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    Da progetto a sistema: l’esperienza del progetto giovani a Forlì


     

    A cura di Roberto Maurizio

    (NPG 1890-09-58)


    GLI INIZI

    L'anno di nascita è comune a quello di altre città: il 1977. Ma mentre altrove il clima arroventato della protesta di quel periodo giocò negativamente sulla possibilità di sviluppo di Progetti Giovani (l'incomprensione del fenomeno, la radicalità della contestazione, lo strumentalismo di certe proposte), a Forlì si poté sviluppare da subito un rapporto costruttivo fra la città e i suoi abitanti.
    Il progetto nacque realmente con l'apporto della «base»: un gruppo di studio, composto da giovani non aderenti a partiti politici, elaborò un documento che costituì poi la base della deliberazione comunale.
    Le osservazioni partono da uno studio del tempo libero così come i giovani lo trascorrono: emerge un quadro preoccupante, fatto di passività, di assuefazione, di accettazione acritica di quanto offre il «mercato». L'inchiesta mette in evidenza la mancanza di servizi specifici per i 15-25enni, la disoccupazione che non si risolve con il prolungamento della scolarizzazione.
    I risultati del lavoro vengono dibattuti nei quartieri, in consiglio comunale, in un convegno: ma se c'è la possibilità di condividere i dati di partenza, non è altrettanto facile elaborare una linea comune fra le diverse forze sociali e politiche. Cosa si deve intendere per «progetto» risulta alla fine essere la risposta alla domanda di organizzazione del tempo libero dei giovani.
    La scelta strategica che il Comune assume nel 1980 è quella di ancorare le iniziative alle circoscrizioni: attraverso queste istituzioni, la comunicazione fra ente pubblico e popolazione giovanile dovrebbe trovare una strada più agevole.
    Il progetto vuole reagire al senso di estraneità e di disaffezione verso la cosa pubblica, e intervenire preventivamente contro l'emarginazione.
    Le buone intenzioni, cui è seguita una fase di buone realizzazioni, si sono però dovute confrontare con l'impermeabilità del «sistema Ente pubblico»: non tutti i settori dell'amministrazione comunale hanno avuto parte nell'attuazione del progetto.

    Cinque centri più due

    Sono sorti dunque dei centri, cinque sparsi per la città. Allo stesso tempo, per evitare la genericità dell'intervento e l'omologazione delle esperienze, si è data a ciascun centro una specializzazione.
    Teatro, viaggi, musica, immagini, arti sono gli assi portanti delle attività: fra di esse devono svilupparsi intrecci ed iniziative comuni, di modo che la città nel suo insieme possa avvalersi della pluralità di proposte.
    L'organizzazione delle strutture nelle intenzioni si deve articolare su doppio binario: il primo, detto «a porta aperta», è destinato a offrire momenti di prima socializzazione, a diffondere informazioni; il secondo, detto «a porta chiusa», abilita gruppi strutturali all'uso dei locali e degli strumenti in maniera semi-professionale.
    La delibera del Comune stanzia 120 milioni per la gestione dei centri (anno 1980): complessivamente per le iniziative nel campo delle attività socio-culturali e del tempo libero per i giovani la spesa prevista è di 250 milioni.
    Si distingue - da altre città - la consistente attenzione al problema delle risorse umane: la delibera istitutiva dei centri fa esplicito riferimento alla professionalità di tipo «educativo» richiesta agli operatori dei centri. A questa attenzione fa da contrappunto quella per il coordinamento: quello politico fa capo all'Assessorato al decentramento, quello tecnico a funzionari comunali. A livello di circoscrizione i centri vengono affidati all'amministrazione di zona, che deve dar vita ad un comitato in cui siano rappresentati gli utenti.
    Il Progetto di Forlì non solo ha mantenuto le promesse ma le ha superate: oltre ai cinque previsti, ne sono nati altri due. Anch'essi sono «specializzati»: ecologia e ambiente, artigianato e bricolage.
    Concretamente, la gestione dei centri è stata affidata a cooperative: queste forniscono un operatore tecnico, per ciascun centro, che si coordina con quello politico nominato dalla circoscrizione.
    La diversità dei centri ha determinato una diversificazione dell'utenza anche su base d'età: quello dei viaggi, ad esempio, ha visto la prevalenza di quindici-diciottenni. Più fine la differenziazione rilevabile sulla base del sistema «porta aperta - porta chiusa»: il centro teatrale ha più di ogni altro integrato le due fasi di funzionamento, costituendo l'aggregazione spontanea di persone che si sono poi coagulate in gruppi di lavoro.
    Le buone disponibilità che hanno costellato lo sviluppo dei centri si sono manifestate anche sul piano dei rapporti con le agenzie educative del territorio: iniziative in collaborazione con le scuole, apertura delle attività a gruppi di studenti. Meno ricco invece il dia- logo con l'associazionismo tradizionale: il Progetto infatti ha voluto privilegiare le aggregazioni di piccole dimensioni, legate al territorio.

