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    Preadolescenti nel guado



    Indagine su infanzia e preadolescenza nella diocesi di Fermo

    Stefano Ricci

    (NPG 1992-08-60)


    Solo ultimamente si cerca di colmare un vuoto di conoscenza che riguarda la fase di passaggio tra infanzia e adolescenza: la preadolescenza. Questa mancanza di strumenti conoscitivi adeguati coincide, paradossalmente, con determinati fenomeni sociali che sono quotidiano argomento per i mass-media (alcuni drammaticamente esplosi in questi anni come: gli abbandoni e i maltrattamenti, le depressioni e i suicidi dei bambini, la delinquenza e la strumentalizzazione dei preadolescenti da parte delle organizzazioni criminali, solo per citarne alcuni). Il fatto è grave poiché in questi anni si fa più forte la crisi degli ambienti educativi tradizionali, con conseguenze immediate e non sempre controllabili sulla crescita e formazione personale e sociale del ragazzo.
    Al tempo stesso la disattenzione nei confronti della preadolescenza rischia di relegare questa fascia d'età in un ruolo subordinato per quanto riguarda le attenzioni istituzionali e gli interventi sociali e formativi, ma anche di negare il protagonismo del ragazzo in questa età.
    È evidente la necessità di un quadro d'insieme della condizione di vita dei ragazzi: ciò anche nella prospettiva di riaffermare il valore dell'infanzia e della preadolescenza come età con specificità proprie, da non trascurare (senza entrare nel merito della discussione se questa sia una età «naturale» o «culturale»).
    Perché se è vero che attualmente l'attenzione verso il mondo dei ragazzi è aumentata, non sempre ci si pone nella prospettiva di un adeguato riconoscimento della dignità, dell'individualità, dell'autonomia e del valore dell'esperienza dei fanciulli e dei preadolescenti. D'altra parte vi è una attenzione maggiore all'arco di età che va dai quattordici-quindici anni in poi, trascurando l'indispensabile confronto con l'età immediatamente precedente.

    I PERCHÉ E LE MODALITÀ DELLA RICERCA

    L'Azione Cattolica Ragazzi e il Centro Sportivo Italiano della diocesi di Fermo, in provincia di Ascoli Piceno, consapevoli della necessità di elaborare una pastorale agganciata alla realtà dei minori, hanno commissionato un'indagine all'agenzia RES (Risposte Esperienze Servizi) della Comunità di Capodarco.
    Accanto all'incompletezza delle informazioni relative alla condizione attuale del ragazzo, va collocata la necessità di verificare la proposta educativa dell'associazionismo in primo luogo e più in generale delle agenzie educative tradizionali, di fronte all'evolversi di alcune tendenze culturali e sociali.
    Si nota una seria difficoltà a saper cogliere nel nuovo che pervade l'attuale condizione sociale i segni di nuove forme di intervento e di animazione del mondo dei ragazzi. Non può essere un'indagine conoscitiva anche se estesa e articolata a risolvere questo problema; certamente però avere una piattaforma conoscitiva oggettiva può favorire il confronto e il dialogo tra vecchie e nuove agenzie di socializzazione.
    In questo senso si possono individuare alcuni parametri da verificare con l'indagine sull'infanzia e la preadolescenza nella diocesi di Fermo.
    - L'attenzione educativa.
    I cambiamenti in atto nel tessuto sociale e a livello culturale richiedono di rimotivare profondamente la scelta educativa.
    - I nuovi ambienti educativi.
    In tale prospettiva acquistano rilevanza luoghi ed esperienze fino ad ora ritenute marginali e secondarie nei processi formativi ed educativi dei ragazzi.
    - Marginalità e devianza.
    La presenza di forme di marginalità che si possono esprimere con violenze, trascuratezza, abbandono, carenze relazionali e affettive, e che vedono sovente il minore come soggetto passivo, manifestano una condizione di diffuso malessere e di «compressione» della condizione minorile. A fianco di queste manifestazioni esplicite ed eclatanti non va dimenticato il fenomeno di quel disagio «soffuso» che è presente in ogni persona, e quindi anche in ogni minore, con modalità espressive diverse, ma con esiti non sempre controllabili; un disagio che va riconosciuto per poter essere affrontato.
    - L'esperienza religiosa del fanciullo e del preadolescente.
    Tutto ciò non può non influire sull'esperienza religiosa del ragazzo. Innanzi tutto si notano, a livello di minori, i segni della secolarizzazione, con un forte e progressivo aumento, con l'età, dell'indifferenza verso le proposte di aggregazione ecclesiale e le esperienze più genericamente formative e catechistiche delle parrocchie; anche se a volte permane una contraddittoria frequenza alla pratica religiosa, che comunque testimonia una qualche aspettativa verso la proposta di fede o più ancora verso la comunità ecclesiale anche da parte dei fanciulli e dei preadolescenti.

