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    Politica del tempo libero a Torino



    Domenico Ricca

    (NPG 1996-01-47)


    Non pare possibile ragionare sul tempo libero, con particolare attenzione al mondo degli adolescenti e dei giovani, senza soffermarsi su alcuni interrogativi: che cosa è il tempo libero, per chi è tempo libero? Ma tempo libero da che cosa e per che cosa?
    Partecipando, tempo addietro, insieme ad un giornalista sportivo e al responsabile delle discoteche della città di Torino, ad un confronto televisivo con un gruppo di giovani su questo tema, era evidente che noi si viveva il tempo libero con ottiche ben distinte dai giovani anche se con il comune segno denominatore della preoccupazione.
    Gli adulti preoccupati di come ricavare il tempo libero tra gli innumerevoli impegni; non si presentava il problema del come occuparlo: letture piacevoli, visione filmica, gite, viaggi, ecc.
    I giovani, dal canto loro, preoccupati per il troppo tempo libero a loro disposizione, ma più ancora per l'eseguità delle risorse e con davanti un ventaglio minimo di proposte che aiutassero a diversificare l'impiego di questo grande patrimonio a loro disposizione. Ben consapevoli nel valutare la differenza delle proposte, assegnavano ai diversi spazi - oratorio, sport, discoteca, gruppo, strada - valenze ben diverse e non gradivano che altri per loro accomunassero tutto sullo stesso piano. Perché l'adulto, con troppa sbrigatività, risolve il tempo libero dei giovani con i propri parametri, con le stesse semplificazioni e generalizzazioni con le quali affronta la complessità del mondo giovanile.
    In un'altra esperienza con giovani di un quartiere periferico della città i ragazzi intervistati rilevano la preoccupazione sul tempo libero.
    Come affrontare questo tempo, come vivere senza la noia e la «paranoia» come essi sogliono chiamarla, quella enorme ricchezza di tempo a loro disposizione.
    Accorata la richiesta di non essere lasciati soli, ma nel contempo sulle difese se altri tentano di sostituirsi loro nell'organizzazione di spazi e tempi e per nulla interessati ad essere chiamati come puri «fruitori» di una proposta già confezionata. Richiamano la forte valenza aggregativa della musica, della discoteca come luogo di incontro di giovani. Vi è qui ed altrove la conferma che non siano proponibili spazi «nicchie» solo per giovani, specie in quartieri dove gli spazi in genere sono così rari.
    C'è in quelle interviste tutta la contraddizione del mondo giovanile: la richiesta che gli adulti siano loro vicini nel cammino della vita, di non essere lasciati in solitudine, e d'altra parte l'insofferenza al mondo adulto quando assume decisioni per loro, fossero anche quelle che paiono non fondamentali per la vita.
    Ma si sa, è proprio il giudizio sul criterio di importanza che gli adolescenti e i giovani poco sopportano dagli adulti.
    Dopo queste considerazioni che vengono dall'esperienza del quotidiano pare rilevante aggiungere che «la pianificazione del tempo libero è un'invenzione degli anni Sessanta, caratterizzati dall'uomo superimpegnato. Il tempo libero aveva una funzione d'igiene, di relax, funzionale al lavoro. Nacquero i primi progetti di cittadelle satelliti del piacere. Come è cambiata la storia a distanza di un paio di decenni! Per molti giovani il tempo 'libero' è tutto il tempo...».[1] Di fronte ad adolescenze prolungate, a basse opportunità lavorative, dapprima provvisorie e soltanto dopo tanto tempo e lunghi intervalli di inattività sfociate poi in impiego definitivo, sarà opportuno associarsi a quanti si adoperano per un cammino educativo degli adolescenti che li abiliti alla sopravvivenza, all'organizzazione del proprio tempo, che sarà meglio chiamare «vuoto» più che libero.

    GLI INIZI

    Le riflessioni su cui ci si è attardati aiutano a comprendere come in molti Comuni le politiche del tempo libero si sono saldate e quasi confuse con le politiche sociali generali e come la proposta di tempo che le istituzioni locali fanno ai giovani sono tutte dentro un più ampio progetto che è il progetto giovani. Va anche detto che se c'è stata un'epoca di grandi progetti - la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta - è altrettanto vero che molti progetti sono rimasti sulla carta. Purtroppo non hanno avuto grande seguito per la scarsità delle risorse a disposizione o per una difficile saldatura tra i buoni livelli di programmazione di molti Assessorati alla Gioventù e l'impianto generale dei Comuni. O, per dirla con più verità, rimane vero che le politiche giovanili non producono grande consenso. Ben più redditizie sono le politiche del mattone.

