Pastorale Giovanile

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    Pastorale Giovanile del Nord-Est

    (NPG 1997-04-25)


    Non è possibile nasconderci la profonda crisi che attraversa i giovani di fronte alle scelte vocazionali specifiche e definitive. Ma il motivo principale che ci ha spinti a produrre questo strumento di lavoro è la convinzione che la ricerca della propria vocazione sia la chiave di lettura appropriata per un corretto approccio ad ogni iniziativa di pastorale giovanile.
    «Essere uomo vuol dire fondamentalmente essere orientato verso qualcosa che ci trascende, verso qualcosa che sta al di là o al di sopra di noi stessi, qualcosa o qualcuno, un significato da realizzare, o un altro essere umano da incontrare e da amare. Di conseguenza, l’uomo è se stesso nella misura in cui si supera e si dimentica» (Frankl, 1974).
    «Vocazione» non implica semplicemente riconoscere e attuare doti e inclinazioni personali (talenti). Nella scoperta gioiosa di una relazione possibile e sempre nuova, originale, creativa tra la persona e Dio, il giovane matura una consapevolezza di sé libera da ripiegamenti narcisistici perché armonizzata dentro una visione globale del mondo e della storia secondo lo sguardo innamorato del Padre.
    «Vocazione» è chiamata a uscire dagli schemi di un’esistenza chiusa nel cerchio delle certezze umane, è prospettiva aperta verso un’esistenza impegnata, è proposta a collaborare con Dio nella storia della salvezza.
    Questa prospettiva deve riflettersi significativamente sul servizio di animazione ai giovani. Già Paolo VI avvertiva che «molti oggi parlano dei giovani; non molti, ci pare, parlano ai giovani».
    Una delle difficoltà pastorali oggi più rilevanti sta nella comunicazione in profondità. L’incontro si esprime più a livello di ruolo che di persona. C’è molta sincerità nei giovani, ma il volto vero e profondo rischia di restare sconosciuto.
    Ci auguriamo che questo sobrio strumento possa stimolare una appropriata lettura della prospettiva vocazionale nella prassi dei nostri animatori e invogliare all’approfondimento, alla ricerca e alla sperimentazione di percorsi rinnovati in funzione dell’odierna realtà giovanile, con le sue potenzialità e i suoi bisogni.
    Dopo una chiarificazione di termini che introduce a collocare nel giusto orizzonte il tema vocazionale, sono stati evidenziati alcuni elementi e passaggi tipici dei giovani che devono essere colti e stimolati in un adeguato percorso formativo.
    Una sintetica indicazione di criteri per il discernimento vocazionale è utile riferimento per chi è chiamato ad accompagnare personalmente i giovani.
    Un’ultima attenzione non poteva mancare per orientare all’armonizzazione tra progetto personale e itinerari vocazionali dentro la comunità cristiana.

    PROGETTO DI DIO E PROGETTO DELL’UOMO

    Una questione di termini

    Nel parlare ecclesiale, «progetto di Dio» e «volontà di Dio» sono termini ricorrenti utilizzati spesso come sinonimi, ma facilmente fraintesi (nel seguito, per semplicità parleremo di «volontà di Dio»).

    Dio ha una volontà particolare su ciascuno di noi?

    In questi termini l’interrogativo pone un certo imbarazzo.
    Ci sono momenti in cui vorremmo poterci riferire a una volontà particolare, chiara ed inequivocabile di Dio (sarebbe la nostra vocazione): nelle ore di dubbio e di difficoltà è rassicurante sapere che ciò che sta accadendo si inscrive in un disegno previsto da tutta l’eternità, in cui ogni elemento della nostra vita – lieto o triste che sia – trova il proprio posto e il proprio senso.
    Ma qualcosa protesta dentro di noi: in questo modo Dio ci porrebbe davanti un programma da svolgere puntualmente e fedelmente, stabilito in ogni caso al di fuori di noi, senza neppure darci dei mezzi sicuri per conoscerlo...
    Un tale volere divino sarebbe un peso insopportabile per la nostra libertà: saremmo dei burattini in mano al «grande burattinaio» della storia... Quale angoscia di fronte alle scelte della vita: ogni errore, qualsiasi ritardo risulterebbero drammaticamente fatali, comprometterebbero irreparabilmente la nostra vocazione. Tutto questo non può esprimere l’atteggiamento del Dio dell’Alleanza che è venuto a salvare colui che era perduto. Tuttavia sappiamo che Egli è colui che ci chiama per nome e il nostro incontro con Lui passa attraverso un cammino specifico e personale.

