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    Vita di superficie



    Segni dei tempi e anno della fede /3

    La «bellezza» che ci dannerà

    Luigi Guglielmoni – Fausto Negri

    (NPG 2013-03-54)

    E’in corso una mutazione antropologica: un distacco di massa da quella che era considerata la norma, tanto che finisce per essere giudicato folle chi fino a poco prima era ritenuto esempio di rettitudine. A seguito di una autentica metamorfosi, è nato l’uomo di superficie, ridotto alla sua pelle, a ciò che si vede. Dentro quest’uomo l’anima è sparita, l’interiorità è diventata ombra, i princìpi si sono fatti evanescenti e semmai dominano quelli della pelle, che deve essere elastica, liscia, priva di ogni più piccola smagliatura. È quanto sostiene il noto psichiatra Vittorino Andreoli nel suo ultimo libro che porta il titolo «L’uomo di superficie».
    Tale termine probabilmente diventerà un’espressione (così come lo è stato il concetto di «società liquida» di Zygmunt Bauman) che molti adotteranno in futuro per indicare una precisa tipologia di persone sempre più presente nella nostra società.

    L’uomo di superficie

    Con questa espressione non si indica l’uomo «superficiale». Infatti, quando si afferma che un uomo è superficiale si pensa che egli potrebbe essere profondo, che potrebbe fare delle considerazioni più critiche. L’uomo di superficie, invece, è colui che non ha profondità perché tutto è stato collocato ormai sulla sua cute, perché è lì che ha attaccato tutto ciò a cui dà valore. L’elemento primo dell’uomo di superficie è la bellezza esteriore, le cose che sono cutanee. Trattasi dunque di una forma nuova di homo sapiens sapiens (o meglio di «homo stupidus stupidus», come lo definisce Andreoli) che non ha una propria dimensione interiore e proprio per questo è «una mera silhuette» che ha un solo bisogno essenziale: la bellezza esteriore. Deve», cioè, essere bello, apparire bello, essere riconosciuto bello dagli altri.
    Afferma il noto psichiatra: «L’uomo attuale mi fa pensare ad un palloncino di plastica con dentro il vuoto. Non si può ridurre tutto alla propria cute e alle sue forme. Concentrati su un qui e ora puramente corporei, abbiamo ucciso tutti gli dei e reso la bellezza l’unica nostra religione. Non abbiamo più sogni, non coltiviamo progetti, non sopportiamo il silenzio, facciamo rumore per vincere la solitudine, sradicati come siamo dalle nostre origini, incapaci di amare, di insegnare ai nostri figli e di imparare dai nostri padri. E siamo pieni di paura». Infatti, questa bellezza basata sulla cute non ha misure, e quindi diventa facilmente ossessione che informa tutta la vita…

    Il corpo, mistica della contemporaneità

    La novità assoluta di questo inizio secolo è proprio il corpo. Le grandi trasformazioni avvenute in natura grazie all’uomo, oggi si trasferiscono sul corpo. Si sta diffondendo un’attenzione spasmodica per la bellezza, per la salute, per la forma. Tutti i titoli di riviste e libri che declinano in vari modi salute-bellezza-seduzione invitano i lettori alla costruzione di se stessi. Lo scrittore francese Hervé Juvin sostiene che «l’uomo è il miglior prodotto che egli stesso produrrà». Nasce una nuova morale della bellezza e della seduzione che promettono all’uomo d’oggi una giovinezza a lungo termine; la rivoluzione della moda e delle abitudini, poi, non solo l’autorizzano a cercare il piacere ad ogni costo, ma lo spingono a farne un dovere. In poco tempo è nato un nuovo credo, spesso ossessivo e compulsivo: bisogna credere nel corpo, essere belli, in salute… infiniti. Non sono più solo gli abiti, gli accessori, i gioielli che devono evolvere con le mode, ma il corpo stesso. Il corpo è tutto, è dappertutto. Le icone di oggi - da Madonna a Lady Gaga a Mariah Carey – non sono belle, si sono fatte belle.
    La bellezza resta la sola manifestazione del sacro che in altri ambiti è stato abolito. La «religione del corpo» trova anche i suoi sacerdoti, i suoi dogmi, la sua morale e un suo mercato delle indulgenze. La nuova morale è dettata da palestre e club sportivi, centri-benessere, chirurghi estetici, da libri sull’alimentazione biologica e sulle diete (i più venduti nell’intero pianeta). Il corpo va maneggiato con cura: bisturi per correggerlo, ginnastica e fitness per migliorarlo, medicine per guarirlo, diete, botox, creme, cure e cibi speciali per mantenerlo giovane e fermarlo nel tempo. Esso è diventato un supermarket, una cattedrale e un monumento del nostro quotidiano. Per chi entra in quest’ottica, tutto quello che guarda e legge, consuma e pensa ha a che fare con la volontà di controllare il proprio corpo. Nell’attuale cultura non c’è più alcuna parte del corpo che non possa essere ritoccata, abbellita, rifatta: creme, prodotti di bellezza, gel, bisturi, botulino, piercing, tatuaggi, depilazioni sono all’ordine del giorno (tra l’altro, in prodotti di bellezza, attualmente spendono più gli uomini delle donne). Esibire un’immagine di sé più che gradevole è diventata dunque la prova più evidente della propria capacità di gestire la propria vita.
    La cura del proprio corpo è dunque la mistica della contemporaneità. È come se la propria anima fosse stata trasferita in superficie, sulla pelle; e la controfigura dell’anima non può sfigurare. Il culto che il corpo esige, però, non è senza sforzi, timori, rischi… e, soprattutto, non è gratuito.

