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    La suocera di Pietro



    Gioia Quattrini

    (NPG 1999-07-57)


    Era stata contenta all’inizio Miryam. Doveva ammetterlo. Con onestà. Con rabbia, mentre tirava le coperte fin sopra la testa.
    Sara era la sua unica figlia, dritta come un fuso, con braccia forti e tornite, mani affusolate ed agili. Era bella sua figlia ed anche intelligente, pensiero vivace e lingua sciolta. Discorsi da uomo più che da giovane donna. Ad ogni sguardo il suo cuore di madre traboccava di orgoglio e qualche volta, al calar della sera, sola con i propri pensieri, ritornava all’immagine ancora nitida e forte di suo marito, morto troppo presto per gioire di quelle soddisfazioni.
    Allora, mentre una silenziosa malinconia lentamente andava ad infiltrarsi nelle fessure più segrete dell’animo, Miryam si stringeva forte nello scialle e sospirava agli anni di quella lunga assenza. Nessun altro uomo al suo fianco. Mai.
    Aveva cresciuto da sola sua figlia, sfidando gli sguardi di tutto il villaggio che non avrebbe scommesso una moneta sul futuro di quella bimba senza padre. Ma Miryam non aveva mollato e Sara l’aveva ricompensata.
    Ancora adolescente, molti giovani avevano cominciato a farle la corte, a guardarla con interesse, ma nessuno di loro finiva per ottenere qualche risultato. Questi si avvicinavano audaci per subito retrocedere intimoriti da quella giovanetta che faceva discorsi da uomo.
    Le donne del villaggio mormoravano scuotendo la testa sulle assurde pretese di quell’orfana dalla lingua pungente. Miryam, invece, sorrideva. Sapeva da sempre che per sua figlia sarebbe stato necessario non un uomo qualunque ma qualcuno capace di curarla con mano tenera e ferma, come si fa con un giovane puledro. Un pensiero saggio e misurato, una lingua pacata ma profonda, che colpisse Sara.
    Poi un giorno era arrivato quel giovane, alto e grosso, Simone, barba nera e capelli folti e ricci, con le mani dure che pure tessevano la rete come fossero ricami, dita grandi ma agili, il volto cotto dal sole, il sorriso largo ed energico.
    Miryam aveva capito subito che quello era l’uomo adatto per Sara ed era stata contenta all’inizio.
    Simone e Sara si erano sposati quasi subito e i giorni scorrevano felici. Miryam gioiva ed attendeva con ansia un nipotino.
    All’improvviso a mandare in frantumi quell’armonia era stato un forestiero, un tipo strano che andava in giro per la Palestina, bestemmiava dicendo di essere il figlio di Dio, e spacciava come miracolo qualche trucco di bassa lega, buono per ingenui e sprovveduti, ma non per lei.
    Una sera, mentre suo genero riordinava le reti con il fratello Andrea, quell’uomo, quel Gesù li aveva salutati con queste parole: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini».
    Miryam ricordava ancora gli occhi di Pietro illuminati, il tremore della voce e la corsa e l’affanno nel raccontare a sua moglie l’avvenimento. Pietro aveva passato l’intera notte a parlottare con lei ed era successo quello che Miryam non avrebbe mai creduto: sua figlia, che pensava di conoscere come se stessa – specchio limpido – aveva abbracciato suo marito invece di scuoterlo dall’abbaglio. Lo aveva abbracciato invece di liberargli gli occhi dall’errore. Lo aveva abbracciato, mischiando le lacrime alle sue, e dicendo che tutto questo era meraviglioso e che la vita avrebbe finalmente avuto un sapore nuovo. Lo aveva abbracciato e sempre gli sarebbe stata accanto, contro tutto e contro quanti scettici lo avrebbero additato e deriso.
    Sara era corsa da sua madre a raccontarle tutto, convinta di trovare l’alleata di sempre ed invece lei aveva gridato e gridato ancora, inutilmente.
    A quel ricordo Miryam sentiva ancora lo stomaco stringersi in un pugno. Cos’era accaduto all’uomo che lei aveva conosciuto così saggio ed attento, concreto ed intelligente? Cos’era accaduto a Sara?
    Si girava e rigirava nel letto, Miryam. Sua figlia e suo genero avevano davvero superato ogni misura: invitare quell’impostore in casa sua e pretendere che lei gli preparasse la cena, che lo servisse in tavola con la devozione con cui il suo popolo da sempre venerava gli ospiti.
    Miryam non l’avrebbe mai fatto e così aveva detto di sentirsi poco bene, che un gran calore le era salito al volto e le faceva scottare la fronte. In verità a scottarla era la rabbia.
