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    Cosa dicono i vangeli all'uomo di oggi



    Carlo Maria Martini

    (NPG 1995-03-36)


    Possiamo interrogarci sull'attualità dei Vangeli. Il valore di un'opera si fa palese nella sua capacità di parlare alla mente e al cuore degli uomini e delle donne di ogni tempo.
    Che cosa dicono, dunque, i Vangeli all'uomo di oggi? Che cosa vi si può e vi si deve cercare? E come si giustifica il costante interesse che li ha sempre accompagnati, nonostante le vicende, a volte tormentate, della storia del Cristianesimo?
    È bene chiarire subito che solo la lettura personale di questi testi, di più, solo la familiarità con essi, che si acquisisce con la lettura reiterata e attenta, condurrà ciascuno a una vera risposta.
    L'esperienza ci dimostra quanto sia facile fermarsi al «sentito dire», o farsi opinioni di seconda mano privandosi, per altro, del gusto di attingere direttamente alle fonti. La risposta all'interrogativo sui Vangeli può essere esclusivamente personale e si formula soltanto attraverso l'impresa della lettura.
    I Vangeli parlano di Gesù Cristo. La loro attualità e il loro interesse dipendono ultimamente da ciò: essi raccontano agli uomini di tutti i tempi l'opera di Gesù e ne presentano la persona. Il fascino di questi scritti, un fascino, vorrei dire, mite e insieme travolgente, è legato al segreto che custodiscono e rivelano. Perché appunto di questo i Vangeli trattano: del mistero di Cristo. Sono forse un semplice resoconto storico i Vangeli? Sono la vita di Gesù in senso moderno? In realtà essi sono molto di più. Vi si parla certo di Gesù di Nazaret, ma vi si racconta come e perché egli sia ormai il Signore universale, il Redentore dell'umanità, il Messia atteso da Israele e da tutte le nazioni; si annuncia poi la verità inaudita che gli eventi ivi narrati hanno manifestato: Dio è comunione d'amore, e Gesù è uno dei soggetti personali che la costituiscono; egli è il Figlio diletto del Padre. Ecco il mistero che i Vangeli raccontano.
    Parlando di Gesù Cristo, che spesso è presentato sotto il titolo di «figlio dell'uomo», i Vangeli ci parlano di tutto ciò che è umano, di ciò che tocca ogni uomo o donna in tutte le latitudini della terra. È straordinario come persone di ogni razza, religione e cultura, come ad esempio il Mahatma Gandhi, si riconoscano in queste pagine. Ciascuno vi si sente in esse come rispecchiato, appellato, letto nell'interno della sua coscienza. Ogni entusiasmo e ogni angoscia umana, ogni sforzo generoso e ogni bruttura o viltà, trovano in queste pagine, nei personaggi che le animano, nelle parole che Gesù pronuncia, riscontro, conforto, biasimo, tenerezza, perdono.
    È utile, a questo proposito, considerare per un momento il vocabolario e poi richiamare la storia.
    Il termine evangelo (da cui l'abbreviato e più usato vangelo) ha nella tradizione biblica un senso ben preciso: significa «proclamazione pubblica di una lieta notizia». Immaginiamo l'araldo del re persiano Ciro mentre dichiara agli ebrei esiliati in Babilonia che possono ritornare nella loro terra: ecco un bell'esempio di evangelo! Aggiungiamo la convinzione, sincera e ben fondata, che questo ritorno sia reso possibile per la misericordia e per la fedeltà di Dio.
    Abbiamo così il quadro completo: l'evangelo è pubblica notizia di un avvenimento nel quale Dio ha manifestato la sua benevolenza. È dunque lieta notizia di un lieto evento voluto da Dio.
    Si comprende allora perché i libri di Marco, Matteo, Luca e Giovanni furono chiamati, a partire dalla seconda metà del secondo secolo, i Vangeli. Essi non sono semplicemente il racconto della vicenda di un personaggio autorevole, ma sono il racconto di un evangelo o, forse meglio, sono l'evangelo sotto forma di racconto. Parlano infatti di Gesù, del suo insegnamento, delle sue azioni, della sua sofferenza, della sua morte, della sua resurrezione, ma lo fanno con la dichiarata intenzione di proclamare a tutti che in lui Dio ha definitivamente e pienamente rivelato se stesso, portando a compimento un disegno stupefacente di salvezza, ispirato dall'amore per l'umanità. Questo è quanto ogni uomo deve sapere. Questo è appunto quanto ognuno che legge i Vangeli deve poter scoprire!
    Aggiungeremo subito, e così veniamo alla storia, che la comprensione di questo evangelo non fu immediata. Gli stessi discepoli di Gesù non capirono bene durante la sua vita né chi egli fosse veramente, né quale fosse la sua missione. Fu l'esperienza pasquale, cioè l'incontro con il Cristo risuscitato, vivo dopo la sua morte sulla croce, ad aprire la loro mente e ad introdurli progressivamente nel mistero di colui che avevano fino allora giudicato con categorie troppo umane. Alla luce della risurrezione, essi presero così a ricordare quanto Gesù aveva detto e aveva fatto, avendo ormai una intelligenza molto più profonda di tutti i particolari della sua vita. Erano essi stessi stupiti e conquistati dai loro ricordi e con grande vigore raccontavano tutto ciò a quanti via via diventavano credenti e venivano a costituire le prime comunità cristiane sulla base della predicazione apostolica, ricordi che diedero vita a vere e proprie tradizioni, furono raccolti e ordinati in modo da formare delle opere unitarie e organiche: appunto i Vangeli che noi oggi leggiamo.
