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    Per realizzare una pastorale giovanile «orientata» vocazionalmente



    Maurizio Spreafico

    (NPG 2002-04-68)


    ALCUNE CONVINZIONI IMPORTANTI

    Un’idea «ampia» di vocazione

    Una prima fondamentale convinzione è di assumere un’idea «ampia» di vocazione. Troppe volte invece si pensa ancora alla vocazione solo in riferimento ad alcune scelte particolari (consacrazione, presbiterato).
    A questo proposito può essere utile considerare la struttura essenzialmente vocazionale della vita stessa in quanto tale:
    «Tutta l’esistenza umana è risposta a Dio, che fa sentire il suo amore soprattutto in alcuni appuntamenti: la chiamata alla vita; l’ingresso nella comunione di grazia della sua Chiesa; l’invito a rendere nella comunità ecclesiale la propria testimonianza a Cristo secondo un progetto del tutto personale e irrepetibile; la convocazione alla comunione definitiva con lui nell’ora della morte». [1]
    Ogni vita è vocazione, dunque, [2] e tutta la vita è vocazione!
    In questa prospettiva ne deriva una strategia vocazionale teologicamente meglio fondata e pedagogicamente più efficace. L’animazione vocazionale, infatti, partendo da un’idea ampia di vocazione e di conseguente appello rivolto a tutti, solo in un secondo momento si restringerà e si preciserà secondo la chiamata d’ognuno. In tal senso, l’animazione vocazionale è prima generica e poi specifica, entro un ordine che non sembra ragionevole invertire e che sconsiglia, in genere, la proposta immediata, senz’alcuna catechesi progressiva, d’una vocazione particolare. [3]

    Il servizio da rendere alla vita di ogni giovane con l’attenzione a tutte le vocazioni

    L’animazione vocazionale deve verificare continuamente il suo obiettivo fondamentale: il servizio da rendere alla persona del giovane.
    Occorre davvero aiutare ogni persona a scoprire e a realizzare la sua personale vocazione, qualunque essa sia, con un atteggiamento di gratuità infinita. L’animazione vocazionale così intesa non sarà una «pastorale di reclutamento», ma un servizio alla vita del giovane, quasi un «debito» nei suoi confronti:
    «Se l’obiettivo di un tempo sembrava essere il reclutamento, e il metodo la propaganda, spesso con esiti forzosi sulla libertà dell’individuo o con episodi di ‘concorrenza’, ora deve essere sempre più chiaro che lo scopo è il servizio da dare alla persona, perché sappia discernere il progetto di Dio sulla sua vita per l’edificazione della Chiesa, e in esso riconosca e realizzi la sua propria verità». [4]
    Da questa convinzione scaturisce l’impegno di lavorare per la promozione di tutte le vocazioni nella Chiesa. Certamente la riflessione teologica-pastorale degli ultimi anni ha offerto delle preziose indicazioni in questa prospettiva, in riferimento cioè alle diverse vocazioni e ai vari stati di vita del cristiano: pensiamo ai tre Sinodi dei Vescovi sui Fedeli Laici (1987), sul Ministero Ordinato (1990) e sulla Vita Consacrata (1994). [5]
    Pensiamo anche alla riflessione più recente dell’Episcopato italiano in questa prospettiva. [6]
    Dunque, se un tempo la promozione vocazionale si riferiva solo e soprattutto ad alcune vocazioni, ora si dovrebbe tendere sempre più verso la promozione di tutte le vocazioni, poiché «nella Chiesa del Signore o si cresce insieme o non cresce nessuno». [7]