    Obiettivi della ricerca

    La ricerca innanzitutto si poneva degli obiettivi di carattere conoscitivo-interpretativo della condizione del ragazzo in relazione agli ambiti esperienziali ritenuti tutt'ora più significativi: scuola, parrocchia, tempo libero, gruppo dei pari, famiglia.
    La ricerca è stata realizzata anche per offrire a genitori, insegnanti, educatori ed operatori pastorali un quadro conoscitivo abbastanza articolato della condizione dell'infanzia e della preadolescenza nella diocesi di Fermo, così da aiutare gli adulti sensibili a migliorare il rapporto educativo con i minori in questa fascia d'età.
    Anche se nasce all'interno del mondo cattolico, la ricerca si propone di suggerire a istituzioni pubbliche, associazioni e movimenti, al mondo dello sport, la conoscenza necessaria e alcuni spunti operativi per orientare interventi e iniziative centrate su questa fascia d'età.

    Metodologia dell'indagine

    - Il campionamento.
    Sono stati predisposti due campioni per i due strumenti di rilevazione utilizzati nell'indagine su infanzia e preadolescenza.
    Un primo campione riguarda i 1400 soggetti ai quali è stato somministrato il questionario, predisposto dall'Agenzia RES, sui «luoghi» dell'infanzia e della preadolescenza nella diocesi di Fermo. L'altro campionamento riguarda circa 400 ragazzi, distributi per classi scolastiche dalla terza elementare alla terza media, ai quali è stato somministrato il CPQ (Children's Personality Questionnaire).
    I 1400 soggetti del primo campione sono proporzionali alla distribuzione complessiva per ogni zona pastorale, per sesso e per anno di nascita; rappresentano un campione della popolazione sufficientemente significativo per estrapolare dei dati validi per l'intera collettività diocesana.
    Il secondo campione è stato estratto all'interno del primo campione con questa diversità: la somministrazione del questionario CPQ è avvenuta non ai singoli, considerati individualmente, ma ai singoli nelle classi scolastiche, grazie al coinvolgimento di insegnanti.
    Anche in questo caso si è sostanzialmente mantenuta la distribuzione proporzionale per zone pastorali e per età, essendo stati distribuiti in relazione alle diverse classi: terza, quarta, quinta elementare, e prima, seconda, terza media.

    - Il questionario sui «luoghi».
    L'indagine è stata realizzata attraverso un questionario a domande cosiddette «chiuse», cioè con tutte le modalità di risposta possibile esplicitate, su un campione rappresentativo della popolazione tra gli 8 e i 13 anni residenti nella diocesi di Fermo, ed è stata svolta nel periodo novembre 1989/settembre 1990.

    - Il Children's Personality Questionnaire (CPQ).
    La collaborazione tra genitori ed insegnanti, tra educatori ed operatori pastorali si va sempre più diffondendo, per cui, se lo psicologo può utilizzare misure valide, seppur approssimative, dei caratteri della personalità di un ragazzo, si può avere una base di discussione abbastanza obiettiva.
    Il CPQ offre delle valutazioni espresse in una terminologia tecnica ma facilmente traducibili in linguaggio corrente.
    Le dimensioni della personalità misurate dal CPQ sono chiamate «tratti fondamentali» o di «origine». Oltre i simboli, i tratti fondamentali possiedono anche dei nomi tecnici che danno una descrizione più precisa del loro significato alla luce delle attuali conoscenze psicologiche.
    Queste denominazioni tecniche sono importanti perché contengono i riferimenti con la letteratura psicologica e con gli sviluppi teorici della psicologia attuale.

    SPUNTI DALLE RISPOSTE AL QUESTIONARIO

    Il gruppo di ricerca sta approntando il rapporto finale e ne sta curando la pubblicazione. Presentiamo qui brevemente solo alcuni spunti di lettura e interpretazione dei dati intorno alle risposte date al questionario sui «luoghi» dell'infanzia e della preadolescenza.

