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    Ermeneutica della sessualità e criteri etico-teologici



    Giannino Piana

    (NPG 1997-03-36)


    La riflessione etico-teologica sulla sessualità deve oggi confrontarsi con una serie di contraddizioni e di paradossi che emergono tanto nell’ambito del vissuto quanto in quello dell’interpretazione culturale. L’esperienza sessuale dell’uomo contemporaneo è infatti contrassegnata dalla compresenza di opposti atteggiamenti, che determinano una situazione di conflitto e di lacerazione della coscienza. Da un lato è tuttora persistente una concezione negativa della sessualità, che affonda le sue radici nella tradizione culturale dell’Occidente e che ha lasciato tracce consistenti nell’inconscio collettivo; dall’altro, si è fatta strada una concezione permissiva e consumistica della sessualità dominata dalla tendenza ad una liberalizzazione selvaggia, che ha come esito la sua radicale banalizzazione.

    LE DINAMICHE DELL’ODIERNO CONTESTO SOCIO-CULTURALE

    Non è inutile richiamare qui le cause che sono all’origine di questa situazione. La repressione del sesso viene da lontano, e non è di per sé addebitabile, nella sua insorgenza, al cristianesimo. La rivelazione, sia vetero che neotestamentaria, ha infatti una visione altamente positiva della sessualità, pur nel riconoscimento dei limiti e delle ambiguità che la connotano e che vengono soprattuto ascritti alla decadenza dell’uomo provocata dal peccato. In realtà l’interpretazione pessimistica del sesso è espressione di un insieme di correnti di pensiero di stampo dualistico, che si sono particolarmente sviluppate nell’area geografica del Mediterraneo prima dell’avvento del cristianesimo e che hanno esercitato una forte influenza anche sul pensiero cristiano dei primi secoli. Platonismo, gnosticismo e manicheismo – per non ricordare che i sistemi più noti – sono accomunati tra loro dalla contrapposizione tra spirito e materia; contrapposizione che conduce, sul piano antropologico, alla radicale svalutazione del corpo e di tutto ciò che ad esso dice riferimento, prima fra tutte la sessualità.
    La riflessione teologico-morale dei Padri della chiesa risente profondamente del condizionamento di questi modelli. Nata in un contesto di grande tensione escatologica, essa guarda con sospetto all’attività sessuale, considerandola un permanente attentato alla vita dello spirito. L’esaltazione della verginità come forma perfetta della vocazione cristiana e la giustificazione dell’uso della sessualità all’interno del matrimonio solo in rapporto al perseguimento della finalità procreativa, sono altrettanti elementi che confermano questa linea di tendenza. Lo sviluppo di essa nella successiva tradizione ecclesiale ha condotto all’enfatizzazione del peccato sessuale, che viene identificato con il peccato per eccellenza. Il termine «immorale» è stato per molto tempo usato per designare, in maniera prevalente e quasi esclusiva, l’atto contrario al sesto comandamento, con la conseguente relativizzazione di altri ambiti, non meno importanti, della vita morale.
    La cultura che ha preso il sopravvento in questi ultimi decenni, reagisce fortemente a questa impostazione. La rivoluzione sessuale ha messo in luce le potenzialità positive della sessualità e la sua enorme significatività per la vita dell’uomo e della società. Il sesso è fatto oggetto di un processo di liberazione che ha valenze personali e sociali. Tuttavia il contesto consumistico entro il quale tale processo avviene finisce per distorcerne la vera portata. La liberazione sessuale rischia di ridursi ad una forma di libertinismo, il cui risultato è la mercificazione consumista, e perciò lo svuotamento dei suoi significati umani. Il sesso risulta sempre più espropriato delle sue dimensioni più autentiche e ricondotto alla genitalità, le cui istanze vengono esaltate al di fuori di qualsiasi riferimento relazionale. Ciò che in definitiva sembra prodursi è la radicale separazione della sessualità dall’amore con la caduta in una nuova e più grave forma di alienazione.
    L’uomo contemporaneo vive pertanto la sessualità al crocevia di queste esperienze contraddittorie e laceranti. Egli è, per un verso, condizionato dalla cultura tabuistica del passato, dai cui residuati ancestrali non è facile liberarsi, ed è, per altro verso, segnato dalla cultura permissiva odierna, la quale esercita una consistente pressione sui comportamenti quotidiani. L’oscillazione inevitabile tra questi due opposti poli determina l’insorgenza di un vissuto altamente conflittuale, che impedisce il dispiegarsi di una percezione equilibrata e serena della sessualità nelle sue potenzialità e nei suoi limiti.