    Una «cultura vocazionale» da promuovere

    Una sfida assai impegnativa, ma decisiva oggi, è quella di affrontare una crescente cultura antivocazionale: una cultura pluralista e complessa che tende a generare dei giovani con una identità fragile; una cultura della distrazione, che rischia di sommergere o annullare gli interrogativi sul senso della vita; una mentalità che induce a pensare che le possibilità della vita devono consumarsi in fretta; il nomadismo nelle idee e nelle scelte, che non si preoccupa dei riferimenti orientativi definitivi. [8] «La penuria di vocazioni specifiche – le vocazioni al plurale – è soprattutto assenza di coscienza vocazionale della vita – la vocazione al singolare – ovvero assenza di cultura vocazionale». [9]
    È necessario allora promuovere e diffondere una nuova «cultura vocazionale». [10]
    Si tratta di promuovere una forma di vita e di impostazione delle scelte personali davanti al futuro secondo un insieme di valori come la gratuità, l’accoglienza del mistero, la disponibilità a lasciarsi chiamare e coinvolgere, la disponibilità a lasciarsi interpellare dalla vita, lo stupore di fronte al dono ricevuto, la fiducia in sé e nel prossimo, il coraggio di sognare e desiderare in grande.
    Sempre in questa linea, in una proposta di annuncio e di catechesi vocazionale, è possibile individuare un itinerario progressivo e crescente: la vita come vocazione, la vocazione a Gesù Cristo, la vocazione alla Chiesa, le molteplici vocazioni nella Chiesa, la propria vocazione specifica.

    Un orientamento vocazionale presente in tutte le tappe del cammino di educazione alla fede

    L’orientamento vocazionale non è soltanto un momento terminale del cammino di fede, ma un elemento ovunque presente e qualificante ogni tappa e ogni fase di sviluppo. L’attenzione vocazionale dunque va ripartita in tutte le stagioni della crescita, pur con finalità e obiettivi proporzionati e diversificati: preadolescenza (tempo di progetti, di identificazione con i modelli...); adolescenza (periodo di attesa e di radicazione della personalità...); giovinezza (prima sintesi verso una decisione...).
    Questa convinzione postula un’attenzione educativa e pastorale importante: l’unità e la continuità nei percorsi. Dalla pastorale dei fanciulli e dei ragazzi, alla pastorale giovanile, alla pastorale familiare e vocazionale specifica in vista del matrimonio o della vocazione consacrata e presbiterale. [11]

    TAPPE SIGNIFICATIVE DI UNA PASTORALE GIOVANILE VOCAZIONALE

    L’orientamento vocazionale della vita

    È il livello di partenza. Come già ricordato precedentemente, si tratta di inserire in tutti i percorsi educativi e di evangelizzazione, prospettive, elementi e motivazioni di carattere vocazionale.

    L’ambiente educativo e la presenza di adulti significativi

    È necessaria innanzitutto la partecipazione in un ambiente educativo.
    Lì il giovane vive l’incontro con adulti che risvegliano il desiderio e la volontà di crescere come persona e risultano per lui testimoni significativi della vita intesa come vocazione.
    Con essi i giovani debbono poter avere rapporti personali in modo che l’orientamento avvenga quasi «per contagio».
    Nell’ambiente educativo è importante perciò incontrare adulti sereni e contenti e perciò convincenti:
    «Oggi troppi adolescenti mancano di modelli. I quindicenni mancano di ventenni che diano loro il gusto di avere cinque anni in più, mancano di quarantenni che diano loro il gusto di diventare adulti, mancano di settantenni che tolgano la paura di invecchiare. Gli adolescenti hanno bisogno di genitori realizzati che contagino loro il desiderio di diventare padre e madre; hanno bisogno di professionisti che non tornino a casa ogni sera imprecando contro quello che fanno e contro il presente, ma che diano loro il desiderio di assumersi la responsabilità di una vita di lavoro; hanno bisogno di cristiani capaci di infondere in loro la gioia di credere; hanno bisogno di cristiani impegnati e sorridenti che li invoglino alla scelta di un servizio generoso ai più bisognosi, a un impegno sociale e anche politico fatto con uno spirito cristiano; hanno bisogno di religiosi e preti felici che diano loro il gusto di consacrare la vita». [12]