    Una risposta originale

    Non si tratta quindi di «trovare» la volontà di Dio e di applicarla, di realizzarla tale e quale è stata predefinita.
    Lo Spirito ha seminato nel «campo» di ogni uomo svariate e ricche potenzialità, «talenti»: volontà di Dio è che una persona ne faccia buon uso (il migliore possibile) per sé, per la Chiesa e per il mondo. Ciascuno è chiamato a scegliere – all’interno di una riflessione leale, libera dall’egoismo come dalla paura – il modo più fecondo e più lieto di realizzare la propria vita. Tenuto conto di quello che uno è, della sua storia, della percezione che può avere dei bisogni della chiesa e del mondo, quale risposta personale può dare agli «appelli» che ha colto dal Vangelo?
    Dio desidera che ognuno di noi si «inventi» oggi la propria risposta alla Sua presenza e alla Sua «chiamata»! Si tratta, dunque, di far nascere una fedeltà – originale e creativa – ad un rapporto. È questo un cambiamento di prospettiva abbastanza radicale!...
    Il discernimento è lo strumento per comprendere la volontà di Dio così intesa: esso ci dispone a riconoscere la «verità» di noi stessi (entro i nostri desideri, le nostre attese...) e a decidere per noi ciò che più è conforme allo Spirito di Cristo.

    Il sogno di Dio

    S. Paolo ha cercato di descrivere il disegno di Dio sull’umanità: «In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,4-5).
    È un disegno salvifico che esprime l’essere profondo di Dio: l’amore che si dà, che si comunica. È l’espressione dell’intima comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che si apre a un’alterità per accoglierla nel suo amore.
    Vi è un desiderio da parte di Dio che raggiunge personalmente ciascuno di noi. Egli ci rivela il Suo amore nel Figlio per renderci tutti suoi figli tramite il Verbo Incarnato. Lo Spirito suscita in noi questo «desiderio di figliolanza»: sta a noi pronunciare una parola libera, mai imposta, che si ricongiunga con la Sua.
    Creati a immagine di Dio, siamo chiamati a dare a questa immagine la sua particolare rassomiglianza, ad imitazione del Figlio, sostenuti dallo Spirito Santo.
    Il Dio di fronte al quale noi siamo, non è quel calcolatore straordinariamente potente, capace di programmare e di conservare nella sua memoria miliardi di destini individuali. È l’amore che si è assunto il rischio di chiamarci alla vita, nella somiglianza e nella differenza, per offrirci l’alleanza e la comunione con Lui.
    Chiamandoci alla comunione, Dio non ha altro desiderio che quello di consacrare la nostra libertà, di offrir- le un orizzonte che la dilati fino all’infinito.
    Il suo augurio profondo è di vederci assumere pienamente la nostra libertà; come l’amore suscita l’amore, la libertà desta la libertà: quella di Dio desta quella dell’uomo.
    Ognuno di noi riconoscerà che la propria decisione si ricollega alla volontà di Dio, se può dire che essa lo rende più libero, vale a dire se essa introduce nella nostra vita senso e coerenza, se unifica il nostro passato in Lui aprendo un avvenire. Non si tratta tanto di trovare un posto a Dio nella nostra vita, quanto di trovare il nostro posto nella pienezza di vita d’amore della comunione in cui Dio vive.

