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    La proposta vocazionale «specifica» nelle diverse età: criteri, obiettivi, metodi



    Severino De Pieri

    (NPG 1991-06-40)


    Una pedagogia vocazionale «specifica» non incomincia certo con la «proposta». Essa è preceduta da varie fasi, alcune delle quali sono l'orientamento in senso stretto, che comporta la cura delle vocazioni come l'espressione più qualificante di una pastorale giovanile autentica, e poi la capacità di cogliere e sottolineare la dimensione vocazionale all'interno degli itinerari di fede. Si arriva sempre comunque al momento determinante della proposta vocazionale, ed è questa che noi ora vorremmo esaminare. Premettiamo però alcune opportune precisazioni.

    ALCUNE PREMESSE

    Occorre anzitutto delimitare il campo entro cui affrontiamo il tema. Senza nulla togliere al concetto onnicomprensivo della vocazione, come chiamata a realizzare nella vita il piano di Dio su ciascuno, e senza detrarre valore e dignità alle comuni vocazioni (alla vita, all'amore, alla fede, all'impegno), intendiamo affrontare il tema della proposta vocazionale riferita alle vocazioni specifiche o di speciale consacrazione (sacerdozio, vita religiosa, secolarità consacrata, vocazione missionaria). In secondo luogo, nell'ambito di una corretta pedagogia e pastorale vocazionale, diamo rilievo all'«animazione», quale metodologia che senza dubbio appare come la più idonea per conseguire gli obiettivi proposti, accennando al ruolo dell'animatore, e alla traduzione operativa in itinerari differenziati secondo le età.
    Alcuni presupposti fondamentali
    Parlando di proposta vocazionale, è necessario avere presenti, anche in forma concisa, alcuni presupposti o punti di riferimento essenziali per un corretto approccio al tema della vocazione, sia comune che specifica.
    Eccoli in sintesi:
    - la vocazione, ogni vocazione, nasce dall'iniziativa di Dio, libera e gratuita, e si inserisce in un piano di amore-salvezza che tocca la persona, non isolatamente, ma inserita in un contesto umano relazionale, dentro cioè una comunità e una storia;
    - tale chiamata si svolge essenzialmente in un rapporto dialogico, che sollecita la collaborazione umana, e dinamico, volto cioè a far crescere la persona fino alla piena realizzazione del piano di Dio, da un lato, e del progetto personale di vita, dall'altro;
    - l'appello di Dio, il dialogo con lui e lo sviluppo di tutto l'essere del chiamato, avviene normalmente attraverso delle mediazioni, tra cui la prima e più importante è la propria struttura e dinamica di personalità con la sua storia unica e irrepetibile; accompagnata poi da tutte le altre mediazioni, sia individuali che comunitarie (a livello familiare, ecclesiale, sociale); l'ambiente di vita con i suoi apporti positivi e negativi; le «provocazioni» di ogni tipo, e la storia con il suo divenire e i suoi «segni di tempo e di luogo»;
    - la vocazione è soggetta al gioco dei condizionamenti psicologici, socioculturali, e ambientali, e richiede il dispiegamento progressivo della libertà e il cammino senza sosta verso il traguardo di una mai compiuta e definitiva identità personale e sociale;
    - la vocazione, soprattutto in età giovanile, dipende massimamente dalle identificazioni con persone, comunità, ambienti, proposte di vita che - a livello di modelli di riferimento - costituiscono il supporto necessario per il normale divenire vocazionale della persona. Condizione giovanile e identità vocazionale interagiscono oggi in modo così stretto da costituire l'elemento forse più decisivo per la persistenza e sopravvivenza delle vocazioni.

    Criteri decisivi contenuti e metodologia

    Appare poi necessario individuare ed assumere, nell'animazione vocazionale, dei criteri che, sulla base dei presupposti ricordati, costituiscono come dei parametri che ci aiutano ad emettere un giudizio di valore e a guidare una corretta prassi vocazionale in tutti gli aspetti e le fasi che essa comporta. Ecco in sintesi i principali criteri di riferimento.
    Quanto ai contenuti, evidenziamo le dimensioni teologali e antropologiche della vocazione:[1]
    - dimensione teologale della fede: la vocazione è percezione-risposta di un impulso-appello interiore, soprannaturale nella sua essenza, che nel soggetto umano viene percepito e vissuto come una «emozione privilegiata», di natura fondamentalmente affettiva, tale da coinvolgere e orientare la persona a donarsi secondo i contenuti, le modalità e lo stile di un'opzione radicale in vista di Dio e dei fratelli;
    - dimensione teologale della speranza: la vocazione viene inscritta nella categoria del «progetto di vita» che comporta uno sviluppo della persona chiamata a proiettarsi verso il futuro, a confrontarsi con una realtà in continuo divenire e a realizzare continuamente, nella speranza e nella fortezza, un adattamento dinamico e creativo tra sé, il dono di Dio e la storia;
    - dimensione teologale della carità: la vocazione come dinamismo affettivo-oblativo, di amore e servizio, di Dio e dei fratelli, si dilata nell'orizzonte della carità come attuazione che Dio ha acceso nel cuore umano.
    Quando alle attenzioni metodologiche, occorre seguire e rispettare:
    - il criterio della gradualità, che comporta un'attenzione particolare al divenire vocazionale secondo le età della vita e le esigenze dello sviluppo progressivo e differenziato di ogni persona;
    - il criterio dell'organicità, per cui ogni intervento delle mediazioni deve rispettare la «logica dell'itinerario», inteso come compaginazione di contenuti e metodi in prospettiva temporale e ambientale di sviluppo;
    - il criterio dell'animazione, come scelta metodologica di influsso-proposta che si apre al protagonismo della persona, ne rispetta l'autonomia e i ritmi evolutivi, e ne sollecita l'impegno, la responsabilità, in una linea progressiva di costanza e fedeltà.