    L’attenzione al singolo

    Bisogna allo stesso tempo interagire con il singolo: facilitare ai giovani una conoscenza di se stessi, realista e adeguata, che li conduca ad un’accettazione serena del proprio essere, ad un rapporto fiducioso e armonico con gli altri e con la realtà, ad un riferimento a Dio incarnato e vicino.
    Si deve aiutare ogni giovane a percepire il suo desiderio di vita e di senso, ad assumere la sua vita come dono e chiamata alla donazione, ad uscire da se stesso e a decentrasi verso gli altri riconosciuti come prossimo da amare, a sviluppare la capacità di affidarsi che permette di vivere con gioia e serenità la precarietà della propria esistenza, a riconoscere la speranza che sta oltre quello che si può godere e sperimentare.
    Lo sviluppo di questi atteggiamenti di base renderà il giovane capace di accogliere la sua esistenza concreta con libertà, disponibilità e sicurezza, come invito a impegnarsi incondizionatamente secondo l’indicazione di Gesù: «Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

    L’apertura culturale

    Alla qualità dell’ambiente e all’accompagnamento della persona, bisogna aggiungere l’apertura culturale: acquisire migliore conoscenza di valori e situazioni, sviluppare la capacità critica di fronte alle mentalità, ai messaggi e ai comportamenti dell’ambiente, insegnare a raccogliere e ad approfondire gli interrogativi e le interpellanze che provengono dagli avvenimenti.

    La centralità della persona di Gesù

    In questa ricerca si scopre Gesù Cristo come proposta di vita e di futuro, si intuisce la fecondità della donazione alla sua sequela.
    L’animazione vocazionale deve orientare chiaramente verso questo traguardo: portare cioè i giovani a riconoscere in Gesù Cristo il maestro, il modello e l’amico; alla relazione personale con lui concorrono le esperienze di preghiera, il riferimento alla Parola di Dio e la regolare frequenza dei sacramenti.

    Il senso di Chiesa

    C’è ancora un’altra realtà importante nella pastorale giovanile vocazionale: la sua capacità di educare i giovani al senso di Chiesa. Spesso i giovani hanno un’immagine incompleta e distorta di essa: talvolta i pregiudizi hanno fatto breccia in loro, anche perché le loro esperienze positive della comunità ecclesiale forse sono poche. Un’opzione vocazionale però è possibile solo se si è riusciti a vedere la Chiesa come ambito di accoglienza gratuita, di dialogo e collaborazione per il bene, di perdono.
    Allora acquisterà importanza e significato l’opzione di un servizio particolare alla missione ecclesiale comune, con un vivo senso di responsabilità verso la comunità cristiana, attraverso l’apporto della propria vocazione specifica.

    Le esperienze che interpellano e sviluppano gli atteggiamenti vocazionali

    Intendiamo per esperienza non una qualsiasi cosa che si può fare a livello concreto, non semplicemente un’attività compiuta tanto per rendere il cammino più interessante. È invece un evento decisivo per quel momento, un fatto desiderato, condiviso, vissuto con vera partecipazione, riflettuto e ricompreso in forma nuova e più profonda, che abbia la forza di suggerire una nuova impostazione della vita, nuovi contenuti dell’esistenza.
    L’esperienza così intesa non è la pura somma delle attività, ma anche la sua risonanza profonda e la carica di novità verso cui orienta la vita.
    Si tratta perciò di offrire ai giovani opportunità concrete di animazione, di carità, di servizio gratuito, in particolare verso i più bisognosi, allenandoli così alla disponibilità e alla generosità. Non si tratta soltanto di stimolarli a fare qualche cosa per gli altri, con il rischio di alimentare la loro naturale tendenza all’attivismo, ma di guidarli in un cammino che dal «fare» conduca al proposito e al gusto di impegnarsi perché se ne comprendono le motivazioni autentiche e profonde.
    Per questo si può fare appello al desiderio quasi naturale del giovane di essere utile e mostrare le possibilità di servire, arricchendo il proprio bagaglio di conoscenze, rapporti e competenze. Sarà importante anche prevedere quelle esperienze forti e maturanti che possono sollecitare a «salti di qualità», sia nella linea del servizio e della carità, sia nella linea della preghiera e dell’interiorità, sempre però da verificare nella trama della vita quotidiana.
    Sarà poi decisivo accompagnare il giovane nell’interpretare quello che sperimenta, nello scoprire dimensioni e significati della realtà, nel guidarlo a valutare atteggiamenti e reazioni alla luce del Vangelo, individuando forme e modi di collocarsi di fronte alle situazioni e agli avvenimenti della vita.
    In questo ambito è opportuno anche offrire conoscenze e informazioni sempre maggiori sui diversi stati di vita e sulle diverse scelte vocazionali possibili.
    Si arriva così alla soglia di un’opzione personale di vita che può essere generosa o rinunciataria; comunque la pastorale giovanile vocazionale ha posto il problema e ha cercato di creare le condizioni per una soluzione positiva.

