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    Preadolescenti, sport e PGS


    Gianni Gallo

    (NPG 1990-04-25)

    Se è vero che il fenomeno sportivo ha acquisito nella cultura attuale e sta acquisendo nel costume dei singoli e delle società una valenza sorprendente da tutti i punti di vista, è altrettanto vero che questa valenza può colorarsi diversamente, a seconda dell'età. Solo rapportandosi in modo originale ad ogni diversa tappa dell'età evolutiva, la pratica sportiva si specifica concretamente per i contributi costruttivi che offre alla maturazione della personalità.
    Per una Associazione come la PGS, che si identifica nel Progetto educativo salesiano, e lo vive nel concreto dell'esperienza sportiva, misurarsi con le caratteristiche e le attese delle diverse età è condizione imprescindibile per un itinerario realistico di formazione e avviamento allo sport.
    Per questo l'Associazione, per formulare i suoi programmi, si confronta con le ricerche e gli studi riferiti all'età giovanile, verificando così la validità educativa della sua proposta.

    IL PREADOLESCENTE E LO SPORT

    Le risposte dei preadolescenti (vedi a questo proposito la ricerca «L'età negata») evidenziano in assoluto la predilezione per il gruppo sportivo in tutti i ceti sociali e in tutto l'arco dell'età.
    L'interesse per lo sport «praticato» è il punto di incontro: da parte del preadolescente risponde a diverse esigenze del suo vissuto, e da parte della Associazione offre il punto di aggancio per le sue proposte di esperienze sportive vissute fra coetanei e animate da giovani adulti qualificati nel servizio educativo sportivo.
    L'interesse per lo sport da parte del preadolescente non è un interesse superficiale, ma risponde a precise esigenze di un suo particolare momento di vita, di sviluppo, di maturazione.
    Parliamo evidentemente di «sport vissuto», cioè praticato, quindi espressione della vitalità, delle tensioni, della ricerca di espansione e maturazione.
    È un bisogno naturale, e vale quindi per tutti i preadolescenti.
    Esplicitiamo alcune di queste corrispondenze fra domanda e risposta: domande della persona in evoluzione del preadolescente e risposte che la esperienza sportiva può (e deve) dare.

    Preadolescente e sport: risposta all'esigenza di espansione motoria

    Caratteristica del preadolescente, nel complesso dei fenomeni che investono la sua personalità, è l'esplosione della motricità.
    Lo sviluppo fisico, vissuto in modo diverso da ragazze e ragazzi, è prevalente e influenza tutti gli aspetti: cognitivo, emotivo-affettivo, relazionale, etico...
    Lo sviluppo fisico inerente a questa età è strettamente coordinato alla formazione dell'immagine di sé, preludio della conquista della identità.
    La pratica sportiva può rispondere a queste esigenze: dal gioco spontaneo si passa all'attività più organizzata che guida il ragazzo a prendere coscienza di sé, a padroneggiare i suoi movimenti, scoprendo le dinamiche del suo sviluppo, a costruire un'immagine di sé, partendo dal possesso disciplinato, consapevole della sua corporeità e dei suoi valori, delle sue espressioni positive e dei limiti.

    Preadolescente e sport: risposta all'ampliarsi della socializzazione

    Caratteristica del preadolescente, nel complesso dei fenomeni che investono la sua personalità, è l'aprirsi ad una socializzazione extrafamiliare: ancora dipendente, ma teso verso una più ampia relazionalità, ancora fragile, ma desideroso di una iniziale autonomia e libertà.
    La pratica sportiva gli offre una positiva risposta: il gruppo, gli amici, l'ambiente, l'esperienza vissuta in comune.
    E lo sport è fare insieme, provare, giocare, ma anche impegnarsi a conquistare in un forte clima di emotività.
    E si aggiunge un nuovo modo di relazionarsi con gli adulti: allenatore, dirigenti, ambiente...
    Mondo nuovo per un preadolescente lanciato verso la novità in tutte le direzioni.

