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    Quale contenuto nella catechesi dei preadolescenti?



    Luciano Meddi

    (NPG 1991-10-22)

    «Poi c'è un'altra cosa che mi crea disagio». «Un'altra?» «Sì. Certe volte il parroco entra in classe quando siamo in gruppo, chiede l'argomento che stiamo trattando e interroga i ragazzi. La settimana scorsa, per esempio, stavamo parlando della confessione e lui s'è messo a chiedere quali sono le cose per fare una buona confessione. I ragazzi non hanno saputo rispondere, e neppure io!».
    «Va bene, sarà la sua mentalità...».
    «No, no, è proprio così. Alla fine del corso, prima di fare la cresima, prende lui i ragazzi per un mese tre volte la settimana e ci rifà il catechismo, quello di S. Pio X, con le domande, perché così, dice lui, è sicuro che i ragazzi sanno qualcosa...».

    IL CONTENUTO NELLA CATECHESI

    L'esperienza di quel mio amico è, forse, un caso limite. Tuttavia può aiutare a comprendere la questione in gioco.
    Perché quel parroco si sente più sicuro dopo aver verificato la conoscenza di alcune informazioni? Perché verifica le conoscenze? Può davvero pensare di aver aiutato i suoi ragazzi a vivere la vita cristiana per il fatto che i ragazzi «sanno»?

    Gli interrogativi di fondo

    Non è poi tanto scontato domandarsi quali siano i contenuti nella catechesi; quali siano da scegliere e se i ragazzi debbano sapere tutto o no. Le diverse e complementari posizioni derivano dalle differenti risposte a tre questioni preliminari.
    La prima riguarda la fedeltà al messaggio inteso come le verità della fede o il deposito della fede. Questa preoc cupazione nasce dalla profonda intuizione che una interpretazione riduttiva della fede non permette al Vangelo di essere annuncio di salvezza e al destinatario della catechesi di maturare l'esperienza cristiana.
    In questo contesto il contenuto oggettivo della fede è pensato come il veicolo o mediazione pedagogica fondamentale: contenuto e metodo coincidono. Il problema dell'adattamento al destinatario è secondario, didattico, di pratica concreta.
    Una seconda attenzione, ancora più forte della prima, riguarda il destinatario. In ogni tempo della chiesa l'annuncio della Parola si deve incontrare con la libertà dell'uomo e non sempre tale incontro è positivo.
    Questa preoccupazione porta a domandarsi cosa aiuta il destinatario ad accogliere l'annuncio; quale parte sia essenziale e quale sia esattamente la proposta da fare.
    In questa seconda riflessione viene recuperata la distinzione tra verità e linguaggio, tradizione e Tradizione, messaggio e cultura, ecc.
    Ancora di più viene studiato il rapporto tra contenuto e metodo. Vengono esplorate le possibilità di recezione del destinatario in modo tale che l'annuncio della fede possa essere accolto come messaggio di salvezza. Particolare attenzione viene posta ai livelli di capacità conoscitiva secondo gli studi e le scale di apprendimento della psicologia della conoscenza.
    In terzo luogo vengono studiate la natura e le dimensioni dell'atto di fede oggetto del cammino catechistico.
    Questa analisi porta a centrare l'azione catechistica non sui contenuti ma sugli scopi e compiti reali. La fede viene pensata come risposta alla chiamata di Dio; risposta che include tutta la vita; che si esprime con la vita perché vuol dirigere tutta la vita.
    In questo contesto i contenuti vengono pensati in riferimento a tale obiettivo. Contenuto e metodo si aiutano reciprocamente.
    Questa continua ricerca è stata vissuta con entusiasmo e interesse anche nei nostri tempi chiamati del rinnovamento o del movimento catechistico.
    Alcune indicazioni.

    Il movimento catechistico

    Le prime riflessioni sono nate intorno alla questione delle fonti.
    La fede viene espressa in molti modi. Fin dall'esperienza apostolica risultò necessaria una inculturazione del messaggio nelle categorie culturali dei destinatari.
    Quale espressione della fede aiuta a comprendere e a vivere il messaggio della Parola? In altri termini: da dove selezionare il contenuto? dalla teologia? dal magistero?
    Dopo la stagione dei catechismi dedotti dalla teologia post-tridentina, progressivamente si prese coscienza che era necessario recuperare e favorire un accostamento alle fonti più vive e dinamiche della fede: la scrittura e la liturgia.
    Questa fase venne chiamata (siamo attorno agli anni '30) kerigmatica: L'annuncio dell'amore di Dio come ci è stato rivelato nella storia della salvezza (Bibbia) e come viene accolto e celebrato (liturgia) aiuta l'uomo contemporaneo non a sapere ma a rispondere alla fede con la vita. La catechesi si limita, ancora, a studiare i contenuti sul solo versante del messaggio.
    Successivamente la riflessione intorno alla fede come risposta portò l'esperienza concreta dei catechisti alla necessità di recuperare e mettere al centro del processo catechistico l'analisi della vita quotidiana illuminata, sostenuta, interpretata con le fonti dell'esperienza cristiana.
    Fu la catechesi antropologica (verso gli anni '60) ad insistere sul passaggio da una selezione di contenuti centrati sulle cose da sapere alla offerta di percorsi in cui la fede era aiutata a verificare la propria organizzazione vitale (esperienza del quotidiano). In questo contesto l'area dei contenuti veniva allargata anche alla storia e agli avvenimenti.
    Per realizzare questo confronto l'esperienza ha cercato di gestire al meglio il metodo della correlazione tra annuncio e vita concreta, ossia di far percepire che la fede è risposta ai desideri più profondi dell'uomo.
    Tuttavia gli operatori più avvertiti fecero notare che gli esiti del processo educativo messo in campo dalle comunità cristiane non sortiva l'effetto sperato. La catechesi rimaneva una struttura legata alle cose «da dire» e non alla vita cristiana da «vivere». Spesso non avveniva il «passaggio».
    Molte volte, inoltre, si è pensato che fosse sufficiente spiegare le verità della fede con esempi tratti dalla vita (metodo analogico).
    L'intuizione di fondo tuttavia si era ormai affermata: scopo della catechesi è la vita di fede. Quali contenuti-informazioni possono aiutare questo scopo?