    IL TUO VOLTO, SIGNORE, IO CERCO

    «Il tuo volto Signore io cerco» (Sal 27,8): l’immagine evoca da una parte il giovane in continua ricerca di senso e di significato per la vita, dall’altra Dio che non tradisce e non abbandona mai chi lo cerca.
    Anzi, più l’uomo cerca Dio, più lo desidera e più si sente «chiamato e cercato» da Lui. La fede è la risposta, l’armonizzazione fino all’unisono di due voci che reciprocamente si riconoscono, anche se ciò avviene non senza fatica.
    È necessario un cammino, un itinerario «vocazionale» per maturare la coscienza e la consuetudine a pensare la vita come il «luogo» del dialogo tra Dio che chiama e la persona che liberamente risponde.
    La comunità cristiana è il contesto ordinario che favorisce la scoperta e la maturazione della fondamentale vocazione alla santità, che esige da tutti la sequela di Cristo: «Tutti i fedeli di qualsiasi stato sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfetta carità» (Lumen Gentium 40).
    Sempre dentro la comunità si attua l’altro momento del cammino vocazionale: il giovane e la giovane – dopo un serio ed autentico discernimento – mettono la propria vita a servizio della comunità e del mondo con una scelta vocazionale specifica: matrimonio o speciale consacrazione.
    «La chiesa particolare è in stato di vocazione, perché si identifica con tutte le vocazioni di cui è costituita. In essa i battezzati ricevono la chiamata universale al sacerdozio dei fedeli e alla santità. In essa sorgono per dono dello Spirito, le chiamate speciali. È quindi dovere essenziale per la Chiesa particolare, accogliere, discernere, valorizzare tutte le vocazioni» (2° Congresso Internazionale per le Vocazioni, n. 15).

    La realtà giovanile oggi

    Sulla condizione giovanile le indagini e le ricerche, più o meno scientifiche, hanno detto tutto o quasi. L’immagine del giovane degli anni ’90 è descritta in modo abbastanza nitido e preciso, anche se rimane compito non facile definirne le potenzialità oggi proprie. Emergono con maggiore evidenza aspetti problematici quali l’appiattimento rispetto ai valori tradizionali religioso-sacrali, il soggettivismo e l’incapacità di prendere decisioni stabili. Di fatto molte esperienze belle e positive sono facilmente accessibili, ma mancano talvolta di continuità e di progettualità così da non garantire un effettivo «cammino vocazionale». Si rischia di passare di esperienza in esperienza senza mettere radici, senza definire le proprie appartenenze fondamentali: il risultato è un giovane indeciso, incapace di scelte autonome e frammentato.
    Molti giovani sono alla ricerca di un senso da dare alla propria vita. Ritengono l’amicizia e la libertà aspetti irrinunciabili nel loro percorso di maturazione. In molti cresce la domanda di interiorità e di spiritualità e la ricerca di luoghi dove poter fare esperienze autentiche di preghiera. Anche il volontariato assume una rilevanza importante nella definizione del progetto di vita.
    La valorizzazione di questi elementi (ricerca di senso e di interiorità forte, qualità delle relazioni, disponibilità al servizio) è il passo necessario e appropriato per avviare un efficace cammino di crescita personale e di ricerca vocazionale.

    Passaggi significativi

    Ci sono alcuni passaggi propri della realtà giovanile che è opportuno coltivare e valorizzare in chiave vocazionale. All’interno di questa «filigrana di crescita» il giovane può aprirsi alla domanda vera, ad un desiderio di realizzazione che trova nel progetto di Dio una possibilità ulteriore di pienezza. In questo contesto sono racchiusi i «segni vocazionali» propri di ciascuno e da qui si parte per operare il discernimento vocazionale.

