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    2004: Anno Europeo dell’Educazione attraverso lo Sport



    (NPG 2004-02-61)


    Il Parlamento europeo ha proclamato il 2004 “anno europeo dell’educazione attraverso lo sport”, indicando come obiettivo quello di promuovere lo sport come strumento educativo e rivalorizzare l’immagine dello sport nella società.
    Il bando recita:

    1. Contesto
    Lo sport è divenuto un fenomeno economico e sociale di rilevante importanza nell’Unione europea. La Comunità europea ha riconosciuto più volte l’importante ruolo sociale dello sport e in particolare il suo ruolo educativo. La dichiarazione di Nizza del dicembre 2000 ha sottolineato nuovamente la sua importanza in tale settore e ha ribadito che la Comunità deve tener conto delle funzioni sociali, educative e culturali dello sport nelle politiche comunitarie. In tale prospettiva, l’anno europeo dell’educazione attraverso lo sport sarà articolato sulla sua funzione educativa.
    L’Anno si svolgerà nel 2004 e i Giochi Olimpici e Paraolimpici di Atene del 2004 offrono una buona occasione per potenziare la promozione dei valori dello sport.

    2. Ruolo educativo dello sport
    La partecipazione alle attività sportive sostiene i principali obiettivi e iniziative avviati dalla Commissione nel settore dell’istruzione e, in una prospettiva più ampia, nel campo della politica sociale. Ciò deriva soprattutto dalla sua accessibilità a tutti e dai particolari valori sviluppati attraverso l’esercizio dello sport, quali la cooperazione, la solidarietà e la tolleranza. Lo sport svolge un ruolo importante nel perseguimento dei seguenti obiettivi:
    * la promozione dell’istruzione e della formazione durante l’intero arco della vita.
    Lo sport fa già parte del sistema educativo nelle scuole e nelle università e l’accessibilità dello sport a tutti e a tutte le età contribuisce alla realizzazione di questo obiettivo;
    * la promozione della mobilità all’interno dell’Unione europea;
    Gli scambi tra le organizzazioni e i centri sportivi facilitano la mobilità all’interno dell’Unione soprattutto nel settore dell’istruzione;
    * la realizzazione di una società della conoscenza;
    Ciò comporta non solo lo sviluppo delle capacità intellettuali ma anche delle capacità personali e sociali che consentono ai cittadini di partecipare attivamente alla società e al mercato del lavoro. Lo sport sviluppa altre capacità e funge da contrappeso nei confronti degli effetti piuttosto negativi dello sviluppo rapido delle nuove tecnologie, vale a dire contro la tendenza a rendere l’individuo più sedentario e maggiormente isolato;
    * la lotta contro l’emarginazione sociale e la discriminazione.
    Per quanto riguarda gli obiettivi più ampi a livello della politica sociale, lo sport è uno strumento-chiave nella lotta contro la discriminazione e l’emarginazione sociale. La partecipazione allo sport di tutti gli strati della società favorisce l’integrazione dei disabili e dei cittadini emarginati dalla società per diverse ragioni, nonché la promozione della parità di opportunità tra uomini e donne. (…)