    Il conflitto delle interpretazioni

    Se poi dal terreno dell’esperienza si assurge a quello dell’interpretazione fornita dalla ricerca scientifica, si affacciano altri (non meno inquietanti) nodi problematici. Le scienze umane hanno esplorato, in questi ultimi decenni con grande attenzione, i diversi aspetti della sessualità, aiutandoci a metterne a fuoco i meccanismi fisiologici, le dinamiche psichiche e i condizionamenti sociali e culturali, consentendoci, in altre parole, di farne emergere la complessa realtà umana.
    Ma, paradossalmente, quanto più la sessualità è fatta oggetto di conoscenza, tanto più ci accorgiamo di non conoscerla; percepiamo cioè che essa ci sfugge, che la sua natura più intima è profondamente «enigmatica», perché strettamente connessa al mistero della persona e della sua storia.
    D’altra parte, le diverse interpretazioni elaborate dalle scienze non risultano sempre facilmente componibili. Ogni lettura della realtà umana condotta in chiave scientifica è di fatto guidata da precomprensioni ideologiche, da assunti di carattere prescientifico, che tendono ad essere assolutizzati, impedendo ogni tentativo di sintesi o almeno la ricerca di qualche forma di convergenza. La sessualità è oggi più che mai attraversata da questo conflitto di interpretazioni, che, anziché concorrere a svelarne la natura, finisce per accentuarne la complessità rendendola ancor più indecifrabile.
    L’etica non può non risentire di queste difficoltà. Se infatti non vuole limitarsi ad un’astratta proclamazione di principi, essa deve misurarsi con il vissuto reale e deve soprattutto prendere in seria considerazione gli apporti delle scienze umane. La contraddittorietà delle esperienze e il conflitto delle interpretazioni si riflettono pertanto anche sull’elaborazione degli orientamenti valoriali e sulla produzione delle indicazioni normative, limitando le possibilità di una riflessione oggettiva, capace di illuminare correttamente i comportamenti umani e di favorirne la crescita nella prospettiva di una piena adesione ai veri significati della sessualità umana.

    LA RICERCA DEI SIGNIFICATI UMANI DELLA SESSUALITÀ

    Se quelli fin qui abbozzati sono senza dubbio aspetti problematici da non sottovalutare, esistono tuttavia nel quadro dell’odierna analisi culturale elementi positivi di definizione della sessualità che meritano di essere approfonditi, perché ci consentono di ricuperare le basi antropologiche per una più matura proposta etica. Si tratta di dimensioni costitutive o di strutture di significato che l’antropologia contemporanea, grazie anche al contributo delle scienze umane, ci ha aiutato a scoprire e che definiscono l’autocomprensione che l’uomo ha di sé come essere sessuato.

