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    «Relazione». Relazione umana e fede comunitaria


     

    Giuseppe Morante

    (NPG 2001-08-41)



    Il problema

    Uomini o donne si nasce, ma soprattutto si diventa, attraverso l’esperienza dell’uscita da se stessi (come non chiusura nel proprio io… con la conseguente caduta in uno stato di solitudine) e apertura agli altri, nella dimensione dell’incontro, della relazione, della solidarietà e - per i cristiani - della «vera fraternità». Il cristiano è per gli altri, come l’uomo è per la relazione…
    Quale tipo di relazione vivono gli adolescenti e i giovani di oggi?
    Per diventare autentiche persone mature possono continuare a vivere chiusi in loro se stessi e nei loro piccoli gruppi di «amici» delle occasione, oppure dovrebbero aprirsi anche agli altri per condividere ogni cosa in una relazione di fraternità e nel servizio vicendevole?
    Il cristiano vive di comunione. Gli adolescenti vanno aiutati a superare il rischio, non troppo lontano oggi, della solitudine e della chiusura, dal momento che:
    - la loro è un’età che si prospetta con la forza della relazione di prime esperienze di amicizia, perché avvertono, come ogni cuore umano, un forte bisogno di incontro. E l’incontro, che realizza la comunione di intenti, li spinge ad uscire dalla solitudine per condividere un rapporto amichevole e di relazione con gli altri;
    - per i cristiani la parola «comunione» è la relazione esponenziale che realizza «il dono dello Spirito per il quale l’uomo non è più solo e lontano da Dio, ma è chiamato ad essere parte della stessa comunità che lega fra loro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e gode di trovare ovunque dei fratelli con i quali condividere il mistero profondo della fraternità».
    Chi di essi fa parte di un gruppo organizzato e ben affiatato, non sperimenta come le cose fatte insieme danno una maggiore soddisfazione? Non avverte ognuno, con una certa gratificazione, man mano che cresce, un forte bisogno di essere affettivamente e spiritualmente legato a persone con cui ha un rapporto personale privilegiato? Non constatano i ragazzi che si trovano bene in quegli ambienti in cui sono accettati e rispettati, e al contrario avvertono disagio quando non possono fare esperienze positive nel rapporto con gli altri?
    Queste esperienze possono aiutare a capire che l’uomo non è stato creato per essere solo, ma si realizza nella relazione e nell’incontro con gli altri. Il problema però è: come e che cosa cercano i ragazzi negli altri? Sono aiutati a superare il passaggio dall’egocentrismo all’altruismo, attraverso la fase del cosiddetto «allocentrismo adolescenziale»?