    La riflessione contemporanea

    Parallelamente la medesima ricerca veniva condotta in termini più didattici e organizzativi.
    La catechesi infatti è fatta anche di programmi. Ci si domandava quale quantità e disposizione dei contenuti occorresse mantenere.
    Bisogna dire tutto? in quanto tempo? c'è una priorità? un nucleo essenziale?
    Il movimento catechistico si trovò facilmente d'accordo su due affermazioni.
    Il nucleo centrale e irrinunciabile per il cammino di fede è la persona e il mistero di Gesù di Nazaret; attorno a questo nucleo va organizzato tutto l'annuncio tenendo conto delle indicazioni della scienza dell'organizzazione dell'insegnamento (didattica) e delle possibilità dell'apprendimento delle singole età evolutive.
    Il movimento catechistico italiano, ad esempio, rispose con un itinerario permanente centrato su Cristo e il suo messaggio, riproposto ciclicamente a tutte le età.
    Le altre dimensioni della fede (la rivelazione del Padre, l'esperienza sacramentale, la progressione verso la pienezza dell'escaton) venivano collegate all'annuncio di Gesù.
    Tuttavia permangono alcuni interrogativi; e siamo alla riflessione e alle problematiche contemporanee.
    Educare la fede non può essere solo proporre la fede. Vanno studiati ed approfonditi tutti gli aspetti della comunicazione umana. Il messaggio infatti non è fuori dalle leggi comunicative. In un contesto pluralista come il nostro occorre sempre porsi la domanda: che cosa aiuta l'accoglienza del messaggio?
    Ad essere più esatti il problema della comunicazione si pone all'interno di un fenomeno più complesso: che significa aderire alla fede?
    Per molto tempo si è pensato che il problema della fede vissuta dipendesse esclusivamente dalla ignoranza/conoscenza della fede medesima. Ora appare più chiaramente che non c'è diretto collegamento tra quantità dell'istruzione-informazione religiosa e adesione alla proposta cristiana, ma che entra in gioco anche la qualità dell'informazione o, se si vuole, una informazione già giocata sul versante del vissuto.
    Non basta mantenere l'insegnamento di religione nelle scuole o insistere sulla conoscenza delle verità per avere un credente capace di orientare la vita quotidiana secondo il Vangelo.
    Il passaggio da fede conosciuta a fede vissuta è molto più articolato.
    Lo studio di questa osservazione porta ad analizzare i processi che presiedono e guidano la formazione della mentalità, ovvero della organizzazione delle strutture della personalità. È infatti il centro organizzativo della persona (I'«io») che guida la persona stessa. E tale centro vitale cresce e si sviluppa nella persona secondo dinamismi e leggi sue proprie.
    Torna di nuovo l'interrogativo: quali contenuti aiutano i processi che portano alla maturità della fede, cioè ad aderire e a interiorizzare la proposta di fede?
    Non basta ampliare la selezione dei contenuti materiali o formali della catechesi. I contenuti vanno pensati unitamente alla questione della adesione personale alla fede. Infatti solo nella situazione in cui la fede diventa mentalità è possibile avere una vita cristiana autentica.
    Questa affermazione può apparire maggiormente motivata se messa in raffronto con l'attuale compito di evangelizzazione o rievangelizzazione, ovvero: attività ecclesiale al fine di «creare nuovo consenso» attorno alla proposta evangelica.
    Certo sarà necessario riflettere ancora lungamente anche su quale struttura organizzativa della catechesi (ambiente, contenuti e modello di interazione educativa) possa rispondere a tali esigenze e a quale rinnovamento complesso, spesso difficile da realizzare, dovrebbe essere sottoposta.

    IL LUOGO DELLA FEDE È LA VITA QUOTIDIANA

    In questo processo di continua adeguazione dell'organizzazione catechistica e di riflessione teorica, la questione del contenuto ha trovato risposte progressivamente più ampie.