    Effetto macchia d'olio

    Se si leggono i bilanci degli anni dal 1980 al 1984, si trovano valori costanti (salvo il raddoppio del secondo anno rispetto al precedente), con una tendenza all'incremento consolidatasi con i 290 milioni del 1984.
    A fare crescere la spesa non è tanto l'aumento dei costi, ma lo sviluppo - a partire dai centri - di proposte più articolate nell'ambito della città.
    È stato dato vita ad un notiziario informativo («Parlare giovane»), si sono organizzati dibattiti, convegni, seminari sui temi dell'animazione, del volontariato, della protezione civile, della prevenzione.
    È stata costituita una consulta del volontariato con l'intenzione di suscitare maggiori contatti fra le diverse organizzazioni.
    Merito del Progetto di Forlì è anche la disponibilità a farsi «sezionare» da esperti esterni: un'équipe di ricercatori dell'Università di Bologna periodicamente ha dato interpretazioni scientifiche e stimoli culturali.

    DA PROGETTO A SISTEMA

    La delibera del 7 giugno 1984 fa compiere un passo ulteriore al Progetto Giovani, facendolo divenire un «sistema aperto».
    Con la premessa di voler superare i limiti delle esperienze precedenti, anche gli obiettivi generali vengono ride- finiti.
    Le priorità devono essere definite in base ai bisogni: e questa è una consapevolezza che il cartello di proposte non deve nascere tanto dalla fantasia degli esperti e degli operatori, ma dalla lettura attenta del territorio. Su questa linea diventa irrinunciabile il ricorso alle «risorse» esistenti, sia nelle istituzioni, sia nel «privato sociale», sia nelle organizzazioni giovanili.
    Il progetto-sistema definisce quattro direttrici: i centri giovanili sono stati ridefiniti in base all'area di interesse: artistica, linguistica o scientifica. Ciò ha comportato una riduzione dei centri e - in concomitanza con la ridefinizione dei confini delle circoscrizioni- alcuni sbilanciamenti nella distribuzione nel territorio.
    Complessivamente questo non ha creato però dei difetti al «sistema», al punto che le iniziative si sono incrementate.
    La modalità principale di lavoro è stata l'organizzazione di corsi, conclusisi spesso con la produzione di materiali video, musicali, artigianali. La partecipazione è prevalentemente individuale, e ciò pone in maggiore evidenza la modalità di rapporto definita «a porta aperta».
    I centri di aggregazione per adolescenti si sono realizzati trasformando tre strutture dell'amministrazione comunale e ampliando il numero degli animatori in convenzione.
    In ogni centro è inserito un animatore, diretto a distanza da un comitato di gestione. Corsi, stages, spettacoli, itinerari nella città, incontri, visione di programmi televisi, musica sono le attività che hanno preso vita, sebbene si siano accumulati molti problemi organizzativi. La lunga durata di alcune iniziative ha permesso un rapporto continuativo con gli utenti. L'attenzione mirata agli adolescenti ha avuto un riscontro positivo nel fatto che è stata capace di aggregare anche ragazzi: questo anche attraverso un buon rapporto, in alcuni casi, con le scuole medie inferiori ed elementari di zona. I centri hanno generalmente mantenuto l'apertura pomeridiana con alcune aperture serali per progetti particolari, o di mattina, per iniziative con la scuola. I centri di aggregazione nell'ipotesi originaria dovevano configurarsi come una rete di punti educativi nella città, sia pubblici che privati.