    Preadolescente e sport: risposta al confronto con il gruppo dei pari

    Per il preadolescente non solo «stare insieme è bello», ma il gruppo dei coetanei diventa luogo privilegiato nel cammino di crescita. Si respira autonomia, libertà e confronto con i compagni, ricerca e attuazione di amicizia, di una amicizia anch'essa vissuta sul fronte del rispecchiarsi e scoprirsi: fondamentalmente quindi in funzione di una immagine significativa di sé che sta costruendosi.
    Il tutto vissuto «nel fare insieme»: il preadolescente preferisce l'operare insieme, gradisce obiettivi chiari e una presenza di adulto propositiva.
    Nell'esperienza sportiva il preadolescente può progressivamente chiarire se stesso, confrontarsi con i compagni, tendere insieme a traguardi sempre più alti, soffrire e gioire insieme, soddisfare il suo desiderio di autoaffermazione, essere sostenuto nei momenti di crisi.

    PREADOLESCENTE, SPORT E ANIMAZIONE

    Questo rapportarsi del preadolescente all'esperienza sportiva, che attrae e che può corrispondere a diverse dimensioni della sua personalità in evoluzione (cognitiva, affettiva, sociale, spirituale), porta a sottolineare che non una qualunque esperienza sportiva realizza un contributo costruttivo per il crescere del preadolescente, ma solo un'esperienza sportiva che incarni certi valori, si realizzi con certe modalità, e sia sapientemente e intenzionalmente «animata» da adulti (giovani-adulti) preparati al loro non facile ruolo.
    Una esperienza sportiva (ad esempio un gruppo sportivo) che fosse luogo di spersonalizzazione, di consumo immediato, di emozione e di esperienze esclusivamente centrate sul «fare» senza attenzione all'essere, vissuta in superficialità e in rapporti interpersonali aridi e formali, in dipendenza deresponsabilizzante, sarebbe impotente e deviante nei confronti del preadolescente.
    È indispensabile, all'interno del rapporto sport-preadolescente, la presenza dell'educatore, che qualifichi l'incontro di una persona (preadolescente) insieme ad altre persone (squadra-gruppo) con una attività (sport).

    Gruppo preadolescenti e animatore sportivo

    Dobbiamo riconoscere che soprattutto oggi, in una realtà frammentata e dispersiva, c'è bisogno di una presenza matura di educatore che sappia entrare in quella specie di «cerchio magico» che è il gruppo dei preadolescenti; e che sappia entrarvi non tanto come un estraneo che si propone come modello, ma come esperto in condivisione.
    Il suo ruolo, infatti, è quello di entrare nel gruppo, saper leggere le domande espresse ed inespresse, far emergere gradatamente un progetto capace di dare un significato al cammino di ricerca del preadolescente.
    Ecco allora che scatta la sua abilità a garantire che le scelte concrete del gruppo e che i valori proposti siano una convinzione personale maturata da ciascuno.
    Tutto questo richiede che l'animatore possegga particolari abilità, prima tra tutte l'accoglienza totale della realtà del preadolescente, dei suoi bisogni e delle sue aspettative.
    È su questa linea che si innesta il processo di educazione e che si realizza, «facendo fare esperienza» di vita dentro ad uno spazio educativo costruito su misura del preadolescente.
    Ecco alcune condizioni per poter dare qualità al rapporto preadolescente e sport:
    - possesso, da parte dell'animatore, di un'antropologia dello sport, cioè conoscenza adeguata dei meccanismi inerenti all'attività sportiva. Superamento quindi della superficiale informazione, per approfondire le incidenzeche lo sport ha sull'evoluzione del preadolescente e sulla cultura. Conoscenza che implica capacità di individuare quali valori umani sono proposti e quali invece dimenticati in una particolare concezione di sport;
    - porre la persona del preadolescente al di sopra dell'organizzazione. Lo sport, in rapporto al preadolescente, non interessa soltanto come possibilità di espressione corporea e come affermazione delle abilità personali, ma si offre, soprattutto, come luogo in cui vengono proposti itinerari di crescita applicabili anche al di là del momento sportivo e orientati alla costruzione integrale del preadolescente. In altre parole, scegliere il metodo della personalizzazione per comprendere «insieme» la vita del preadolescente e orientarla verso l'unità e la qualità. In questo sta la differenza tra il manager, tutto attrezzature e strutture, e l'animatore nello sport, tutto valori, esperienza e significati;
    - tentare la costruzione di itinerari educativi originali, sempre pronti ad essere riformulati, capaci di condurre il preadolescente, in forma graduale e proporzionata, da una partecipazione spontanea dello sport verso il «vissuto» dello sport; realizzare cioè il passaggio dalla fruizione inconscia della competizione e dell'affermazione, alla collaborazione, al rispetto, alla crescita nella socialità.
    L'animatore quindi è impegnato a decodificare i tratti di mercificazione e i meccanismi di manipolazione possibili nell'attività sportiva, per conferirle qualità educative quali il senso e il valore della corporeità, il rispetto delle norme, il significato e la bellezza del vivere insieme, le esigenze della disciplina sportiva.
    Si tratta anche di creare un ambiente propositivo di valori che, pur non emergendo propriamente dall'attività sportiva, appartengano alla situazione e al contesto in cui si esercita lo sport. In altri termini, significa raccordare le esperienze sportive con altre esperienze esistenziali; spogliare quindi lo sport della sua presumibile valenza totalizzante in rapporto ai bisogni del preadolescente;
    - composizione di una comunità che sia riferimento e soggetto nei processi di crescita. Qui scatta la qualità dell'animatore che, come tale, favorisce dall'interno canali di coinvolgimento, di dialogo e di partecipazione.
    Tutto questo cammino rientra nel progetto educativo che ha come punto di partenza e come meta finale la persona del preadolescente con ogni sua implicanza e ambiguità.
    A queste condizioni il rapporto preadolescente-sport, con la presenza dell'animatore, assume la fisionomia di un luogo dove il vissuto è a misura del preadolescente.