    La dimensione complessa dell'educazione delle fede

    Il punto centrale, la questione di fondo, è il dibattito attorno al rapporto tra metodo e contenuto. Non è infatti sufficiente scegliere i contenuti più adatti o magari analizzare come si debba organizzarli (storia della salvezza o spiegazione del credo?) in modo comprensibile; non si tratta solo di scegliere mezzi comunicativi più vicini alla comunicazione contemporanea.
    La riflessione e l'esperienza contemporanea cerca di collegare in modo organico le indagini sulla natura (quali sono le componenti proprie della catechesi?), il compito (quali sono gli scopi e le dimensioni proprie del suo agire pastorale?), la comunicazione (quale relazione aiuta il destinatario?) e trovare - di conseguenza - la selezione dei contenuti adatti.
    Contenuto sarà tutto ciò che aiuta il destinatario della catechesi a conseguire il suo scopo educativo.
    Alcuni dei documenti recenti sulla catechesi hanno aiutato la comunità cristiana a valicare questo preciso spartiacque. Documenti che non hanno trovato una receptio autentica e che rischiano, per questo, di essere facilmente emarginati.
    Il Rinnovamento della catechesi, il Direttorio catechistico generale e la Catechesi tradendae hanno collocato l'analisi dei contenuti della catechesi dopo le indicazioni sulle finalità e gli scopi della stessa. Questo indica chiaramente la necessità di collocare la questione del «che cosa devo dire?» in stretto rapporto con le finalità educative «cosa devo formare?».
    Il Documento Base (RdC), ad esempio, sintetizza in questo modo il compito della catechesi (n. 30): «La catechesi è esplicazione sempre più sistematica della prima evangelizzazione, educazione di coloro che si dispongono a ricevere il Battesimo o a ratificarne gli impegni, iniziazione alla vita della Chiesa e alla concreta testimonianza di carità. Essa intende portare alla maturità di fede... Abilita l'uomo alla vita teologale».
    Gli aspetti coinvolti sono dunque due: l'analisi e descrizione della vita cristiana (compito dell'azione catechistica) e i fattori educativi capaci di sostenere lo sviluppo della mentalità di fede (condizione fondamentale all'interno del soggetto).
    Occorre approfondirli.

    Un'idea di vita cristiana

    Attraverso la categoria «vita cristiana» la catechesi ha recuperato il concetto di fede che appartiene alla tradizione ecclesiale e che le problematiche relative alla crisi protestante avevano troppo ridotto al solo ossequio dell'intelligenza.
    L'adesione a Gesù, al suo Vangelo, alla sua proposta di vita è un qualcosa che riguarda il quotidiano: è una sequela. È una organizzazione concreta e nuova della vita. I discepoli l'hanno realizzata progressivamente. Questo è avvenuto per la potenza dello Spirito che li ha fatti «rinascere dall'alto»; non è stato un frutto spontaneo. È avvenuta una rilettura tra la vita condotta (lavoro, uso del denaro, amore, idea di Dio, ecc.) e lo stile di vita di Cristo.
    Come Gesù di Nazaret maturò la coscienza di essere chiamato al servizio totale per il Regno di Dio, allo stesso modo il credente scopre e matura la medesima vocazione battesimale.
    Progressivamente tutta la sua vita sarà a disposizione dell'agire di Dio nella storia.
    La vita cristiana è vita comunitaria. È appartenenza alla comunità di coloro che hanno personalmente la responsabilità verso il Regno. In tale comunità si scoprono i propri carismi e ministeri: le proprie vocazioni.
    La vita cristiana è accoglienza del medesimo Spirito, «dono dall'alto», e celebrazione del Cristo risorto, fondamento dell'agire battesimale.
    Questa rinnovata visione degli scopi della catechesi va riflettuta anche sul versante pedagogico. Quali sono i livelli adatti per le singole età evolutive? Quali sono i gradi «formali» della crescita e maturazione nella vita cristiana?
    In questo contesto si può parlare di dimensione catechistica della iniziazione cristiana. La catechesi dei ragazzi dovrebbe tener continuamente unite tutte le dimensioni in gioco: la globalità dell'iniziazione (alla vita cristiana); la progressività dell'iniziazione (evolutiva, culturale e religiosa); la gratuità dell'iniziazione (dimensione sacramentale); la ecclesialità dell'iniziazione (iniziazione alla vita di una comunità cristiana).
    Equilibrio che attualmente appare di difficile realizzazione e di precaria impostazione.

    Vita cristiana e vissuto esperienziale

    L'iniziazione alla vita cristiana è chiamata a farsi esperienza di vita e suppone una ristrutturazione della propria esperienza e organizzazione vitale.
    Ma come intendere il vissuto esperienziale dei destinatari?
    Dal punto di vista fenomenologico il vissuto fa riferimento alle cose che avvengono ogni giorno: la vita nel suo svolgersi. È questa vita che può rendere presente il Regno di Dio oppure la cultura dei segni di morte.
    Ad una lettura più complessa appare che ogni età riassume il quotidiano at torno ad alcuni compiti precisi. Il bambino deve crescere; il fanciullo ampliare la relazione con i mondi circostanti; il ragazzo gestire l'iniziale individualità; l'adolescente orientare la propria vita; il giovane rendere se stesso capace di vivere in maniera autonoma; l'adulto gestire in maniera produttiva e autentica le scelte nei diversi momenti vitali; l'anziano mantenere integra la propria vita di fronte al rallentarsi delle energie.
    Questa descrizione è certamente molto semplificata. Quanto interessa notare è che la vita in ogni età ha un compito e che tale compito è il contenuto, scopo, incarico primario di quel centro vitale che è chiamato «io»: è il contenuto di una mentalità.
    Ciascuno per dare risposta a tale necessità vitale ha bisogno di una teoria. Il messaggio evangelico forma la mentalità dell'individuo se riesce a collocarsi dentro questo processo di sviluppo. La catechesi sarà iniziazione alla vita cristiana nella misura in cui rende capace il compito vitale di esprimere la vocazione battesimale.
    Proprio per questo si parla di frattura tra fede e vita. E a tale proposito molti osservano che il mutato contesto socio-culturale richiede una catechesi capace non solo di inculturazione (introduzione e spiegazione progressiva della propria cultura), ma soprattutto di acculturazione (passaggio da una cultura ad un'altra). Il contenuto del passaggio riguarda il modo di vivere. Questo comporta la capacità di porsi di fronte all'altro in maniera diversa e con motivazioni diverse.
    In questo senso se la fede è il concreto modo di vivere dei credenti e se il contenuto della fede è la vita nuova, non può rimanere fuori dal processo educativo e dalla selezione dei contenuti il vissuto esperienziale dei destinatari.
    Si parla a questo proposito della necessità di rivedere l'organizzazione catechistica in termini di catecumenato, di iniziazione alla comunità e di vero e proprio apprendistato.
    Il contenuto della catechesi è la vita cristiana: un vissuto da costruire. Non può svolgere questo suo compito se non entra in contatto con gli altri vissuti già presenti nei destinatari, e per questo dovrà far uso di una metodologia che sviluppi non solo una conoscenza delle verità a cui credere, ma soprattutto un'appartenenza affettiva ad essa.