    LA PROPOSTA VOCAZIONALE: COME INTENDERLA

    La proposta o appello personale costituisce il secondo passo di un adeguato itinerario per la graduale maturazione di una vocazione consacrata.
    Non bisogna infatti dimenticare che essa è sempre preceduta dall'annuncio, e non può che essere seguita dall'accompagnamento e dalla decisione.

    La proposta all'interno delle tappe dell'itinerario

    Un itinerario vocazionale completo prevede infatti quattro momenti.
    Il primo passo, o punto di partenza, è costituito dall'annuncio vocazionale: esso di solito si compie attraverso la mediazione di comunità sensibilizzate dalla Parola di Dio e dalla preghiera, capaci di testimonianza vocazionale e impegnate in servizi e ministeri, che esprimono con gioia il libero e fecondo dono di sé. La tappa dell'annuncio si pone nell'ordine «simbolico» delle esperienze di valori, cariche di provocazione, di motivazione e di credibilità a livello vitale profondo. Nell'ordine delle mediazioni volute da Dio, questo universo simbolico costituisce lo sfondo su cui si proiettano tutte le vocazioni, comuni e specifiche, come una struttura invocante e motivante. Ordinariamente è su questa tonalità di base che viene a modularsi il dialogo Dio-uomo che costruisce la vocazione. È anche il livello in cui avviene l'offerta dei modelli credibili di vocazione, quelle immagini-guida dello sviluppo che creano le prime e indispensabili identificazioni con persone, comunità, ambienti, ideali, progetti, realizzazioni. Su questa base si pone anche l'orientamento come fattore dinamico-educativo che sospinge ciascuno verso la realizzazione del progetto personale di vita.
    Il secondo passo è costituito dalla proposta diretta, dall'appello personale, rivolto a soggetti idonei affinché vogliano prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di una vita interamente consacrata al servizio di Dio e dei fratelli. La proposta non deve essere intesa in forma riduttiva, come unicamente verbale e incidentalmente detta, ma in senso pieno, oggettivo e dinamico, come l'invito espresso non solo a parole ma con tutta la vita a percorrere un faticoso e arduo cammino di crescita vocazionale sotto il profilo umano, cristiano, religioso.
    Il terzo passo consiste nell'accompagnamento vero e proprio, realizzato nelle forme di una adeguata pedagogia di maturazione vocazionale. Il periodo di accompagnamento costituisce il tempo del «discernimento operativo» circa i requisiti e i movimenti vocazionali. Esso comporta il sostegno di persone e comunità idonee allo scopo.
    Il quarto passo è quello della decisione vera e propria, libera e motivata, di accedere a istituzioni specifiche di formazione e realizzazione vocazionale. Non è da intendersi come punto di arrivo, bensì di partenza per una crescita continua nella dinamica decisionale.

    Alcune precisazioni sulla «proposta»

    Nel contesto delle mediazioni in cui avviene il dialogo vocazionale, la proposta o appello personale è un'azione dinamica, coinvolgente perciò tutta la persona nei suoi costitutivi (attitudini, interessi, motivazioni, aspirazioni, valori), espressamente mirata alla presa di coscienza di una chiamata chiaramente e strettamente personale. La proposta tende perciò ad esplicitare e personalizzare l'appello vocazionale che nell'orientamento-annuncio resta a livello implicito e indistinto. Quanto poi alle modalità, la proposta può avvenire nelle forme seguenti. Anzitutto come presa di coscienza in modo spontaneo, perciò non mediato da nessun intermediario concretamente individuabile, come dono di grazia, appello o voce interiore, anche se generalmente collegato a segni, avvenimenti, testimonianze che il chiamato sente dentro di sé.[2] Oserei dire che in via ordinaria l'appello interiore, frutto di una mozione dello Spirito Santo, ha bisogno di un supporto umano riscontrabile, come minimo, nell'intervento di quelle mediazioni che agiscono nella prima tappa, simbolica e motivante, dell'annuncio vocazionale, da parte cioè di persone e comunità «sempre interpellanti». Non può essere dimenticato, a questo riguardo, il misterioso rapporto che intercorre tra grazia e cause seconde, rapporto nel quale si esprime normalmente e si attua la volontà di Dio su ciascuno di noi. Questa presa di coscienza costituisce, in altri termini, come il «risveglio» di una parola creatrice di Dio sulla nostra vita, parola che ha bisogno di svolgersi e divenire con la collaborazione umana. Poi come presa di coscienza sollecitata da un intermediario che legge (= «discerne») una determinata volontà di Dio su di noi e ci rivolge un invito diretto, un appello personale esplicito. Tale proposta tende ad evidenziare e sostenere una intenzionalità implicita già presente e operante. Dopo un periodo di reticenze, titubanze e anche di latitanza, si torna a riprendere il coraggio della proposta esplicita, seguendo in ciò anche la strategia dell'animazione che su questo punto è divenuta più incisiva ed efficace. La proposta o appello vocazionale può avvenire anche attraverso la mediazione di eventi, come le «provocazioni» che salgono dai «segni dei tempi», e sempre di più attraverso canali di comunicazione sociale, come i massmedia, che parlano con un linguaggio simbolico non verbale e metapersonale.
    Questa modalità mette giustamente in campo il valore della proposta vocazionale connessa con le grandi mediazioni simboliche che attraversano il nostro tempo, mediazioni che, accanto a quelle dirette e personali, danno rilievo notevole all'animazione culturale e al contesto socio-educativo in quanto tale. In ogni caso la proposta o appello personale segue l'intuizione o opzione fondamentale ed anticipa, per così dire, accende e suscita il «risveglio» vocazionale personale. La proposta inoltre presuppone un minimo di discernimento, a livello germinale, come prima garanzia dell'esistenza dei requisiti di base che - specialmente per le vocazioni di speciale consacrazione - richiedono particolare attenzione e formano oggetto di azione e verifica nelle successive tappe dell'accompagnamento e della formazione. Come si può notare, la proposta vocazionale, al pari di ogni altra forma di interazione interpersonale, si pone nell'ottica della «comunicazione umana».[3]
    Tra emittenti (chiamato) e ricevente (animatore) - e viceversa - si stabilisce, per così dire, un circuito di interazione che può confermare o disconfermare il messaggio a contenuto vocazionale. In altri termini, il soggetto (chiamato) riceve ed emette messaggi da sempre, sia autentici che distorti o camuffati. L'identità vocazionale in tal modo viene affermata e costruita, o negata e distrutta incessantemente. Il chiamato anche inconsapevolmente lancia messaggi, che possono essere captati e riconosciuti o restare disattesi e andare perduti. Egli può anche mimetizzarsi, nascondersi e camuffarsi. Il ricevente (animatore, comunità, ecc.) può a sua volta costruire e rafforzare la disponibilità vocazionale di base o - in caso negativo - restare indifferente, inerte e addirittura controproducente. Tale messaggio a doppia direzione, sia implicito che esplicito, costituisce in realtà un «continuum» che non ammette soluzioni di continuità. Come accade in ogni comunicazione, anche in quella vocazionale possiamo avere disturbi e interferenze; oltre a distorsioni percettive, possiamo riscontrare anche forme di abuso e di plagio. Questa «lettura» consentirebbe - tra l'altro - di capire e evitare certi errori che possono essere compiuti dall'animatore nell'effettuare la proposta vocazionale.