    A tutto campo

    Nel marzo 1985 si è aperto il centro di informazioni, uno sportello aperto al pubblico mezza giornata, che alle spalle ha un ufficio che a tempo pieno elabora le notizie e i programmi di interesse.
    Significativa, e in certo modo inaspettata, la richiesta di informazioni sulle possibilità di impegno nel volontariato. Ciò ha portato alla istituzione di momenti fissi di consulenza nei settori dell'handicap, dell'ambiente, delle tossicodipendenze, della protezione civile, gestite da rappresentanti di organizzazioni di volontariato.
    Positivo infine il ruolo di riferimento per le attività dei diversi centri istituiti dal Progetto Giovani, con una moltiplicazione delle capacità di ricezione e di trasmissione delle esigenze.
    Il rimando alle organizzazioni di volontariato sopra accennato si sviluppa in maniera più completa nell'ambito del forum, l'organismo che raggruppa circa cinquanta organizzazioni di diversa natura. La raccolta delle espressioni di base non ha potuto dispiegare ancora i suoi effetti, essendo stato necessario definire Io statuto del forum stesso.
    Onere che si è presentato più complesso del previsto, determinando un rallentamento notevole dello sviluppo del forum.
    Il centro stampa, regolarmente avviato dopo l'apertura del centro d'informazioni, è diventato un punto di riferimento per tutte quelle realtà associative che non dispongono di strumenti propri per la stampa di manifesti e volantini.
    Per razionalizzare i finanziamenti alle associazioni, si è proceduto ad individuare alcuni criteri per l'erogazione dei contributi in funzione di progetti e non genericamente rispetto all'attività del gruppo. Da ricordare tra l'altro che il Comune ha inteso riconoscere i gruppi informali attraverso una procedura amministrativa che si svolge presso gli uffici dell'anagrafe del Comune: ciò dà diritto all'accesso ai finanziamenti.

    Il «Progetto» si evolve

    I Centri Giovanili sono passati da un numero di sei a quattro (scienza ed ecologia - teatro - immagine - musica) con un aumento del budget complessivo dagli 84 milioni dell'85 ai quasi 115 dell'86. Il modello di riferimento organizzativo (Comitati di gestione a partecipazione mista) e di rapporto con l'utenza (porta aperta/porta semiaperta/ porta chiusa) non ha subìto trasformazioni. Per quanto riguarda il personale, ogni centro dispone di un animatore professionale grazie alla convenzione vigente fra il Comune e quattro diverse cooperative. È prevista inoltre la possibilità di utilizzare consulenti o collaboratori esterni per la realizzazione di particolari iniziative o attività.

    I Centri di Aggregazione per Adolescenti, come nell'84, sono ancora tre, per un budget complessivo portato a 106 milioni per il 1986. Il modello di riferimento organizzativo e di rapporto con l'utenza è rimasto simile a quello dei Centri Giovanili, fatto salvo, ovviamente, il diverso ruolo dell'animatore (uno per ogni centro, talvolta affiancato da un obiettore di coscienza) in rapporto ad un'utenza molto meno autonoma.
    Anche nel caso dei centri di aggregazione per adolescenti è previsto il possibile ricorso a collaborazioni esterne per l'attivazione e la gestione di singole iniziative.

    Il Centro d'Informazione, ad ormai quasi tre anni dall'apertura al pubblico si presenta come una realtà consolidata, all'interno della quale sono impegnati un dirigente coordinatore funzionario comunale, tre animatori di cooperative convenzionate affiancati mediamente da uno o due obiettori di coscienza.
    Il servizio di sportello per il pubblico rimane aperto mediamente mezza giornata per cinque giorni alla settimana, con una media quotidiana di circa 20 richieste concentrate prevalentemente sui settori della scuola, dell'occupazione, delle vacanze. Oltre ai tre settori menzionati, il centro è in grado di of frire informazioni sui temi del volontariato, dello sport, della cultura e della vita sociale. L'utenza è composta soprattutto da studenti delle medie superiori ed in parte da giovani in cerca di lavoro. Il tentativo, avviato verso la fine dell'85, di organizzare presso il centro dei momenti stabili di consulenza sul tema del volontariato mediante il coinvolgimento dell'associazionismo non è proseguito poiché, dopo una fase di grande interesse iniziale, le richieste si sono sempre più rarefatte fino a rendere superfluo questo tipo di supporto. La pubblicazione del periodico «Parlare giovane» è stata sospesa dopo i primi numeri.
    Il centro, infine, mette a disposizione delle associazioni giovanili un laboratorio di stampa ed uno per la produzione di materiale audiovisivo. Per lo svolgimento della propria attività di raccolta e di redistribuzione delle informazioni, il centro si avvale inoltre di alcune collaborazioni individuali, ed è attualmente al vaglio l'ipotesi di istituire anche presso questo centro un Comitato di Gestione analogo a quello dei Centri Giovanili.