    L'ADESIONE ALLA FEDE CONTENUTO DELLA CATECHESI?

    Il rapporto tra vita cristiana (contenuto della catechesi) e la mentalità di fede che si esprime in un vissuto personale (finalità della catechesi) ha il suo punto di congiunzione nella adesione alla fede.
    Pur mantenendo chiara l'affermazione che la fede è dono di Dio per l'azione dello Spirito, va tuttavia sottolineata l'importanza dell'analisi del processo che ne favorisce l'accoglienza, ovvero la creazione della mentalità di fede. Cosa comporta questo compito?

    Il processo educativo proprio dell'adesione

    Nella riflessione teologico-pastorale si usa distinguere tra evangelizzazione, catechesi, e predicazione liturgica. La distinzione ha il suo fondamento. Tuttavia nel concreto della prassi pastorale da molto tempo ci si è accorti che non è possibile distinguere formalmente i tre momenti ma che, tuttavia, essi vanno pensati interni l'uno all'altro.
    Nel nostro contesto occidentale l'evangelizzazione è già catechesi, e nella catechesi la chiesa è sempre chiamata a ridare forza all'adesione iniziale alla fede. La stessa omelia deve giocare la propria identità in sintonia con le altre specificità. Parlare dell'adesione nella catechesi dei ragazzi non è, quindi, fuori luogo.
    In che modo l'analisi dei fattori che portano all'adesione di fede aiuta a comprendere la selezione di contenuti adatti per i preadolescenti? L'adesione alla fede è contemporaneamente dono e scelta. La scelta della fede appare come un continuo cammino. Come si educa una scelta verso la sua maturità?
    L'analisi dell'organizzazione della personalità umana spiega l'insufficienza della sola trasmissione culturale per la formazione della persona. Studia in primo luogo gli elementi che strutturano dall'interno la persona: gli atteggiamenti e le relazioni sociali.
    Ambedue le dimensioni «provocano» la catechesi e la sua organizzazione dei contenuti. Innanzitutto nella selezione, perché entrano nuovi contenuti accanto alla trasmissione della fede. In secondo luogo nell'organizzazione, perché dall'istruzione, centrata sui contenuti da spiegare, si dovrebbe passare all'educazione dei valori/atteggiamenti che pretendono «cose ed esperienze diverse» come contenuto.
    Lo sviluppo degli atteggiamenti cristiani, la relazione educativa attraverso cui essi si formano, la lettura del frammento che esprime tali atteggiamenti, la serie di esperienze che educano tali atteggiamenti entrano, così, in dialettica educativa con la trasmissione della fede espressa nella selezione classica dei contenuti.
    La catechesi dovrà essere capace di gestire questi nuovi e più completi obiettivi/contenuti.
    Non tutto quanto affermato è propriamente riconducibile alla tradizionale concezione di contenuto. Tuttavia nella concretezza dell'azione catechistica e nella riflessione catechetica il rapporto tra metodo e fini appare sempre più indivisibile nel momento di individuare i contenuti dell'azione catechistica.
    - Sviluppare atteggiamenti. Questo avviene se tutta la persona (mente, mani e cuore) viene coinvolta nel processo di accoglienza/risposta del dono della fede. Atteggiamento è una disposizione stabile che orienta l'agire concreto della persona (RdC 55). La sua formazione avviene attraverso contenuti selezionati e organizzati per questo scopo.
    Appartenenza, fiducia, ricerca, produttività, pace, senso della giustizia, senso di responsabilità sono alcuni di questi atteggiamenti necessari perché la fede sia cultura e possa guidare la vita quotidiana. Che significa programmare questi atteggiamenti come contenuto? Quale tradizione ecclesiale favorisce questa formazione?
    - Stabilire una relazione educativa. Non sono i maestri che educano gli atteggiamenti, ma i catechisti capaci di essere percepiti dai giovani come persone significative (da interpellare) nel momento delle scelte di vita più o meno importanti.
    Oltre ad essere una «tecnica», la relazione catechista-gruppo è un contenuto. Infatti ha bisogno di tempo, attività, messaggi da comunicare in questo versante. Anzi è uno dei contenuti da «riproporre» ciclicamente perché le esigenze della crescita, dell'appartenenza, dell'educazione alla chiesa reale, sono in rapidissima evoluzione nella età preadolescenziale e adolescenziale. Quanto spazio va offerto nel programma di catechesi?
    La relazione catechista-gruppo va inserita necessariamente dentro la più ampia relazione individuo-gruppo.
    Appare sempre più evidente che per i preadolescenti il grande mediatore dell'interiorizzazione è il gruppo dei pari. Lì dove si sviluppa l'appartenenza si gioca anche la costruzione del proprio mondo valoriale. Il gruppo aiuta molto l'individuo nella selezione e nella fiducia in determinati criteri/valori di vita.
    Per questo la catechesi è chiamata ad assumere la vita di gruppo come primo e fondamentale contenuto della sua azione educativa. Che tipo di contenuto è il fare gruppo?
    - Gestire il frammento. I ragazzi non vivono le «problematiche educative», ma problemi concreti da risolvere secondo schemi comportamentali percepiti come soluzioni adeguate. Schemi da gestire insieme con il proprio gruppo o classe.
    Nella catechesi reale non ha molta importanza parlare dell'amicizia in sé o della preghiera in sé. L'apprendimento e gli atteggiamenti si sviluppano come riflessione a partire da vissuti concreti: questi amici e questo incontro di preghiera.
    Nel frattempo c'è presente tutta la persona. Tuttavia dal punto di vista dei contenuti cosa è un frammento? È un racconto? una foto? un passo biblico? è un luogo o momento dove applicare i contenuti? In realtà anche il frammento è un contenuto sia pure con dinamiche e aspetti di difficile identificazione.
    - Giocare l'esperienza. Tutte queste dimensioni «ulteriori» del contenuto della catechesi non sono un'informazione da acquisire, ma dimensioni della persona che permettono di vivere la soggettività in modo tale che esprima la fede.
    La traduzione operativa di questo intervento educativo si chiama esperienza educativa. È composta dall'insieme delle diverse sfaccettature che compongono il contenuto della catechesi come qui viene descritto. Esperienza non viene intesa in maniera limitata come nel tempo della catechesi antropologica (anche se si rifà ad essa); non si tratta di «utilizzare» il ricordo della vita vissuta, ma provocare la mentalità di fede attraverso la coscientizzazione (esperienza) del destinatario.
    Essa è giocata ovvero gestita parallelamente al destinatario che può rifiutarla o farla propria; ma che comunque lo ha reso soggetto del proprio sviluppo vitale in ordine alla fede da maturare.
    Che contenuto è l'esperienza? È solo una tecnica? Che relazione con la trasmissione della fede?
    Tutti questi compiti affidati alla catechesi non possono essere svolti senza fare riferimento all'esperienza concreta dei ragazzi.