    Le patologie

    La cinese Yu Wenxia ha battuto le 100 rappresentanti della bellezza di altrettanti Paesi e si è aggiudicata il titolo di Miss Mondo 2012. Ciò che colpisce di lei, più della bellezza, è il suo aspetto di «mutante». I suoi segni distintivi, quelli che sottolineavano l’originalità della sua razza, sono scomparsi: viso regolare, occhi a mandorla occidentalizzati; e poi ancora iniezioni di Botox che hanno lisciato la pelle e cancellato ogni minima traccia di smagliature, creme che hanno schiarito la carnagione. Così Miss Cina è prima di tutto regina dell’indeterminatezza, Miss di un mondo che non esiste, corpo-icona che l’industria dello spettacolo, della bellezza, della scienza celebra come fine. Come lei, mille altre.
    Tra i danni più gravi del mercato della bellezza sta la cancellazione della singolarità, delle differenze; esso propone un modello standard cui gli aspiranti e le aspiranti sentono il dovere di uniformarsi. È un modello di bellezza statica, immobile, così come la vogliono le merci e la pubblicità: una bellezza priva di fascino e persino di erotismo. Alla fine è una sconfitta del corpo stesso e, ancor più, della ragione. Per divenire uniche, ci si omogeinizza sempre più.
    E così non è un caso che migliaia di ragazzine giapponesi chiedano di farsi gli occhi all’occidentale, mentre le nostre adolescenti chiedono come premio per il diploma o per la laurea un «ritocchino» a qualche parte del corpo.
    È difficile (molto difficile) oggi incontrare un adolescente (femmina o maschio non importa) che si piaccia, che si accetti per quello che è. Basta un brufolo per entrare in crisi.
    Una volta c’erano le isteriche. Quelle di Freud erano donne che non avevano avuto la possibilità di accedere al desiderio, perché la società puritana in cui vivevano non lo permetteva. Oggi assistiamo, invece, alla saturazione del desiderio che ha portato a nuove patologie, tutte connesse alla disperata ricerca di un’impossibile sazietà.
    In una recente inchiesta fatta in Inghilterra, che ha coinvolto oltre 31mila ragazze dai 10 ai 15 anni, è risultato che il 58 per cento, pur avendo un fisico normale, si vedono grasse. Vogliono dimagrire, saltando i pasti, sottoponendosi a diete scriteriate. Dalle risposte è emerso pure che una ragazza su quattro salta la colazione e una su cinque ha l’abitudine di saltare il pasto. Un altro dato curioso è il seguente: molte ragazzine sono convinte che l’aver un bel fisico sia questione di fortuna e non del prodotto di uno stile di comportamenti salutari.
    Mentre tempo fa desideravano diventare hostess, oggi le adolescenti sognano di diventare veline. Si sono presentate in 150.000 (centocinquantamila!) al concorso che porterà 2 di loro (due!) in Televisione a «Striscia la Notizia».
    Vittorino Andreoli in un’intervista ha affermato: «Nella mia esperienza quotidiana sono sempre più i casi di depressione dovuta alla bellezza: di chi ce l’ha e teme di perderla o di chi non ce l’ha e si sforza (con medicina estetica, trucchi, look) di rientrare in quei modelli… E non si tratta solo di giovani, ma, anche, di anziani malati di giovanilismo, cioè di quell’atteggiamento per cui si nega la propria età anagrafica e si vive come se il tempo non fosse mai passato e non passasse mai! La società sta morendo rincorrendo questo dogma innaturale che porta l’uomo di superficie a voler fare cose che solo un ventenne potrebbe fare; rincorrere la bellezza a tutti i costi deformando ciò che Dio ha plasmato!».