    Progetto giovani

    Torino, da sempre città laboratorio di sperimentazione nelle politiche sociali, stretta dalle grandi contraddizioni di una cultura mono-industriale, fortemente operaista, appena uscita dalla deflagrazione della immigrazione selvaggia, ha colto fin dal 1975 la richiesta che le veniva dai quartieri più poveri, cioè l'urgenza e il bisogno di darsi un progetto per i giovani.
    Un Progetto giovani tutto teso a colmare bisogni e aspettative di quelle fasce di popolazione giovanile più trascurate e in difficoltà.
    Un Progetto giovani che viene da lontano, dalle istanze delle realtà associative e di aggregazione della città. Interpretando con preoccupazione fenomeni di disagio e devianza presenti nella fascia giovanile, queste realtà premono con urgenza l'Ente locale perché si assuma il compito di promuovere iniziative, di coordinare e sostenere gli impegni già esistenti nel settore. La Chiesa, attraverso l'autorevole e attenta voce del Cardinale Pellegrino, «voce di chi non ha voce», chiede un intervento verso i «più deboli». Il Tribunale per i Minori, dal canto suo, lancia messaggi di forte preoccupazione per l'aumento del numero dei ragazzi che incappano nelle maglie della giustizia e in particolare per la difficile situazione del carcere minorile, il Ferrante Aporti. Si consuma in quel periodo (1977) una delle più pesanti rivolte che la città ricordi all'interno di questo carcere.
    Avanza in quel periodo una cultura della prevenzione, della deistituzionalizzazione, del territorio. Infine, verso la fine degli anni '70, si registrano in tutta Italia numerose esperienze di gruppi, circoli, libere aggregazioni giovanili che propongono forme di autorganizzazione, di promozione della cultura giovanile, di denuncia riguardante spazi pubblici inutilizzati. I giovani aggregati chiedono e spesso «si prendono» spazi, locali per stare insieme, per far politica, musica, arte fuori dagli schemi imposti dalla cultura degli adulti e delle classi dominanti. La città viene fortemente interpellata da questi fenomeni e bisogni.
    L'iter della nascita del Progetto Giovani si situa tra l'autunno del '76 e la primavera del '77 con una appendice di consultazione e verifica delle linee progettuali con le forze sociali e i quartieri.
    Il Progetto parte dalla percezione chiara di segnali di crisi e di scollamento tra il mondo giovanile e quello delle istituzioni, degli adulti.
    Si avverte che la scuola non tiene il passo dei tempi e sviluppa i suoi discorsi scollegata dal contesto; il mondo del lavoro non è in grado di rispondere alle domande provenienti dalle fasce giovanili, da chi è in cerca di prima occupazione soprattutto se sfornito di qualificazione professionale; accresce la sfiducia nelle istituzioni e la impossibilità di un dialogo con i giovani. Si erano delineati, in seguito alle ondate migratorie, già ricordate, quartieri-ghetto privi di servizi e di proposte strutturate e continuative per i giovani.
    L'ente locale si scopre lontano dalle possibilità di incidere e di modificare questa situazione.
    Il Progetto vuole rappresentare un'istanza di riassunzione di competenze, di fiducia, di possibilità di cambiamento.
    Vuole essere nelle intenzioni attento alla generalità dei giovani anche se si sottolinea una preoccupazione specie verso le situazioni di maggior disagio.
    Un progetto quindi che si caratterizza, subito, per le urgenze del momento, con un'attenzione alle fasce più deboli. A ben vedere questa attenzione ha di fatto sbilanciato un po' tutti i progetti giovani che hanno dimenticato troppo in fretta quella fetta di giovani della cosiddetta normalità per caratterizzarsi sempre più come Progetti di «prevenzione» del disagio giovanile. Tutto questo lasciando per troppo tempo allo scoperto quel mondo giovanile e adolescenziale che ha dovuto inventarsi tutto da solo i modi per stare insieme, per crescere in quelle città «... inferno dei viventi ... l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme».[2] quasi abbandonati e quindi succubi - come dice ancora Calvino - accettando l'inferno fino a diventarne parte. Pochi hanno saputo «cercare e riconoscere che cosa, in mezzo all'inferno, non è in inferno, e non farlo durare e dargli spazio».[3]
    Tornando al Progetto si deve dire che vengono interessate e coinvolte tutte le agenzie educative che a diverso titolo si occupano di giovani: scuola, università, realtà sportive ed associative, il Tribunale per i Minori, i servizi sociali e sanitari, le organizzazioni ecclesiali, i sindacati, ecc...
    L'obiettivo di collegare i diversi ambiti e determinare continui sviluppi sinergici dell'operatività a favore dei giovani è perseguito attraverso un coordinamento di funzionari dei diversi assessorati facente capo all'assessorato promotore.
    Vi è da rilevare, usando categorie e distinzioni più attuali, che si sono privilegiati interventi di politiche sociali più che di politiche assistenziali. Interventi sulla globalità del mondo giovanile adolescenziale piuttosto che limitarsi a interventi sui singoli soggetti. Attenzione non di poco conto, e non sempre tenuta in considerazione negli anni a seguire.
    Vi è stata quindi un'articolazione in aree di intervento. Per creare flussi di comunicazione si dà vita ad una Consulta giovanile.
    Un modo per creare comunicazione immediata e amplificata sulle diverse iniziative ed avere un'antenna sintonizzata sui bisogni e sui fenomeni giovanili.