    Questo suggestivo processo di formazione dei Vangeli, ben riconoscibile, per altro, nel proemio del vangelo di Luca (Lc 1,14), ribadisce, una volta di più, che queste narrazioni non sono semplici resoconti, magari redatti al momento stesso; non sono cronaca e neppure documenti d'archivio, pur possedendo un serio valore documentario, confermato dai dati archeologici e storici del tempo. Ma loro principale caratteristica è quella di testi di una prorompente vitalità, destinati a risuonare come lo squillo di una tromba, scritti per portare a conoscenza delle genti di ogni tempo e di ogni luogo la rivelazione che i primi discepoli di Cristo furono in grado, anch'essi non subito, di riconoscere. «Ciò che era fin da principio scrive l'apostolo Giovanni ciò che noi abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della Vita, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1,14).
    C'è un altro punto che merita attenzione. La tradizione cristiana consegna alla lettura quattro Vangeli: il vangelo di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni.[1] Perché quattro? Come mai questa pluralità di testi? Non trattano forse tutti dello stesso argomento? Certamente. Essi sono tutti a pieno titolo vangelo.
    Ma proprio il fatto che ve ne sia più d'uno sta a dimostrare che possono esistere diversi modi di accostarsi all'unico mistero di Cristo. Dal momento che non .si tratta semplicemente di descrivere quanto è accaduto, ma di interpretare il senso profondo di un evento di rivelazione, il campo rimane aperto e disponibile a percorsi diversi. Una delle esperienze più belle nella lettura dei Vangeli consiste proprio nel prendere coscienza della originalità di ciascun evangelista, del suo modo peculiare di presentare la persona e l'opera di Cristo, senza per altro rinnegare la comune tradizione.
    Come se .si ascoltassero quattro diverse armonizzazioni di un unico tema musicale.
    Così, leggendo il vangelo secondo Marco, si noterà il suo modo vivace di raccontare, la preminenza conferita alle azioni di Gesù rispetto ai suoi insegnamenti, la grande attenzione rivolta all'esperienza dei discepoli: il loro entusiasmo, la loro fragilità, la loro faticosa comprensione del segreto custodito da Gesù fino allo scandalo della passione, e la ricostituzione del gruppo da parte del Risorto.
    Leggendo il vangelo secondo Matteo, si riconoscerà il suo stile sobrio e solenne, il suo vivo interesse per gli insegnamenti di Gesù (raccolti quasi sistematicamente in cinque grandi discorsi), si vedrà chiaramente come egli insista sul rapporto tra Cristo e l'antica legge di Israele e ancora sulla realtà della Chiesa, edificata sulla roccia di Pietro.
    Del vangelo secondo Luca si apprezzeranno particolarmente i personaggi, che l'evangelista sa tratteggiare con vera arte. Nell'incontro con ciascuno di loro, come pure nell'insegnamento e soprattutto nell'accettazione della morte di croce, Gesù rivela il volto misericordioso di Dio e il suo desiderio universale di salvezza.
    Il vangelo secondo Giovanni, infine, condurrà alle vette della contemplazione, col suo linguaggio quasi destrutturato, a ondate successive, e la sua fortissima tonalità simbolica. È il vangelo di chi è progredito nella fede ed è come estasiato da quanto per grazia è giunto a comprendere. Un raccontare discontinuo, quasi a quadri indipendenti, che culmina nella presentazione della passione di Cristo come evento di autentica glorificazione.
    Ecco dunque i Vangeli, con il loro prezioso annuncio. Potremo leggerli per scoprire quale sia il fondamento di quell'ansia per l'umano, quella passione per il bene del mondo che il Cristianesimo autentico deve testimoniare. Potremo leggerli per dare contenuto a parole impegnative, come salvezza, redenzione, remissione dei peccati, vita eterna, Trinità, Chiesa, parole spesso udite, ma non sempre comprese appieno. Potremo leggerli così, senza un motivo preciso, sull'onda di un desiderio spontaneo. Purché la lettura sia fatta con libertà di cuore, con grande attenzione e con calma, dando valore ad ogni frase e ad ogni particolare, perché nulla è superfluo. Li si accosti con la mente aperta all'orizzonte più vasto possibile e con lo sprone costante delle grandi domande che riguardano il senso ultimo dell'esistenza.
    Questi scritti, che svelano il mistero di Cristo ci sorprenderanno. Nella loro apparente semplicità, attraverso la forma pacata del racconto, essi possono comunicare ciò che il cuore umano costantemente ricerca: la verità ultima del suo essere e (ma le due cose non sono disgiungibili) il vero volto di Dio.


    NOTA

    [1] Il Vangelo di Luca appartiene ad uno scritto più ampio, del quale fanno parte anche gli Atti degli Apostoli (questa denominazione «Atti degli Apostoli», per altro, non risale a Luca). L'autore stesso definisce il vangelo «il primo libro» (At 1,1), lasciando intendere che gli Atti degli Apostoli sono il secondo. Si è soliti parlare, a questo proposito, di opera lucana. I due libri di Luca furono successivamente separati per ragioni contingenti, ma all'origine, e soprattutto nel ente dell'autore, essi costituivano un tutt'uno.


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