    La proposta vocazionale

    Mentre i cammini precedenti continuano e la consapevolezza di un dialogo di vita che si sta svolgendo richiede una crescente maturità umana e un sempre maggiore riferimento a Cristo, si fa pressante l’interrogativo sulla strada da intraprendere, attorno a cui concentrare riflessione e discernimento. È lo spazio della proposta vocazionale che si esprime in modalità diverse e convergenti.
    C’è, in primo luogo, il riferimento a testimoni cristiani personali e comunitari di ieri e di oggi. Si sono recuperati i racconti delle grandi vocazioni, si visitano i luoghi di origine dei carismi e della santità, si ricordano volentieri massime e progetti. L’incontro con i testimoni non è più solo informazione ricevuta con simpatia, ma diventa germinale esperienza spirituale: all’interno di questi racconti e incontri risuona con nuova forza la chiamata di Dio e si rende più facile l’ascolto del giovane.
    Un altro cammino di proposta vocazionale è la partecipazione attiva, ora più responsabile, alla vita della comunità ecclesiale direttamente o attraverso i gruppi, i movimenti, le iniziative e gli impegni apostolici: in essi gli appelli delle persone e delle situazioni diventano mediazioni significative della voce di Dio.
    Non si può però dimenticare né sottovalutare l’invito vocazionale esplicito fatto al momento giusto e nel modo giusto, in un contesto di accompagnamento personale.
    L’interpellanza dell’educatore che invita il giovane a considerare una o più vocazioni conformi alle sue disposizioni, è sempre efficace e talvolta necessaria per aiutarlo a non dilazionare troppo la scelta, rimandando continuamente la decisione. [13]

    L’accompagnamento personale

    All’orientamento del giovane verso qualcuna delle vocazioni, consegue la necessità di accompagnarlo perché si chiarisca quello che vuole assumere e valuti le proprie capacità e motivazioni. L’accompagnamento adopera il dialogo individuale e formale; ma comprende pure tutto l’insieme di relazioni personali che aiutano i giovani ad appropriarsi dei valori proposti e ad interiorizzare le esperienze vissute secondo la propria situazione e il proprio orientamento, chiarendone le conseguenze per la loro vita.
    Così inteso l’accompagnamento personale si presenta nella varietà e nella complementarità delle sue espressioni:
    – la presenza tra i giovani, con l’impegno di conoscerli e di condividere la loro vita, in clima di familiarità, di affetto e di confidenza;
    – la presenza animatrice nei gruppi, dove sono possibili consigli, suggerimenti, dialoghi e provocazioni commisurati a ciascuno;
    – gli incontri brevi e occasionali, che mostrano l’interesse dell’educatore per la singola persona e per il suo mondo;
    – il dialogo personale cercato, frequente e sistematico, che diventa vera e propria direzione spirituale;
    – l’accompagnamento sacramentale nella confessione/riconciliazione.