    Tempo libero

    Alla domanda sulle attività prevalenti nel tempo libero, le modalità di risposta che hanno ottenuto la maggiore frequenza sono nell'ordine: «gioco e mi diverto» col 44,5%, «pratico uno sport», «esco con gli amici», «guardo la televisione» e «giro in bicicletta». «Gioco e mi diverto», la modalità più frequente, è stata indicata prevalentemente dai più giovani e sono anche i più giovani a scegliere di più la modalità «leggo i fumetti» (8,8%); i preadolescenti hanno indicato maggiormente le modalità «ascolto musica» e «esco con gli amici». Rispetto alla variabile «sesso» i maschi girano di più in bicicletta, praticano uno sport e vanno alla sala giochi, mentre sono le femmine che in prevalenza ascoltano musica, studiano e guardano la televisione.
    Già da questa prima domanda si nota una differenziazione per sesso ed età rispetto alle attività del tempo libero, che si manterrà per tutte le domande del questionario, evidenziando alcuni tratti comuni ma anche precise distinzioni nel modo di «vivere» questa età da parte dei ragazzi e delle ragazze della diocesi di Fermo; nel corso dell'analisi del questionario queste diversità si distribuiscono in maniera precisa per «sesso» ed «età», mentre non sembrano esserci grosse differenziazioni rispetto alla zona pastorale di residenza.
    Alla seconda domanda: «Con chi trascorri il «tempo libero», 1'83% degli intervistati risponde «con gli amici»; la seconda modalità a raccogliere consensi è «con la famiglia», e questa modalità è stata scelta prevalentemente dalle femmine (primo segnale di una loro maggiore permanenza nell'ambito familiare rispetto ai maschi) mentre i maschi, pur nel basso numero delle risposte (il 9,5%) preferiscono trascorrerlo «da solo fuori di casa». La modalità «con gli amici e col mio gruppo» è scelta prevalentemente dai preadolescenti, cioè dalle età maggiori, segno di un cambiamento di orientamento rispetto agli anni dell'infanzia.
    Il tempo dedicato all'attività sportiva con l'aumentare dell'età sembra diminuire, in quanto alla modalità «fino ad I ora» sono i preadolescenti che danno la maggior parte delle risposte; sicuramente sono i maschi a praticare attività sportive più delle femmine, in quanto queste concentrano le loro risposte nella modalità «fino ad 1 ora» mentre i maschi indicano maggiormente «tra 2 e 3 ore» e «più di 3».
    L'attività di gruppo, anche se diffusa, come risulta dalle domande della sezione corrispondente, non sembra impegnare molto il tempo degli intervistati; tenendo presente che il 36% delle risposte indica «fino ad 1 ora», man mano che cresce l'età aumenta anche la partecipazione alla vita di gruppo, in quanto sono soprattutto i preadolescenti che indicano «più di 3 ore» in maggior quantità rispetto alle altre età.
    La centralità e l'importanza della famiglia e dello stare con i familiari, elemento che risulta presente in tutto il questionario come tendenza generalizzata, è dimostrato dal 43% delle risposte alla domanda su questo tema; sono soprattutto le femmine che hanno ancora nella famiglia un punto di riferimento certo, anche se questa differenziazione per sesso pone la questione del modo non sempre gratificante per le femmine di stare/rimanere a casa.
    Il tempo dedicato a stare con gli amici è invece abbastanza ampio: il 30% indica «2-3 ore», oltre il 30% indica «più di 3 ore», ed è proprio questa la modalità in cui si concentrano maggiormente i ragazzi più grandi, segno di una evoluzione anche nel rapporto interpersonale e nelle relazioni sociali, nella ricerca di un maggiore contatto con i coetanei.