    LA PROPOSTA VOCAZIONALE: COME ATTUARLA

    Le domande che ci guidano su questo punto sono le seguenti:
    - se fare la proposta (ne vale la pena? perché?);
    - quando farla? come?
    - chi deve farla? (quale il ruolo dell'animatore in proposito?)
    Prima di addentrarci nella risposta a questi quesiti è opportuno riprendere la distinzione fatta in precedenza, tra proposta implicita o indiretta (appello interiore) e proposta esplicita e diretta (chiamata personale). Entrambe queste modalità devono essere tenute presenti, in quanto richiedono l'applicazione di una corretta metodologia ispirata a criteri, obiettivi e metodi, e attuata con modalità specifiche di intervento da parte della comunità e dell'animatore. La destinazione ci consente di suddividere in due parti la trattazione senza però perdere di vista l'interconnessione che esiste tra le due modalità.

    La proposta vocazionale implicita

    La finalità che ci proponiamo è quella di creare le condizioni più idonee perché la persona possa ascoltare l'appello interiore della grazia dentro di sé, e farlo fruttificare fino al risveglio e all'accoglienza di un dono ispirato al radicalismo evangelico.

    Criteri
    Ne indichiamo alcuni, in modo da orientare la prassi al riguardo.
    - Le vocazioni specifiche sorgono nel terreno delle vocazioni comuni, che vanno perciò incrementate e non trascurate, come può capitare ai nostri giorni di crisi, sospinti come siamo dall'ansia e dall'urgenza di assicurare la sopravvivenza delle istituzioni.
    - Le vocazioni alla vita religiosa sorgono non solo nell'ampio terreno delle vocazioni comuni, ma dentro una pastorale che si pone a servizio di tutte le vocazioni, anche di speciale consacrazione, senza ripiegarci in un'ottica riduttiva che porterebbe a finalizzare la pastorale vocazionale esclusivamente a servizio delle «nostre vocazioni».
    - Le vocazioni, soprattutto se di speciale consacrazione, rientrano nell'orizzonte del mistero, per cui sono essenzialmente rapportate ai doni della Provvidenza di Dio, che non è lecito restringere nell'ottica dei nostri orizzonti limitati. Preghiamo perciò che venga il Suo Regno: il Padre sa; egli può inviare operai alla sua vigna. Questo criterio di fede fiduciale deve stare non solo al di sopra ma attraversare dal di dentro ogni nostra legittima e doverosa azione di animazione e promozione vocazionale.
    - Le vocazioni sono legate essenzialmente alla testimonianza di comunità sensibilizzate mediante la Parola di Dio, i sacramenti, la preghiera e l'impegno apostolico specifico. Le vocazioni non sono perciò funzionali all'efficienza delle opere, né possono essere un premio dovuto allo sforzo pastorale profuso nell'animazione.
    - Le vocazioni religiose sono poi legate alla pertinenza e credibilità di un carisma che si rinnova in rapporto alle sfide poste da una società e da una condizione umana in continua trasformazione. Per questa ragione non possiamo chiedere vocazioni per conservare il passato, ma per affrontare il futuro.
    - Il rapporto alle varie età in cui creare le condizioni del risveglio, dobbiamo ricordarci che il Signore chiama ad ogni età. Anche se oggi appare opportuno puntare con più forza sull'età giovanile, non è lecito trascurare le età precedenti, anche perché il periodo adolescenziale in tutta la sua ampiezza consente una semina in campo aperto, l'unica che può permetterci di mietere un buon raccolto nelle età successive più mature.