    Nelle svariate forme di accompagnamento, e soprattutto nel dialogo personale, conviene concentrare l’attenzione su alcuni aspetti che sono fondamentali per la crescita umana e cristiana del giovane e per il discernimento dei segni e delle attitudini vocazionali.
    * La conoscenza di sé, perché scopra le qualità ed energie che il Signore ha seminato in lui e i limiti e le ambivalenze da correggere nella propria forma di vivere o di pensare; tanti giovani, anche se naturalmente generosi, non colgono l’appello vocazionale perché ignorano le proprie possibilità, o non riescono a liberarsi da incertezze e timori nei confronti di un progetto esigente e a lunga scadenza.
    * Lo sviluppo della fede in Gesù come il Signore Risorto che può dare senso completo all’esistenza e forza per vivere conforme a tale senso; le motivazioni vocazionali hanno il loro fondamento solido quando il soggetto riconosce l’iniziativa gratuita di Dio che per primo lo ha amato, viene affascinato dalla proposta di Cristo e ne confessa la saggezza e il valore.
    * L’interpretazione della propria vita come dono di Dio, leggendo la propria storia come una chiamata ad un servizio nel Regno; è un cammino che si percorre lentamente e che richiede quindi pazienza, coraggio e speranza; per individuare il dono e ascoltare la chiamata rivolta a ciascuno è necessario infatti riuscire ad illuminare avvenimenti, interrogativi e possibilità attraverso la Parola di Dio e l’incontro con Cristo nella comunità cristiana.
    * L’assunzione dei criteri evangelici per le scelte quotidiane, superando la tentazione di seguire senza troppa riflessione ciò che fanno tutti o pare più facile, utile e comodo; un’attenzione speciale in tal senso va data, nel campo dell’affettività, alle manifestazioni della sessualità, e dell’amore; così come alla verifica di quelle manifestazioni che rivelano eccessivo attaccamento alle cose e al possesso dei beni.

    Verso la scelta di un’opzione vocazionale specifica

    Nell’itinerario di accompagnamento personale, il discernimento è sempre presente e ne è quasi la bussola. Esso è necessario particolarmente quando si propone un passo e quando si valuta la risposta.
    Anche il soggetto è invitato a misurarsi con l’appello vocazionale e a scegliere, discernendo. Il discernimento si compie dunque in corresponsabilità. A mano a mano che il cammino vocazionale si va avvicinando a quello che possiamo chiamare «il momento decisivo», il discernimento, portato direttamente sulla vocazione, si rende determinante.
    La pastorale giovanile vocazionale deve verificare continuamente la sua capacità di essere propositiva dal punto di vista degli sbocchi vocazionali. Molti giovani impegnati e disponibili, universitari e lavoratori, animatori, educatori e volontari, singoli e fidanzati, chiedono di essere seguiti con maggior cura nei momenti della loro scelta e decisione vocazionale.
    Sarà necessario allora precisare un percorso sempre più specifico e puntuale in riferimento al particolare stato di vita a cui il giovane si sente chiamato, nella consapevolezza che, soprattutto oggi, alcune vocazioni richiedono una speciale attenzione nell’accompagnamento:
    «In un tempo, come il nostro, bisognoso di profezia, è saggio favorire quelle vocazioni che sono un segno particolare di ‘quel che saremo e non ci è stato ancora rivelato’ (1 Gv 3,2), come le vocazioni di speciale consacrazione; ma è pure saggio e indispensabile favorire l’aspetto profetico tipico di ogni vocazione cristiana, compresa quella laicale, perché la Chiesa sia sempre più, di fronte al mondo, segno delle cose future, di quel Regno che è ‘già adesso e non ancora’». [14]