    Quale ricorso all'esperienza?

    Mettere l'accento sul compito educativo della fede proprio della catechesi significa interrogarsi sul ruolo della esperienza nel processo catechistico. La vita cristiana (scopo della catechesi) è esperienza di vita e chiede di rileggere la vita.
    A questo proposito si può riflettere su due elementi.
    Innanzitutto tener presente che il ricorso all'esperienza può avvenire in molti modi. Nel modo dell'esempio che aiuta a spiegare un'affermazione teorica; oppure all'inverso nel presentare un'esperienza umana per comprendere il significato analogo proprio della rivelazione.
    Specialmente questo secondo è molto usato nella catechesi dei ragazzi, e lo stesso CdR/1 ne fa uso. I contenuti sono scelti «precedentemente» la lettura dei preadolescenti, e solo successivamente sono «adattati» alla psicologia e alla cultura del preadolescente attuale.
    Accanto a precisi vantaggi didattici (lavoro di gruppo, dialogo, coinvolgimento, ecc.) torna l'interrogativo se l'esperienza non venga intesa come semplice mezzo e non come contenuto. Rimane un passaggio per «altro» da spiegare?
    Accettare l'esperienza del destinatario come parte integrante dell'educazione della fede significa che:
    - il ragazzo viene aiutato a conoscere se stesso e il suo vissuto concreto per dare risposte concrete e stabili (cioè educative) a partire dalla fede;
    - il ragazzo è aiutato a superare le difficoltà del proprio momento vitale; difficoltà che dovranno essere pensate e presentate come parte integrante (contenuto) del cammino di fede;
    - il ragazzo è sollecitato a diventare ciò che scopre nel momento della ricerca catechistica.
    In questo modo, finalità educative e messaggio di fede si richiamano e si sostengono le une all'altro, e ambedue si riferiscono all'unità della persona con il suo problema-compito di vita.
    In secondo luogo: si può pensare l'esperienza attribuendo ad essa la stessa identità-natura attribuita agli altri contenuti? Può essere oggetto di racconto o di descrizione? Di fatto molte volte nell'attuale organizzazione della catechesi l'educatore può solo riferirsi all'esperienza. Tuttavia la dimensione cognitiva è solo un elemento del processo didattico che compone un'esperienza.
    L'informazione richiede un processo di questo tipo: selezione del materiale da offrire, articolazione logica nella presentazione dello stesso, intervento finalizzato alla spiegazione di elementi imprecisi, ritenzione e memorizzazione del destinatario.
    L'esperienza oltre questi elementi chiede: la libertà dell'individuo a compiere e ad assimilare l'attività svolta, la possibilità di portare a coscienza il proprio vissuto per confrontarlo con la nuova esperienza e quindi ristrutturarlo, simbolizzazioni e linguaggi selezionati in modo tale che esprimano i vissuti nati dall'accoglienza dei nuovi valori.
    Questo anche o soprattutto in ordine alla fede.
    In questo processo l'esperienza è collegata fortemente alla capacità simbolica. Molto più delle parole o delle immagini, infatti, comunica il simbolo: comunicazione capace di unire il passato al presente e al futuro.
    L'esperienza dovrebbe nascere dall'insieme dei dinamismi profondi del ragazzo. Dalla presa di coscienza dei propri limiti e dal superamento della naturale tentazione di nasconderli. Dalla liberazione della fantasia creatrice gestita in gruppo con l'animatore, alla ricerca di ciò che libera e/o costruisce veramente. Dal percorso di trasformazione attraverso i comportamenti che aiutano il cambio. Dalla festa-celebrazione per la novità di vita che si è sperimentata.
    Nella realtà l'attuale organizzazione della catechesi dei ragazzi non permette, in molte occasioni, di fare esperienza della fede. I tempi, i luoghi, i programmi non aiutano, anzi sono un ostacolo. La stessa disaffezione dei ragazzi (discontinuità, mancanza di relazione educativa...) non è solo problema di incapacità dei catechisti.
    Tuttavia rimane vera l'intuizione che l'esperienza va pensata come qualcosa da «fare insieme» con lo scopo di lasciarsi trasformare da essa.
    Il ricorso all'esperienza dovrà essere giocato su un duplice versante: il versante dei vissuti quotidiani da leggere alla luce dell'esperienza cristiana (esperienza come contenuto) e il versante del processo di apprendimento-interiorizzazione (esperienza come processo educativo).