    Iniziative del Progetto

    Viene allestito un «Informagiovani» come servizio di sportello e di banca dati al quale i giovani possono accedere per l'organizzazione del loro tempo.
    Un «Laboratorio della riforma» rivolto alle scuole medie superiori che offre attività integrative finalizzate a colmare lacune nei programmi e a proporre nuove modalità di studio.
    I «Laboratori di quartiere» rivolti ai giovani con difficoltà di integrazione sociale e con scarse possibilità di entrare nel mercato del lavoro vanno ad affiancare le iniziative e gli sforzi diretti alla cooperazione giovanile come nuovo strumento di accesso al lavoro. Ha inizio così una particolare attenzione all'occupazione e formazione professionale.
    Sul terreno della cultura e della socializzazione il Progetto favorisce il coordinamento e sostegno di iniziative preesistenti a favore dei giovani, promuove scambi internazionali e turismo sociale per favorire tra i giovani la conoscenza di altri popoli e altre culture. Cura la promozione dello sport con la diffusione di attività e corsi per tutte le fasce di età e in tutte le palestre della città. Promuove l'accoglienza di giovani obiettori di coscienza nelle attività del progetto e nei servizi, accompagnata da una campagna informativa sul servizio civile.
    Trova spazio nel Progetto la nascita di Centri di incontro concepiti come poli di riferimento per ogni quartiere per giovani e anziani.

    Progetto «Ferrante Aporti»