    Sessualità e persona

    La prima di queste dimensioni è anzitutto costituita dal rapporto essenziale che lega la sessualità al mistero della persona. La differenza sessuale, lungi dal poter essere circoscritta alla sola genitalità, è una realtà che coinvolge radicalmente la persona in tutti i suoi aspetti. La sessualità è una conformazione dell’essere personale, un vero e proprio modo di essere-al-mondo. È merito indubbio della psicanalisi aver sottratto il sesso alle limitazioni spazio-temporali del passato per estenderne l’influenza all’intera realtà della persona e della sua storia. La persona è senz’altro più grande della sessualità, ma è, nello stesso tempo, radicalmente segnata dalla differenza sessuale dalla quale scaturiscono i modelli di comprensione e di comportamento che la caratterizzano.
    D’altro canto, ci spiega come sia, in definitiva, la persona a conferire connotati specifici alla sessualità umana. Il fatto che il sesso umano manifesti, sotto il profilo biologico, una maggiore povertà rispetto a quello animale, che è perfettamente regolato dalle leggi dell’istinto, è la ragione della sua ricchezza, cioè della sua permanente apertura all’azione dell’uomo, della possibilità di essere plasmato e modellato dall’uomo secondo le sue esigenze, e perciò di essere caricato di sempre nuovi significati. È come dire che la sessualità umana è più cultura che natura; che sta, in altri termini, all’uomo intervenire su di essa mediante l’esercizio delle sue facoltà superiori per finalizzarla al perseguimento della crescita personale.

    Nel segno della reciprocità

    La seconda dimensione della sessualità è rappresentata dal suo significato interpersonale. L’umano è un’unità che si realizza in una differenza: l’essere-uomo e l’essere-donna come modalità di esistenza che si richiamano reciprocamente. Il sesso è pertanto alla radice della relazionalità umana; è un’energia dell’io che apre l’io al tu, una sorta di porta aperta sul mondo dell’altro. Attraverso di esso l’uomo percepisce che solo nella relazione intersoggettiva si realizza, e che tale relazione prende forma concreta in una comunicazione totale, che coinvolge anche la corporeità.
    Lo statuto bisessuato dell’umano fa della sessualità un linguaggio soggetto ai limiti propri di ogni altro linguaggio. Anche il linguaggio del corpo è infatti ambivalente: svela e copre nello stesso tempo, incarna il desiderio ma non lo esaurisce. Ma soprattutto anche il linguaggio del corpo può condurre al tradimento della verità: la sessualità da luogo privilegiato di manifestazione dell’amore può diventare strumento per la ricerca egoistica del proprio piacere individuale ottenuto attraverso la riduzione dell’altro ad oggetto, a semplice cosa utile per la soddisfazione del proprio bisogno. L’autenticità del rapporto sessuale è dunque legata all’autenticità dell’incontro umano, alla capacità di costruire relazioni vere fondate sulla reciprocità. Solo in questo contesto la sessualità diviene l’ambito entro il quale l’amore si incarna e la via per la sua maturazione.

    La dimensione sociale

    Infine l’ultima dimensione della sessualità che deve essere seriamente considerata è quella sociale. Il sesso riveste, in tutte le culture, un ruolo decisivo nell’articolarsi dei rapporti sui quali si costruisce la vita associata. Per questo le diverse società – a partire da quelle primitive – hanno avvertito l’esigenza di elaborare precise normative (si pensi al divieto dell’incesto o alla regolamentazione dell’unione matrimoniale) che incanalino l’impulso sessuale, così da valorizzarne l’enorme potenziale di coesione sociale, impedendo insieme che esso si trasformi in elemento di perturbazione e di disgregazione.
    La profonda interdipendenza tra sessualità e vita sociale è, d’altronde, confermata anche dall’analisi dei comportamenti disturbati, che si manifestano soprattutto nell’adolescenza. Le diverse forme di asocialità, che si verificano nel mondo giovanile, sono riconducibili ad insicurezze esistenziali, che hanno la loro radice nel cattivo sviluppo della personalità dovuto al conflitto con le figure parentali. Esiste dunque un nesso preciso tra alienazione sessuale e alienazione sociale e, inversamente, tra liberazione sessuale e liberazione sociale. La privatizzazione della sessualità, che è venuta affermandosi nella nostra società come espressione dell’ideologia borghese, ha avuto pesanti ricadute negative anche sullo strutturarsi della vita sociale. La rivalutazione della dimensione sociale della sessualità è perciò la strada per restituire alla sessualità un significato fondamentale che le appartiene e per conferire alla società un orizzonte di vero sviluppo umano.

