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    L'originalità di un servizio educativo nella Chiesa



    Juan E. Vecchi

    (NPG 1978-08-44)


    Storicamente le organizzazioni ecclesiastiche hanno sempre gestito istituzioni educative, sia quando la società non ne possedeva di proprie, sia in seguito, dal momento che la comunità cristiana è sempre stata attenta a tutto ciò che si riferisce all'educazione dei giovani. Le Congregazioni religiose hanno offerto la loro preziosa opera educativa nella convinzione che è impervio evangelizzare una persona educata a vivere in modo disimpegnato, chiuso, materialistico o irreligioso. Lo studio di J. Vecchi, nuovo superiore generale per la pastorale giovanile della Congregazione Salesiana, ci propone un panorama della situazione e del rinnovamento in atto all'interno di questa Congregazione che occupa una vasta presenza scolastico.


    Commentare i problemi che travagliano oggi la scuola, richiederebbe ampio spazio. pertanto inquadrare subito il nostro per non estenderlo troppo oltre certi limiti sono dati dalle circostanze in viviamo, cioè:
    - in un tempo di attenzione a ciò che ultimo Capitolo Generale ha detto sulla scuola;
    - in un discorso fatto ad operatori persone cioè che pur non sottovalutare aspetti teorici, vedono però questi loro applicazione concreta.
    I limiti sono anche dati dalla metodologia scelta, che è la stessa del Capitolo Generale: quella di prendere la strada della verifica, dell'illuminazione dei problemi e delle linee di azione, non tanto di dare una presentazione «ideale» della scuola.

    SCUOLA COME AMBIENTE E VIA DI EVANGELIZZAZIONE

    La Chiesa stessa che collega e annoda lo sforzo per sostenere le scuole cattoliche alla sua missione evangelizzatrice. Dice infatti il documento sulla scuola cattolica: «La missione della Chiesa è quella di evangelizzare, cioè di procurare a tutti il lieto annunzio di salvezza, di generare nel battesimo nuove creature nel Cristo, e di educarle a vivere consapevolmente da figli di Dio» (n. 7). «In ordine a questa sua missione, la Chiesa istituisce le proprie scuole, perché riconosce in esse un mezzo privilegiato volto alla formazione integrale dell'uomo» (n. 8).
    Certamente in una sana concezione della convivenza civile ispirata alla libertà regolata e rispettosa del pluralismo delle scelte esistenziali, i cristiani possono appellarsi al proprio diritto di scegliere e gestire scuole senza riferimento a particolari finalità fuori di quelle che sono connaturali al «fatto scolastico».
    La Chiesa per quanto riguarda le proprie scuole non nasconde che per lei la scuola è un mezzo... che in Lei la libertà è già specificata da una scelta: annunciare il Vangelo. Questa scelta non esclude altri aspetti, come l'affermazione di una libertà civile, la collaborazione al progresso personale e comunitario, l'apporto alla diffusione della cultura, il contributo al progresso scientifico. Tutto questo però viene integrato in una sintesi qualificata dalla scelta fondamentale.
    «La scuola cattolica, afferma ancora il Documento, aiutando gli alunni a realizzare la sintesi tra fede e cultura attraverso l'insegnamento, muove da una concezione profonda del sapere in quanto tale; essa non vuole distogliere l'insegnamento dall'obiettivo che gli è proprio nell'educazione scolastica» (n. 38). Due cose vanno dunque sottolineate:
    - il fatto di avere scuole è derivato e collegato con l'evangelizzazione;
    - questo però non distoglie il fatto scolastico dalle sue finalità, ma inserisce queste in un quadro più ampio e in motivazioni più profonde.
    Occorre sottolineare anche che tra i mezzi per l'evangelizzazione la scuola occupa una importanza particolare.

    SUPPLENZA O ORIGINALITÀ?

    Qui sembra opportuno inserire una serie di riflessioni che tendono a chiarire che le scuole della Chiesa non hanno carattere di supplenza semplicemente, anche se è vero che in molti posti gli Ordini e le Congregazioni religiose sono arrivati prima dello Stato con le loro istituzioni educative. Supplenza vuol dire che una istituzione presta un servizio in un'area che non le è propria, sino a quando l'organismo a cui compete questo servizio per finalità e per distribuzione di ruoli sociali, arriva lui stesso con i suoi mezzi e le sue iniziative. Nel caso particolare della scuola, il pensiero laico si sviluppa così: la scuola è un'istituzione secolare per la trasmissione della cultura, i cui valori sono autonomi; la Chiesa propone la fede e il Vangelo attraverso proprie istituzioni a carattere religioso: Parrocchie, Chiese, Gruppi. La gestione delle scuole appartiene alla Società, come le appartengono gli altri servizi pubblici. A mano a mano che questa società va coprendo le sue responsabilità con efficienza, le istituzioni che avevano assunto iniziative per supplire, si ritirano nell'area delle proprie finalità specifiche.
    chiaro che la Chiesa non ha istituito le scuole per supplire, ma come un mezzo che è dentro le proprie finalità e caratteristiche. Non come mezzo esterno alla sua missione, ma come una via esigita dalla stessa evangelizzazione, giacché essa non è comprensibile all'uomo se non incarnata nella sua cultura. L'autonomia della cultura non significa affatto che non deve essere aperta al Vangelo e che non possa essere permeata e lievitata da esso.