    Obiettivi
    Per questa modalità di proposta vocazionale indichiamo alcuni obiettivi.
    - Tenere viva la coscienza che siamo, come comunità e come persone mediatori vocazionali, chiamati perciò a collaborare con Dio nel risveglio di tutte le vocazioni.
    - Cogliere con animo attento e vigilante le «attese» vocazionali nelle persone a noi affidate, sapendo che il dono di Dio può andare sovente perduto a causa della nostra latitanza e trascuratezza.
    - Facilitare, senza forzature e senza plagi, le occasioni del risveglio e della presa di coscienza personale, compiendo segni credibili, cogliendo momenti opportuni in ogni evento, facilitando l'ascolto di Dio che parla nella vita, e favorendo un clima generale atto a «discernere» la volontà di Dio su ciascuno.

    Metodi
    Senza rischiare la genericità, ricordiamo alcune indicazioni operative indispensabile per favorire il risveglio vocazionale.
    - Nella programmazione della pastorale giovanile avere espressamente di mira il suo sbocco e coronamento vocazionale.
    - Curare la dimensione socioculturale nell'animazione vocazionale, per contrastare i condizionamenti al riguardo e per annodare sempre più strettamente il binomio culturale-vocazionale, così decisivo oggi nel risveglio delle vocazioni specifiche.
    - Indicare meglio ed esplicitare, nei progetti educativi, la dimensione vocazionale non solo comune ma anche specifica.
    - Rivedere e impostare le strutture di orientamento e di animazione in modo da favorire il risveglio e la presa di coscienza delle vocazioni specifiche.
    - Puntare sulla costituzione di comunità più credibili, dove ci si preoccupi, tra l'altro, di conservare le vocazioni che abbiamo, prima di cercarne di nuove, e di mettere quelle nuove al posto giusto.
    - Rendersi e rendere sempre più consapevoli dell'esperienza di fragilità e di limite che ogni vocazione comporta, dove nulla è scontato, dove la vita propone continuamente crisi e scelte, dove le miserie umane vanno accolte come terreno fecondo per la misericordia e la stessa ripresa della fedeltà vocazionale.
    - Curare una preghiera intelligente, non banalmente interessata, liberante, gioiosa, ispirata all'affidamento filiale e fiduciale.
    - Collegare strettamente vocazioni religiose con la fedeltà al carisma e alle scelte che esso oggi comporta.

    La proposta vocazionale esplicita nelle diverse età

    Per rispondere ai quesiti posti più sopra circa le modalità da seguire nel fare la proposta vocazionale nelle varie età, pare opportuno delineare subito i criteri cui attenersi in tutto l'arco evolutivo e indicare poi gli obiettivi e i metodi da raggiungere per ogni età.

    Criteri
    In sostanza i criteri in ordine ad una corretta metodologia di proposta vocazionale esplicita per le vocazione di speciale consacrazione si riferiscono ai contenuti oggettivi da proporre e alle modalità che devono tener conto del livello di maturazione conseguita da soggetti nelle diverse età. Occorre dunque armonizzare con saggezza ed equilibrio quanto è richiesto dai criteri di organicità (rispettare la logica dell'itinerario) e di gradualità (attenersi ai livelli di età) che abbiamo dianzi richiamato parlando della maturazione vocazionale. Da ciò si comprende che «fare la proposta vocazionale» è una cosa seria, che richiede riflessione, competenza, esige «discernimento» umano e spirituale, comporta sintonia e continuità con l'identità vocazionale.
    Il criterio di organicità si riferisce alla logica dell'itinerario: fare una proposta vocazionale significa non emettere semplicemente un invito-appello verbale contingente, bensì aiutare un soggetto a prendere coscienza del disegno di Dio su di lui, motivato e congruente, chiarirlo e sostenerlo nell'accoglienza del dono e delineargli - almeno indicativamente - il cammino da percorrere. È chiaro che l'opera di discernimento e di accompagnamento può e deve essere perfezionata nei passi successivi, con il concorso di altri strumenti (mezzi, persone, strutture, ecc.). Occorre avere, al riguardo, ben presenti le aree di crescita, con le mete, gli obiettivi e i metodi previsti dalla logica dell'itinerario.
    Il criterio della gradualità segna appunto la progressione da seguire nell'itinerario, ma ci offre anche delle precise indicazioni per contestualizzare l'ampiezza e la portata della proposta in riferimento alle diverse età. A questo proposito ricordiamo le condizioni che ci permettono di rispettare gli ambiti entro i quali collocare il senso e la plausibilità della proposta di ogni età:
    - l'identità personale e la sua costruzione comporta un processo che dalla dipendenza (identificazione) tipica della preadolescenza, conduce attraverso la sperimentazione di sé nell'adolescenza, fino all'autonomia psicologica propria della giovinezza. Di conseguenza certe immaturità degli stadi precedenti sono normalmente previste e non costituiscono in linea di massima «controindicazioni» vocazionali se il soggetto compie un cammino attivo e verificato in ordine al loro superamento. In particolare, l'oblatività presuppone l'autonomia psicologica e non può essere in quanto tale richiesta nel periodo adolescenziale se non a livello di esercizio ed apprendimento;
    - la decisione vocazionale vera e propria presuppone il conseguimento di un livello minimo nei requisiti di identità, autonomia, oblatività e libertà, per non parlare di quelli più tipicamente religiosi e vocazionali, come la crescita della fede, l'incontro con Cristo, l'appartenenza ecclesiale e - nel caso delle vocazioni religiose - le attitudini di idoneità specifica che il carisma comporta. Di conseguenza, il passo della decisione vera e propria è da riservare all'epoca della giovinezza, mentre nelle età precedenti la proposta tende a suscitare una disponibilità generica nella preadolescenza e più specifica nell'adolescenza, sempre però nell'ambito di una ipotesi di ricerca. Ciò non significa che queste età non debbano essere considerate a tutti gli effetti età di impegno vocazionale.
    Anzi ciò deve essere intensamente perseguito nella costruzione della personalità di base e nella prima elaborazione del progetto di vita. Ciò che non si deve chiedere nelle età inferiori è il pronunciamento proprio di una decisione formalmente intesa. Da quanto detto emerge chiaramente che alla domanda «se fare la proposta vocazionale», si può rispondere che non solo ne vale la pena, ma che è necessario quando si presentano le condizioni. Così, alla domanda «quando?», pare doveroso rispondere: ad ogni età, purché nei modi dovuti. Il rapporto personale, inserito in un itinerario di fede, suggerirà ai responsabili il momento opportuno per l'appello, per una proposta di ulteriore e specifico cammino vocazionale. È valido il principio: «Quando le condizioni esistono, non è mai troppo presto per rivolgere l'invito. L'importante è che non giunga troppo tardi».[4] Se da una parte bisogna essere premurosi per evitare di chiudere la porta al «Signore che passa», dall'altra non si può essere imprudenti buttando l'invito su un terreno impreparato: la parabola del seme e delle varie specie di terreno ci è qui di grande aiuto. Non bisogna poi abusare dei «momenti forti», perché la consacrazione deve poi resistere a tutte le stagioni della vita quotidiana. Veniamo ora dettagliatamente al «come».