    E senza essere nella schiera di quanti plaudono al tempo passato, o peggio per dire «come eravamo», è comunque necessario riconoscere al Progetto «Ferrante Aporti» il merito di aver portato Torino tra le città che in Europa hanno con maggior sistematicità affrontato le situazioni di disagio dei detenuti minorenni.
    A detta dei testimoni si è vissuta in quegli anni una esperienza esaltante. Guidata da un progetto politico locale, rafforzata da una convergenza e collaborazione tra tribunale e istituzione carceraria, ha certamente prodotto attenzione della città e disponibilità delle forze sociali per investire in quell'avventura. Fatta di elaborazione culturale, capacità progettuale e di coordinamento, un adeguamento anche numerico di figure educative dentro e fuori la struttura carceraria. Lavorando nella linea di progettazione e organizzazione del lavoro a tempi lunghi, e non solo correndo per tamponare le emergenze, lavoro improduttivo e defatigante.
    Ed ancora investimento in produzione di immagine, ma si noti, con l'obiettivo prioritario della informazione, sensibilizzazione che suscita solidarietà con gli stessi ragazzi detenuti e partecipazione attorno al mondo giovanile più in generale.
    È un progettare le politiche giovanili a partire dai ragazzi e giovani che con maggior difficoltà accedono, più di frequente ne rimangono tagliati fuori, a quelle normali risorse che una società può loro offrire.
    Sensibili e attenti a non favorire l'aumento dello stigma con ampiezza di vedute per comprendere tutte le modalità ed espressioni giovanili presenti in città, attenuando i livelli di paura e promuovendo l'integrazione. Se Progetto «Ferrante Aporti» nella concretezza ha voluto significare lavorare per tappe progressive: migliorare la qualità della vita in carcere con offerte di attività e interventi di sapore non carcerario con l'immissione di figure proveniente dal tessuto sociale, economico, sportivo e culturale della città; fare entrare la città nel carcere con gruppi e associazioni e personalità della musica e dello spettacolo; far uscire i ragazzi in città con gli inserimenti lavorativi ed associativi; nella elaborazione che soggiace al progetto stesso vi è molto di più.
    «In breve sintesi riguardo all'excursus storico del progetto emergono aspetti qualificanti quali la volontà politica di tutte le forze istituzionali che hanno permesso l'attuazione del progetto; la sensibilità di dirigenti e operatori, del settore e non, impegnati attivamente nell'attuazione del progetto; il coordinamento tra enti, associazioni varie, e istituzione carceraria; il perseguimento della modificazione della logica carceraria, da un orientamento sanzionatorio e di recupero solo formale dei devianti al coinvolgimento attivo finalizzato concretamente al loro reinserimento sociale; la sensibilizzazione dell'intera società civile e il contributo delle forze del volontariato e della solidarietà sociale».
    È quanto emerge da una ricerca del Labos.

    GLI SVILUPPI

    La questione sollevata dalla inquietante presenza di ragazzi e giovani cosiddetti difficili nelle piazze dei quartieri, negli oratori, nelle scuole conduce ad una riscrittura del Progetto Giovani cercando di predisporre modifiche alle varie iniziative e di idearne di nuove per supportare i soggetti a rischio di emarginazione.

    Progetto A.P.R.I.

    Si ha così il progetto A.P.R.I. (adolescenza: promozione, ricerca, intervento per la prevenzione al disagio giovanile). Vuole essere un programma che radicalizza il concetto di prevenzione connotato come intervento sulla «normalità» e come attenzione ai processi evolutivi degli individui, esalta maggiormente la dimensione educativa degli interventi e concentra gli spazi intorno alla fase adolescenziale. L'assunto di fondo prende le mosse dall'ipotesi che intorno all'adolescenza esista una necessità di formazione e di cultura.
    Tutto questo si traduce in fare cultura sull'adolescenza, dare parola agli adolescenti, farli dialogare con i «grandi», conoscere l'adolescenza, approfondire le dinamiche sociali interne al tessuto urbano di quartiere, essere attenti alle veloci mutazioni sociali e mettere a disposizione queste scoperte a chi si rivolge e lavora con i giovani, sperimentare nuove modalità di incontro con gli adolescenti anche predisponendo spazi dove lasciar giocare a loro un importante ruolo di responsabilità.
    A.P.R.I. come grande contenitore di progetti e singole iniziative con particolare attenzione alla prevenzione al disagio.
    Vi è nell'intento originario la volontà di meglio affinare ed adeguare i vari interventi ai bisogni e ai desideri che gli adolescenti manifestano, di caratterizzare in modo meno «assistenziale» tutti quegli interventi che, in qualche modo, si configurano come «riparatori» di un disagio già esistente, di predisporre strumenti, anche mirati, per la prevenzione del disagio e dell'emarginazione giovanile.

    Calcio di borgata

    Di notevole interesse, promossa dai livelli centrali dell'amministrazione dell'Ente locale con la collaborazione degli Enti di promozione sportiva, è l'iniziativa «Calcio di borgata» rivolta agli operatori sportivi di base che sono a diretto contatto con le realtà giovanili più disagiate. Un lungo percorso per individuare, in quella pratica sportiva comune a molti adolescenti, le risorse educative naturali per l'educazione dei ragazzi e dei giovani. Per la loro capacità aggregativa, le associazioni in genere devono essere considerate come una delle fonti principali del far cultura e, fra queste, in particolare quelle calcistiche per la loro caratterizzazione peculiare di essere polo di attrazione per gli adolescenti. È un impegno a favorire queste potenzialità. A questo seguirà lo Sport di borgata per aprirsi a tutte le discipline sportive.
    Sempre l'ufficio A.P.R.I. istituisce un servizio specificatamente rivolto agli adolescenti ed agli adulti che vivono e operano a stretto contatto, nettamente sbilanciato verso la «normalità», centrato sulla prevenzione primaria e sulla elaborazione del processo di separazione-individuazione dell'adolescente (e della sua famiglia) nelle sue espressioni fisiologiche.