    Chi si occupa di pastorale, di educazione e soprattutto di giovani non può non trovare interessante e provocatoria questa iniziativa.
    La Chiesa italiana, del resto, nel maggio del 1995, pubblicava una Nota Pastorale dal titolo Sport e vita cristiana, nella cui introduzione ricorda:
    “L’attenzione pastorale della Chiesa al fenomeno sportivo appare relativamente recente e non del tutto consolidata. Infatti, l’ormai riconosciuta incidenza del fenomeno sportivo nel tempo moderno, con una sua diffusa presenza anche nella vita delle comunità ecclesiali, non sembra aver generato pari attenzione nella riflessione pastorale.
    Lasciato per lo più alla considerazione degli addetti di settore, lo sport rischia di essere colto come fenomeno non rilevante per la vita e la missione della Chiesa, dal momento che, secondo alcuni, non costituirebbe una dimensione essenziale né della vita umana, né della vita ecclesiale.
    Ma una simile visione risponde a una concezione riduttiva dell’azione pastorale della Chiesa e della riflessione teologica che ad essa si riferisce. L’azione ecclesiale, in realtà, come sottolinea con forza Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica, è rivolta all’uomo in tutta la sua verità, nella sua piena dimensione. Non si tratta dell’uomo ‘astratto’, ma reale, dell’uomo ‘concreto’, ‘storico’. Inoltre, l’azione ecclesiale non può essere definita esclusivamente e descritta in modo esaustivo da ciò che appartiene soltanto all’essenza della fede. Pastorale centrata sull’essenziale non significa, peraltro, pastorale ridotta ai minimi termini; significa, piuttosto, capacità di far vivere la parola del Vangelo e di inserire la vita nuova dello Spirito in ogni manifestazione dell’umano, secondo la legge dell’incarnazione: anche nel campo dello sport”.
    E citando prima Paolo VI e poi Giovanni Paolo II la Nota scrive:
    “La Chiesa, che ha la missione di accogliere ed elevare tutto ciò che nella natura umana vi è di bello, armonioso, equilibrato e forte, non può che approvare lo sport, tanto più se l’impegno delle forze fisiche si accompagna all’impiego delle energie morali, che possono fare di esso una magnifica forza spirituale...” (Paolo VI).
    “La Chiesa stima e rispetta lo sport che è realmente degno della persona umana. Esso è tale quando favorisce lo sviluppo ordinato e armonioso del corpo al servizio dello spirito, quando costituisce una competizione intelligente e formativa che stimoli l’interesse e l’entusiasmo, e quando resta sorgente di piacevole distensione” (Giovanni Paolo II).
    Anche noi dunque ci occuperemo di sport, perché, come insegna Don Bosco, il segreto dell’educazione è amare quello che amano i giovani. I giovani amano lo sport, basti guardare i dati della FIGC che dicono che in Italia, tra i 6 e i 16 anni sono tesserati oltre 726.000 ragazzi, che fanno parte di oltre 8200 squadre di calcio occupando oltre 50.000 tecnici. E nella chiesa l’associazionismo sportivo è al primo posto nella classifica delle associazioni preferite dai giovani.
    Ma lo sport non è educativo tout court, sempre e comunque, anzi, dedicare un anno alla riflessione sull’educare attraverso lo sport implica anche riflettere su quanto lo sport abbia bisogno di essere educato. Poche cose, infatti, mancano oggi allo sport: non la diffusione, non i soldi, non il consenso di un vasto pubblico, non gli atleti. Gli manca un chiaro progetto educativo, rivolto specialmente ai ragazzi e ai giovani, che sottragga l’attività sportiva all’ambito del puro esercizio fisico e la restituisca all’educazione, cui essa deve appartenere.
    Quale educazione per uno sport che può essere educativo?
    A quali condizioni lo sport è educativo?
    Quali valori possono essere veicolati dallo sport? In che modo?
    A queste ed altre domande tenteremo di rispondere in queste pagine lungo i numeri del 2004, anno europeo dell’educazione attraverso lo sport. E questo in collaborazione con le Polisportive Giovanili Salesiane, associazione di promozione sportiva, nata negli anni 70 e diffusa oggi a livello nazionale e internazionale. Ci occuperemo di sport che educa, ma anche dei problemi etici connessi con il mondo dello sport.
    E incontreremo testimoni significativi del mondo dello sport, come Lima Azimi, una sconosciutissima ragazza afgana…

    La vittoria dell’afgana
    Lima Azimi, questo è il suo nome, è la prima donna afgana che ha partecipato ai 100 metri in una gara di atletica. È immane il valore del numero 1 sulla sua maglietta. Lima era l’unica ad indossare il pantalone della tuta e una larghissima maglietta... era l’unica a non avere uno sponsor... era l’unica a non sapere come posizionarsi sulla linea di partenza... era l’unica impaurita tra altre donne, padrone della situazione, con glutei scolpiti ed in mostra e completini firmati da sponsor vari... era l’unica sola, perché le “colleghe” non le hanno nemmeno rivolto uno sguardo e non le hanno dato una mano di aiuto all’inizio quando non sapeva come comportarsi... era l’unica senza tecnica e senza allenamento. Lima è arrivata ultima... è arrivata dopo un bel po’ rispetto alle altre che non erano sul traguardo ad aspettarla... nessuno le ha chiesto autografi o fotografie. Lima correva lentamente ma andava veloce... molto veloce con il cuore e con la mente.
    Lima è arrivata ultima... eppure... Lima è stata la sola a vincere!
    (da Repubblica, 24 agosto 2003)



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