    La proposta: il passaggio da relazione a comunione

    * L’uomo, da bambino diventa progressivamente adulto, se gli viene facilitata la crescita di quella capacità di amore di cui Dio gli ha fatto dono dalla nascita. Il dono dell’amore matura in una serie di esperienze umane significative, che partono dal valore bello ma difficile dell’amicizia, che è la prima forma di relazione umana cosciente, come superamento del proprio egocentrismo.
    A partire dalla relazione amichevole coi propri coetanei, il cammino della crescita verso una condizione di maturità passa ad una relazione significativa con degli adulti e ad un contesto sociale che permetta la consegna di un patrimonio culturale estremamente ricco e complesso e nello stesso tempo stimoli un’originale comprensione di sé e l’assunzione di personali stili di vita.
    Questo passaggio diventa ancor più decisivo, se ci si riferisce allo sviluppo del dono della fede nella vita delle nuove generazioni. La fede infatti non è il frutto di una innata religiosità che ciascuno può più o meno riconoscere e coltivare, ma nasce dall’incontro inatteso con un Altro che si è manifestato in gesti e parole e in un contesto storico ben precisato: il messaggio evangelico.
    La fede richiede infatti che ogni battezzato sia messo in relazione con i fatti, le parole e con la vicenda storica di Gesù Cristo, scoperto come egli stesso fonte di piena relazione col Padre e nella condivisione del destino dell’uomo. È questo il senso della vera «tradizione», intesa come il tramandare ad ogni nuova generazione ciò che chi ci ha preceduto nella fede ha visto, udito, toccato con mano: il Verbo della vita.
    Le affermazioni della cultura e della storia e le stesse esperienze delle religioni dimostrano che il vero valore umano è situato in se stessi, ma è in ogni se stesso, cioè sparso in tutte le persone del mondo. Il poeta indiano Tagore scrive che «continuamente noi camminiamo per unirci a tutte le creature, altrimenti non troviamo noi stessi».
    Se il segno della riconciliazione di Dio con l’uomo, dopo il diluvio, viene evidenziato dal testo biblico con l’immagine dell’arcobaleno, allora «lo stare insieme» deve avere la tinta del colore verde, perché di verde è rivestita la terra, che accoglie e avvolge tutti, nessuno escluso. Tante radici, una sola terra.
    * Anche la fede è vissuta attraverso una relazione interpersonale tra il credente e Dio, e si esprime nei diversi segni della relazione umana… Il dono di Cristo è quello di essere radicati nella comunione trinitaria, di cui l’esperienza ecclesiale è anticipo e segno visibile offerto a tutti i credenti e in essa al gruppo dei ragazzi.
    Diventare cristiani, quindi, diventa essenzialmente un entrare in modo sempre più profondo e responsabile nella comunità cristiana e stabilire relazioni sempre più «umane» con gli altri uomini nello spirito del comandamento dell’amore.
    Per questo si dice che la fede non è una dottrina astratta, ma una relazione vissuta con Dio e con i fratelli. Solo attraverso una testimonianza globale di vita, grazie alle azioni e alle parole dei fratelli, è possibile riconoscere il Vangelo come annuncio che libera, come dinamismo che rinnova, come fonte che dona gioia di vivere. Così, con l’apporto dell’esperienza altrui, anche la vita di fede cresce, si approfondisce, si incarna nei diversi contesti culturali.
    * Un autentico servizio di educazione alla vita di fede, nella esperienza della relazione anche umana, perciò, si esprime innanzitutto nell’offerta di una comunità che fa memoria del Signore Gesù e in lui vive e celebra l’incontro con il Padre. Una comunità vivificata dallo Spirito, che attiva relazioni fraterne, fatte di accoglienza e di servizio, di reciproca testimonianza nel narrare le opere del Signore che sostengono il cammino della vita, di apertura alle necessità di ogni persona e di gioioso annuncio della Buona Notizia del regno.La presenza di adulti nella fede diventa significativa in ordine a questo accompagnamento spirituale dei ragazzi. In questo contesto comunitario è centrale il ruolo degli adulti nella fede, di persone in qualche modo «esperte» nel cammino e nell’intimità relazionale col Signore. È quindi indispensabile che i giovani delle nostre comunità abbiano dinanzi persone adulte che mostrino in concreto che cosa significa credere, la sua bellezza e la sua fatica. È necessario che nella pastorale giovanile la figura degli adulti sia coinvolta a pieno titolo affinché si realizzino tra gli adulti e i giovani autentici rapporti di «paternità e maternità spirituale», attraverso i quali la fede viene narrata «cuore a cuore». D’altra parte, la cosa è reciprocamente relativa, per il giusto rapporto tra le generazioni e per la continuità dell’esperienza di fede: la vita stessa della comunità e la stessa fede degli adulti hanno bisogno della testimonianza di fede dei giovani. Senza la sollecitazione che viene da chi sperimenta attualmente la fede come un decidersi per Cristo e per la vita, anche la loro, se pure ben consolidata, rischia di perdere il suo dinamismo.
    In quest’ottica, solo una seria esperienza di pastorale giovanile permeata di relazioni umane profonde, potrà permettere di valorizzare appieno il prendersi cura a vicenda della propria fede, il mettersi a disposizione per condividere la propria storia d’amore con Dio, con chi è più anziano e chi è più giovane nel cammino della vita. È nel vivere comunitariamente che si impara a coniugare i verbi della relazione: incontrarsi, dialogare, condividere, accettarsi, comprendersi, aiutarsi…