    SESSUALITÀ E MISTERO CRISTIANO

    La prospettiva cristiana di interpretazione della sessualità si inserisce profondamente nel contesto umano e ne ricupera pienamente i significati. La rivelazione biblica ci presenta, sin dall’inizio, una visione del tutto «secolarizzata» della sessualità, in netto contrasto con la lettura che di essa si fa in altri contesti culturali, e particolarmente quelli dei popoli più vicini ad Israele. Alla concezione «sacrale» in essi predominante, la bibbia oppone un concetto di sessualità come «dono buono» del Dio creatore rimesso alle mani dell’uomo perché responsabilmente lo modelli secondo le sue esigenze. La ragione ultima di questa visione sta nell’idea trascendente di Dio propria dell’ebraismo. Il Dio della bibbia non si mescola con i cicli della natura e della fecondità; è un Dio Altro dal mondo, che ha dato origine alle cose lasciandole alla propria autonomia e sottoponendole alla sovranità dell’uomo.

    Nell’orizzonte dell’alleanza

    Ma la sessualità contiene anche per la rivelazione elementi di apertura alla trascendenza. La differenza sessuale tra uomo e donna, in quanto è all’origine di ogni incontro umano, porta inscritta la tensione verso un incontro senza limiti. La consapevolezza che solo nella relazione interpersonale l’uomo si realizza (non è bene che l’uomo sia solo) e che ogni relazione umana è pur sempre precaria, se non altro per la incombente possibilità dello scacco radicale della morte, fa nascere la nostalgia di una relazione assoluta, che appaghi fino in fondo il desiderio umano. La sessualità è dunque di per sé contrassegnata da un orientamento verso l’alto; essa non è solo energia che apre l’uomo all’altro e agli altri, ma energia che include anche l’apertura verso l’Altro, verso il Tu assoluto.
    È proprio questa connaturale spinta alla trascendenza, che appartiene all’eros umano, la ragione per cui esso viene inserito nel circolo dell’agape, cioè della stessa realtà dell’amore di Dio. La sessualità, pur continuando ad essere realtà umana, viene ad acquisire un ulteriore orizzonte di senso; diviene segno o strumento rivelativo privilegiato del mistero di amore che unisce Dio al suo popolo.
    Le immagini dell’amore nuziale, connotato dalla presenza della sessualità, servono ai profeti per descrivere, con sorprendente realismo, l’intimità e le profondità dell’amore divino. A sua volta, l’amore divino, che si rende gradualmente trasparente nella storia della salvezza, rivela l’amore umano a se stesso, mettendone a fuoco aspetti sempre nuovi ed insospettati e spingendolo verso la pienezza della sua realizzazione.
    Si instaura così una sorta di circolarità feconda e di mutua appartenenza tra eros e agape, che conferisce all’amore umano una direzione e un valore assoluto.

    In Cristo e nel mistero trinitario

    Il NT dà compimento a questo processo. La rivelazione definitiva dell’amore di Dio nella persona di Gesù getta un nuovo fascio di luce sulla sessualità e sull’amore umano. L’incarnazione e la pasqua segnano la piena partecipazione dell’umano alla vita divina. L’eros è in tal modo radicalmente inserito nel mistero agapico, ed è perciò chiamato a rendere trasparente la logica di tale mistero. La sessualità acquista qui tutto il suo senso.
    Essa continua a rimanere realtà umana, ma è insieme investita di un significato più grande al quale deve costantemente adeguarsi. L’agape divina assume la sessualità nella sua connaturale apertura al dono, ma nello stesso tempo ne contesta la spinta egocentrica, purificandola ed elevandola fino a trasformarla in espressione di una realtà trascendente.
    La rivelazione del mistero trinitario costituisce il momento più alto dell’esplicitazione di questo rapporto. Dio è Amore in quanto è comunione di persone che si realizzano nella reciprocità del dono. La relazione interpersonale è dunque la dimensione più profonda del mistero di Dio. La sessualità umana deve conformarsi a questo modello: essa va cioè vissuta nel segno di una totale reciprocità interpersonale ispirata ad un atteggiamento di assoluta gratuità.