    Gli altri, l'amicizia

    Quasi il 70% degli intervistati dice di trovarsi bene con gli altri; sono soprattutto i preadolescenti, e questo indica un ulteriore elemento significativo in quanto si riscontra, all'aumentare dell'età, un progressivo bisogno e desiderio di entrare in relazione con gli altri; questo grazie anche ad una maggiore fiducia in sé e ad una più precisa consapevolezza della propria identità personale. Quindi più cresce l'età, più i preadolescenti acquisiscono, rispetto agli anni che vanno dagli 8 agli 11, una maggiore sicurezza, si accettano di più, sembrano essere più sereni con se stessi e con gli altri, e riescono così ad avere rapporti con gli altri sufficientemente gratificanti.
    I ragazzi della diocesi di Fermo si incontrano prevalentemente con gli amici a scuola (nel 40% dei casi), fuori in strada (29,35%), a casa loro o degli amici. Rapportando questa domanda con la variabile «sesso», risulta che le femmine si incontrano prevalentemente a scuola o nelle case, mentre i maschi nelle palestre, al campo sportivo o nei bar. Una differenza c'è anche rispetto all'età: i più giovani si vedono a scuola, mentre «fuori» è per i ragazzi di età maggiore il luogo privilegiato. Indagando tra le attività realizzate con gli amici, la risposta prevalente è «giochiamo e ci divertiamo», indicata dal 63% dei giovani intervistati; in questa risposta è discriminante la variabile età, in quanto sono i più giovani a privilegiare questo tipo di risposta. La seconda attività svolta con gli amici è «andiamo in giro», risposta data dal 42% dei soggetti, poi, nell'ordine: «parliamo di tante cose», «facciamo i compiti» e «facciamo sport».
    Confrontando queste risposte con la variabile sesso di chi ha risposto, si nota una netta distinzione: c'è una prevalenza delle femmine rispetto alle modalità «facciamo i compiti», «parliamo di tante cose» e «parliamo dei nostri problemi», e una prevalenza dei maschi rispetto alle modalità «pratichiamo sport», «parliamo di musica e sport», «curiamo i nostri hobbies».
    Questa è un'ulteriore conferma della differenziazione tra i sessi rispetto ai modelli educativi e comportamentali relativi; ci si trova forse di fronte a degli stereotipi, ad una situazione che in qualche modo poteva essere prevista, ma sicuramente queste modalità di comportamento sono presenti e corrispondenti a modelli di vita e di comportamento profondamente radicati nella «cultura quotidiana» e ormai standardizzati anche nella diocesi di Fermo a questa età: la femmina legata a schemi più intimi e familiari, il maschio più proiettato all'«esterno», con modalità espressive corrispondenti: verbali e riflessive per le une, corporee e concrete per gli altri.

    Vita associativa e di gruppo

    Abbastanza alta risulta la percentuale degli intervistati che partecipano a qualche gruppo o associazione (68,4%) e sono in maggioranza i ragazzi più grandi; risulta che sono le femmine a partecipare di meno dei maschi alle attività di gruppi e aggregazioni.
    Possiamo indicare come attendibile una cifra di circa 200 soggetti tra i 1400 intervistati che effettivamente non partecipano ad alcuna attività di gruppo, mentre sono circa 250 i soggetti che partecipano in maniera saltuaria ed episodica a tali attività. Questo elemento, se da un lato è abbastanza positivo perché indica una partecipazione ampia della fascia d'età infanzia e preadolescenza nella diocesi di Fermo ad attività di gruppo, evidenzia anche una quota di soggetti che non partecipano ad alcuna attività di gruppo, proprio in una fase della vita della persona in cui diventa importante e decisivo avere relazioni amicali e di gruppo significative ed intense.
    Rispetto alla tipologia dei gruppi a cui si partecipa, si concentra la maggioranza delle risposte nei «gruppi sportivi» e in quelli «educativo-formativi», entrambi con il 42% delle risposte. Si riscontra una percentuale complessiva che supera il 100% perché chi ha risposto ha indicato più gruppi; però i ragazzi di queste fasce d'età della diocesi di Fermo sembrano essere in controtendenza rispetto alle rilevazioni fatte dalle più recenti ricerche sul campo in quanto, almeno in questa fase, non sembra essersi attivato quel processo di pluri-appartenenza ai gruppi che invece sembra caratterizzare l'età dell'adolescenza e della giovinezza. In questa età si ha l'impressione che i ragazzi partecipino prevalentemente ad un solo gruppo più o meno organizzato; sono i maschi che partecipano di più ai gruppi sportivi, mentre le femmine concentrano le loro risposte sui gruppi educativo-formativi e sui gruppi artistici (teatrali o cori).
    La maggior partecipazione ai gruppi da parte dei maschi rispetto alle femmine è dovuta probabilmente a fattori «culturali», che rinviano ai modelli di uomo e donna tuttora dominanti nella nostra società, con una divisione dei ruoli, delle funzioni, dei compiti che trovano ancora, nonostante tutto, nella «famiglia» un preciso garante.