    Dalla dipendenza alla autonomia

    La giovinezza è per definizione passaggio dalla dipendenza alla autonomia, da una dipendenza di fatto e acritica ad una autonomia capace di accogliere personalmente e creativamente le relazioni in cui si è necessariamente immersi (e da cui in varia misura sempre dipenderemo) trovando un proprio codice di comportamento coerente con un orientamento di vita scelto.
    Così inteso, questo passaggio caratterizza significativamente la ricerca di identità: ridisegna l’incontro con se stesso, le motivazioni profonde dell’agire e delle scelte individuali. Ne deriva immediatamente anche una ricerca di nuova socialità, una ridefinizione del modo di stare con gli altri.
    Questo momento può allora caratterizzarsi come l’epoca della nuova solidarietà, forse meno militante e colorata di un tempo, ma altrettanto forte e rassicurante. Tale passaggio implica una ricerca critica e una «appropriazione» personale di motivazioni e di stili di vita. In chiave vocazionale due riferimenti rilevanti per penetrare a fondo il tema dell’autonomia sono: la figura di Gesù, Figlio «relativo» al Padre nella comunione trinitaria; la figura del discepolo «relativo» al Cristo, alla sequela del Maestro nella Chiesa.
    Opportuni incontri ed esperienze personali contribuiscono a concretizzare questa ricerca nella vita quotidiana del giovane.

    Dal progetto alla vocazione

    Nella cultura contemporanea ha minor successo la parola «vocazione» della parola «progetto». Il progettare umano sottolinea la libertà, la creatività, la possibilità di autorealizzazione. In definitiva, l’uomo si sente protagonista delle sue scelte. È normale che un giovane viva con forza questo retroterra culturale. Man mano però che si entra nel mistero della vita, le varie esperienze che si intrecciano possono lasciar intravvedere che non tutto è progettabile: anche solo umanamente, ogni «evento» non è il semplice frutto di una volontà individuale, ma il risultato del concorso di volontà diverse (e non sempre convergenti). La nostra stessa vita è dono, frutto della volontà di altri.
    È importante aiutare i giovani ad utilizzare questa chiave di rilettura delle proprie esperienze per accorgersi di come molto spesso l’iniziativa parte da altri, da un Altro, da Dio di cui imprevedibilmente si percepisce la presenza nella propria vita. Ogni «evento» diventa pro-vocazione, interpellanza a favore della scoperta della mia vocazione più profonda.
    Da qui l’esigenza di una rinnovata progettualità, come risposta personale, autonoma e strutturata a questa «vocazione» che via via si dischiude alla comprensione del giovane.

    Dal provvisorio al definitivo

    Molti hanno definito la cultura attuale come la cultura del provvisorio, del «tutto, subito e senza fatica», del «niente è certo e sicuro». Ritorna di moda l’aforisma di Protagora: «tutto passa; niente rimane». E se niente rimane, non vale la pena darsi tanto da fare, preoccuparsi per la vita.
    Ma è pur vero che anche oggi – e i giovani lo dimostrano in modo particolare – c’è bisogno di messaggi chiari, di proposte precise capaci di andare al nocciolo. Tanti sono alla ricerca di stabilità, di certezze che possano dare un significato profondo e duraturo all’esperienza della vita.
    Le certezze per il nostro tempo devono rispondere ai grossi interrogativi del vivere in una società complessa, dove le culture, gli stili di vita, le religioni stesse si intrecciano sempre di più in un vortice che disorienta. Il riflesso di questa situazione nuova è la fatica dei giovani ad affrontare il passaggio dal provvisorio al definitivo.
    Non si può, però, tacere: senza una base personale che assuma i tratti del definitivo – magari più sul piano degli orientamenti concreti codificati – non si può parlare di una definizione dell’identità, di una maturità raggiunta.