    FAR DIVENTARE ESPERIENZA DI FEDE LA VITA DEL PREADOLESCENTE

    Quali sono le esperienze vitali dei preadolescenti da educare attraverso la narrazione della fede della comunità cristiana? Si possono dare alcune indicazioni tenendo però presente che ogni educatore dovrà programmare aiutando il gruppo a leggere se stesso in profondità e, possibilmente, in raccordo con tutte le altre agenzie educative.
    Mi limito ad esplorarne alcune sul versante dell'identità personale.
    Gli studi sullo sviluppo umano ci hanno abituato a considerare l'età evolutiva come un continuo processo segnato da crisi di passaggio. Ogni persona nelle varie età dovrà saper rispondere positivamente alle nuove e progressive esigenze e alle competenze richieste. Dovrà maturare se stesso per sostenere il proprio compito vitale.
    Si è discusso molto se la preadolescenza fosse una età definitiva in sé. In effetti nelle nostre culture occidentali appare chiaramente come una fase ben precisa dello sviluppo umano. Le caratteristiche fondamentali del compito vitale della preadolescenza sono: la gestione dello sviluppo del proprio corpo; l'iniziale bisogno di autovalutarsi attraverso il riscontro con il proprio gruppo di appartenenza; l'ambivalenza tra il mondo vitale della famiglia e quello del gruppo del pari; la necessità di risposte operative (comportamenti e valori) alla nuova condizione vitale.
    Educare il vissuto esperienziale comporta sostenere il ragazzo nell'appropriazione del proprio compito vitale. E poiché il quadro di riferimento valoriale della relazione d'aiuto farà riferimento alla tradizione culturale nata a partire dalla rivelazione biblica, questa operazione culturale rientra nell'educazione della fede.

    Il cambio preadolescenziale

    Ogni ragazzo vive la sua preadolescenza a partire dalla formazione avuta precedentemente e nel quadro delle interazioni che sviluppa nel proprio gruppo. Corpo, attese, desideri, relazioni sono nuovi. Come saranno gestiti? quali desideri lo aiuteranno? e i ragazzi saranno capaci di entrare in questi ruoli?
    Le attenzioni educative occuperanno l'animatore su due versanti:
    - il versante delle abilitazioni: aiutare il ragazzo/a a saper gestire il suo compito vitale. Spesso la normale tensione ad assumere il ruolo viene vissuta con una eccessiva preoccupazione che genera chiusura, rifiuto oppure eccessive attese. Il gruppo di catechesi dovrà contribuire a fornire le risposte di capacità operativa;
    - il versante progettativo o valoriale. Non tutte le risposte sono uguali. Il bisogno di protagonismo può essere vissuto nello stile di sopraffazione. È il modo più utile? Il bisogno relazionale può portare alla dipendenza dell'altro. È autentica fonte di sicurezza?
    La prospettiva evangelica tipica del gruppo ecclesiale aiuta a costruire le interpretazioni più vere perché Cristo è l'uomo nuovo e chi segue lui diventa più uomo. In questo modo i valori cristiani possono essere colti come risposta autentica alla vita. La vita cristiana apparirà (progressivamente) come pienezza di vita.