    Te stesso

    È stato chiesto ai ragazzi della diocesi di Fermo di indicare «quali erano le proprie qualità» e «quali i propri difetti».
    Rispetto alle «qualità», gli intervistati si sono espressi con una media di 2,6 scelte ognuno, un valore abbastanza alto, segno o della volontà di presentarsi positivamente o di una «facilità» nell'esprimere giudizi positivi anche se generici. Certamente la «qualità» che è più presente nei soggetti intervistati è la «simpatia» col 52%, seguita dalla «socievolezza» col 37%, della «sincerità» col 35% e dall'«intelligenza» col 34%.
    I ragazzi della diocesi di Fermo affermano di non avere molti «difetti», in quanto le risposte alla domanda in media sono «soltanto» 1,8 per ognuno, e anche questo elemento può avere almeno due spiegazioni (naturalmente giustificabili con l'età): da un lato la mancanza di esperienza a realizzare una analisi introspettiva e dall'altro la tendenza a riproporre i giudizi negativi di altri, dei genitori e degli insegnanti, piuttosto che esporre proprie valutazioni.
    I difetti maggiori sembrano essere la tendenza «a dire bugie», dove sono i maschi a prevalere, ad «essere disubbidienti» e la «poca disponibilità».
    Si individuano leggere differenziazioni anche rispetto all'età, perché la modalità «ingenuo» è quella che raccoglie maggiormente i consensi dei ragazzi che hanno un'età più adulta; si ha quasi l'impressione che la «scoperta» del mondo esterno alla famiglia come luogo fortemente diverso ed in qualche modo inquietante, contribuisca alla consapevolezza del non essere pienamente attrezzati all'incontro col mondo stesso.
    Una domanda che si è rivelata centrale è quella che chiede «se sarebbe stato amico di se stesso se fosse stato un altro ragazzo». Sicuramente la percentuale di chi risponde «sì» è alta con quasi il 90% delle persone; sono in maggioranza i ragazzi più grandi, e questo è un segnale della fatica maggiore che fanno i più piccoli ad esprimere una valutazione che implica un pensiero puramente ipotetico e per loro irraggiungibile.
    La riflessione maggiore riguarda però i soggetti che hanno risposto «no» a questa domanda: il 10% risponde «no» oppure non risponde, e rappresenta indubbiamente un'area «a rischio» rispetto ai problemi del disagio, della difficoltà di inserimento e di socializzazione anche in queste fasce d'età. Questa percentuale del 10% di «soggetti problematici» si trova, anche se chiaramente potranno non essere gli stessi ragazzi, anche in altre domande, non ultima quella che riguarda la partecipazione a gruppi ed attività sportive, dove la percentuale di risposte negative arriva a circa 200 unità; è da verificare, ma è probabile che ci sia un rapporto tra coloro che «non partecipano ad attività di gruppo» e coloro che «non sarebbero amici di se stessi».
    Il dato rilevato è analogo a quello di ricerche su base nazionale centrate sulla adolescenza o la giovinezza. Da questo elemento vengono alcune importanti indicazioni: c'è una percentuale significativa dell'infanzia e della preadolescenza della diocesi di Fermo che dimostra più esplicitamente la problematicità di vivere questa età e che quindi richiede un'attenzione particolare; naturalmente non c'è nessun elemento per stabilire una relazione causale certa tra questa fascia «a rischio» attuale e i giovani problematici che caratterizzeranno l'universo giovanile della diocesi di Fermo nei prossimi anni, ma le radici del disagio e della devianza sembrano trovarsi in questa fase d'età e più propriamente nel passaggio, pur diversificato per ognuno e generalizzabile in un «momento», tra infanzia e adolescenza.
    La dimensione del disagio, pur se esplicitata solo da una percentuale limitata dei soggetti intervistati, costituisce una componente reale e presente nella vita di ognuno (adulto, giovane, anziano e quindi anche bambino o preadolescente) e non va rimossa e negata ma affrontata correttamente per rimuoverne le cause.
    Si delinea come sia in questo «guado», in questo «passaggio» di abbandono di una «riva» certa e sicura e di incertezza sulle possibili alternative di approdo che necessita un intervento corretto ed adeguato; troppo spesso si reputa poco importante per le conseguenze sulla vita futura questo momento della crescita. Questo chiama in causa la famiglia, luogo privilegiato di socializzazione che, per il ruolo decisivo che ancora gioca nel «mondo» di questi bambini, può costituire, se opportunamente sostenuta, una risorsa insostituibile, vecchia e nuova al tempo stesso, per la crescita.