    Spazio aria

    È lo Spazio di Ascolto e Ricerca per l'Adolescenza costituito da un gruppo di lavoro di psicologi, psichiatri ed educatori. Viene offerta una consulenza individuale o a gruppi per problematiche relative alla quotidianità (i genitori, amici, scuola, vacanze, ecc.) che fungono da linee guida per l'elaborazione delle dinamiche profonde. Uno spazio di riflessione che possa aiutare l'adolescente nella ricerca di una nuova organizzazione di sé accompagnandolo nel percorso di separazione-individuazione.
    Un progetto che lascia perplessi molti operatori del settore per la tendenza a psicologizzare ogni dinamica della vita giovanile, a sottrarre alla normalità delle persone le funzioni primarie di accompagnamento ed educazione, quasi che oggi non si possa essere educatori dei giovani se non in condizione di alta specializzazione.
    Sta di fatto che è uno «sportello» con alto numero di richieste e riceve dai giovani un notevole consenso. Rimane da comprendere chi accede a questo spazio.
    Già il carattere e il contorno della proposta porta in sé i segni della selettività per i requisiti richiesti: bagaglio di conoscenze sulle offerte istituzionali, forte motivazione sollecitata magari da un contesto socio-familiare particolarmente attento al disagio comunicativo dei giovani e alla loro solitudine. È ancora sempre un cammino dai quartieri periferici alla città. Non è certo nella linea della riappropriazione del proprio territorio di vita abituale.

    Progetti per l'estate

    A proposito poi di iniziative per i ragazzi e i giovani vanno segnalati quei progetti temporanei che sono Estate ragazzi ed Estate giovani. La prima con la caratteristica di attenzione ai ceti sociali più bassi sia per i costi economici e le relative agevolazioni che per la facilità di accesso. Sedi dislocate nelle scuole e negli oratori dei quartieri e quindi nel vivo del proprio quotidiano. Momento intenso di aggregazione oltre che offerta di spazi di libertà e di ritrovo per ragazzi alla presenza significativa di adulti animatori. Già più selettiva la seconda per i costi, per la gamma delle proposte e il limitato numero di posti disponibili in ogni proposta. Vi si richiede capacità di autorganizzazione del proprio tempo-estate, possibile solo dietro una discreta attenzione delle figure genitoriali.

    Le costanti dei progetti

    Per concludere questa carrellata descrittiva si arriva ai progetti attuali che si dispiegano su alcune costanti:
    - progetti che partono dai livelli centrali: assessorati e loro uffici dell'Ente locale. Sono progetti rivolti agli adolescenti e ai giovani che vanno dagli informagiovani, agli interventi nell'area dello sport, della musica, dagli scambi internazionali al cinema. Progetti attenti alla prevenzione primaria, secondaria, ai fenomeni dell'immigrazione, di formazione degli adulti. Paiono confermate le direttive precedenti con alcune attenzioni a nuove emergenze e povertà;
    - progetti promossi con forme convenzionate o ad appalto dal vasto mondo del privato sociale.
    Va da sé che la vasta area dell'associazionismo, volontariato e privato sociale ha iniziato i suoi interventi proprio nell'ambito del tempo libero per convogliare poi in seguito in proposte che andavano nella linea di inserimenti lavorativi.
    Vedasi a questo proposito l'evoluzione del mondo della cooperazione con gli ultimi sviluppi delle cooperative sociale, specie quelle che prevedono tra i loro soci quote di soggetti svantaggiati.
    È ormai attiva da anni una modalità di lavoro di rete, almeno in linea di principio, perché nei fatti sovente le diverse realtà di un territorio non si vivono come parti di una rete presenti con pari dignità, ma piuttosto con emanazioni a raggiera. Dove le direzioni della comunicazione sono a senso unico, con basso impegno a favorire il ritorno delle informazioni. In troppi quartieri si nota l'assenza o l'incapacità dell'istituzione ente locale a costituirsi valido riferimento e ad assumersi il compito tutto proprio, non delegabile, di progettare, coordinare, controllare e verificare gli interventi.