    UNA PROPOSTA SPORTIVA ADATTA AL PREADOLESCENTE

    Qualsiasi intervento didattico, nel nostro caso specifico relativo all'attività sportiva e motoria di generale, acquista valore e significato educativo se viene ipotizzato e finalizzato allo sviluppo integrale della personalità di coloro ai quali si rivolge. Tale concezione di ciò che è educativo e di come qualcosa diventa educativo, coincide appieno col significato che l'associazione PGS persegue. Pertanto tutte le proposte di attività sportiva che nell'ambito del nostro Ente vengono realizzate, sono inserite in un progetto generale di formazione del ragazzo che riconosce come assunto teorico il concetto sopra esposto.
    In questo progetto generale che si basa primariamente su una destinazione per fasce d'età, la preadolescenza che d'ora in poi definiremo con un termine tecnico-associativo «fascia propaganda», rappresenta il punto nevralgico, il terreno più fertile per il nascere di dispute di carattere tecnico, proprio per le oggettive difficoltà che essa offre alla prassi operativa.
    La fascia d'età in questione si connota nell'iter evolutivo dell'individuo come una fase estremamente delicata, implicante problematiche di vario genere, da quelle inerenti a fattori di carattere bio-auxologico a quelle di carattere psicologico o di integrazione sociale.
    Poiché quindi questa fascia d'età presenta, rispetto alla fascia precedente e a quella successiva, una sua innegabile particolarità, se è necessario tener sempre presente che il preadolescente non può più essere considerato alla stessa stregua di un bambino, è pur vero che ha bisogno di interventi e di proposte specifiche, da presentarsi con metodologie particolari e che, in ogni caso, differiscono necessariamente di gran lunga dagli interventi e dalle proposte adatte a degli individui adulti.