    NOTE

    [1] Giovanni Paolo II, Messaggio al Congresso Europeo «Nuove Vocazioni per una Nuova Europa,» 29 aprile 1997, n. 2.
    [2] Cf Populorum progressio, n. 15.
    [3] «C’è chi teme che l’allargamento dell’idea di vocazione possa nuocere alla specifica promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; in realtà è esattamente il contrario. La gradualità nell’annuncio vocazionale, infatti, consente di muoversi dall’oggettivo al soggettivo e dal generico allo specifico, senza anticipare né bruciare le proposte, ma facendole convergere tra loro e verso la proposta decisiva per la persona, da indicare al tempo giusto e da calibrare con accortezza, secondo un ritmo che tenga conto del destinatario in situazione» (Nuove Vocazioni per una Nuova Europa. Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al Sacerdozio e alla Vita Consacrata in Europa, Roma, 5-10 maggio 1997, a cura delle congregazioni per l’Educazione Cattolica, per le chiese Orientali, per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, 26d).
    [4] Ib 13c.
    [5] Cf le Esortazioni apostoliche post-sinodali: Christifideles Laici, Pastores dabo vobis e Vita Consecrata.
    [6] 45ª Assemblea generale CEI: Educare i giovani alla fede (1998) e 46ª Assemblea generale CEI: Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana (1999).
    [7] Nuove Vocazioni per una Nuova Europa, o.c. 13b.
    [8] «Molti giovani non hanno neppure la «grammatica elementare» dell’esistenza, sono dei nomadi: circolano, senza fermarsi a livello geografico, affettivo, culturale, religioso; essi «tentano»! In mezzo alla grande quantità e diversità delle informazioni, ma con povertà di formazione, appaiono dispersi, con poche referenze e pochi referenti. Per questo hanno paura del loro avvenire, hanno ansia davanti ad impegni definitivi e si interrogano circa il loro essere. Se da una parte cercano autonomia e indipendenza ad ogni costo, dall’altra, come rifugio, tendono a essere molto dipendenti dall’ambiente socioculturale e a cercare la gratificazione immediata dei sensi: di ciò che ‘mi va’, di ciò che ‘mi fa sentire bene’ in un mondo affettivo fatto su misura» (Ib., 11c).
    [9] Ib 13 b.
    [10] Giovanni Paolo II, Messaggio della XXX Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni (1993).
    [11] «Ci vuole più unità di percorsi tra pastorale della fanciullezza e della preadolescenza, pastorale giovanile, pastorale familiare. Siamo sempre più consapevoli che non c’è spazio per la pastorale giovanile, se non è preceduta e collegata ad una seria iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. L’itinerario dell’educazione alla fede dei giovani continua poi nella prospettiva della educazione alla famiglia. È un itinerario in cui pastorale giovanile e pastorale familiare devono collegarsi, per far sì che il cammino dei giovani verso il matrimonio religioso (scelta ancora condivisa da un numero significativo di coppie) sia terreno per una rifondazione della scelta di fede e di appartenenza alla Chiesa e insieme per la scoperta della natura vocazionale del progetto di coppia e di famiglia» (45ª Assemblea generale CEI: Educare i giovani alla fede [1998], n. 3).
    [12] G. Avanti (a cura di), Adolescenza. Una stagione importante per la vita, Paoline 1992, p. 198.
    [13] «A volte abbiamo un certo pudore, una specie di timore riguardo all’accettazione che potrebbe incontrare un nostro discorso vocazionale, o siamo mossi da un falso rispetto della libertà dei giovani. Ciò ci impedisce di fare loro proposte chiare ed esplicite, che per altro verso essi ricevono con abbondanza, e spesso con scarso senso educativo, dall'ambiente circostante» (D. Juan E. Vecchi, Ecco il tempo favorevole, Lettera ai confratelli salesiani, Roma 8 settembre 2000, in Atti del Consiglio Generale, n. 373 ottobre-dicembre 2000, pp. 3-45).
    Cf anche l’intervento di D. Egidio Viganò: «La testimonianza silenziosa e l’invito implicito non sempre bastano a risvegliare le vocazioni. […] C’è stato purtroppo, e forse persiste ancora in qualcuno, il dubbio e la negligenza di voler esprimere apertamente, in forma opportuna, l'invito personale. Il non farlo risulta, di fatto, un pernicioso «silenzio vocazionale»; si potrebbe parlare anche di codardia o di incoscienza circa il proprio ministero, perché un giovane cristiano ha oggettivamente il diritto di conoscere le proposte vocazionali della Chiesa» (D. Egidio Viganò, C’è ancora terreno buono per i semi, Lettera ai confratelli salesiani, Roma 8 dicembre 1992, in Atti del Consiglio Generale, n. 339 gennaio-marzo 1992, pp.3-37).
    [14] Nuove Vocazioni per una Nuova Europa, o.c. 22b.


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