    Il Forum delle Associazioni giovanili. Questo organismo, creato allo scopo di favorire l'interscambio fra Ente locale e associazionismo giovanile, non è riuscito a decollare, tanto è vero che dopo le elezioni amministrative dell'85 non è più stato convocato Rimangono tuttora irrisolti i problemi inerenti alla definizione dello statuto e del regolamento, ma soprattutto non è stato condotto nessun serio sforzo per la determinazione del ruolo e del significato del forum all'interno del Progetto Giovani. In questo senso la prospettiva di superamento dell'attuale situazione di stallo pare orientarsi verso l'attribuzione al forum della competenza decisionale in ordine alla ripartizione dei fondi di sostegno all'associazionismo giovanile e del ruolo di «coscienza critica» del Progetto.
    Nata all'interno del Progetto Giovani, la Consulta del Volontariato è andata progressivamente automatizzandosi fino al punto da perdere praticamente ogni contatto con il quadro complessivo del Progetto. Ad essa prendono parte circa 50 associazioni, gruppi e cooperativa di solidarietà sociale, delle quali però solo una decina partecipa attivamente alla sua gestione.
    Un'attenzione particolare spetta infine al recente avvio di un intervento sperimentale a favore dell'occupazione giovanile mediante la elaborazione di un progetto impostato secondo gli stessi criteri di Progetto Giovani.
    Si tratta del SILOG (= sistema locale per l'occupazione giovanile), la cui competenza è stata affidata all'apposito assessorato ai problemi del lavoro e dell'occupazione giovanile creato appositamente con la costituzione dell'ultima Giunta nel luglio del 1986.
    Non si tratta qui di esporre le linee portanti di questa nuova iniziativa del Comune di Forlì, quanto piuttosto di evidenziare il problema del suo raccordo politico e tecnico con il Progetto Giovani.
    Nell'intento del suo ideatore - ovvero dello stesso assessore che ha dato vita al Progetto Giovani forlivese - il SILOG nasce come la parte del Progetto Giovani che si occupa in modo specifico dei problemi giovanili legati al mondo del lavoro, e quindi dopo i primi due o tre anni di sperimentazione dovrebbe essere ricondotto all'interno della gestione ordinaria del Progetto Giovani. Ad oggi tuttavia la situazione non appare proprio così chiara, probabilmente per effetto della naturale «effervescenza» che accompagna le fasi iniziali di ogni progetto sperimentale.