    Esigenza di proposte mirate

    Spesso, in passato, si è commesso l'errore di credere nell'esistenza di una cesura piuttosto netta nello sviluppo dell'individuo tra il bambino e l'adulto, e di conseguenza tra il gioco del bambino e lo sport dell'adulto, assimilando il più delle volte il preadolescente ad un individuo che abbia già completato la sua maturazione psicofisica e non rivolgendo quindi alla delicata fase di transizione dell'infanzia all'adolescenza tutta l'attenzione di cui essa necessita.
    Tale errore ha portato a strutturare tutta l'attività della fascia, che chiamiamo propaganda, sulla falsariga di attività concepite per ragazzi ormai più vicini per caratteristiche al mondo degli adulti; mentre allo stato attuale delle cose e delle conoscenze è fortemente sentita la necessità di proposte che siano più specificatamente mirate.
    È da tempo che in quella parte del mondo sportivo più alieno da prospettive di utilitarismo e più sensibile ed attento alle necessità dei giovanissimi e dei preadolescenti, si avverte l'esigenza di proporre una attività sportiva che si adegui perfettamente a chi la pratica, ed è in tale contesto di esigenze che si colloca e trova la sua motivazione la scelta dei contenuti e della struttura dell'attività che il PGS propone per la fascia d'età in questione.
    Il primo tentativo di attuazione di una risposta si trova nel voler slegare la proposta sportiva specifica per questa fascia d'età dall'inadatto schema del campionato con la classica formula all'italiana, con gare di andata e ritorno, e nel sostituire ad esso la «Festa».
    Nostro scopo primario è dunque recuperare alla sua giusta dimensione l'attività sportiva dei preadolescenti.
    La «fascia propaganda» rappresenta dunque il punto centrale di quell'ipotetico progetto generale e organico di costruzione dell'atleta e che si snoda dall'infanzia all'età adulta passando attraverso tappe successive e conseguenti, non bruscamente separate tra loro, e diverse tuttavia per obiettivi, contenuti, metodologie operative.
    Cosí da una prima fase di alfabetizzazione motoria caratteristica dei bambini della fascia 5-6-7 anni, si passa ad una educazione motoria di base che si situi in un'ottica di polisportività, e si continua poi nell'avviamento allo sport che è l'obiettivo generale della fascia che in questo momento ci interessa maggiormente. Ulteriori evoluzioni si avranno poi nelle età successive con il perseguimento degli obiettivi di specializzazione sportiva e perfezionamento sportivo.
    Poiché dunque nel nostro progetto una corretta formazione sportiva si realizza attraverso un passaggio graduale da una tappa all'altra, senza interruzioni, senza omissioni, senza bruschi salti, ma come normale evoluzione di momenti precedenti in momenti successivi, emerge quale sia lo spessore reale del ruolo dell'operatore sportivo e quale sia la delicatezza del ruolo dell'istruttore della fascia propaganda.
    L'operatore dovrà dunque avere una serie di competenze che oltre ad estrinsecarsi in campi differenti quali quelli della fisiologia, della psicologia, della tecnica, della metodologia, spazino anche su un ampio arco di età, in pratica lungo tutto il corso dell'età evolutiva.
    Torniamo quindi a ribadire il ruolo di centralità della fascia propaganda in seno ad un iter completo di formazione sportiva.
    È questa la fase piú delicata dell'attività; in questa fase sono ancora possibili eventuali interventi di ricupero del terreno perso per scarsa attività negli anni precedenti; attraverso un lavoro ben concepito e ben condotto, è in quest'età che si possono porre valide basi per un giusto avviamento allo sport che non voglia precorrere i tempi, né adagiarsi sulla reiterazione di proposte anacronisticamente inadatte e superate.

    Programmare l'attività...

    Abbiamo quindi individuato nell'avviamento allo sport la finalità didattica principale per cui operare con ragazzi che fanno richiesta di attività sportiva nell'arco di età che ci interessa; e abbiamo posto tale finalità come tappa centrale in una ipotesi generale di formazione dell'atleta da inserirsi in un progetto organico di educazione e di promozione della persona da realizzarsi nell'attività sportiva.
    Un tale progetto di sport può apparire ambizioso, e richiede necessariamente una estrema attenzione nella at
    tuazione di tutti i suoi argomenti parziali e un'accurata programmazione di tutto il lavoro tecnico.
    Più che entrare nei dettagli di carattere tecnico-operativo e nello specifico dell'attività, vorremmo in questa sede definire delle linee generali di metodologa operativa affrontando alcuni problemi tra quelli che più frequentemente si presentano a chi svolga attività in campo educativo-motorio con i ragazzi.
    Tutto il lavoro che si svolge in palestra deve essere strettamente aderente alle necessità e alle richieste dei destinatari, deve avere i suoi obiettivi precisi; deve esplicarsi in attività che risultino le più adatte al raggiungimento degli obiettivi individuati; tale lavoro deve inoltre prevedere i suoi specifici momenti di verifica.