    Famiglia

    L'importanza e la centralità che la famiglia riveste per questi ragazzi della diocesi di Fermo viene ribadita dalla domanda in cui il 66% dei ragazzi afferma che «piace molto vivere in famiglia»; in questa modalità prevalgono i maschi. La seconda modalità di risposta è «a volte sì e a volte no» e in questa si riscontra una prevalenza abbastanza marcata delle femmine. Il dato si può ricollegare alla tendenza, riscontrata precedentemente, a rimanere più tempo tra le mura domestiche da parte delle femmine rispetto ai maschi, con la maggiore possibilità che si instauri un rapporto più difficile e a volte conflittuale tra le femmine e la famiglia, soprattutto rispetto alla salvaguardia delle proprie aspirazioni e delle proprie esigenze di socializzazione.
    Rispetto all'età degli intervistati, si hanno indicazioni su come si evolvono i temi della discussione in famiglia e quindi anche indirettamente il rapporto tra genitori e figli. Mentre sono i più giovani che indicano in maggioranza il tema del «lavoro dei genitori», i ragazzi più grandi rispondono che si parla di «persone e amici frequentati», dell'«impegno scolastico» e del «modo di vivere in generale». Si nota una progressiva «proiezione verso l'esterno» delle tematiche dibattute in famiglia.
    Della famiglia piace la «tranquillità» nel 25% dei casi, indicata prevalentemente dai più giovani, poi l'«unità» per il 23,6%; la «serenità» è indicata dal 19%.
    Per quanto riguarda i problemi della famiglia, un 22% non risponde e questo può significare che non vi sia alcuna difficoltà, sottolineando il ruolo positivo che comunque la famiglia svolge; oppure (la modalità «non risposto» è stata indicata soprattutto dai più giovani) confermare quanto detto a proposito dei limiti delle capacità personali: che cioè questi ragazzi, essendo ancora fortemente «eterodiretti», non possiedono gli strumenti culturali di analisi, di confronto necessari per stabilire «cosa non va». Nelle risposte dei ragazzi più grandi prevalgono le modalità «non mi sento capito» o «i genitori comandano troppo». Le femmine rispondono di più con «non mi sento capita» o «non si parla mai insieme» e sono ancora loro che prevalgono nella modalità di non risposta.

    Scuola

    Si riscontra un'alta concentrazione di giudizi positivi riguardo ai propri insegnanti che sono «comprensibili ed amichevoli» nel 40,9% delle risposte, «bravi e preparati» in un ulteriore 38%, con una prevalenza, in questo secondo caso, da parte delle femmine. Lo stesso succede per il giudizio sui compagni di scuola che sono «simpatici» per il 57% delle risposte (in questo prevalgono i maschi e soprattutto quelli di maggiore età), «buoni amici» per il 20% (sono a indicarlo soprattutto le femmine), «socievoli» per 1'11,4%.
    Se si sommano le risposte negative riguardanti la domanda sugli insegnanti, si ha una percentuale di circa il 19% dei soggetti intervistati che li considera «ingiusti», «poco rispettosi», «severi» e una quota di circa l'8% di ragazzi che giudica i compagni di scuola «antipatici», «scontrosi» o «cattivi». Queste pecentuali possono rappresentare, anche se in maniera indiretta, una conferma dell'ipotesi precedentemente espressa secondo la quale un'area «a rischio» tra questi ragazzi dagli 8 ai 13 anni della diocesi di Fermo può essere identificata in circa 1'8-10% del totale. Non è una percentuale esigua se si pensa che nella realtà corrisponderebbe a circa 1.700 ragazzi dell'intera diocesi di Fermo, dagli 8 ai 13 anni, che fanno fatica ad avere un rapporto equilibrato con il mondo esterno alla famiglia, con la società, sia rispetto al giudizio che gli altri possono avere su di loro, sia rispetto alla correttezza, alla utilità e alla gratificazione dei rapporti interpersonali con i coetanei che con gli adulti (compresi insegnanti ed educatori).