    Obiettivi e metodi nella preadolescenza (intuizione e desiderio)

    Partiamo da una costatazione: si assiste oggi in Italia ad una ripresa di interesse «vocazionale» nei confronti dei preadolescenti.[5] La ricerca nazionale L'età negata invita a «ripensare molti luoghi comuni circa questa età», anche sotto il profilo vocazionale. Sarebbe pastoralmente sbagliato ritenere che non abbia rilievo la cura vocazionale di questa fascia di età. In essa infatti c'è il massimo di «disponibilità» all'annuncio vocazionale.[6] In essa avvengono le intuizioni vocazionali più vive e precoci. A questa età si ha la più ampia plasticità per la maturazione dei «prerequisiti vocazionali» (espansione della vita di relazione, amicizia, vita di gruppo, generosità, ecc.). Più che di una proposta vocazionale esplicita, al di sotto dei 14 anni, conviene puntare su un appello vocazionale ampio, ancora prevalentemente indiretto e implicito quanto alle prospettive di impegno e scelta, ma diretto e coinvolgente quanto ad alcuni traguardi vocazionali consentiti da questa età. La preadolescenza è stata chiamata «la prefigurazione armonica» del divenire vocazionale. È l'età delle intuizioni e dei desideri, il periodo di vita in cui avviene la più elevata identificazione con i modelli. L'animatore deve portare la sua attenzione soprattutto verso i ragazzi e le ragazze di questa età che sono più capaci di «restare col Signore», che riescono a vivere una preghiera più schietta e spontanea, che hanno il gusto di riflettere e di interrogarsi, che ricercano con interesse quanto di bello e talvolta di eroico li può affascinare nella vocazione, specialmente missionaria, che sono capaci di assumersi alcuni impegni concreti di servizio e anche talora di animazione per i più piccoli.
    Su questi «segni/germi» vocazionali va condotto il primo discernimento: essi costituiscono una base sicura per una proposta esplicita.

    * Gli obiettivi da prefiggersi per la proposta vocazionale nella preadolescenza possono essere così indicati.
    - Umanizzare: far sì che il dono di Dio si inserisca nel tessuto umano proprio di questa età. Sono da sviluppare la crescita cognitiva ed esperienziale, la socializzazione, la vita di gruppo, le abilità operative concrete, gli interessi. Connessi con questi ci sono i valori: si parte dai bisogni profondi, che si esprimono in interessi, fondati sui valori, che traducono in definitiva motivazioni di fondo.
    - Coscientizzare: aiutare a prendere coscienza della propria e dell'altrui crescita. La seconda media è l'«età d'oro» per avviare questo cammino, attraverso le cose che attraggono. In terza media è possibile una intuizione dei valori in senso realistico-operativo e un avvio verso una maggiore autonomia, che può divenire un momento di «scelta» presentare la vocazione come un'ipotesi interessante.
    - Impegnare: aiutare a rendere operativi i desideri e i valori. Per questo l'impegno deve essere tradotto in termini concreti, in modo che il ragazzo e la ragazza sperimentino il valore del servizio e il dono di sé agli altri. L'impegno li rende protagonisti. Non si deve problematizzare a questa età, ma coscientizzare e sviluppare il valore delle microrealizzazioni nel servizio caritativo.
    - Presentare e far imitare dei modelli affascinanti e alla portata dell'età. Può svilupparsi una vera passione per questi modelli. Possono anche nascere interessi verso le grandi realtà mediate dal carisma della vita religiosa.
    - Aprire all'ideale e al Trascendente, al dialogo con Dio: un Dio percepito come amico in Gesù Cristo. È possibile anche una scuola di preghiera a contenuto vocazionale per questa età, proprio perché il preadolescente è ben disposto per l'esperienza di preghiera.
    - Abilitare a prendere piccole decisioni, concrete, quotidiane e a tradurle in operatività.