    ALCUNE OSSERVAZIONI DI SINTESI

    Come si diceva in premessa, il Progetto Giovani di Forlì - per le sue caratteristiche di continuità e di consistente capacità di realizzazione operativa - si presta all'osservazione di fenomeni evolutivi di grande interesse, non solo rispetto a quella particolare categoria di interventi sociali costituita dai Progetti Giovani, ma anche, in generale, per il più ampio settore delle politiche sociali.
    Guardando alla storia del Progetto Giovani di Forlì si può innanzi tutto analizzare la dinamica di sviluppo di un'iniziativa che sopravvive alle trasformazioni del suo artefice politico. Vale a dire che l'esperienza di Forlì consente di verificare quali ripercussioni sulla pratica operativa sono conseguenti ai cambiamenti intervenuti nell'assetto istituzionale e all'avvicendarsi di diverse persone nel ruolo di referente politico del Progetto.
    Pur nella considerazione del fatto che la situazione attuale si presenta ancora troppo fluida per poter sostenere conclusioni definitive, si può iniziare rilevando come il Progetto Giovani di Forlì abbia ormai acquisito un ruolo sufficientemente definito, in grado di garantirlo nei confronti dei contraccolpi provenienti dai processi di assestamento del sistema politico-amministrativo del quale comunque il Progetto fa parte. Questo significa che gli anni precedenti alle elezioni dell'85 avevano permesso al Progetto non solo di avviarsi ma anche di raggiungere un adeguato livello di indipendenza e di autonomia dalla leadership politica che fino ad allora l'aveva sostenuto ed alimentato.
    Tuttavia, non è solo questa l'ottica da cui guardare all'esperienza forlivese per trarne utili indicazioni.
    Si ricorderà, infatti che il Progetto Giovani di Forlì si è fatto portatore di un modo di operare innovativo, nel tentativo di dimostrare la praticabilità e l'efficacia di un'azione sociale condotta dall'Ente locale secondo criteri di interazione interna e di relazione con il territorio improntati alla logica del coinvolgimento dinamico. A questo modo di procedere si è dato il nome di «strategia delle connessioni», intendendo con questa espressione sostanzialmente due cose:
    - la politica giovanile dell'Ente locale deve muoversi nell'ottica della promozione, della attivazione del coordinamento delle risorse, istituzionali e non, presenti sul territorio;
    - a questo scopo la strategia operativa dell'Ente locale sarà in modo particolare incentrata non tanto sulle singole realizzazioni, quanto piuttosto sul processo che di volta in volta è necessario mettere in movimento per dare corpo a quella data iniziativa. Semplificando all'estremo, si potrebbe dire che, secondo la strategia delle connessioni, vale di più un intervento di modesta portata ma alla cui realizzazione prendono parte molti interlocutori, anziché una grande iniziativa gestita però dalla sola amministrazione comunale.
    Coerentemente a questo disegno politico e operativo, il Progetto Giovani di Forlì ha assunto progressivamente i caratteri di un «sistema aperto».
    Attualmente tale sistema presenta tre livelli di relazioni/interazioni da controllare contemporaneamente nell'intento di orientarli sinergicamente verso la costruzione di proposte a favore dell'utenza giovanile e adolescenziale:
    - le relazioni all'interno del «sistema Progetto Giovani», ovvero le relazioni fra le sue diverse componenti;
    - le relazioni fra il Progetto Giovani e il sistema politico-amministrativo comunale, ovvero il coordinamento con gli altri Assessorati e con le diverse competenze;
    - le relazioni fra il Progetto Giovani e le altre realtà presenti sul territorio, sia di carattere istituzionale (ULSS, Provveditorato, Provincia) sia appartenenti all'area del cosiddetto «privato-sociale» (associazioni).
    Sono tre livelli rispetto ai quali certamente vanno rilevati molti limiti esistenti. Metterli in luce servirebbe a poco, quello che può invece essere utile mettere in evidenza è che i processi messi in atto con l'avvio del Progetto Giovani a Forlì come in altre città hanno riscontrato e riscontrano difficoltà di diversa natura: di natura politica, tecnico-organizzativa, culturale, tecnico-operativa. In linea di massima le reazioni che i Progetti suscitano, in positivo come in negativo, sono simili pur sviluppandosi in contesti diversi. La forza e la capacità del singolo Progetto non sta tanto - a mio modo di vedere - nell'evitare che certe difficoltà si manifestino, ma quanto che queste diventino parte integrante dei processi che vengono sviluppandosi.
    In questo senso a Forlì molta attenzione è dedicata - a diversità di quanto succede in altre città - alla verifica.

     

    NOTA

    La popolazione forlivese ammonta a 110.476 unità, di cui il 52% femmine. Rispetto alle fasce d'età il 3,82 ha tra 11 e 13 anni, il 5,55% tra 14 e 17 anni, il 10,02% tra 18 e 24 anni, e il 6,87% tra 25 e 29 anni.
    Per quanto riguarda le coalizioni politiche, al governo della città dal 1980 ad oggi si sono succedute: PCI-PSI (80-81), PCI-PSI-PRI (81-85), PCI (dal settembre 85), PCI-PRI (dal febbraio 86) PCI-PRI-PSI (dal settembre 86).


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