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    Per una lettura esistenziale della bibbia nei gruppi


    Franco Floris

    (NPG 1987-01-4)


    Vogliamo soffermarci su un problema, ritagliandolo fra altri numerosi e urgenti che non è possibile affrontare in queste pagine, nell'ambito del difficile rapporto tra giovani e bibbia.
    Il grande sogno del concilio di «dare la bibbia in mano ai cristiani» e dunque alle nuove generazioni, sembra realizzarsi ma con molte pause e contraddizioni. Essa viene utilizzata nella catechesi, nella liturgia e nella preghiera, nella meditazione personale. Eppure solo una minoranza sembra riuscire a gustarne il fascino, la ricchezza, la capacità nutritiva per la vita nel suo farsi quotidiano.
    Come può l'uso della bibbia con i giovani credenti dare una mano per maturare questa esperienza intima? Come possono le sue pagine, opportunamente accostate, riscaldare il cuore e rilanciare la progettualità dei giovani, realizzando il grande sogno del concilio?
    Dobbiamo a questo sogno e al problema che esso solleva una formulazione: abilitare i giovani ad una lettura esistenziale della bibbia, cioè ad una lettura applicata alla vita nelle sue attese e preoccupazioni quotidiane.
    I destinatari principali di queste pagine sono quei giovani che, ormai credenti, consolidano la loro fede in un periodo di «noviziato» o apprendistato alla vita cristiana in tutta la sua ricchezza. Esso richiede di apprendere a darsi ragione della propria fede, trasformare il proprio stile di vita ispirandosi al vangelo, riconoscersi attivamente nella comunità cristiana, vivere i grandi simboli della fede, celebrare la salvezza di Dio nell'eucaristia e negli altri sacramenti, apprendere a pregare da cristiani, individuare la propria vocazione nella chiesa e nella società.
    Dopo la grande esperienza che li ha condotti a scegliere la fede intuendo una profonda sintonia tra il loro vissuto ed il vissuto di Gesù, i giovani sono chiamati a maturare nella fede confrontandosi con lui per comprendere, giudicare, progettare, realizzare ed amare la vita, ispirandosi al suo esempio e ai suoi insegnamenti.
    Questo è lo spazio dove collochiamo il problema di una lettura esistenziale della bibbia e del vangelo.
    Per ricercare la soluzione al problema non è corretto partire da zero. Sono a disposizione, oltre approfonditi studi biblico-spirituali sulla lettura esistenziale della bibbia, stimolanti esperienze maturate in ambito giovanile in questi anni e preziosi contributi di numerose scuole di spiritualità per l'uomo contemporaneo. Il grande sogno del concilio, nel suo positivo realizzarsi, ha generato diverse scuole di lettura esistenziale, mettendo a frutto una tradizione secolare finora riservata a minoranze esigue e specializzate dentro la chiesa.
    Sono proprio tali esperienze a tener desto anche oggi il problema e ad offrire sempre nuovi stimoli.
    Alla soluzione del problema vogliamo anche noi dare un piccolo contributo, muovendoci nell'ambito della proposta pastorale e di spiritualità che la rivista ha elaborato in questi anni.
    Articoliamo la riflessione in tre parti.
    Nella prima parte preciseremo il concetto di lettura esistenziale collocandolo a fianco della lettura esegetica e della attualizzazione culturale del messaggio biblico.
    Nella seconda parte torneremo alla esperienza concreta per rileggere in termini critici alcuni nodi problematici sottesi alle diverse esperienze.
    Nella terza parte, infine, offriremo alcune prospettive di tipo educativo.
    Siamo consapevoli dei limiti dei discorsi che andiamo facendo. L'unica pretesa è di riproporre il problema agli operatori pastorali per ricercare insieme soluzioni più riflesse e praticabili.
    Ci ripromettiamo di tornare sull'argomento nei prossimi numeri della rivista con esperienze, studi, proposte.


    1. Verso una descrizione della lettura esistenziale della bibbia

    Cosa intendere per lettura esistenziale della bibbia?