    Dall’egocentrismo all’amore

    La maturità affettiva della persona esige il passaggio di una chiusura egocentrica in se stesso all’apertura all’altro. Solo così c’è autentica maturazione e la possibilità di essere veramente se stessi.
    Anche se oggi è prevalente una presentazione impropria dell’amore e della sessualità come esasperata ricerca di sé e soddisfazione dei propri bisogni, non possiamo negare una realtà profondamente umana: il giovane tende verso l’oblatività, l’apertura all’altro.
    La vocazione è sempre «vocazione all’amore». Il giovane incarna questa dimensione soprattutto maturando un profondo senso di gratuità. Egli è capace di dare tanto, spesso anche tutto gratuitamente.
    La stessa risposta «lo faccio perché mi va di farlo» può rivelare un genuino slancio di generosità. Il giovane ha capito che la piena realizzazione consiste proprio nel dono di sé, nella capacità di amare l’altro. È proprio nell’amore il valore ultimo e profondo, il destino di ogni uomo.

    CRITERI DI DISCERNIMENTO VOCAZIONALE

    Il discernimento vocazionale per scegliere e per crescere

    La complessità delle situazioni in cui il cristiano è chiamato a vivere e a scegliere per attuare il progetto di Dio gli impongono un continuo esame del proprio stato d’animo, degli impulsi, delle motivazioni che lo inducono ad operare alcune scelte e non altre. Non sempre né subito è chiaro ciò che si muove nella coscienza e nel cuore del cristiano, e neppure è sempre facile discernere ciò che viene dallo Spirito di Dio e ciò che invece è nel temperamento, nella psicologia, nel modo di reagire agli eventi della vita.
    Ma quali sono i criteri che, in qualche misura, confermano che le nostre scelte, la nostra vita sono ispirate da Dio? Come capire che stiamo dicendo di sì proprio al nostro Signore?
    Dio si serve ordinariamente di alcune «mediazioni» per farci comprendere il suo disegno su di noi: la vocazione personale è un invito da accogliere, un germe che va sviluppato ed ha bisogno di essere nutrito, protetto e sorretto.

    Elementi da «ascoltare»

    * Il mistero della persona: i «doni creaturali» (capacità, inclinazioni, progetti) sono indicazioni molto importanti per rivelare la realtà dell’io profondo e il suo modo di rapportarsi al disegno d’amore del Padre.
    * La realtà ci provoca incessantemente, ci interpella, specialmente attraverso le situazioni di sofferenza e di bisogno. Gli appelli lanciati da queste situazioni sono segnali e stimoli per scoprire la volontà di Dio su di sé. Dentro la realtà collochiamo anche la vita e le istanze attuali della Chiesa.
    * La Parola della Scrittura, accolta con fede e con amore nella preghiera, è il filtro che interpreta e verifica più profondamente i primi due livelli.

    «Luoghi» del discernimento

    * Il cuore «abitato dallo Spirito» è il luogo fondamentale del discernimento vocazionale. Ma non è sufficiente da solo!
    * La comunità cristiana, che si rende concretamente visibile in singoli e gruppi determinati, è il luogo privilegiato del discernimento, in quanto è l’ambiente naturale della maturazione umana e di fede di ciascun suo membro.

    «Criteri» del discernimento

    * Il «sì alla vita»: Dio si attende che ciascuno sia pienamente – nel modo più originale possibile – uomo o donna, creatore di vita e di amore, a Sua immagine.
    * La consapevolezza di essere partecipe del disegno di salvezza proprio dell’amore di Dio.
    * L’atteggiamento di fondo di voler vivere un’amicizia profonda con Gesù Cristo, che diventa maestro di vita.
    * Il desiderio e la forza nel proclamare la Parola di Dio accompagnato dalla coscienza della propria debolezza e fragilità.
    * La pace interiore, perché «frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5, 22).
    * La percezione dei segni interiori: pensieri, motivazioni, attrattive interiori che spingono alla scelta precisa di uno stato di vita.
    * La comunione ecclesiale: i doni dello Spirito sono volti all’edificazione della Chiesa per la salvezza del mondo, sono dati per l’utilità comune.
    La comunione fraterna è un segno dell’incarnazione della carità di questo riferimento.
    * Il riconoscimento ecclesiale: la vocazione è dono di Dio, ma la sua autenticazione passa attraverso il riconoscimento della comunità ecclesiale. Occorre cercare e accogliere il giudizio di chi è preposto al discernimento dei carismi nella Chiesa.