    I mondi vitali: famiglia, scuola, gruppo

    Altra dimensione dell'esperienza del preadolescente è rappresentata dal passaggio tra diversi mondi vitali. Anche nell'età precedente questo avveniva. L'unità era ugualmente mantenuta dalla forza affettiva del vissuto familiare.
    Il preadolescente scopre nuove affettività. La famiglia è il luogo della stabilità, della sicurezza, delle radici stabili. La scuola, il luogo del confronto forzato, temuto e desiderato. Il gruppo rappresenta la reciproca scelta, paritaria, dove la conflittualità è mediata dall'accettazione di fondo, dove l'amicizia lega anche le diversità.
    Le diverse affettività e appartenenze generano nel preadolescente anche differenti attese e scelte di valori. Il preadolescente vive facilmente la contraddizione dei diversi sistemi di significato. Questo però non lo aiuta a scegliere il proprio progetto di vita. Tuttavia è molto forte la pressione dell'appartenenza. Non di rado qualcuno si chiude in se stesso.
    La frammentazione aiuta il preadolescente a saper gestire se stesso in ambienti diversi. Tuttavia può creare difficoltà di rapporto e desiderio di semplificazione (gruppi sì, famiglia no). Ancora di più può gestire in maniera problematica il riferimento valoriale: a chi darà ascolto il preadolescente?
    Lo stile di vita e l'universo dei significati che guidano l'esistenza hanno radici nell'affettività del gruppo di appartenenza più che nella ragionevolezza della verità.
    Il gruppo dei pari è il grande mediatore dei valori culturali, luogo della seconda e, a volte, definitiva socializzazione.
    Il gruppo «di catechismo» a quale tipo di gruppo fa riferimento? Perché è facilmente emarginato, messo a lato, dai ragazzi? ma è un gruppo o è una classe? si forma spontaneamente? quanto deve durare? e per fare cosa?
    I modelli comportamentali
    Terza serie di esperienze: riguardano i modelli comportamentali. I vissuti quotidiani sono la serie di bisogni o desideri che necessitano di modi concreti, cioè comportamenti, per realizzarsi. Il bisogno di espansione del proprio corpo si può vivere con lo sport o con la violenza; il bisogno di affetto con la reciprocità o il possesso dell'altro/a.
    Questo processo è tipico di ogni cultura e di ogni socializzazione. Nella nostra situazione culturale si possono avvertire due tratti principali.
    Innanzitutto la frammentazione e il pluralismo di proposte. Esse hanno origine dalla pluralità delle agenzie educative, non più in sintonia come nelle culture delle società semplici, e che - ancora di più - intrecciano a motivi educativi interessi di produzione e di successo.
    Avviene così che le diverse offerte presentate al preadolescente sono veicoli che trasmettono non solo un prodotto (cose, tempo libero, sports) ma anche modelli di gestione dei bisogni stessi, e quindi propongono tipi di vita per i preadolescenti.
    In secondo luogo la trasmissione dei modelli è gestita prevalentemente dai mass media e innanzitutto dalla TV. È una trasmissione che privilegia il codice iconico percepibile prima della parola stessa e di maggiore attenzione/ coinvolgimento.
    Il preadolescente avverte i nuovi compiti vitali ed è alla ricerca di soluzioni operative. Molto spesso questo processo non è immediatamente cosciente. Ma soprattutto il preadolescente fa esperienza di queste continue esposizioni alla pluralità e alla frammentazione. Costretto a scegliere tra opposte proposte quale farà sua? e perché?
    Il vissuto esperienziale dovrà trovare nel gruppo di catechesi un luogo dove farà unità nel frammento. In ogni questione che il preadolescente con il gruppo vive, in ogni richiesta di soluzione comportamentale, è in questione - come in un frammento - tutta l'identità che progressivamente si inizia a formare.
    Questo avvio di formazione ha bisogno di unità e autenticità. Unità cioè capacità di non essere costretti ad assumere maschere diverse in luoghi diversi; a dire cose diverse a persone diverse. Autenticità cioè risposte vere e capaci di liberazione autentica.
    Quale gruppo di catechesi sarà capace di gestire questa complessità educativa? Quale modello educativo può veramente sostenere il cambio di mentalità necessario per una vita cristiana?

    DARE AVVIO ALL'ESPERIENZA: I TEMI GENERATORI

    All'interno della correlazione contenuto-metodo prende corpo la domanda di fondo: come far generare il desiderio di cambiamento? Infatti solo l'intenzionalità del destinatario può creare la possibilità che un annuncio venga interiorizzato.
    Tuttavia l'animatore non può limitarsi all'annuncio. Dovrà far sì che siano predisposte le condizioni dell'accoglienza.
    A questo proposito si può parlare dei temi generatori.

    La funzione dei temi generatori

    L'interiorizzazione nasce da un interessamento, da una motivazione. Nel caso della fede può non esserci. Anzi la fede può apparire al preadolescente come un disturbo o un dovere. Occorre far nascere un'esigenza, un desiderio all'interno del proprio mondo vitale. Occorre far generare una speranza di vita collegata all'annuncio.
    La dimensione comunicativa della catechesi ritorna importante. Messaggio è solo ciò che il destinatario decide di apprendere in relazione alla comunicazione del catechista. Dimensione discendente e ascendente devono trovare un punto di contatto.
    Questo richiede libertà (fisica e psicologica) di apprendimento e significatività del messaggio.
    I temi generatori non sono una particolare selezione di attività o di contenuti. Non sono nuclei essenziali su cui discutere. Sono in funzione della comunicazione e della entrata in ricerca del gruppo di catechesi. Nascono dal bisogno di vita del destinatario. Non possono essere imposti dall'esterno. Solo la propria esperienza e la coscienza che ne deriva può individuare un tema generatore.
    Generano bisogno, conoscenza di sé, desiderio di superamento. Spingono alla ricerca di soluzioni, di confronto. Dispongono al cambio, alla trasformazione del proprio vissuto, perché hanno per oggetto la possibilità di scoprire una realtà nuova percepita come risposta ad una esigenza.
    Da un punto di vista educativo il tema generatore fa scatenare un universo tematico (conoscenze per soluzioni) con forte carica simbolica e coinvolgente il destinatario. Tutto il processo, inoltre, avviene all'interno del preadolescente perché coinvolge tutta la sua vita. dentale ha ugualmente esigenza di un futuro. È una esigenza molto più nascosta di quella presente nei giovani sud-americani; tuttavia non è impossibile educare il preadolescente a prendere coscienza del proprio mondo vitale e far «scatenare» il desiderio per la ricerca di ciò che potrà costruirlo autenticamente.
    È nella struttura pedagogica dei temi generatori il riferimento a ciò che intuitivamente e inevitabilmente coinvolge il processo vitale della persona; l'aggancio con ciò che è continuamente presente nella coscienza dell'individuo. Questo non è impossibile rintracciarlo nei preadolescenti occidentali. Occorre partire da queste esigenze.

    Quali temi generatori nella cultura occidentale?