    Per rispondere è utile rifarci a un triplice approccio alla bibbia in risposta a tre diverse esigenze tra loro intimamente collegate: l'esegesi (leggere un testo nel suo contesto culturale), l'attualizzazione culturale (portare il testo nel nostro contesto culturale), l'attualizzazione o applicazione esistenziale (portare il testo alla vita).
    Ci rendiamo conto di richiamare cose risapute, ma ci sembra importante farlo per affrontare il nostro problema.
    Il punto di partenza è la effettiva distanza tra il testo biblico ed il lettore, chiunque esso sia. La distanza è data dal fatto che ogni lettura comporta un «opporsi» di due mondi personali, quello appunto dell'autore del testo e quello del lettore.
    Questa distanza diventa maggiormente rilevante nel caso in cui, come per chi legge un testo biblico, essa affonda le radici in due mondi culturali diversi. Se il mondo che voglio capire è comune al mio, la lettura avviene per immediatezza; è facile far sprigionare dal documento scritto il significato. Ma se il mondo che mi interessa penetrare è lontano dal mio, il contatto con il documento non rileverà alcun senso oggettivo, lasciando la mia intelligenza al buio, oppure facendo trasparire una selva di significati possibili e contraddittori. Sarà facile il fraintendimento, l'ambiguità, l'equivoco. Comprendere un testo come quello biblico, data la distanza culturale, è un'impresa faticosa alla ricerca di un senso presente fra le righe ma nascosto.

    IL CAMMINO INTERPRETATIVO

    Per superare la distanza è necessario percorrere un cammino (ermeneutico) al cui interno vengono, appunto, a collocarsi l'esegesi, l'attualizzazione culturale, l'attualizzazione esistenziale.

    La fase di esegesi

    La prima fase è quella dell'esegesi del testo biblico.
    Fare esegesi è avvicinarsi ad un testo facendoglisi incontro dal di dentro del contesto in cui è nato, ricreando le condizioni di conoscenza di chi viveva al tempo e nell'ambito che furono suoi.
    L'attenzione esegetica nasce dal rischio di far dire al testo quel che si vuole, dimenticando le intenzioni dello scrittore, quasi che il testo fosse una sorta di tecnica proiettiva attraverso la quale far emergere quanto il lettore si porta dentro, mentre da solo non sarebbe in grado di esprimerlo. Il rischio è di stravolgere il testo ed il suo significato.
    Reagendo a questo, l'esegesi intende «tornare alle cose stesse», al di là delle incrostazioni culturali che non ci permettono di vedere nella loro nudità, siano queste pregiudizi personali, distorsioni tipiche della nostra epoca, tradizioni passate che hanno orientato la lettura di un testo fino a deformare il significato.
    Fare dell'esegesi è credere che esiste una oggettività del testo che va assunta e rispettata e, prima ancora, scoperta con pazienza facendo ricorso agli studi scientifici che da tempo l'hanno chiarita. Quel che si vuole, al di là dell'interpretazione del singolo testo, è rendersi familiari al mondo culturale in cui esso è nato, ricercandone la storia, lo stile di vita, le correnti di pensiero che lo attraversavano, i problemi dibattuti e a cui il testo vuole rispondere (anche se non vi fa cenno).
    L'impresa non è facile. Leggere senza pregiudizi un testo non è affatto accostarlo con semplicità nella sua immediatezza. Richiede spirito critico, studio approfondito e, soprattutto, capacità di «mettere fra parentesi» la cultura in cui si vive.