    Un servizio fondamentale al discernimento: l’accompagnamento spirituale

    Così si esprimeva san Giovanni della Croce: «Colui che vuol restare solo senza il sostegno di un maestro e di una guida è come un albero solo e senza padrone in un campo, i cui frutti... verranno colti dai passanti e non giungeranno alla maturità».
    L’accompagnamento spirituale è finalizzato alla personalizzazione della fede così che la persona prenda «coscienza di sé» e progredisca verso la realizzazione della sua precisa vocazione personale, pienamente umana e soprannaturale.
    Potremmo sintetizzare così quello che è l’accompagnamento spirituale: una profonda «esperienza di comunione-comunicazione» tra un uomo/donna spirituale e una persona per «aiutarla a corrispondere alla grazia e a esprimere la potenzialità di quel progetto che Dio ha su di lei, nella trasparente consapevolezza di un comune apprendistato di fronte all’unico vero Maestro: lo Spirito».[1]
    L’accompagnamento spirituale è aiuto, stimolo, collaborazione perché il credente si apra liberamente alla grazia, faccia sua la Parola di Dio ascoltata, sì che cresca in lui la sapienza di Cristo.[2]

    I protagonisti

    All’interno della comunità viva entro la quale è stato iniziato alla fede, il giovane scopre il ruolo del sacerdote come uomo di Cristo, servo di un Amore che si fa presente attraverso l’uomo che continuamente rinnova l’annuncio della novità di Dio rivelataci dal Cristo: Dio è un amore onnipotente. La «buona notizia» si identifica con Gesù Cristo, Dio accanto a me, Dio che si dona per me, Dio che mi invita a vivere donando.[3]
    All’interno di questo contesto, la guida spirituale non è immediatamente un ruolo istituzionalizzato, ma un ministero da valorizzare all’interno di tutte le vocazioni con finalità educative e formative, prossime agli adolescenti o ai giovani in cammino verso la pienezza della vita di fede.
    Ogni educatore è nativamente guida.[4]
    Quando però l’animatore si percepisce insufficiente di fronte a questo servizio, è grande saggezza rivolgersi a persone più esperte o rinviarvi direttamente i giovani con cui tratta, riscoprendo qui il ruolo del presbitero.

    I mezzi

    Il cammino di personalizzazione della fede e della crescita vocazionale è tale se accompagnato dalla proposta dei mezzi appropriati per perseguirlo.
    * Prima di tutto la guida spirituale mira a condurre il giovane entro un cammino di preghiera, indispensabile per entrare nella solidità della fede. Bisogna puntare alla preghiera personale che nutre la vita, entusiasma, trasforma, porta alla contemplazione di Dio, a comunicare con la sua presenza, alla pace profonda del cuore. Un alto obiettivo è la lectio divina, preghiera fatta attraverso la Parola di Dio che dà contenuti solidi alla nostra fede.
    * La preghiera, qualunque sia la sua forma, apre il giovane alla comprensione della «verità» di sé. Da qui può nascere un vero bisogno di perdono, una sete di riconciliazione. Il sacramento della riconciliazione è un momento estrememante ricco nell’accompagnamento spirituale del cristiano. L’importanza del sacramento richiede anche al ministro, il sacerdote, una ricchezza spirituale non indifferente: donazione generosa di sé, zelo ardente e sincero per il bene profondo dei singoli giovani, disponibilità piena, delicatezza di tratto e fine rispetto delle coscienze, comprensione e tenerezza insieme a decisione e chiarezza di dottrina.
    * C’è un momento caratteristico dell’accompagnamento spirituale: il colloquio spirituale. San Basilio affermava che «i giovani, se vogliono far progresso, non devono tener nascosto nessun moto dell’anima. Bisogna che svelino i segreti del cuore a coloro che sono a ciò designati, che si occupano benevolmente dei fratelli più deboli». In questo colloquio il padre spirituale è vicino ed evangelicamente prossimo, ma sempre un po’ marginale: il centro è già occupato da una Presenza da scoprire e manifestare.[5]
    * Un ulteriore e importante servizio all’accompagnamento spirituale sono le giornate di deserto e gli Esercizi Spirituali.