    Da dove ripartire

    Viene in mente la famosa attrice Anna Magnani la quale, in sala trucco prima di essere ripresa dalle telecamere, diceva ai suoi estetisti: «Mi raccomando, non toglietemi neanche una delle mie rughe, che c’ho messo tanto tempo per farmele venire!».
    Forse bisogna ripartire proprio dalla persona vista nella sua globalità: fatta di corpo, ma anche di mente, di sentimenti, di anima. Non si può dire «che bella cute hai»; bisogna dire «che bella persona sei».
    Afferma il noto psichiatra: «Bisogna chiudere gli occhi, girare gli specchi e cercare di vedere dentro l’uomo, per poter ritrovare il senso, il dubbio, per interrogarsi su che cosa ci fa l’uomo su questa terra. Io non sono preoccupato delle risposte, io sono preoccupato che non ci sia più la domanda. Vorrei che l’uomo si tirasse via da quello specchio, che guardasse proprio al senso, al significato che può avere. Diogene andava in giro con la lampada accesa a cercare l’uomo; un Diogene non ci starebbe male ora. O si ritorna a cercare l’uomo (e anche Dio che dà un senso all’uomo), oppure ritorniamo ai ‘bonobo’, i primati più vicini all’uomo».

    La forza della fede cristiana

    La fede cristiana oggi viene percepita come ostile al corpo. Invece, la nostra è la religione della corporeità.
    Alcuni consigli:
    – anzitutto la cura dell’interiorità: Chi è grande e sereno dentro, non ha bisogno di apparire a tutti i costi fuori. La direzione spirituale dove è finita?
    – Riproporre il dominio di sé. «Posso tutto ciò che voglio», Risponde San Paolo ai Corinti: «Sì, ma non tutto è bene per te... io non mi lascerò dominare da qualsiasi desiderio…. Sì, ma non tutto è utile al bene comune». Due criteri, questi da richiamare con più forza.
    Valorizzare lo sport, come educatore di tutta la personalità.
    – La pedagogia dell’ostacolo: non per il gusto di veder soffrire, ma perché la fatica e il sacrificio edificano. Dobbiamo trasmettere ai nostri ragazzi, in modo chiaro e convincente, che solo sul vocabolario la parola «successo» arriva prima di «sudore»: nella vita, mai!
    – Recuperare nuove dimensioni delle relazioni. Un noto psicologo ha affermato: «Da un secolo, da quando fu pubblicato ‘L’interpretazione dei sogni’ di Freud, non parliamo che di ‘Io’, sarebbe il tempo che iniziasse il secolo del ‘Noi’. L’uomo è fatto per avere relazioni. Una parte del nostro cervello, i neuroni a specchio, si attiva solo quando mi relaziono con qualcuno. Ci vuole Amore. Anche nella famiglia, che va ripensata al suo interno perché anche lì si è arrivati ad un consumismo dei sentimenti, per cui questi vengono buttati via troppo presto. Nella famiglia deve tornare un clima di comprensione e amore».

    Sì alla carrozzeria, ma ciò che importa è il motore

    Proponiamo qui di seguito «il decalogo della corporeità»:

    1. Prima di amare gli altri, impara a rispettare te stesso. Chi non si vuole bene, non può amare. Chi non ha accettato anche un solo tratto della sua personalità, è un insicuro. Quindi accetta e decidi il tuo corpo.

    2. Tu sei un corpo. Sei una unità di mente, corpo, spirito. Ascolta le sensazioni, le emozioni, i sintomi che il tuo corpo ti comunica. Diventa consapevole di ciò che ogni parte di esso ti dice. C’è più intelligenza nel tuo corpo che nella tua testa.

    3. Abbi rispetto del tuo corpo. È sacro per il solo fatto di esistere. Nutrilo con intelligenza. Tienilo in esercizio. prenditi cura concretamente di te stesso ogni giorno, concedendoti dei momenti per te solo. Attento alla pigrizia e all’abitudine.

    4. Il tuo corpo ha una storia. Conosci il «libro di storia» della tua corporeità? Coltiva nella memoria le esperienze positive del tuo passato.

    5. Non c’è nessun sbaglio nel desiderare. Coltiva il desiderio, ma in chiave positiva, senza lasciarlo in mano al puro istinto o alle manipolazioni. Cerca di avere, perciò, una disciplina interiore.

    6. Assumi la bellezza come stile di vita. Utilizza e sviluppa tutti i tuoi sensi: riscopri le meraviglie e le gioie della vista, udito, olfatto, gusto, tatto. Cerca di vivere il più possibile in armonia con l’Altro, gli altri, il cosmo intero.

    7. Senti l’altro come persona, non come corpo. Sii vero in tutti i tuoi gesti: quello che dici come corpo, devi sentirlo e deciderlo come persona. Impara la gestualità dell’amore.

    8. Con Dio, Dio che si è fatto «carne», la dimensione umana diviene, a pieno titolo, luogo di incontro col divino. Il cristianesimo è la religione dei volti. La divinità si cela e rivela nella profonda umanità.

    9. Dire corpo è dire anche fragilità, pesantezza, opacità. Impara ad affrontare le difficoltà, i limiti, la malattia, quando sei sano e giovane. «Finché non dai senso al tuo morire, sei facilmente ricattabile» (Heidegger).

    10. Il tuo corpo non solo è unico e irripetibile, ma vivrà, trasformato, per l’eternità. L’anima e il corpo sono non solo interagenti, ma inseparabili; ora, e per sempre, nel «faccia a faccia» con il Dio della vita.

     


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