    Non l’avrebbe fatto, per nessun motivo. Anzi aveva scelto di defilarsi a letto per non incontrarlo, convinta che non avrebbe resistito a cantargliene quattro di santa ragione. Come aveva potuto? Come aveva potuto persuadere uomini onesti e laboriosi ad abbandonare un lavoro che prima che loro era stato dei loro padri? Il lavoro con il quale mantenevano le loro famiglie?
    Come aveva potuto strapparli alle loro case e farsi seguire su una strada improbabile, coinvolgendoli nel suo imbroglio e facendo leva sui sentimenti più nobili del cuore umano: la carità per i poveri, per i vecchi, per i bimbi, la sete di giustizia, il desiderio acceso che i cieli sconfinati sulle loro teste, pesanti per la pioggia o limpidi di luce, fossero abitati davvero dal Dio delle scritture, quel Dio che un giorno avrebbe diviso e pesato.
    E lei che solitamente pensava il suo Dio buono e pieno di tenerezza con i figli che avevano sbagliato, questa volta voleva sperare che avrebbe dato proprio una bella lezione a quel Gesù che andava in giro a fare tutti quei danni nel Suo nome, che illudeva i malati e i poveri, rubava la speranza dei reietti e degli ultimi, riempiva di menzogne l’ultimo istante dei moribondi. Un peccato enorme! Una bestemmia che neanche il demonio!
    Miryam tese le orecchie. Nella casa era entrato improvviso un vocio allegro e un festoso rumoreggiare. Risate alte e piatti e bicchieri e vino gustoso da mescere.
    Cercando di non fare il minimo rumore, si liberò dal groviglio delle coperte, scese dal letto e facendosi piccola piccola infilò il naso tra le tende, per spiare.
    Uomini e donne, suo genero, sua figlia, tutti intorno alla mensa, seduti stretti stretti l’uno accanto all’altro. Gioventù che lei aveva visto nascere e crescere sotto i propri occhi, volti e gesti che lei conosceva benissimo ma ora non riconosceva più. Trattenne il respiro e fece per ascoltare: bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete. L’uomo soccorra l’uomo, pulisca le sue piaghe ed asciughi le sue lacrime, dia cibo a chi è affamato e consolazione a chi ha perduto la speranza, metta in fuga gli incubi che popolano la notte dei nemici perché ci si possa ritrovare fratelli all’alba del giorno dopo.
    Miryam guardò suo genero stringere forte la mano di Sara e parlare con voce chiara del mondo come se stesse raccontando della sua vecchia rete ormai lacera, utile veramente a poco, rete che lui si era ostinato ad usare pur così malridotta per molto tempo, fino poi ad abbandonarla sulla spiaggia, senza neanche provare a guarirla. Ecco, il mondo con le sue maglie cadute non poteva essere abbandonato sulla spiaggia dell’indifferenza. Servivano le mani di uomini pazienti e colmi di speranza, mani che avrebbero potuto guarirlo.
    Mentre Pietro parlava, Sara stringeva al petto il figlio di quella giovane donna senza marito che viveva povera ai margini del villaggio. Un bimbo con cui nessuno giocava e che nessuno accarezzava mai come se la sua tenera pelle potesse portare la sporcizia di un peccato che qualcun altro aveva commesso.
    Miryam abbandonò la posizione scelta per nascondersi, si levò in piedi e scostò la tenda. Nella stanza tutti gli sguardi si volsero verso di lei. Cristo si alzò, le prese la mano e le domandò preoccupato: «Pietro mi ha detto che eri malata. Ora è passata la febbre?».
    «Sì, sì. È passata, è passata» rispose Miryam un po’ bruscamente – «Vada, vada. Torni tra loro. Intanto io vi preparo qualcosa da mangiare. È l’ora della cena e voi siete giovani e avete bisogno di forza. Tanto i discorsi che fate voi una donna semplice come me neanche li capisce. Voi invece siete giovani e…».
    Miryam cominciò a tagliare il pane e ricordò suo marito quando divertito le domandava cosa avrebbe fatto lei se si fosse trovata al tempo di Mosè. Avrebbe creduto ad un uomo che dopo essere sceso da un monte sosteneva di aver parlato con un roveto ardente? E ridendo insieme, trovavano che ad una cosa così assurda di certo sarebbe valsa la pena di credere e loro avrebbero creduto ad un uomo che guardava oltre la squallida misura di se stesso.
    Miryam si volse verso quel gruppo di uomini intorno al tavolo che pensavano e progettavano di cambiare il mondo. Cosa poteva esserci di più assurdo? Nulla, avrebbe risposto suo marito, ma se un uomo getta il cuore oltre il deserto perché non credergli?
    E tornando ventenne nel ricordo, Miryam dedicò a Pietro l’eco di quelle risa lontane.


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