    PROGETTO PERSONALE E ITINERARI VOCAZIONALI DENTRO LA COMUNITÁ CRISTIANA

    Abbiamo già affermato come non sia concepibile alcuna attenzione vocazionale che non si radichi, non trovi alimento e anche verifica nella Chiesa. Tale affermazione deve concretizzarsi laddove la Chiesa prende forma visibile, soprattutto nella comunità parrocchiale e diocesana. L’intreccio delle iniziative tra questi due livelli ecclesiali deve sostenere una seria proposta di educazione alla fede dove la valenza vocazionale si esprime in maniera chiara, sempre rispettosa e corretta.
    Pensiamo alla parrocchia come «famiglia dei figli di Dio» capace di accompagnare il cammino educativo dei giovani alla luce della propria esperienza di fede: per questo deve essere una comunità cristiana «adulta nella fede».
    Tre ci sembrano i criteri irrinunciabili che qualificano la «maturità» di una comunità e la possibilità di accompagnare altri alla fede:
    * l’abitudine a riconoscere nella propria storia e nella propria vita il Signore che la salva;
    * il sapersi porre in stato di continua conversione provocata dal Vangelo;
    * la capacità di organizzarsi in funzione della testimonianza-missione anche nei confronti delle nuove generazioni.
    A questo punto diventa importante delinare alcuni possibili orizzonti verso i quali tendere nell’accompagnare i giovani alla fede:
    * riconoscere e assumere il valore della vita, della propria vita e della dimensione della «solidarietà» della vita. L’esistenza è già la prima chiamata rivolta al giovane e va vissuta nella positività e nella solidarietà più ampie;
    * percepire nella propria vita il mistero e il dono dell’incarnazione. Dio ama il giovane, lo ama per quello che è, e questo amore si manifesta nella condivisione della sua vita. Dio sceglie di abitare la vita del giovane e lo chiama a partecipare alla sua opera redentiva a favore del mondo intero;
    * comprendere in modo vitale la sequela di Cristo nella ferialità delle esperienze e delle scelte;
    * favorire l’assunzione di un costante atteggiamento di conversione all’annuncio del vangelo tale da innervare gli atteggiamenti di vita dei giovani.
    La comunità cristiana ha dei doveri precisi verso ogni giovane che desidera vivere la sua vocazione per dare forma storica alla Parola di Dio. Individuiamo due particolari attenzioni della comunità cristiana dentro alle quali attivare alcuni soggetti e strumenti.

    1ª attenzione : Livello comunitario

    Tra i soggetti

    * Valorizzare la famiglia come primo, decisivo e insostituibile luogo educativo non solo per far maturare qualità umane di fondo quali l’ottimismo, l’altruismo, la serietà negli impegni, ma anche per educare all’accettazione gioiosa del messaggio di Cristo nella propria vita come senso e ragione profonda di tutte le proprie esperienze e di tutte le proprie scelte.
    * Proporre con passione dei cammini/itinerari di educazione alla fede da vivere in gruppo, diversificati secondo le età con attenzione alla globalità della persona e alla gradualità della sua crescita.
    Cammini in cui valorizzare le ministerialità affinché ogni giovane trovi modalità e spazi propri di presenza e di azione che lo aiutino a realizzarsi come persona e come cristiano. Vengano indicati tempi e luoghi di servizio per educare alla scoperta delle proprie potenzialità, ad una disposizione non egocentrica, ad un comportamento collaborativo e di condivisione, al gusto dell’impegno e al senso della gratuità.
    * Far sentire la comunità parrocchiale come l’ambiente naturale in cui vivere a proprio agio la fede, accolti e valorizzati per ciò che si è, in uno stile di gratuità e conversione. In questa comunità si incontrano esempi di vocazioni realizzate (animatori, famiglie, preti, religiosi...) caratterizzate da entusiasmo e profonda motivazione, in grado di stimolare alla corresponsabilità e alla partecipazione attiva.

