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    Un'esperienza a scuola (di educazione alla responsabilità sociale)



    Giuseppe Berretta

    (NPG 1993-01-90)


    Nella nostra società, fortemente differenziata e complessa, ove le cosiddette culture e subculture di massa tendono a livellare le singole individualità, la persona che avverte la frustrazione del rischio continuo di perdere la propria identità, si difende riparando nella cultura del diritto. Si tratta di un territorio franco, convenzionale, nel quale si immagina di poter sopravvivere evitando sia la minaccia mortificante della massificazione, sia di essere travolti dal cieco egoismo di quelli che vivono parassitando il prossimo. L'adesione a questa cultura comporta il formarsi di partiti, sindacati e corporazioni: gruppi sociali che proclamano una giustizia ed una norma equa a fondamento della convivenza civile nello Stato di diritto.
    Ciò, che appare chiaro sul piano fenomenologico, potrebbe nascondere un'insidia a livello di principio, là dove alla nozione di diritto non fosse necessariamente e costantemente associata quella di dovere. Se poniamo infatti in un rapporto di complementarietà diritto e dovere, è evidente che la perdita di senso del dovere nella coscienza individuale diviene la misura dell'inflazione del diritto quale valore personale e di gruppo. Alla base di ogni sperequazione ed ingiustizia sociale, alle origini di ogni conflitto tra popoli e nazioni, c'è la rottura del contratto che sancisce l'indissolubilità tra diritto e dovere, unica via aperta all'uomo per superare lo stato di natura e gettare le fondamenta della civiltà, della solidarietà, della pace. Ma poiché la linea di demarcazione tra diritti e doveri corre spesso su territori impervi e non facilmente definibili, l'uomo ha ritenuto necessario codificare, prima nelle forme della tradizione orale, poi per iscritto, i princìpi di comportamento necessari a regolare i rapporti personali e a tutelare la pacifica convivenza della comunità. Il travagliato cammino della storia è percorso dal bisogno e dalla ricerca della Legge, fondamento etico ed esigenza sociale.

    La norma: modello di riferimenti della vita scolastica

    Se la scuola è maestra di vita, nella scuola l'alunno apprenderà innanzitutto l'arte di essere ciò che dovrà diventare, presenza intelligente e significativa nel contesto culturale in cui sarà chiamato a vivere, dove intesserà rapporti, produrrà beni, svilupperà valori. L'educazione alla legalità nella scuola si pone così come il primo spazio formativo del bambino e dell'adolescente, il criterio-guida di tutta l'azione educativa e didattica dei docenti. Uno spazio ed un criterio che non possono certo essere ridotti alla enunciazione di regole, o alla severa sanzione dei comportamenti indesiderati: perché l'educatore in nessun caso è solo un sorvegliante di minorenni o un trasmettitore di nozioni, ma la sua opera, di altissimo valore morale, si esplica soprattutto nella funzione di fedele testimonianza e di guida rispettosa a servizio delle giovani generazioni.
    La scuola è una palestra in cui i ragazzi devono potersi muovere, incontrare, giocare, provare a fare cose serie, impegnare, conoscere la soddisfazione della riuscita, ma confrontare anche con l'amarezza della sconfitta e la delusione che accompagna l'errore. I giovani vogliono fare quello che vogliono, ma - come dice un vecchio aforisma - hanno bisogno di sapere quello che vogliono, e vogliono saperlo con chiarezza e senza giri di parole. La presenza di una norma precisa e ragionevole, quale modello di riferimento della vita della comunità scolastica, è uno strumento essenziale per rispondere al loro bisogno di sicurezza e per tracciare la via di una concreta educazione alla legalità.