    ALCUNE CONSIDERAZIONI

    La lunga descrizione evidenzia con chiarezza come dal parlare di tempo libero siamo confluiti sulle proposte che attengono alla dimensione totale della quotidianità dei giovani: dai rapporti familiari, ai rapporti d'amicizia, dal tempo scolastico al tempo extrascolastico, ecc.
    Ma forse tutto ciò è naturale parlando di un mondo giovanile. La premessa già ci metteva sull'avviso. Tempo impegnato e tempo libero specialmente dai giovani studenti è vissuto senza soluzioni di continuità. È un tutt'uno nella vita del giovane, dell'adolescente prolungato. Diversa analisi richiederebbe l'impiego del tempo libero del giovane lavoratore.

    A proposito dei Centri sociali

    Si voleva parlare di giovani, ma di fatto le proposte prese in esame ci hanno sbilanciato sul pianeta adolescenti. Questo denuncia la difficoltà a progettare interventi con i giovani.
    Sul pianeta giovani è da ricordare ancora l'esperienza dei Centri sociali, fenomeno non da sottovalutare. Nascono dall'area punk, come fenomeno d'immagine, ma dopo gli anni '80, con la fine del punk, i superstiti della generazione del '77 rifonda in parte se stessa tentando di recuperare una propria memoria, una propria risorsa nella cultura dell'Autonomia. I Centri sociali sovente sono un prodotto dell'esclusione tramite i processi di formazione del reddito, e questo specie nell'area romana e del Sud, mentre questo aspetto è scarsamente riscontrabile al nord. Qui i giovani dei centri sociali, al di là delle loro origini di classe, sono abituati ad avere una così forte flessibilità sul mercato del lavoro che l'accesso al reddito è costantemente garantito, ancorché non protetto.
    Centri sociali, oggi, con alcune costanti: dimensione non mercificata della musica, dimensione del conflitto e dimensione politica come scelta obbligata con una variabilità tra «i comunicanti e i non»; accentuata la dimensione abitativa relativa al problema del reddito - non paga l'affitto dei propri spazi - o vive in situazioni a basso costo. Il Centro sociale diventa luogo di transito, spazio neutro con una fruibilità generale. Questi appunti per dire che la questione non va accantonata con giudizi massimalisti, qualunquisti e dispregiativi.

    Difficoltà di rapporto col territorio

    Rimane la difficoltà di conciliare proposte di normalità con attenzione a quanti fanno più fatica - ragazzi, giovani e famiglie - a selezionare i percorsi di accesso a tali risorse.
    Emerge la difficoltà a territorializzare maggiormente gli interventi e la tentazione di privilegiare accessi e percorsi troppo individuali. Si deve denunciare un limite comune - ma in quegli anni la riflessione in merito era soltanto agli inizi - la difficoltà ad assumere la totalità. Si interviene su delle parti: pezzi di territorio, spezzoni di adolescenti con il rischio di ricondurre troppo all'individuo. Nella costante difficoltà dei giovani di porre relazioni significative con il mondo degli adulti, con gli altri che non sono il piccolo gruppo, rimane tutta aperta la complessità del mondo giovanile assunto nella sua collettività.
    Il seminario internazionale celebrato a Torino nel mese di giugno del 1995 dal titolo provocatorio «Dare un posto al disordine - sicurezza urbana - vittime mediazione riparazione» ci è stato di aiuto per riflettere ancora una volta sui diritti di cittadinanza di tutti in un territorio. Laddove va ricostruito un patto sociale tra cittadino e territorio. Dove diversi pezzi di società devono mettersi insieme senza attendere troppo le istituzioni. Un patto perché il territorio venga nuovamente abitato.


    NOTE

    [1] V. Andreoli, Giovani. Sfida rivolta speranze futuro, Milano, Rizzoli, 1995.
    [2] I. Calvino, Le città invisibili, Oscar Mondadori, Milano 1993.
    [3] Ivi.


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