    * È detto nella bibbia che soltanto l’amore ha bisogno di un altro, cioè di un partner diverso da se stesso e che tuttavia è a lui simile; ed è detto anche che Dio, il Padre, cerca l’amore dell’uomo per non essere solo amore trinitario.
    La bibbia rivela che l’uomo non è solo, vive costantemente in una prossimità sacra. La stessa legge biblica ricorda che seguire l’eterno è preoccuparsi dell’altro, per cui è detto: «Ascolta, Israele: il nostro Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo» (Deut 6,5). Ed ancora: «Non ti vendicherai né serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (Lev 19,18).
    Occorre che gli adolescenti percepiscano in base alla loro esperienza storico-umana, che è anche possibile, umanamente autentico, estremamente buono, prendersi cura degli altri, per il solo fatto che gli altri hanno bisogno di aiuto. Occorre che vengano aiutati a riconoscere che è sensato e buono, anche solo umanamente, acquisire un certo lineamento del proprio volto per poter dire che quel lineamento appartiene al volto di Dio. Come sarebbe possibile affermare che «l’uomo è creato a immagine di Dio», senza queste impronte visibili?
    In tale condizione non si può parlare più solo di relazione orizzontale o verticale, ma si deve imparare a vivere semplicemente ma intensamente il proprio essere-in-relazione:
    - Abramo, infatti, è il primo uomo biblico che Dio sceglie come suo compagno di strada nel lungo cammino che ogni uomo percorre e con cui Dio vorrà una relazione di amore;
    - la presenza di Dio è una prospettiva grandiosa e affascinante che l’uomo deve intuire e conservare e, una volta perduta, riconquistare per ricominciare daccapo. Questa presenza di Dio nel mondo si esprime nel tempo. Ogni attimo rappresenta il suo arrivo, e l’uomo ha il dovere di esservi presente, perché destinato ad essere il compagno di Dio e il tempo-spazio riempito da Dio;
    - Dio attende che l’uomo lo cerchi (Is 65,1);
    - il cammino, quello di Dio con l’uomo, non è ancora terminato (Lc 24, 13-35; Cant 5,2).
    * Quale può essere l’esperienza trainante di questa «relazionalità» che una pastorale potrà impiantare efficacemente, perché i ragazzi pur bisognosi di relazioni non rischino di vivere in piena solitudine umana e spirituale, come tanti purtroppo affermano, se vivono molto superficialmente e spesso egoisticamente le loro prime relazioni amicali?
    Un ragazzo confessa: «Alla nostra età si ha bisogno di un amico per confidarsi con lui senza essere sgridati, come con una persona grande. E si può discutere molto più liberamente su certi problemi delicati della nostra vita. Gli si dice tutto quello che si ha nel cuore e si sa di certo che si sarà compresi. Sì, un amico può veramente aiutarci, sostenerci nelle nostre sconfitte, aiutarci nelle nostre disgrazie. Un amico è assolutamente necessario nel momento in cui si sente il bisogno di uscire dalla stretta atmosfera familiare, quando si soffre la solitudine… Si trova in un amico ciò che non si trova nei genitori…».
    L’esperienza relazionale che è nel concetto esperienziale di amicizia può essere integrato in un processo di educazione all’alterità, perché:
    - l’amicizia è una delle esperienze relazionali più importanti della vita dei ragazzi e un fatto veramente significativo nell’adolescenza. Da un lato, essa aiuta ad uscire dal ristretto e superficiale cerchio delle persone conosciute, per una prima esperienza sociale più cosciente; dall’altro facilita la maturazione affettiva e sociale, che è componente trainante della propria crescita umana e cristiana;
    - nel tentativo di soddisfare il bisogno di fare esperienza in proprio, l’«amico per la pelle» o «l’amica del cuore» rappresenta per l’adolescente un prolungamento della propria persona, un vero arricchimento del proprio io intimo, che si apre ai tanti tu esterni. Gli amici sono come uno specchio entro cui si scopre il proprio mondo interiore, si legge la propria esperienza umana, si verificano le proprie scelte morali;
    - l’amicizia è una tappa verso la pienezza della propria umanità, perché mette in condizione di scoprire i significati veri della propria identità e di quella degli altri, la fiducia reciproca nel rapporto interpersonale, il rispetto della dignità di ciascuno, l’aiuto che se ne può ricevere e dare, l’apertura ai bisogni degli altri. Permette di decifrare la ricchezza del cuore (come l’affettività, la capacità di dono, il bisogno di ricevere e di dare). Aiuta a superare le visioni egoistiche accentuate nella vita del ragazzo. Facilita il dialogo con gli altri, favorendo la comprensione dei bisogni.
    * Nel cristianesimo l’amicizia, come esperienza relazionale aperta e significativa, ha grande importanza ed è testimoniata anche da una serie di fatti: i sentimenti più profondi sono anche i più delicati e i più esigenti. Ma l’esperienza insegna che a volte basta un gesto a ferire un amico. Perché tante amicizie durano poco? Cosa vuol dire essere veramente amici? Quali fili relazionali sono necessari per una duratura amicizia?
    L’amicizia è un bene tanto prezioso che Dio stesso lo ha scelto per manifestare il suo progetto di amore. Nel vangelo è espresso questo altissimo insegnamento: «nessuno ha amore più grande di questo: morire per i propri amici» (Gv 15,13). Perciò se l’amicizia è vera fonte di relazioni umane e ha un significato tanto grande per la maturazione personale, per il cristiano essa acquista più valore, perché attraverso una chiamata amica Dio manifesta il suo progetto.