    La «legge scritta» dell'ambiente scuola

    Nei miei diversi anni di esperienza di preside di scuole secondarie, ho maturato la convinzione che, a livello d'istituto, un ruolo determinante per il mantenimento di un clima di serena disciplina e per guidare gli alunni al rispetto delle persone e delle cose, può essere efficacemente svolto dal cosiddetto Regolamento Interno, costituito da alcune semplici norme funzionali al buon andamento della vita scolastica.
    Il Regolamento - in una prima stesura elaborata dai docenti della scuola - viene reso noto agli alunni ed ai loro genitori fin dall'inizio dell'anno; gli insegnanti poi si soffermano a discutere, in classe, le singole norme, guidando i ragazzi a cogliere, oltre le prescrizioni, il significato positivo che esse rivestono quali princìpi di legalità e di corretta socializzazione. È solo il caso di notare che il concetto di sanzione è appena presente nel Regolamento: l'intervento educativo che segue l'infrazione non può essere infatti rigidamente preordinato, ma deve nascere da una scelta pedagogica mirata e modellata sulla personalità del singolo, e non deve comunque mai costituire il facile deterrente di comportamenti inadeguati.
    A titolo esemplificativo, si consideri il seguente ampio stralcio di Regolamento Interno degli Alunni, in uso presso alcune scuole medie inferiori.
    La scuola è un ambiente educativo dove, vivendo e lavorando insieme, si apprende il vivere civile e ci si prepara alle future responsabilità.
    Le persone che operano nella scuola - insegnanti, alunni, personale amministrativo ed ausiliario - formano una comunità educativa: ad ognuno compete il dovere di collaborare; a tutti è dovuto il massimo rispetto.
    Per il buon funzionamento della scuola, gli alunni osserveranno le seguenti norme:
    - Alle ore... gli alunni avranno accesso alla scuola. Compostamente si recheranno nelle proprie aule dove saranno attesi dall'insegnante della prima ora. Gli eventuali ritardatari, eccezionalmente, saranno ammessi in classe solo se autorizzati dal Preside o dal suo Vicario.
    - Le assenze saranno giustificate mediante l'apposito libretto compilato da uno dei genitori. Quando le assenze superano i cinque giorni è necessario allegare certificato medico.
    - Gli alunni verranno a scuola forniti di tutto il materiale occorrente per il lavoro di classe.
    - Durante lo svolgimento delle lezioni gli alunni non potranno consumare merende né uscire dalla classe se non autorizzati dagli insegnanti... .
    Si eviterà, in particolare, di disturbare le lezioni in corso nelle altre classi. A tal fine, le classi in movimento all'interno dell'istituto dovranno compiere ogni spostamento in ordine e con sufficiente silenzio.
    - Il comportamento di ciascuno sarà improntato al massimo rispetto, non solo verso gli insegnanti e il personale non docente, i compagni, ma anche nei riguardi degli ambienti, della suppellettile, degli strumenti di lavoro ...
    - Le infrazioni disciplinari saranno annotate dagli insegnanti sul giornale di classe, che sarà trasmesso all'ufficio di Presidenza perché siano adottati gli opportuni provvedimenti ...
    - Gli alunni non potranno lasciare la scuola prima della fine delle lezioni. In casi eccezionali, e su richiesta personale dei genitori, la Presidenza potrà concedere permessi di uscita anticipata. ...
    - Nello spirito di autodisciplina, che è segno di maturità e di buon senso, si manterrà un comportamento corretto ed educato quando (in caso di viaggi, di istruzione, uscite didattiche, manifestazioni) le classi si sposteranno fuori dell'edificio scolastico. In tali casi ci si atterrà scrupolosamente alle direttive e alle istruzioni degli insegnanti, ai quali sono affidate la cura e la tutela degli alunni.
    È evidente che il testo si articola in due parti distinte: nella prima, essenziale, si offrono ai ragazzi le coordinate per l'orientamento nella realtà scolastica; nella seconda, decisamente pratica, si fissano norme di comportamento nelle situazioni specifiche.
    A questo punto si conclude il momento prescrittivo, nel quale il ruolo dell'educatore adulto si esplica nella indispensabile funzione propositiva. Egli, infatti, come portatore dell'esperienza culturale della propria generazione, ha il dovere di dire con chiarezza ai più giovani ciò che da loro si aspetta. Ogni rinuncia in questo senso condanna al fallimento - in quanto lo fa sterile e non vitale - il dialogo educativo.

    Il processo-dibattimento sul Regolamento feticcio

    Il momento più delicato dell'educazione al senso della legalità comincia quando i ragazzi esprimono il bisogno di non conformarsi passivamente alle regole prescritte, ma di volere esplorare vie nuove.
    È un bisogno che si traduce a volte in atteggiamenti di insofferenza, di sottile polemica o anche di aperta indisciplina: banco di prova delle reali capa cità educative degli insegnanti. Di fatto, sono proprio gli insegnanti che spesso, disorientati dal comportamento incomprensibile dei loro allievi, cercano rifugio nella legge codificata, nel Regolamento, nell'autorità costituita, per mantenere l'ordine e la disciplina e, in ultima analisi, per salvare il proprio prestigio compromesso e la propria identità adulta in crisi.
    Ma il vero educatore non può permettersi di credere di essere strutturalmente granitico; che anzi, la flessibilità, la pazienza umile, la disponibilità al cambiamento sono le caratteristiche proprie di chi si occupa della formazione dei giovani.
    Il Regolamento - infranto, criticato, contestato - diviene allora occasione di dibattito e di confronto. Si tratta di un vero e proprio processo, un processo al mondo degli adulti, ai loro princìpi morali, alle loro formule educative preconfezionate, che non hanno il diritto di trascorrere di generazione in generazione senza passare l'esame rigoroso della realtà che cambia di giorno in giorno sotto gli occhi di tutti e spinge a cercare continuamente e con intelligenza nuovi modelli di adattamento. Così, ove l'educatore non spenga l'entusiasmo della ricerca, ma sappia con coraggio alimentarne la fiamma, i ragazzi riusciranno a trovare la strada giusta, che - per loro - sarà certamente la strada migliore. Il Regolamento-feticcio, trasformato in strumento operativo del processo di crescita, può dunque essere modificato, ma in funzione del suo significato intrinseco; nato per proteggere l'individuo e il bene comune, al di là dei suoi contenuti normativi, non cessa di significare il legame morale necessario al raggiungimento di quei fini.
    È una consapevolezza alla quale i giovani approdano molto facilmente, per la semplice ragione che ne hanno bisogno. Ma devono poterla raggiungere per tentativi ed errori, mediante l'appassionata ricerca nel gruppo dei pari. L'educatore li lascerà crescere cercando, senza interferire, senza fare facile violenza alla loro lenta e faticosa curiosità, al loro desiderio di scoperta. «Oportet illum crescere, me autem minui», essere docili, fedeli e consegnatari, a servizio di un. mondo che verrà dopo di noi, attenti a coglierne segni e fremiti nel cuore dei nostri ragazzi, pronti a farci da parte e a lasciarli essere protagonisti della loro storia. È in questo modo che intorno al codice delle leggi dell'Istituto, può nascere un laboratorio di educazione alla legalità: palestra di sviluppo di sentimento etico per i giovani, ma anche luogo privilegiato di riflessione sulla funzione dell'insegnante-educatore e sulla progettualità della scuola, piccola società complessa, immagine in divenire della realtà di domani.


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