    Problemi e difficoltà

    Quali sono i problemi che si presentano all'operatore al momento di programmare l'attività dell'anno, e come far coincidere e conciliare le esigenze manifestate dai ragazzi con gli obiettivi prefissati?
    La prima oggettiva difficoltà che si presenta all'istruttore è il rilevare, all'interno dell'utenza, due categorie fondamentali di soggetti con esigenze diverse:
    - ragazzi provenienti da un'attività svolta correttamente nell'età precedente, quindi in possesso di un ampio bagaglio di acquisizioni motorie e già mentalizzati dal punto di vista della predisposizione e delle disponibilità a diverse proposte di attività motoria;
    - ragazzi con patrimonio motorio scarso e poco strutturato che richiedono situazioni agonistiche specifiche -partite - e che difficilmente sembrano riconoscersi immediatamente in proposte alternative o comunque differenti da quelle oggetto della loro primaria richiesta.

    La prima situazione rappresenta senza dubbio l'optimum per l'impostazione di un lavoro organico, la seconda però è quella che si manifesta con maggiore frequenza.
    Non lasciarsi condizionare negativamente da tali richieste, dettate, più che da precise esigenze, da fattori di tipo culturale, è il primo dovere dell'operatore, il quale, pur senza creare negli allievi situazioni frustranti, dovrà operare sottolineando sempre l'aspetto ludico delle varie attività, stimolando i ragazzi a confrontarsi in esercitazioni e situazioni motorie agonistiche differenti, alternative o complementari alla partita. È comunque sempre necessario trovare il giusto equilibrio tra le proposte a carattere generale e quelle a carattere specifico, per evitare di creare gerarchizzazioni tra le due specie di proposte.
    L'iter ideale che unisce i contenuti tecnici a carattere generale e polivalente, tipici della fascia d'età «mini», all'esercizio particolare di una disciplina sportiva, è un'attività motoria che, dallo sviluppo e consolidamento degli schemi motori di base in forma libera e creativa, attraverso l'esercizio di concatenazioni di schemi semplici in forma via via più complessa e strutturata, si evolva in esercitazioni a carattere sempre più specializzato, tecnico e monovalente.
    L'obiettivo generale avviamento allo sport si concretizza dunque, nel periodo terminale dell'età considerata, nell'acquisizione, da parte dei ragazzi, di gesti motori monosportivi che possano essere più frequentemente sperimentati in specifiche situazioni di gara.
    È evidente come nell'operare con questa fascia d'età sia indispensabile tenere costantemente presente il principio della gradualità al punto che sarebbe anche ipotizzabile un'ulteriore scansione all'interno della fascia 11-13 anni che si attui attraverso una biennalizzazione del programma: una prima fase che abbia maggiormente carattere di formazione motoria polivalente; una seconda in cui sia preminente l'aspetto monosportivo.

    QUALE EDUCATORE?

    Si richiede dunque all'animatore di un gruppo di preadolescenti un lavoro di estrema delicatezza ed attenzione educativa nell'analizzare le situazioni particolari dei ragazzi, nel formulare ipotesi di lavoro con contenuti e modalità precisamente mirati, nel valutare con costante esattezza i livelli raggiunti, per poter seguire fedelmente la rotta tracciata o, eventualmente, correggerla.
    È in quest'ottica di verifica che si inserisce puntualmente e a pieno diritto la nostra scelta di «festa» come momento di confronto periodico, un confronto che sia più ricco e stimolante della semplice partita, che crei dei momenti agonistici che abbiano un riscontro immediato nell'attività svolta settimanalmente e che vadano di pari passo con la maturazione motoria dei soggetti. Situazioni agonistiche che non trascurino, ma che esaltino l'aspetto ludico dell'attività e che gratifichino chi le sperimenta in un momento evolutivo in cui la gratificazione è tanto ambita.

