49,6%). Il 39,6% pensa di restare in famiglia fino a quando ne formerà una sua, solo il 4,8% pensa di restare in famiglia il più a lungo possibile.

    In questo caso appare evidente la differenza fra la posizione dei bambini e quella degli adolescenti: fra gli adolescenti sono infatti molto meno numerosi quelli che pensano di restare in famiglia il più a lungo possibile; solo il 17,9% dei bambini, inoltre, pensa di andare a vivere per conto suo prima di aver formato una famiglia sua, mentre quasi la metà degli adolescenti prevede di fare così. L’età meno giovane rende gli intervistati meno legati alla famiglia e meno spaventati dall’idea di vivere da soli, è infatti probabile che le risposte siano influenzate dal bisogno di distacco e di indipendenza che caratterizza l’adolescenza. In una fase in cui i ragazzi sentono solitamente di non avere ancora tutta la libertà e l’autonomia che desiderano, la prospettiva di vivere da soli appena possibile appare particolarmente desiderabile.

    Incrociando le risposte fornite a questa domanda con il sesso degli intervistati, si evidenzia un desiderio di indipendenza leggermente maggiore nelle femmine che nei maschi: il 51,3% immagina di andare a vivere da sola appena possibile, contro il 47,9% dei coetanei. In qualche misura questa lieve differenza potrebbe dipendere dal fatto che le adolescenti, rispetto ai maschi, godono solitamente di minore libertà poiché i genitori nutrono nei loro confronti maggiori ansie e preoccupazioni; ciò potrebbe influire sul loro desiderio di sottrarsi a restrizioni e controlli.

    I rapporti con i genitori

    I rapporti fra ragazzi e genitori risultano nella grande maggioranza dei casi buoni o ottimi (85,7%), solo nel 13,4% dei casi mediocri o pessimi. In particolare, il 50% degli intervistati definisce i rapporti buoni, il 35,7% ottimi, l’11,6% mediocri, l’1,8% pessimi.

    La differenza tra le risposte fornite da adolescenti e bambini è anche in questo caso evidente e prevedibile. Rispetto a quanto rilevato per i bambini, scende infatti notevolmente la quota di chi definisce ottimi i rapporti e sale dal 2,7% all’11,6% la quota di chi li definisce mediocri. L’adolescenza rappresenta infatti il periodo di maggiore conflittualità tra genitori e figli, è pertanto più difficile, rispetto all’infanzia, che i rapporti siano addirittura ottimi. È invece più facile che i rapporti vengano considerati mediocri dai ragazzi, per via, ad esempio, di frequenti liti su questioni come la libertà, le scelte, ma anche per lo scontro tra gli adulti e la personalità in via di definizione ed in cerca di affermazione degli adolescenti.

    Il 38% degli adolescenti intervistati considera ottimi i rapporti con i genitori, contro il 33,7% delle adolescenti; in modo corrispondente per il 13,5% delle femmine i rapporti sono mediocri, contro il 9,8% dei maschi.
    Emerge quindi una maggiore conflittualità delle ragazze con il padre e la madre, forse perché le femmine maturano solitamente prima e presentano quindi maggiori esigenze e maggiore desiderio di autonomia; a ciò si potrebbe aggiungere il fatto che i genitori tendono ad essere più apprensivi con le figlie e quindi a limitare maggiormente la loro libertà, e ciò può provocare contrasti famigliari.
    Quando si deve prendere una decisione importante che riguarda direttamente gli adolescenti intervistati, nel 79,9% delle famiglie si decide insieme, nel 10,8% decidono i genitori, nel 4,3% decide la madre, nel 2,7% decide il padre. La quasi totalità dei ragazzi afferma che le proprie richieste e desideri vengono accontentati dai genitori se possibile (90,6%); il 5,6% dice di essere accontentato sempre, l’1,8% mai. Prevale quindi nettamente la ragionevolezza, ma esiste una minoranza di adolescenti evidentemente viziati ed una quota molto bassa di soggetti secondo i quali i propri desideri non vengono tenuti in nessun conto dai genitori.
    Un quarto degli adolescenti (25,9%) risponde male ai genitori spesso o continuamente, ma la maggioranza lo fa qualche volta. Gli intervistati dichiarano infatti di rispondere male ai genitori qualche volta nel 65,9% dei casi, spesso nel 20,4%, mai nel 7,6%, continuamente nel 5,5%.

    A conferma della maggiore conflittualità dei rapporti genitori-figli in età adolescenziale, la frequenza con cui gli adolescenti rispondono male ai genitori risulta nettamente superiore a quella registrata per i bambini, sia per il maggior numero di occasioni di scontro, sia per un atteggiamento dei ragazzi generalmente più insofferente in questo periodo della crescita.