    * I metodi da usare potrebbero essere i seguenti.
    - La proposta «implicita», espressa attraverso le situazioni concrete di vita (ad esempio la famiglia, la scuola, la parrocchia, la comunità religiosa, le missioni, ecc.).
    - La mediazione di un educatore amico, espressa nelle modalità del colloquio, del legame affettivo, dell'esemplarità.
    - Il sostegno del gruppo formativo: esso aiuta, attraverso una proposta di interessi, ad entrare nei valori, a fare il passaggio dalla religiosità infantile a quella più matura, a far «esplodere» e appassionare la persona anche verso gli ideali della vita religiosa.
    - La catechesi vocazionale, per presentare l'appello di Dio secondo le caratteristiche di questa età. È d'obbligo la presentazione di tutte le vocazioni.
    - Le esperienze religiose «forti» aiutano a superare il rischio della assuefazione alle forme ripetitive e ad approfondire il senso delle cose sacre.
    - La preghiera adeguata all'età, sia nei modi che nelle forme, di forte apertura vocazionale alla disponibilità: «Che cosa vuoi, Signore, da me? Che cosa posso fare io oggi?».
    - La proposta «esplicita»: si tratta di presentarla in un contesto di cammino che comporti una graduale comprensione e decisione.

    Obiettivi e metodi nella adolescenza (emozione privilegiata)

    Anche l'adolescenza torna di moda come età di proposte vocazionali esplicite, anche per le vocazioni di speciale consacrazione.[7] Età vocazionale per eccellenza, in senso largo, in quanto orientata alla costruzione della propria identità e di un primo abbozzo del progetto di vita, l'adolescenza vive oggi una stagione privilegiata e nel contempo drammatica: è l'età che rivela ed evidenzia il divenire disarmonico e conflittuale non solo degli adolescenti ma anche della storia che stiamo vivendo. Da momento biologico di passaggio essa infatti sta diventando condizione socioculturale che attraversa la cultura intera. Per questo l'adolescenza si sta dilatando ed espandendo, in forme più o meno estese di sovrapposizione, nelle età che la precedono e la seguono. Noi ne parliamo in senso cronologico stretto (1417 anni), ma non dimentichiamo la rilevanza che viene ad avere per tutto il discorso vocazionale la riedizione dell'adolescenza come si presenta ai nostri giorni. In questa acerba e tormentata fase della vita, aggravata da fattori culturali inediti, il misterioso evento della «vocazione» si presenta essenzialmente come intuizione emotivo-affettiva, «un impulso interiore» a orientare e spendere la propria vita secondo il disegno di Dio su di sé. È l'«emozione privilegiata» che secondo Marchand segnerebbe l'origine di ogni vocazione e che avrebbe il suo acme durante l'adolescenza. Questa emozione si presenta con un significato di appello che è ricevuto e interpretato in modo diverso, secondo il grado di maturazione conseguito, il carattere, l'ambiente e la presenza o meno di significative mediazioni. Nella costruzione della propria identità l'adolescenza coglie in forma ancora confusa e conflittuale, ma fortemente percepita nel «vissuto» interiore della propria personalità, l'istanza vocazionale, e reagisce con una vasta gamma di atteggiamenti, situati per lo più sul «continuum» negativo e positivo della risonanza affettiva. Di fronte all'evento-vocazione, l'adolescente passa dalla paura al turbamento, dallo stupore all'esaltazione, dall'inquietudine alla pace interiore, dalla sofferenza alla gioia, dal rifiuto alla disponibilità della ricerca e della donazione di sé. L'esperienza dimostra che al momento di fare la proposta appaiono di buona garanzia alcuni «indizi» vocazionali da cogliere e incoraggiare con determinazione (contestazione del consumismo, attitudine critica alla ricerca, disponibilità a vivere un cammino di preghiera e di incontro con Cristo, sincerità e lealtà di fronte a sé e agli altri, socialità disinteressata, dedizione generosa, sanità ed equilibrio affettivo, capacità di ripresa, dialogo con una guida spirituale, predisposizione a vivere in gruppo e in comunità, attitudine a svolgere ruoli di animazione, entusiasmo e passione per gli ideali della vita religiosa, ecc.).

    * In questa «età d'oro» per l'annuncio e la proposta vocazionale possiamo individuare alcuni obiettivi.
    - Aiutare ogni adolescente nella faticosa e conflittuale costruzione della propria identità umana e cristiana.
    - Facilitare l'intuizione e la prima elaborazione del progetto di vita, contrastando il clima diffuso e devastante di «eteroprogettazione» che lo circonda.
    - Aprire all'esperienza affettiva e sociale in forma sempre più oblativa.
    - Facilitare l'ascolto e l'accoglienza dell'appello interiore a donare la propria vita secondo i disegni di Dio.
    - Disporsi a cercare e definire la propria vocazione, con disponibilità anche ad accogliere una vocazione specifica nella Chiesa e nel mondo.
    - Confrontarsi con modelli suggestivi e coinvolgenti (è l'età della massima risonanza emotiva, dell'«innamoramento», anche vocazionale).
    - Sperimentarsi in percorsi vocazionali specifici, compresa l'ipotesi di una vocazione particolare.