    La fase di attualizzazione culturale

    Se l'approccio esegetico si propone di identificare il messaggio dell'autore nella sua purezza, l'attualizzazione culturale (o transculturazione) invece si propone di ridire il messaggio utilizzando le categorie e i concetti, i problemi e le attese della nostra cultura. Facendo interagire tra loro messaggio della bibbia e messaggio della cultura si intende arrivare a produrre qualcosa di nuovo, di inedito.
    In effetti la distanza culturale tra autore biblico e uomo moderno, se crea problemi di comprensione, offre anche una singolare occasione, quella di non limitarsi a ripetere quanto l'autore intendeva, ma di far dire al testo cose nuove nel - rispetto della sua oggettività - dentro la nostra cultura. La distanza può diventare incremento di visione, profondità di prospettiva, moltiplicazione dello sguardo.
    Inserito in un quadro nuovo, un fatto o un testo del passato acquista un plus di intelligibilità, che non gli è estrinseca o artificiosamente escogitata, ma è il disvelarsi postumo di sue latenti ricchezze espressive. Ogni epoca storica ha attualizzato, in questo modo, la bibbia ed il suo messaggio. E noi abbiamo alle nostre spalle non solo un testo biblico, ma anche le sue attualizzazioni culturali nei secoli.
    L'attualizzazione della bibbia oggi è un lavoro più complesso che non nel passato lontano ed anche recente.
    Con l'avvento della secolarizzazione e dei suoi risvolti positivi e negativi, e con la «svolta antropologica» che essa ha comportato ponendo l'uomo e la sua libertà al centro dell'universo, sono mutati radicalmente il modo di pensare l'uomo, la sua coscienza, la sua libertà e responsabilità, il suo ruolo nel mondo e nella storia e, di conseguenza, il suo modo di rapportarsi a Dio.

    La fase di attualizzazione esistenziale

    Il terzo approccio è l'attualizzazione o applicazione esistenziale del testo biblico, dove per esistenziale non si intende una «visione filosofica» più o meno astratta, ma l'esistenza qui-ora da parte di una persona o di un gruppo ben individuati. L'esistenza qui è la vita quotidiana con il suo susseguirsi di esperienze buone e cattive, di gioia e di dolore, di successo e di sconfitta.
    Il confronto immediato tra testo biblico ed esperienza soggettiva non è meno difficile degli altri due approcci, anche perché presuppone che si sia appreso a non violentare il testo restituendolo al suo significato originario e ad utilizzare creativamente i dati provenienti dalla sua attualizzazione culturale.
    Anche rispettate queste due condizioni, l'attualizzazione esistenziale è faticosa: richiede di vivere da cristiani e di saper interrogare la propria esperienza, trarne le «domande giuste» da rivolgere al testo e così farne sgorgare una linfa capace di trasformare l'esistenza personale e collettiva.
    È facile riconoscere i legami intimi dei tre approcci e gli equivoci in cui si cade ogni volta che si accosta la bibbia con un solo approccio. I tre approcci vanno visti in modo circolare: l'uno conduce e presuppone gli altri per arrivare ad una lettura «credente» della bibbia.
    Mentre sui possibili equivoci nella lettura ritorneremo fra poco, per ora ci interessa addentrarci ulteriormente nel mondo della attualizzazione o lettura esistenziale, avendo a cuore il nostro problema, cioè la utilizzazione della bibbia nei gruppi giovanili che già hanno fatto una scelta di fede e sentono il bisogno di interiorizzarla e farla crescere attraverso l'azione concreta e una contemplazione ben radicata nella costruzione del Regno di Dio.
    Per procedere spostiamo l'attenzione dal testo e dal percorso della sua interpretazione alla esperienza soggettiva del credente che prende in mano un testo biblico e vuole attualizzarlo alla luce della sua vita quotidiana e delle domande che essa solleva.