    I dati mostrano che le ragazze rispondono male ai genitori più spesso dei ragazzi: il 24,2% afferma di farlo spesso, contro il 16,8% dei maschi, ed il 6,4% continuamente, contro il 4,5% dei maschi.
    Questi risultati confermano la maggiore conflittualità che caratterizza i rapporti tra le adolescenti ed i genitori, della quale il fatto di rispondere spesso male sembra una manifestazione.
    Agli adolescenti è stato domandato con che frequenza mettono in atto alcuni comportamenti non rispettosi delle persone e dell’ambiente. Fra i diversi comportamenti presi in esame, dire parolacce risulta quello messo in pratica con maggior frequenza dai ragazzi intervistati (il 34,5% lo fa spesso ed il 13,5% continuamente), seguito da buttare carta, lattine o altro per terra (il 19,6% spesso o continuamente), urlare e fare chiasso in presenza di persone della propria famiglia (il 19,6% spesso o continuamente), interrompere le persone mentre stanno parlando (il 17,4% spesso o continuamente). I comportamenti meno adottati sono invece fare scritte sui muri (l’82,6% non lo fa mai) e urlare e fare chiasso in presenza di persone estranee alla propria famiglia (il 74,8% mai).

    Gli adolescenti, in generale, si comportano più spesso in modo scorretto rispetto ai bambini, ed in particolare molto più frequentemente dicono parolacce, urlano e fanno chiasso in presenza di familiari, buttano rifiuti per terra. In generale le ragazze adottano con minor frequenza, rispetto ai coetanei, comportamenti poco educati. L’unica eccezione riguarda il fare confusione in presenza di persone della famiglia (il 17,9% dei maschi dice di farlo continuamente o spesso, contro il 21,5% delle femmine).

    Per il resto, i ragazzi si dimostrano più inclini a comportarsi in modo irrispettoso.
    Il 32,6% dei ragazzi non si comporta mai in modo offensivo verso chi gli sta intorno, contro il 36,8% delle ragazze; solo il 29,6% non butta mai rifiuti per terra, contro il 41,1% delle ragazze; il 71,1% non fa mai chiasso in presenza di persone estranee alla famiglia, contro il 78,5% delle ragazze.
    Se a quasi tutti gli adolescenti capita di dire parolacce, i due sessi si differenziano per la frequenza con cui lo fanno: il 18,1% dei maschi lo fa continuamente, a fronte dell’8,7% delle femmine, il 37,2% spesso, a fronte del 31,7% delle femmine.
    Quando i ragazzi si comportano in modo ineducato, come indicato nella domanda precedente, gli adulti spiegano loro con calma perché non bisogna agire così nel 26,2% dei casi, li rimproverano ma non più di tanto nel 24,1% dei casi, li sgridano nel 22,5%, li sopportano e li giustificano perché alla loro età queste cose sono ancora permesse nell’11,6%, li puniscono nel 6,1%.
    Prevalgono quindi reazioni non dure da parte degli adulti e se da un lato sono numerosi quelli che cercano di far comprendere ai ragazzi i loro errori, sono decisamente molti anche quelli che si dimostrano tolleranti, col rischio di non scoraggiare i comportamenti sbagliati.

    I bambini affermano molto più spesso degli adolescenti che gli adulti che li circondano di solito reagiscono spiegando con calma il motivo per cui certi comportamenti sono sbagliati.

    Per indagare quali valori ed ideali i genitori trasmettano oggi ai ragazzi, al campione è stato chiesto di indicare cosa padre e madre ritengono importante nella vita.
    Le risposte si distribuiscono in modo molto vario su diversi obiettivi: il più citato è essere sempre se stessi (17,5%), seguito da essere onesti (13,4%), farsi rispettare (12,1%), realizzarsi professionalmente (10,9%), avere fiducia in se stessi (10,5%), rispettare il prossimo (10,1%), studiare molto (9,8%).
    Vengono citati con minor frequenza accontentarsi (5,8%), avere fede in Dio (3,4%), essere liberi (3,2%), avere successo (1,4%).
    Un terzo dei ragazzi sostiene che i genitori non fanno mai mancare loro l’affetto (33,3%), il 16,7% risponde invece “il necessario”, il 13,4% la fiducia, il 9,5% i consigli, il 9,4% le prediche, il 9,1% i soldi, il 6,9% la comprensione.

    Presenza e disponibilità

    Un altro aspetto cruciale per comprendere la qualità del rapporto tra genitori e figli adolescenti è la reale presenza e disponibilità di padre e madre nella vita dei ragazzi, soprattutto nei momenti di difficoltà.
    Se la maggioranza dei ragazzi (60,6%) afferma che nei momenti difficili i genitori ci sono sempre, poco meno di un terzo (31,8%) dice che a volte ci sono, a volte no; per il 3,7%, addirittura, non ci sono mai. Sono quindi molti gli adolescenti che possono contare sui loro genitori solo in alcuni momenti ma non sempre.