    ORIENTAMENTI PER UN’ETICA DELLA SESSUALITÀ

    Spetta all’etica far emergere nel comportamento quotidiano la ricchezza dei significati umani della sessualità e insieme aprirla alla recezione del suo senso ultimo. L’esercizio di questa essenziale funzione implica il giudizio sui vissuti, ma esige soprattutto l’attenzione ad individuare prospettive positive di crescita che orientino il cammino di sviluppo delle relazioni umane. In questo orizzonte si muovono le indicazioni che qui offriamo, il cui obiettivo è anzitutto quello di segnalare i percorsi di tale cammino.

    L’integrazione della sessualità nella persona

    Se è vero che la sessualità è una dimensione costitutiva della persona, che la coinvolge a tutti i livelli dell’essere e lungo tutta la sua storia, è allora evidente la necessità di integrarla pienamente nell’esperienza della vita quotidiana. La dissociazione tra sesso e persona è il retaggio di una cultura dualistica, il cui peso è tuttora persistente nella coscienza degli uomini. Tanto l’atteggiamento tabuistico quanto quello permissivo, pur essendo di segno opposto, sono riconducibili alla stessa matrice: la netta separazione dello spirito dal corpo con la conseguente riduzione della sessualità alla genitalità, che viene rispettivamente rifiutata o mitizzata.
    La ricostruzione dell’unità della persona è dunque la condizione per restituire alla sessualità il suo autentico valore umano. Ma questa unità è insieme un dato originario e una realtà da sviluppare nel tempo. Sta all’uomo realizzare l’unificazione della propria persona mediante un processo di graduale autopossesso di sé, teso ad incanalare nel giusto alveo le potenzialità che sono alla radice della sua struttura personale. Il sesso è istinto, passione, sentimento di amore; ma è anche volontà e libertà.
    I diversi livelli che lo connotano esigono un’armonica integrazione tra loro, che è frutto di una permanente assunzione della propria identità. Ciò comporta l’imposizione di precise limitazioni alle pulsioni istintuali in vista di un sempre maggiore padroneggiamento di se stessi, che è condizione essenziale per l’apertura agli altri e per lo sviluppo della capacità di donarsi.
    Le fasi di questa crescita non possono che essere graduali. La adolescenza, in quanto momento di passaggio nel processo di maturazione della personalità, implica una particolare attenzione ai fenomeni che la caratterizzano. L’autoerotismo presenta, in questo contesto, aspetti ambivalenti: esso è, da un lato, espressione del bisogno di identificazione, che passa anche attraverso l’esperienza di contatto con la propria genitalità; ma può, dall’altro, risolversi in una forma di fissazione narcisistica, che riveste un carattere regressivo. La possibilità di conferire uno sbocco positivo a questa fase, evitando il rischio della dissociazione, è legata all’offerta di prospettive di crescita che favoriscano una graduale maturazione della comunicazione interpersonale.