    Parrocchia

    A questa età è ancora significativa la quota di ragazzi che frequentano la parrocchia: dal 52% la parrocchia viene frequentata «spesso», e sono soprattutto le femmine L'86% può rappresentare una percentuale quantitativamente soddisfacente; ma se si valuta l'età dei soggetti presi in considerazione, si nota come questa comprenda sia l'età della prima comunione che quella del catechismo per la cresima, due sacramenti che riguardano praticamente la totalità dei minori nella diocesi di Fermo, se non altro per tradizione e abitudine; oltre a ciò, in molti casi, per questa fascia di età la parrocchia, soprattutto in paesi dall'entroterra, rappresenta l'unico punto di aggregazione.
    Certamente emerge un nucleo di persone già lontane o non raggiunte, fra quelle intervistate, che costituiscono una quota del 12%.
    Elementi problematici della frequenza alla parrocchia riguardano i «motivi» della partecipazione alla vita parrocchiale, in quanto il 61% delle persone intervistate, in maggioranza le femmine e i ragazzi più grandi, indica «mi aiuta a crescere»; per un 10% prevale il motivo «per passare il tempo», che indica la parrocchia come una valida alternativa ai modi di trascorrere il tempo libero oppure, in qualche caso, l'unica possibilità di uscire di casa, di «divertirsi» nei luoghi di residenza dei ragazzi.
    Individuando le differenziazioni per «sesso» nella domanda sulle attività parrocchiale preferite, risulta che le femmine privilegiano gli «incontri con il gruppo» e il «coro», attività che confermerebbero la dimensione più personale, relazionale, interpersonale, già evidenziata; i maschi invece dimostrano predilezione per attività che esaltano la dimensione corporea, concreta, espressiva.
    La stessa distinzione va fatta per le fasce d'età per cui i più giovani indicano il «catechismo», la «messa» e i «momenti di preghiera», anche perché sono più collegati con la loro età e al momento sacramentale della comunione; i più grandi preferiscono «giochi e tornei», «incontri con il proprio gruppo» e «campi scuola estivi e ritiri», facendo prevalere la dimensione più relazionale e più collegata al tempo libero, segno premonitore di un prender le distanze dalla parrocchia e dalle tematiche specificamente collegate con la fede, e in ogni caso di un urgente ripensamento del senso di appartenenza all'ambiente parrocchiale.
    Secondo il 52% del totale, in maggioranza i maschi e i più giovani, la parrocchia aiuta il ragazzo a «credere in Dio»; per il 19% la parrocchia aiuta «a crescere», ed è principalmente indicata dalle femmine e dai ragazzi più grandi. Queste risposte sono indicative dell'atteggiamento fondamentalmente corretto dei ragazzi che percepiscono la funzione della parrocchia e che delineano, all'aumentare dell'età, il modo in cui cambia la concezione della parrocchia; sono elementi utili per interpretare quali interventi pastorali attivare in questo senso, per evitare la «fuga dalla parrocchia», caratteristica degli anni immediatamente successivi a quelli considerati dall'indagine.
    Il dato sulla frequenza alla messa da parte dei ragazzi di questa fascia d'età è molto significativo, però incongruente con i risultati di una ricerca, svolta contestualmente a questa, sempre da parte dell'associazione RES, sulla frequenza alla messa domenicale nella diocesi di Fermo.
    Tra le motivazioni che spingono ad andare a messa, l'indicazione «è un mio dovere» vede la percentuale più alta, seguita da «voglio essere un buon cristiano» con il 31% dei casi, indicato maggiormente dalle ragazze e dai ragazzi di maggiore età; per la modalità «mi ci mandano i miei genitori» prevale invece il sesso maschile.