    * A livello di metodo la proposta vocazionale e agli adolescenti dovrebbe attenersi ad alcune indicazioni.
    - Anzitutto la liberazione dai condizionamenti culturali che deve saldarsi durante l'adolescenza con un impegnativo programma di formazione personale, sostanziato da esperienze forti sotto il profilo vocazionale, senza urgere scelte definitive.
    - Di fronte alla difficoltà della costruzione di sé in un tempo di crisi di età e di epoca, all'adolescente che si apre all'ipotesi vocazionale è importante far fare un'esperienza forte di valori.
    - È in questa prospettiva che si pongono, anche se non in maniera esclusiva, le esperienze da più parti avviate dei «gruppi di ricerca» e le «comunità proposta», senza dimenticare altre esperienze di animazione sia personale che comunitaria.
    - Occorre infine tenere saldamente unite, a questa età, proposta esplicita (come sperimentazione di una ipotesi e come percorso graduale verso una scelta ulteriore) e forme concrete di accompagnamento, perché l'adolescente ha bisogno continuo di chiarificazione e sostegno, anche se dà talvolta l'impressione di non averne bisogno o addirittura di rifiutare ogni forma di aiuto (ciò avviene quando percepisce attorno a sé iperprotezione, paternalismo, maternalismo, ecc.).
    - Soprattutto è da ricordare che, anche nei casi di proposta esplicita, è da garantire all'adolescente un clima di libertà interiore e di espansione emotiva, ricca di tutte le sfumature possibili (gioia, sofferenze, dubbio, esaltazione, sconforto, rifiuto, fascino). Soprattutto è da assicurare una maturazione completa della personalità in contesti normali di vita.

    Obiettivi e metodi nella giovinezza e vita adulta (scelta e decisione)

    La proposta vocazionale ai giovani va inquadrata nel contesto culturale in cui viene vissuta oggi la condizione e la cultura giovanile. Molti fattori di condizionamento socioculturale hanno reso le attuali generazioni giovanili dell'area occidentale più fragili ed incerte di fronte a tutte le scelte della vita, comprese quelle per la vocazione di speciale consacrazione. Le culture dominanti (laiciste, radicalborghesi, marxiste) hanno da tempo diffuso un clima materialistico che mira all'appagamento immediato dei bisogni primari, impedendo quasi del tutto per molti giovani l'accesso ad una visione della vita fondata su valori spirituali, sulla trascendenza e condizionando in radice la donazione di sé. Di fatto la prospettiva della vocazione religiosa riguarda oggi una esigua minoranza, in quando i «germi vocazionali» molto spesso vengono uccisi fin dal loro sorgere. Per quanto concerne la vita religiosa, dai dati di recenti indagini il panorama che emerge sembra dare speranza: la vita religiosa è stimata, desiderabile in se stessa, ma la proposta vocazionale non «scatta», in forza di alcune ragioni più connesse alla cornice socioculturale che alla disponibilità individuale. La «chiamata» fa oggi paura, genera turbamento, attiva resistenze insuperabili, conduce perlopiù alla «rimozione» dell'appello vocazionale profondo. È la «sindrome del giovane ricco» del Vangelo, che se ne va triste. Le difficoltà sono state più volte analizzate, soprattutto in riferimento al momento decisionale, nella fase di preparazione e in quella di decisione. A ciò si aggiunga il rischio concomitante di casi di «vocazione-rifugio» e affette da controindicazioni, rischio reale oggi e non sempre superato con adeguato riferimento a criteri di idoneità e metodologie di serio discernimento.
    Senza diminuire il peso dei condizionamenti e lo spessore delle difficoltà analizzate, pare di poter dire che per la vocazione sacerdotale e religiosa c'è ancora speranza. Il paradosso sta qui: è proprio il clima di crisi, sono proprio le difficoltà spirituali del nostro tempo a suscitare - sia pure in un esiguo numero di giovani - il dinamismo della vocazione come risposta nuova e creativa di fronte alle provocazioni del tempo, della società, della cultura in cui viviamo e della stessa natura giovanile che attende di essere «salvata» dai giovani stessi. Tuttavia prima di rivolgere una proposta esplicita a dei giovani perché si impegnino per la vocazione, la condizione previa è di garantire la credibilità stessa della proposta. Ma anche l'idoneità dei giovani deve essere verificata. I germi/indizi positivi di vocazione, oltre alla garanzia almeno iniziale dell'idoneità umana e cristiana, vanno individuati anche nei confronti dell'idoneità vocazionale specifica. A questo livello della proposta occorre fare attenzione, prima di aprire una prospettiva in questa direzione, alle «controindicazioni» già evidenti fin dall'inizio: tare familiari o gravi turbe del clima affettivo di base, carenze di equilibrio psichico, incapacità a vivere in comunità e a integrarsi in situazioni nuove (personalità rigide, difensive e in genere scarsamente dinamiche, per le quali è da ipotizzare la ricerca della vocazione come un «rifugio»).

    * In questo contesto la proposta esplicita ai giovani di impegnarsi con scelta definitiva per la vita vocazionale sacerdotale o religiosa deve tener conto di alcuni importanti obiettivi.
    - Assumere la vita come vocazione e tradurla in un progetto personale di vita.
    - Consolidare la personalità, generalmente ancora fragile e immatura, attraverso un piano di vita giocato e verificato «nella ferialità» (come sostegno alla decisione).
    - Recuperare le intuizioni e le aspirazioni vocazionali rimosse, accantonate, distorte o tradite durante le età precedenti.
    - Passare dalla disponibilità generica alla disponibilità specifica del dono di sé.
    - Tenere aperto il confronto e la ricerca tra molteplici chiamate specifiche, e pervenire all'accoglienza interiore di una di esse.
    - Verificare a livello critico ed esperienziale (discernimento) una propria eventuale idoneità ad una vocazione di speciale consacrazione.
    - Scegliere un cammino spirituale di crescita e maturazione, compierlo con impegno e rispettare le condizioni di un effettivo accompagnamento.

