Pastorale Giovanile

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    Il coraggio di Luisa



    Enzo Pappacena

    (NPG 1999-06-43)


    Passeggia Luisa sulla riva del fiume che l’ha vista giocare bambina. Passeggia e pensa, mentre il sole con i suoi raggi le illumina il viso e la scalda. Il suo bambino nascerà in aprile, si chiamerà Francesco ed avrà gli occhi grandi e neri come lei e il suo sorriso vorrà dire speranza. Luisa lo aspetta perché dia un senso ai suoi giorni, ai suoi vent’anni bruciati in fretta insieme a mille sogni.
    «Non puoi tenerlo. È da pazzi» le aveva urlato il suo ragazzo quando lei gli disse che era incinta. «Non me la sento ancora di essere padre» ripeteva disperato cercando di convincerla ad abortire «... e poi non sono sicuro... non so se ti amo...». Ma lei, piangendo, gli rispose: «Questo figlio lo sento già mio e tu non puoi chiedermi di ucciderlo». Ma lui non volle restarle accanto e scappò via.
    A casa Luisa parlò con la madre, rompendo un silenzio che durava da anni. Ma non le bastò essere sua figlia per farsi accettare. La gente avrebbe presto saputo e lo «scandalo» avrebbe travolto l’intera famiglia.
    Allora Luisa, rimasta sola, si sentì impazzire. Poi, però, accarezzò il suo grembo e si fece coraggio. Non sperando più nell’aiuto di alcuno, con i pochi soldi che aveva, prese una stanzetta in affitto. Ma, fortunatamente, dopo qualche giorno trovò rifugio nella casa di una sua amica: qui trovò la pace che cercava.
    La vita, intanto, cresceva in lei. Se ne accorgeva guardandosi allo specchio. La ragazza, che si sentiva già madre, capì allora di non essere più sola. E riprese a sorridere e a sognare: si immaginò felice col suo bambino in una terra lontana piena di fiori e colori. «Staremo bene insieme – diceva a se stessa – e ci terremo sempre compagnia».
    Quella piccola vita la difendeva proprio lei che, adolescente, per ben due volte aveva tentato di uccidersi. Sì, ci aveva provato perché nella sua casa aveva conosciuto la sofferenza e la violenza. Sua madre, una donna infelice, urlava sempre e la picchiava. A suo padre, invece, piaceva bere e un giorno, ubriaco, le aveva messo le mani addosso. Lei per difendersi era scappata via da quella maledetta casa in cui non c’era stato mai posto per i sogni. Ma a Luisa la solitudine faceva paura e allora, confusa, alcune volte si era rifugiata tra le braccia di uomini che nulla sapevano o potevano darle, altre volte aveva ripreso la strada di casa. Ma, delusa, più volte cercò l’abbraccio silenzioso della morte.
    Oggi tutto questo sembra lontano. Aprile, infatti, ormai è alle porte e Luisa abbracciando il suo grembo sussurra a suo figlio parole d’amore.


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    p a g i n A


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