    L’operatività

    I valori vanno prima di tutto scoperti dai ragazzi, se vogliamo che siano anche assimilati. E questo richiede riflessione ed esercizio. La pastorale giovanile si realizza anche in un laboratorio di ricerca, attraverso una serie di iniziative che vanno programmate in relazione ai momenti riflessivi e ai tempi celebrativi della vita comunitaria. A titolo di esempio e per stimolare la creatività, si possono dare alcune indicazioni operative:
    - un amore-dono. Riflessione-collage. A gruppetti, i ragazzi ricevono l’incarico di comporre un collage con immagini e didascalie che sappiano illustrare le manifestazioni dell’amore umano nelle sue varie espressioni: amicizia, solidarietà, fraternità, atti di eroismo…;
    - riflessione personale. Leggi questo brano biblico: Sir 6, 5-16. Trascrivi poi, in breve, i sentimenti che l’autore ha voluto dire sull’amicizia. Credi che le cose dette siano attuali anche oggi? Per quale motivo? Trova espressioni ed esempi moderni per dire le stesse cose…;
    - l’ordine nei valori in cui credo. L’animatore invita i singoli ragazzi (10 minuti) a mettere su un foglio, diviso in due colonne, da una parte le cose in cui ciascuno crede ordinariamente perché le fa senza pensarci e quali valori ci sono dietro di esse. Poi, dopo momenti di riflessione, riportano sull’altra metà della pagina le stesse cose ma secondo un ordine di importanza dato dalle riflessioni precedenti. In un confronto comune si giustificano le scelte secondo gli insegnamenti evangelici;
    - in salotto per conversare! I partecipanti formano piccoli salotti di quattro sedie ciascuno. L’animatore propone un tema e su questo si discute e ci si racconta in gruppo. Dopo alcuni minuti, ogni partecipante passa ad un altro salottino mentre l’animatore fa una nuova proposta su cui si deve conversare. Dopo alcuni cambi ci si può ritrovare in gruppo e ognuno può presentare agli altri uno dei componenti appena conosciuto. (Ipotesi di conversazione: il gioco che preferivo da bambino; ciò che mi piaceva di più del mio migliore amico; la cosa più bella successa in questa settimana…);
    - il soffio del vento. I ragazzi sono seduti in cerchio, mentre uno rimane in piedi e inizia il gioco dicendo ad alta voce: «Il vento soffia su tutti quelli che…» (segue ciò che gli interessa sapere del gruppo. Ad esempio: «che hanno fatto un lungo viaggio per arrivare qui», «che da tanto non giocavano», «che si sentono un po’ in imbarazzo», «che di fronte alle novità si incuriosiscono o si spaventano», ecc.). Coloro che si riscontrano nell’affermazione devono alzarsi e cambiare posto. La persona che era in piedi cercherà una collocazione. Chi rimarrà senza sedia continuerà il gioco;
    - dialogo controllato. Coppie di ragazzi si scambiano opinioni su un preciso compito che dà l’animatore. Ogni coppia è seguita da un ragazzo come «osservatore». La prima persona esporrà brevemente la propria opinione e la seconda potrà rispondere solo dopo aver ripetuto quella dell’altra e verificata (tramite assenso del compagno) di averla compresa. Così il dialogo potrà continuare. L’osservatore controlla soprattutto i tentativi di imporsi… (verbali e non). Il ruolo è ricoperto a turno. In una verifica generale, si metterà a confronto questa modalità di ascolto con quella che più frequentemente si pratica ogni giorno.


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