    * A livello di metodo ecco alcune indicazioni.
    - È essenziale il colloquio personale con persona competente e di fiducia, che aiuti, sostenga, chiarifichi e sospinga: i giovani hanno bisogno personalmente di «superare il senso della propria inadeguatezza, la paura dell'impegno irreversibile, il timore dei tempi lunghi, l'esigenza di totale garanzia, così come le decisioni frettolose o poco radicate».[8]
    - La proposta, quando nasce a livello individuale, deve essere quanto prima confrontata e verificata a livello comunitario, in contesti sereni. L'animatore vocazionale che ha acceso e suscitato la proposta, pur restando sempre un punto di riferimento, deve «morire a se stesso» e affidare il giovane a un gruppo o comunità formativa che assicuri l'apporto di altre persone e la ricchezza e i limiti di altre esperienze. Anche nel rapporto vocazionale il transfert crea dipendenza e cristallizza nell'immaturità.
    - Aprire al realismo e alla concretezza del dono di sé, superando le futili idealizzazioni e pervenendo progressivamente all'accoglienza di «carisma e croce» come inscindibili in ogni vocazione.
    - Assicurare il coraggio della proposta e il sostegno personale e comunitario anche negli anni della piena giovinezza e della maturità, perché la vocazione, come sorge ad ogni età, così in ogni età deve essere confermata e rinnovata. In particolare, alcune attenzioni - oltre a quanto detto - devono essere tenute presenti con gli adulti che chiedono di accedere alla vita sacerdotale o religiosa o verso i quali si ritenesse opportuno di rivolgere una proposta in tal senso. L'esperienza ci dice che in genere si tratta di vocazioni adolescenziali o giovanili «rimosse», trascurate e non seguite. In questi casi sono da verificare con una certa precisione sia indicazioni che «controindicazioni», soprattutto nelle aree dell'equilibrio psichico, affettivo-sessuale e nell'attitudine alla vita comunitaria (non sono da sottovalutare i rischi di vocazioni «rifugio», o inconsistenti, per carenza di adeguata maturazione nelle età evolutive precedenti). I criteri della organicità e della gradualità non ammettono eccezioni: non si può presumere di trovare o di «saltare» di pari passo ciò che prima non si è costruito.

    Conclusione

    Tutti i giovani che in qualsiasi modo il Signore mette sul nostro cammino hanno diritto al nostro aiuto per orientarsi a costruire la loro personalità e la loro vita secondo il Vangelo. A tutte le età dobbiamo aiutarli ad orientarsi nella scoperta e nello sviluppo della loro vocazione: nella fanciullezza, nella preadolescenza, nell'adolescenza, nella giovinezza e oltre, poiché ognuna di queste tappe della vita ha il suo compito di crescita, e richiede decisioni proporzionate che ogni giovane deve imparare a prendere responsabilmente. Forse noi dimentichiamo troppo spesso questo diritto e ci limitiamo ad un'unica azione implicita, lasciando che la decisione nasca da sé. È invece esperienza comune che la chiamata del Signore si manifesta il più delle volte attraverso la proposta esplicita di qualcuno. Eppure questo aiuto è tanto necessario «specialmente nei confronti di quei giovani che vivendo la fase tra percezione e decisione non possono o non intendono mancare dell'aiuto del presbitero» (PO n. 11). «Non abbiate paura di chiamare esorta il Papa non deve esistere nessun timore nel proporre direttamente ad una persona giovane o meno giovane la chiamata del Signore». A chi tocca se non a noi operare il passaggio da una riconosciuta idoneità ad una esplicita risposta dell'interessato? La risposta al Signore non dipende solo dalla generosità dei giovani, dipende anche dalla nostra sapiente guida.


    NOTE

    [1] De Pieri S., «Vocazione» (voce in), Dizionario di pastorale giovanile, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1989, inoltre De Pieri S., «Aspetti psicologici della vocazione salesiana», in AA.VV., La vocazione salesiana, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1982, pp. 111150.
    [2] Cf Secondo Congresso Internazionale per le vocazioni, «Documento conclusivo», n. 5758, 1981; CEI, Vocazione nella Chiesa Italiana, Piano Pastorale per le Vocazioni, Roma, 1958.
    [3] Cf Watzlawick P. et alii, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971; Franta H., Interazione educativa, LAS, Roma 1977.
    [4] Secondo Congresso..., oc, n. 49.
    [5] Si vedano i progetti educativi e vocazionali di ACR, AGESCI, ecc.; delle comunità educative; gli articoli vocazionali circa questa età ad esempio., nelle riviste «Vocazioni», «Rogate», «Se vuoi», «Testimoni», ecc.; NPG dall'85 ha iniziato una sezione speciale sui preadolescenti.
    [6] Guglielmoni L., in «Vocazioni», n. 3, 1989, p. 30 ss. (Tutto il numero affronta la «maturazione vocazionale» nelle varie età). Cf COSPES (a cura di), L'età negata, Elle Di Ci, Torino 1986; De Pieri S. - Tonolo G., Preadolescenza. Le crescite nascoste, Armando Editore, Roma 1990.
    [7] Si veda in proposito il Convegno di studio del CNV tenutosi a Roma il 35 gennaio 1989 dal titolo «Nuovi adolescenti e vocazioni».
    [8] Cf Secondo Congresso..., oc., n. 49. Per la proposta della vocazione religiosa si veda «Vocazione», n. 4, luglio-agosto 1989.


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