    Nel contesto dell’amore autentico

    L’obiettivo dell’integrazione della sessualità nella persona è pertanto la realizzazione dell’incontro intersoggettivo, cui la differenziazione sessuale è strutturalmente destinata. L’etica sessuale deve fornire i criteri per l’articolarsi di una vera comunione di amore. Tale comunione presuppone anzitutto la disponibilità al dialogo come scambio di esperienze personali da vivere in un clima di fiducia e di reciproca accoglienza. L’apertura di sé all’altro e la capacità di accogliere il dono che l’altro fa di sé sono la risultante di una educazione alla recettività, che nasce dalla coscienza della propria diversità e insieme dalla percezione del bisogno dell’altro per diventare se stessi. L’incontro è autentico nella misura in cui fa spazio al riconoscimento del mistero proprio e altrui, evitando qualsiasi forma di obiettivazione; nella misura in cui è cioè permeato dal sentimento del pudore come attitudine che tende a preservare la sfera della intimità di ciascuno, sottraendolo al pericolo di una usurpazione devastante.
    Ma l’amore trova soprattutto la sua più profonda verità nella tensione oblativa. Amare è dare se stessi, è perdersi nell’altro con la consapevolezza che soltanto così è possibile ritrovarsi nella pienezza di una comunione, che è espressione di una radicale reciprocità. Educare all’amore significa far sprigionare la dimensione della gratuità, che appartiene all’interiorità della persona, senza pretenderne per questo un’impossibile assolutezza. L’equilibrio tra il dare e il ricevere è la misura di ogni rapporto che intenda conservare la dinamica di uno scambio costruttivo. Si impara ad amare imparando ad accettarsi anche nei propri limiti e accettando di conseguenza anche i limiti dell’altro, nel contesto di una fedeltà creativa che rispetta il farsi dell’incontro e lo carica di sempre nuovi significati.
    La sessualità, nelle sue manifestazioni concrete, deve inserirsi in questo orizzonte di amore, incarnandolo e al tempo stesso alimentandolo mediante lo sviluppo di una sempre maggiore comunicazione orientata verso una crescita comune.

    Una corretta socializzazione

    La sessualità è tuttavia anche un’energia di coesione sociale. La dimensione procreativa, che ha le sue radici nella struttura biologica del sesso, è la prima e più originaria forma di apertura sociale. L’incontro a due ha in sé la spinta al superamento dell’autorispecchiamento reciproco. L’amore a due deve essere condiviso, compartecipato; deve, in altri termini, concorrere all’edificazione della vita sociale. Matrimonio e famiglia sono le cellule fondamentali della vita associata; a partire da essi si costruiscono i diversi rapporti di convivenza. Per questo essi rivestono un irrinunciabile significato pubblico, che spinge la società a tutelarli. L’istituzione matrimoniale altro non è che il riconoscimento sul piano giuridico del valore sociale del rapporto a due, in quanto rapporto di donazione totale e permanente.
    È allora evidente che la pienezza del dono sessuale ha il suo contesto ideale nel matrimonio, dove l’amore raggiunge la sua completa socializzazione. L’istituzione non è dunque qualcosa di accessorio, ma è un elemento determinante dell’amore coniugale. Dicendo agli altri la propria volontà di stare insieme totalmente e per sempre, l’uomo e la donna conferiscono all’amore il suo definitivo sigillo.
    La sessualità trova qui la possibilità di esprimersi in tutta la ricchezza dei suoi significati fino a diventare manifestazione della realtà di un incontro incondizionato.

    Alla luce del mistero assoluto

    Gli orientamenti etici segnalati confluiscono nella più radicale attenzione al senso ultimo della sessualità conferito dalla prospettiva cristiana. Il cristianesimo ci fornisce una mistica della sessualità che ha immediate ripercussioni anche sul terreno etico. È come dire che esso ci disvela l’orizzonte ultimo entro il quale va collocata la sessualità, se si intende coglierne tutta la densità dei significati umani. Essa è infatti proiettata oltre se stessa, e appare radicalmente aperta alla trascendenza.
    L’orientamento del vissuto e la valutazione dei comportamenti non possono prescindere da questa apertura. La lettura dell’esperienza sessuale deve costantemente verificare la disponibilità dell’uomo e della donna ad investire in essa la propria ricerca di senso. Ciò vale soprattutto per il credente, per il quale questa apertura assume connotati specifici che hanno il loro fondamento nel mistero di Cristo e in quello trinitario. La relazione umana affonda le sue radici nel rapporto che unisce Cristo alla Chiesa e, più radicalmente, nella realtà delle relazioni che uniscono tra loro le persone divine.
    La capacità di assimilare i contenuti di queste relazioni e di renderli trasparenti nel comportamento quotidiano è il parametro in base al quale misurare le proprie scelte, e dunque il criterio fondamentale dell’etica sessuale cristiana. Solo così la sessualità riceve la pienezza del suo senso e, pur rimanendo realtà umana, diviene luogo privilegiato di manifestazione del mistero dell’Amore assoluto.


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