    I bambini di 7-11 anni dichiarano in percentuale maggiore, rispetto agli adolescenti, che nei momenti difficili possono sempre contare sui loro genitori (71,3% contro 60,6%). Questi risultati possono indicare che i genitori, quando i figli sono piccoli, tendono ad essere più presenti; d’altra parte si può anche ipotizzare che fra gli adolescenti siano più numerosi i ragazzi che sentono di non poter contare sempre sui genitori quando si trovano in difficoltà, forse anche perché sentono maggiormente il bisogno di essere compresi ed aiutati.

    I ragazzi che affermano di poter contare sempre sulla presenza dei loro genitori sono il 63,1% dei maschi ed il 58,9% delle femmine. Le adolescenti dicono infatti che i genitori a volte ci sono e a volte no nel 34,3% dei casi, contro il 29,1% dei loro coetanei. Anche in questo caso si percepisce un malessere leggermente più diffuso nelle ragazze, che probabilmente in alcuni casi vorrebbero i genitori più vicini nelle difficoltà. Risulta purtroppo molto alta la percentuale degli adolescenti che assistono o hanno assistito ai litigi tra i propri genitori: il 61,3% afferma che questo si verifica qualche volta, al 19,1% capita spesso. Non capita o non è mai capitato soltanto al 17,3% degli intervistati.

    Mettendo questi risultati a confronto con quelli ottenuti sul campione di bambini, risulta che questi ultimi assistono in misura inferiore ai litigi tra i propri genitori. Evidentemente di fronte ai figli piccoli i genitori sono molto più attenti ad evitare o comunque a celare eventuali litigi.

    Nelle liti molto spesso si tende ad assumere un tono di voce eccessivo come se fosse l’unico modo per far valere le proprie ragioni. Alzare la voce risulta la modalità di litigio più diffusa (53,1%). Anche imbronciarsi, indicato da quasi due ragazzi su dieci (19,2%), appare un modo di litigare abbastanza comune. È irrilevante fortunatamente la percentuale dei genitori che si picchiano (1,3%). Non compaiono differenze di genere significative sul modo di litigare dei genitori. Si rileva, tuttavia, come di fronte alle ragazze i genitori siano sensibilmente più accorti nei loro litigi. Portano il broncio infatti, più in presenza di queste ultime (22%) che in presenza dei figli di sesso maschile (16,2%).

    E gli insegnanti?

    Il rapporto con gli insegnanti assume un’importanza fondamentale per gli studenti italiani, tale da contenere o escludere forme di scortesia nei confronti dei propri docenti. Oltre la metà del campione (54,9%) afferma di non aver mai risposto male ai propri insegnanti, il 36,1% lo ha fatto qualche volta, il 5,7% spesso e una minima percentuale (2,6%) lo fa continuamente. I maschi dimostrano una maggiore indisciplina rispetto alle femmine: il 62,3% di queste non risponde mai in maniera sgarbata ai propri insegnanti, contro il 47,5% dei loro coetanei. Ai ragazzi capita più frequentemente di rispondere male ai propri insegnanti: il 39,8% lo fa qualche volta (contro il 32,5%), il 7,6% spesso (contro il 3,8%) e il 4,2% continuamente (contro lo 0,8%). Prendere brutti voti non risulta un’esperienza sconosciuta tra i ragazzi italiani, anzi. Oltre la metà del campione (il 60,6%) afferma di aver preso qualche volta un cattivo voto a scuola e il 33,7% addirittura spesso. Solo una ristretta minoranza (5,2%) non ha mai preso cattivi voti. Ai ragazzi cui è capitato di prendere brutti voti a scuola è stato chiesto di riportare la reazione avuta dai loro genitori. Oltre la metà del campione (60,1%) afferma che i propri genitori si sono arrabbiati, mentre in un buon 21,1% dei casi non si sono preoccupati più di tanto; qualche volta (5,2%) i ragazzi sono stati invitati a studiare di più. Risultano alquanto limitate le situazioni in cui i genitori hanno incolpato i professori del cattivo voto (1,4%), oppure hanno attribuito le responsabilità ad una scuola che non funziona (1,2%). Le reazioni dei genitori per un brutto voto risultano leggermente diverse per ragazzi e ragazze. Nello specifico, i genitori si adirano maggiormente con i figli maschi (il 67,4% contro il 52,3% delle femmine), mentre non si preoccupano più di tanto per le femmine (il 28,3% contro il 14,4% dei maschi) e le invitano a studiare di più (il 6,7% contro il 3,8%).

     


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