    CARATTERE SPECIFICO

    Rileviamo in secondo luogo che la «scuola» come via di evangelizzazione ha il suo carattere specifico. Ciò vuol dire che non può essere supplita da altre vie (Es. parrocchia, oratorio, mezzi di comunicazione sociale). La sua finalità immediata le è propria, e la modalità di raggiungerla anche.
    Questo non vuol dire che sia superiore o migliore, ma semplicemente che è specifica: tale criterio entra in gioco quando si tratta di scegliere le diverse vie dell'evangelizzazione.
    Il carattere specifico e distintivo della scuola come via dí evangelizzazione è che essa realizza una sintesi sistematica tra fede e cultura. La cultura viene trasmessa, elaborata e assimilata in maniera sistematica e critica in una visione cristiana della realtà; la fede e il Vangelo vengono inseriti e scoperti in un processo di sviluppo totale della persona e all'interno di una cultura.
    La sintesi tra Vangelo e Cultura viene completata in modo non esclusivo anche da un'altra sintesi: quella tra fede e vita; da ottenersi attraverso un «clima», attraverso l'esempio degli educatori, le proposte specifiche di vita cristiana, il contatto personale con i giovani. Se è vero, come dice l'Evangelii Nuntiandi, che «la rottura tra Vangelo e Cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca» (n. 20) e pur riconoscendo che la cultura oggi non si trasmette né si elabora soltanto nella scuola, si deve però sottolineare che la modalità sistematica, critica e progressiva con cui la scuola compie la sintesi culturale, offre delle opportunità uniche per illuminare la realtà con la luce del Vangelo, e annunciarlo in una situazione vitale singolare.

    COME FARE LA SINTESI

    Che vuol dire fare la sintesi tra Vangelo e Cultura, tra Vangelo e Vita o, dicendolo in una sola proposizione, tra fede, pensiero ed esistenza? Forse considerare le discipline scolastiche «come semplici ausiliarie della fede o come mezzi utilizzabili per fini apologetici»? (n. 39). Ampliare il programma con ore di religione? Avere a disposizione del tempo scolastico come «occasione» per pratiche religiose alle quali attribuiamo un'efficacia di crescita nella fede staccata nei contenuti da quanto si fa nella scuola? Forse tutto questo è utile se si rispetta quello che indica la parola sintesi: unità armonica e dinamica.
    Perché questa «sintesi» divenga reale e la dimensione religiosa non sia puramente giustapposta alla dimensione culturale, ma sia interna ad essa, illuminatrice e lievitatrice di essa... affinché la cultura sia il «luogo» umano della manifestazione del Vangelo, seguendo il Documento sulla scuola cattolica devono realizzarsi alcune condizioni.

    ESSERE UNA «VERA SCUOLA»

    La prima è che la scuola cattolica sia scuola», cioè che ne «riproduca gli elementi caratterizzanti»... «Se non è scuola, non può essere "cattolica"» (n. 25). I tempi ci spingono ad una scelta di qualità. Sempre il nostro influsso è basato sulla quanti giorno di più sulla qualità.
    Essere scuola oggi comporta:
    -un progetto educativo esplicitato. Sono troppi e troppo frequenti gli impatti della cultura e delle ideologie. Non è possibile oggi procedere senza avere ben chiare la le finalità che ispirano la propria azione;
    - una comunità globale agglutinata attorno al compito educativo nella quale venga superata la concezione imprenditoriale; e i cui si ispirino a comunione e corresponsabilità piena. Si insiste ogni giorno più che la soltanto un fatto tecnico di apprendimento affidato a degli specialisti, ma un «fatto comunitario» in cui gli specialisti dell'in hanno un loro ruolo e non indifferente né secondario, ma che non può eliminare l'importanza della comunità;
    - una crescita costante degli animatori di questa comunità nella competenza professionale e nella capacità di animazione;
    - una dinamica di adeguamento e di confronto, permanente e concreta, attuata l'analisi dei fenomeni che ci circondano, gli incontri dei responsabili, le scelte coerenti.