    La pedagogia dei temi generatori nasce in Sud-America ed è fortemente influenzata dal desiderio di ricerca e di soluzione al bisogno di sopravvivenza o liberazione socio-politica. Può essere utilizzata nell'occidente post-industriale e consumista?
    La situazione dei preadolescenti occidentali esige, certo, una liberazione educativa (valori nuovi e autentici), ma non è desiderata. Anzi i preadolescenti rimangono affascinati da altre proposte di vita, altri temi generatori.
    Una recente indagine esplorativa del pianeta teenagers descrive in termini brillanti le «figure» di preadolescenti esistenti. L'universo si comporrebbe di preadolescenti amorfi (18%), travoltini (13%), curiosi (20%), onnivori (20%), i bravi ragazzi (14%), le antenne (15%).
    È facile dare contenuto a queste figure tipologiche; infatti descrivono i ragazzi dei nostri ambienti di vita. C'è posto per un annuncio significativo? Quali temi generatori possono scatenare «universi simbolici di liberazione» a partire dalla proposta evangelica?
    Non è impossibile leggere tra le righe che il preadolescente della cultura occi

    Aree di temi generatori per preadolescenti: ipotesi di lavoro

    Non è possibile definire astrattamente i temi generatori. Nascono da una sorta di intuizione dell'animatore confrontata con l'autocoscienza del gruppo (forse anche l'autocoscienza può essere un tema generatore!). Ne accenno alcuni soltanto.

    Attorno all'area del bisogno di identificazione

    Come realizzo me stesso? Non è una domanda che chiede una risposta di senso, intendendo con questo risposte sul significato profondo della vita o di progetti di vita.
    Intendo qualcosa di più semplice. Il preadolescente avverte di essere chiamato ad assumere dei ruoli nuovi e cerca soluzioni concrete per riuscire a farlo. Il preadolescente, che rifugge dalle identificazioni infantili frutto dei desideri dei genitori, ha bisogno comunque di rispecchiarsi in qualcuno per autoidentificarsi.
    Vuole essere sicuramente «se stesso». Ma è alla ricerca di come gestire il «se stesso». Questa area di temi generatori coglie il preadolescente nel vissuto quotidiano e lo mette in «ascolto» della comunicazione successiva.

    Attorno all'area delle situazioni perturbatrici

    Come posso contenere la mia ansia? Come posso gestire i miei disagi? Molti ragazzi rimandano all'infinito il confronto con le situazioni che generano problemi. In questo modo si «rifugiano» nella casa, nel televisore, nello sport, nell'amico «uno-solo-quellodel-cuore-che-la-pensa-come-me».
    L'annuncio della fede può venire impedito da questa situazione personale. Il Dio di Gesù può non essere percepito come «Padre». Far nascere speranza nel futuro significherà dare contenuto all'amore di Dio e alla forza del suo Spirito.
    Non sempre è facile il processo di coscientizzazione o di accettazione di conoscenza di questi vissuti. In pubblico sono argomenti tabù. Attività simboliche e dinamica di gruppo «sostenuta» possono favorire molto l'emergere di questo vissuto su cui innescare l'annuncio della paternità di Dio.

    Attorno all'area della produzione di senso

    Come posso essere sicuro che la mia scelta, anche se in sintonia con il mio gruppo, sarà portatrice di autentica liberazione?
    La vita quotidiana chiede soluzione a modi di vivere. Il preadolescente spesso non accetta i modelli offerti dagli adulti. Vuole sperimentare. E se i risultati saranno sbagliati?
    Come si ama, come si studia, come si usa il denaro... Tutti i come sono esigenze (di senso!) proprie dei preadolescenti. Essi possono diventare temi generatori.
    Le indicazioni offerte si limitano alle aree che maggiormente sembrano generare un coinvolgimento globale della persona, perché mettono il preadolescente nella situazione di «costruzione di sé» dentro la quale l'offerta religiosa acquista importanza notevole. L'esperienza ne può suggerire sicuramente delle altre.

    Appunti per una metodologia

    Dal punto di vista più operativo anche i temi generatori hanno bisogno di tecniche che possano attivare la ricerca e far scaturire la partecipazione. Il modello più usato è quello dell'intervista semistrutturata. L'educatore aiuta i preadolescenti a conoscere se stessi attraverso domande che progressivamente fanno emergere il vissuto interiore (e a volte non conosciuto) del ragazzo. Questo suppone un numero limitato di persone (un piccolo gruppo) e un clima molto affettivo che aiuti a superare gli imbarazzi.
    Molto più utili sono le tecniche che mirano a mettere in moto la «fantasia liberatrice» che in misura normale ogni ragazzo possiede. Sono le tecniche che propongono ai ragazzi di identificarsi in situazioni o persone (giochi dei ruoli) e che permettono di affrontare i problemi con approccio indiretto e quindi più libero. Ma al tempo stesso in maniera più profonda e disponibile. Qualche volta riesce!

    Indicazioni bibliografiche

    Alberich E., «Le fonti della catechesi», in Rinnovamento della catechesi in Italia, Zürich, PAS-Verlag, 1970.
    Giannatelli R., La catechesi dei ragazzi. I / Psicosociologia, mete, contenuti, opzioni metodologiche, Torino, LDC, 1973.
    AA.VV., La catechesi dei preadolescenti. Problemi, indicazioni, Bologna, EDB, 1979.
    ACR, Progetto, Roma, Ave, 1981.
    CEI, Vi ho chiamato amici. Il catechismo dei ragazzi /1, Roma, ed. CEI, 1982.
    Casale U., I ragazzi domandano. Attualità e contenuti del CdR, Bologna, EDB, 1985.
    Alberich E., «L'istanza veritativa nella catechesi», in Catechesi 1987, 1, 9-18.
    CSPG, La relazione cercata. Un progetto di animazione culturale con i preadolescenti, Torino, LDC, 1988.
    Delpiano M., Pastorale dei preadolescenti, Torino, LDC, 1991.


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