    Momenti di confronto

    Qualsiasi manifestazione PGS, perché possa di diritto inserirsi nella proposta di sport educativo che l'Associazione vuole offrire ai preadolescenti, deve caratterizzarsi per alcuni aspetti costitutivi fondamentali. Tali aspetti, ognuno con la propria specificità e le proprie valenze, devono essere strettamente correlati ed integrati tra loro, legati da un rapporto di reciproca interdipendenza e non di semplice somma.

    Aspetto tecnico

    È nell'attività sportiva che i principi educativi fondamentali dell'Associazione PGS si fanno prassi educativa; pertanto le attività devono essere attentamente progettate e realizzate per offrire una esperienza veramente qualificata dal punto di vista sportivo.

    Aspetto associativo

    La manifestazione rappresenta il momento in cui lo spirito e la filosofia dell'Associazione si concretizzano nell'operatività, quindi se essa è ben concepita e strutturata, chi vi partecipa interiorizza, anche in modo informale, gli ideali dell'associazione e rafforza il suo senso di appartenenza ad essa.
    Perché una manifestazione possa avere in sé tutti i sopraelencati aspetti, in particolare se rivolta ai più piccoli e nel nostro caso alla fascia d'età preadolescenziale, non può che essere quella della festa.

    Aspetto religioso

    È presente con alcuni momenti suoi caratteristici, ma ciò che connota realmente una manifestazione dal punto di vista religioso, non sono tali momenti specifici, bensì l'esperienza comunitaria, la condivisione, nella prassi, dei valori della spiritualità giovanile.

    La festa perché...

    È confronto

    È nella festa che si attua la possibilità di verificare il cammino svolto settimanalmente. Tale cammino non è unicamente finalizzato al giocare una partita e a ricercare in essa il miglior risultato; tale risultato, del resto, può anche essere influenzato da fattori contingenti di origine emotiva, situazionale, o comunque casuale e quindi non essere specchio di una situazione reale; esso è finalizzato invece ad una formazione sportiva integrale e ad uno sviluppo polivalente delle potenzialità di ciascun soggetto.
    È nella festa che è possibile affiancare alla situazione di gara specifica, la partita, momenti di uguale valore agonistico ma di diversa modalità tecnica come, ad esempio, le gare sui fondamentali specifici di uno sport, i percorsi misti o i lavori a circuito che mirino all'esercizio di abilità motorie aspecifiche.

    È spontanea

    La festa nasce spontaneamente, come esigenza naturale in quei gruppi che nella quotidianità operano in maniera razionale ed organizzata nel perseguimento di quella finalità di «avviamento allo sport» e di quegli obiettivi più immediati che si collocano nell'ipotizzato progetto generale di formazione.
    Offre la possibilità ai partecipanti di cimentarsi in situazioni puramente ludiche, cioè di gioco in cui si esaltino e si sperimentino quei valori di libertà, creatività, gratuità, fondamentali per la maturazione razionale dell'individuo.

    È condivisione

    Perché una festa possa realizzarsi, è necessario che ci sia comunione d'intenti tra tutti coloro che, pur con ruoli differenziati, nella organizzazione e nell'attuarsi della festa, sono coinvolti.
    Comunione d'intenti, è presupposto e condizione necessaria perché si possa produrre aggregazione tra quanti hanno responsabilità organizzative, tra animatori, istruttori, allenatori. L'aggregazione sorta all'interno del gruppo degli animatori è garanzia perché si possa verificare aggregazione tra i partecipanti alla festa.
    All'interno di una festa, più che in altri, più usuali forse, tipi di confronto sportivo, è possibile a chiunque sia in essa coinvolto, nella specificità del proprio ruolo, trovare la possibilità di quella espressione di sé che è «unica» perché davvero solo «sua».


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