    Non voglio tralasciare, anche se sono cosciente della densità che hanno i suggerimenti che ho condensato in pochissime parole, qualche tratto del progetto di «scuola» (di «scuola» semplicemente, prima di definirla cattolica).
    Tale progetto non può riguardare solo l'apprendimento di dati scientifici, «ma deve mirare alla formazione integrale attraverso l'assimilazione sistematica e critica della Cultura». L'assimilazione della cultura poi non può essere imposizione di condensati prefabbricati, ma deve «avvenire» sotto forma di «elaborazione» (SC n. 27). Il giovane cioè deve fare con la sua intelligenza il processo di creazione che sta alla base della cultura. Il termine cultura ha certamente un senso oggettivo, ma anche quello di sviluppo dell'intelligenza della persona che la
    rende capace di scoperta intellettuale, di partecipazione intensa all'esperienza del mondo e di assunzione del proprio destino e vocazione. Il primo aspetto, nella scuola, va subordinato al secondo... non viceversa (Cfr SC n. 27).
    L'elaborazione della cultura dunque va intesa come ricerca, scoperta e trasmissione di valori, a cui si ordina la conoscenza di dati: non può prescindere da un «riferimento implicito o esplicito ad una determinata concezione della realtà e della vita» (nn. 28-29). Il progetto richiede che gli educatori prendano coscienza chiara di qual è la loro visione della vita... e se ne hanno qualcuna organica... e che ispirino la loro azione educativa, coscientemente, a una visione a favore dell'uomo, più che delle «cose».
    Finalmente una visione umana e umanizzante della cultura non può non avere come chiave di sviluppo e di interpretazione la «libertà etica e psicologica del soggetto, il che comporta il confronto con i valori assoluti dai quali dipende il senso della sua vita» (SC n. 30).
    Ogni vera scuola oggi deve essere liberatrice: in quanto sviluppa il senso critico davanti a tentativi di manipolazioni, fa crescere la libertà del soggetto e la sua disponibilità ai grandi valori, punta sulla sua capacità di risposta e di creazione più che sulla disposizione all'accettazione. Ecco: formazione integrale, senso della «persona», chiaro quadro di riferimento assiologico, efficacia liberatrice... sono oggi tratti di una vera scuola all'altezza dei bisogni della società.

    RIFERIMENTO A CRISTO ESPLICITO E CONDIVISO

    Abbiamo enunciato la prima delle condizioni: che sia una «scuola». Ma la scuola cattolica, via «di evangelizzazione» deve evidentemente avere altri tratti qualificanti non sovrapposti a questi, ma permeanti. E il tratto che la qualifica è il «riferimento esplicito al Vangelo, nel quale Cristo è centro e fondamento. Ciò vuol dire che tutti gli elementi che abbiamo enunciato sopra, non sono religiosamente «neutri», ma positivamente «cristiani»; e questo essere positivamente «cristiani» non è inteso da noi come una dimensione da cui si possa prescindere, in soprappiù, di lusso, separabile dalla totalità
    del fatto educativo, ma la condizione sine qua non, la ragione profonda per la quale un'educazione è veramente «umana» e liberatrice. Il fatto cristiano non è fuori dalla dimensione umana, ma è situato al suo centro. Così il primo degli elementi, il progetto educativo, si ispira al senso dell'esistenza rivelato da Gesù e trova il suo orientamento dal quadro di valori presentati nel Vangelo. Così, il secondo elemento, «La Comunità Educativa», nasce, cresce e matura come un luogo di incontro di coloro che vogliono testimoniare i valori cristiani nell'educazione. Si interessa non solo del sostegno materiale della scuola o del profitto scolastico, ma della comunicazione della fede e ispira i rapporti al senso cristiano. La crescita dei dirigenti come animatori non si intende solo in senso tecnico, ma come animatori di una comunità apostolica. Il confronto con la società si fa in base a un discernimento evangelico... Più che a scelte ideologiche o spontanee.
    Insomma, nella scuola e per la scuola si fa «pastorale», cioè cura della crescita, nella fede, in una azione coordinata direttamente o indirettamente dai pastori.
    A rendere reale, operativo, unificante questo riferimento al Vangelo, e a operare dunque la desiderata sintesi tra fede e cultura, tra fede e vita concorre l'insegnamento religioso convenientemente aggiornato in contenuti e metodologia. Questo insegnamento però è assimilabile se è mediato dagli atteggiamenti che informano la vita e conforme alla prospettiva con cui viene presentata la scienza.
    Ma non è pensabile che un'esperienza e una vita si possano tradurre sempre e solo in nozioni. Da questa visione ne segue che la «scuola» cattolica porta non «lezioni» di religione, ma una proposta di vita ispirata al Vangelo: crea un «clima» che aiuta ad assumere gli impegni del battesimo; propone momenti di preghiera e tempi di conversione; presenta progetti di «impegno» concreto in cui si supera l'individualismo e si impara la donazione gratuita. Nella comunicazione del «sapere» approfitta delle occasioni per stimolare alla fede e al bene. Ma ancora più importante di questo è che essa apra al senso della verità e alla «civiltà dell'amore». Evangelizzare nella scuola non significa dunque dire una parola buona, ma richiede una visione approfondita di alcuni problemi che stanno alla base del discorso sulla scuola.

     


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