    Problemi e valori

    Le esigenze avvertite come le più importanti dai ragazzi tra gli 8 e i 13 anni della diocesi di Fermo, sulla base dei dati raccolti, sono nell'ordine: «credere in Dio» per il 48%, «divertirmi» per il 42%, «sapere e conoscere le cose», «amare», «voler bene a qualcuno» per il 31%, «stare in un gruppo di amici» per il 30%. La scelta della risposta «credere in Dio» e anche le risposte alle domande successive sono fornite in prevalenza soprattutto dai più piccoli della fascia considerata.
    I più grandi indicano tra le esigenze più importanti «stare in un gruppo di amici», «amare, voler bene a qualcuno» (sono soprattutto le ragazze) e «riuscire nella vita», segno di una proiezione in un futuro più sociale; nella risposta «divertirmi» sono i maschi che prevalgono.
    Tra le cose più importanti nella vita per i ragazzi intervistati, al primo posto c'è 1'«amore» con il 63% delle risposte (prevalgono femmine e ragazzi di età maggiore), poi «fede religiosa» e «famiglia», rispettivamente col 46,5 e il 46,7% (scelta privilegiata dalle ragazze), con il 31% la «cultura», l'«istruzione» e «gli amici».
    Considerate le molte possibilità di risposta alla domanda su «cosa è importante nella vita», risulta indicativa la concentrazione delle risposte: 1'87,8% di esse si raccoglie in 7 modalità, nell'ordine: 1'«amore», la «fede religiosa» e la «famiglia», «stare insieme agli amici», la «cultura e l'istruzione», il «lavoro» e lo «sport». Quello che è il «futuro», quello che l'«impegno sociale», la «fantasia», raccoglie pochissimi consensi; e questo può, tra gli altri motivi, essere causato dal fatto che in questa età non si sono ancora sviluppate delle modalità autonome di pensare al futuro e quindi i criteri principali che orientano le proprie scelte sono ancora quelli stabiliti dalle agenzie di socializzazione prevalenti e cioè soprattutto: famiglia, scuola e chiesa.
    Anche per quanto riguarda le «preoccupazioni maggiori», sembra che le risposte dei ragazzi intervistati ricalchino dei modelli comprensibili sia per il «fattore età» che per la dimensione di una «normalità» standardizzata dai mass-media e dalle convinzioni dominanti; la preoccupazione maggiore dei ragazzi è la «scuola» per il 43,2%, seguita da «droga» (39%) e «violenza» (31 %).
    Si presentano alcune differenziazioni rispetto alla variabile sesso, in quanto per i maschi le preoccupazioni maggiori sono la «scuola», il «fumo», lo «sport», mentre per le femmine l'«amicizia» e per le età maggiori del campione si ritrovano la «scuola», l'«amicizia» e il «ragazzo/a».
    Le risposte in qualche modo «stereotipate» sul modello degli adulti significativi per questi ragazzi riguardano anche i problemi del mondo che preoccupano di più. Più che stereotipi in effetti si può parlare di «idee prevalenti» nell'ambiente di vita dei ragazzi, di modelli di riferimento dominanti, e quindi di risposte quasi scontate rispetto a quelli che sono i modelli di comportamento «normali» della nostra società. Il problema del mondo che preoccupa maggiormente è la «droga» col 67% dei casi, seguito dalla «fame nel mondo» e dal «terrorismo»; dalla «distruzione dell'ambiente» e dalle «guerre». Il fattore «violenza» è indubbiamente abbastanza importante, al terzo posto tra le preoccupazioni maggiori, mentre per questa stessa domanda abbiamo il 33% del «terrorismo» e un 23% delle «guerre»; anche la risposta «droga» (con il 67%) ha una connotazione di violenza; però non abbiamo un alto valore della modalità «delinquenza», per cui sembra prevalere una dimensione di violenza «ampia», senza una connotazione specifica. Lo stesso richiamo al «terrorismo» da parte di ragazzi che non hanno vissuto direttamente il periodo più triste ed intenso di quel fenomeno (e lo stesso si può dire, per altri versi, della «fame del mondo») indica come le risposte risentono di un'influenza della famiglia, della scuola e più in generale di un mondo adulto che in questa età condiziona ancora le scelte e che per questo dovrebbe interrogarsi sul tipo e sulle modalità di proposta educativa che viene fatta a questi ragazzi.
    Quest'ultima domanda che pone in evidenza la «dipendenza» di questa età dal mondo adulto deve richiamare l'attenzione sull'importanza della «espressività» per questa fase della crescita della persona; nel passaggio, tra infanzia e adolescenza, c'è un'esigenza profonda di ricercare una propria autonomia anche di contenuti; c'è un'ansia e una ricerca di codici di comunicazione proprie e di una modalità, pur se differenziata per sesso, di relazione rispettosa della propria individualità.
    Aiutare questi ragazzi a sviluppare la propria espressività, più corporale e manuale per i ragazzi e più riflessiva ed interiore per le ragazze, senza cadere negli stereotipi dei ruoli sessuali, rappresenta un obiettivo da non dimenticare.


    T e r z a
    p a g i n A


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