    Tra gli strumenti

    * È importante, tenendo conto dell’età e delle caratteristiche soggettive di ogni giovane, offrire forti esperienze comunitarie di preghiera (esercizi spirituali, week-end dello spirito...), di incontro con la Parola di Dio e con i sacramenti, valorizzando le scansioni naturali dell’Anno liturgico in cui si fa esperienza del Dio dell’alleanza e del suo cuore misericordioso.
    * In questa logica la carità cristiana può esprimersi nei modi più vari, ad esempio l’assunzione di qualche responsabilità educativa all’interno della comunità (catechista, animatore...), di qualche responsabilità laicale (esperienze di volontariato, di servizio sociale, politico...), di introduzione a qualche stato di vita (fidanzamento, ingresso in un cammino vocazionale specifico...).
    * Valorizzare esperienze e luoghi di servizio in cui si domanda aiuto, azione di recupero, servizio di carità per maturare il valore della fedeltà, del sacrificio e della donazione di sé.

    2ª attenzione: Livello personale

    Tra i soggetti

    * Nell’ottica dello sviluppo vocazionale è importante l’accompagnatore spirituale del giovane: una persona amica e adulta nella fede che sia in grado di ascoltarlo, che gli voglia bene, che abbia fiducia nelle sue capacità, che lo aiuti a conoscere scrupolosamente se stesso, le doti e i limiti, le responsabilità e le paure. Che aiuti soprattutto a discernere in profondità con la sapienza del cuore, i segni della volontà di Dio nella propria vita.
    * Altre figure centrali sono gli animatori che coltivano rapporti di autentica amicizia e di fraterno aiuto nelle varie fasi della vita del giovane. Animatori in grado di offrirsi quali viventi modelli vocazionali con entusiasmo e motivazioni profonde.
    * Tra questi due soggetti è importante sviluppare e valorizzare quella sinergia che permette di acquisire una visione più completa della personalità del giovane e di disporre di maggiori possibilità nella scelta degli strumenti d’aiuto verso l’obiettivo comune.

    Tra gli strumenti

    * L’incontro personale quotidiano con la preghiera, soprattutto attraverso la Parola di Dio, diventa fonte e cibo per dare forza e sostanza ad ogni pensiero, scelta e decisione arrivando a capire la centralità di Dio nella propria vita.
    * La familiarità con i momenti sacramentali in quanto «sacramenti dalla fede» e «sacramenti della vita», segni efficaci della relazione personale con il Signore che si sviluppa attraverso le vicende e gli impegni quotidiani arricchendosi via via alla celebrazione dei misteri della salvezza.
    Una particolare attenzione va all’Eucaristia e alla Penitenza; il primo matura il senso di oblatività e invita a vivere nel segno del ringraziamento e della gratuità; il secondo spinge la persona in ricerca alla conversione continua provocata dal vangelo.
    * Un significativo aiuto alla spiritualità personale viene dalla costruzione e dal riferimento permanente ad una propria «regola spirituale».
    Qui il soggetto organizza armoniosamente gli impegni concreti che qualificano la sua maturazione nella vita e nella fede.


    NOTE

    [1] Masseroni E., La guida spirituale nel servizio di accompagnamento vocazionale, in Direzione spirituale e orientamento vocazionale, EP 1992, p. 71.
    [2] Mercatali A., Padre spirituale, in DTS 1119 ss.
    [3] Comastri A., Educare i giovani all’incontro con Dio, in Direzione spirituale e orientamento vocazionale, EP 1992, p. 17ss.
    [4] Masseroni E., op.cit., p. 76.
    [5] Martinelli A., Giovani e direzione spirituale, LDC, Torino 1989.


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