    IL FARSI DELL'ESPERIENZA QUOTIDIANA E IL DISCERNIMENTO

    Il cammino di fede, del singolo come del gruppo, è segnato dalla maturazione lungo tre sentieri interagenti fra loro.
    Il primo sentiero è l'attuazione pratica del vangelo, in risposta alle provocazioni che nascono dall'accogliere Gesù e il suo messaggio e dal consolidarsi di atteggiamenti ispirati al vangelo. La fede, da questo punto di vista, è un modo di progettarsi e di realizzarsi o, meglio ancora, un modo di progettare e realizzare la pienezza della vita umana in tutte le sue forme.
    Il secondo sentiero è l'interpretazione complessiva della vita da credente. Raccogliendo gli stimoli dell'azione e ripensandoli in ambito concettuale alla luce del vangelo e della sua attualizzazione nella chiesa, il credente matura una mentalità di fede. Non inventa, ma piuttosto si riconosce in una attualizzazione culturale dei grandi contenuti della fede e li rielabora, personalmente e in gruppo.
    Il terzo sentiero è il discernimento o attualizzazione personale del vangelo, in riferimento alle situazioni concrete in cui l'attuare la fede lo conduce. L'attualizzazione esistenziale richiede di fermarsi e prendere, come si diceva qualche anno fa, in una mano la bibbia e nell'altra il giornale, farli interagire e lasciarsi «inverare» da questo confronto. Se ne ricava un giudizio sul presente per cogliere i segni dei tempi e le sue possibili mistificazioni, ritrovare coraggio e forza in vista del futuro, nel dialogo con i fratelli e nella preghiera che insieme si rivolge a Dio.
    Il discernere viene a collocarsi nel passaggio delicato che conduce da una attualizzazione culturale del vangelo alla sua attuazione pratica, sia nel momento che la si progetta sia nel momento in cui la si verifica. Discernere è voler conoscere «che cosa fare» per essere credente, non in generale, bensì in una concreta situazione; sapendo che né da una pagina di vangelo nella sua materialità né dalla sua attualizzazione culturale è possibile dedurre che fare qui-ora.
    Discernere è conoscere, ma un conoscere al singolare a cui si arriva non tanto attraverso una riflessione che pure è presupposta, quanto per affinità e per intuizione. È esercitare una attività valutativa, vivere e applicare con scioltezza criteri di giudizio che sono oggettivati nella pagina biblica.
    Capire questa non è solo analizzare con correttezza delle «indicazioni» per vivere; è assimilarle, interiorizzarle, renderle motivo portante della propria esistenza.
    Discernere, entro questo contesto, è voler interpretare, illuminare, valutare, giudicare, progettare le esperienze quotidiane dal punto di vista del messaggio biblico.
    Di fronte ad attività improrogabili che attendono di essere compiute e si presentano come eventi sfuggenti, complessi, difficili da penetrare e dipanare, il discernimento o attualizzazione esistenziale è caratterizzato da un intenso senso di ricerca. Dato che il significato evangelico degli eventi quotidiani non è scritto da alcuna parte e non è deducibile dalla lettura del testo biblico né dalle sue attualizzazioni culturali, esso rimane coperto da un velo, proprio nel momento in cui la lettura con il vangelo in mano lo lascia intuire e gustare. È dunque una ricerca appassionata e creativa, ma discreta. Ha il senso della misura. Ha paura di confondere attese e interpretazioni personali o di gruppo o anche culturali con le vere esigenze del vangelo. Attualizzare esistenzialmente è il contrario del dogmatismo e fanatismo, di ogni sicurezza che voglia imporsi con la forza. Accetta la presenza e l'assenza, la parola ed insieme il silenzio di Dio.
    Il discernimento è altro, tuttavia, anche dal rifugiarsi in un soggettivismo che mutila e storpia i significati originari dei testi biblici. Se la sua lettura non prescrive immediatamente che fare, essa non si riduce neppure ad un emozionalismo senza influsso sull'azione. È piuttosto una provocazione, un giudizio duro e incoraggiante a gesti creativi per inventare la vita, sorretti dalla consapevolezza che in ogni situazione anche la più povera e contraddittoria è possibile compiere dei gesti che pur rimanendo poveri realizzano qui-ora il Regno di Dio.


    2. Lettura esistenziale tra disattenzioni ed esasperazioni

    La lettura esistenziale, cosi come l'abbiamo descritta nelle pagine precedenti, è attività affascinante ma complessa. È possibile perdersi nei suoi meandri e non arrivare ad un risultato sensato e significativo.
    Le esperienze in atto nei gruppi giovanili evidenziano alcune scorrettezze procedurali. Le riprendiamo, facendo riferimento alle tre fasi di interpretazione del tessuto biblico.
    Le scorrettezze, infatti, possono nascere - prima che nella attualizzazione esistenziale - dal non fare riferimento ad una scientifica esegesi del testo o dal prescindere da ogni attualizzazione culturale.
    Per ognuna delle tre fasi riprendiamo il nucleo essenziale e poi indichiamo le possibili disattenzioni ed esasperazioni nei momenti di preghiera, liturgia, dialogo di gruppo, lettura personale.

    DISATTENZIONI ED ESASPERAZIONI NELL'ESEGESI DEL TESTO BIBLICO

    Anche per chi è immediatamente interessato all'attualizzazione esistenziale, l'approccio al testo non può prescindere da una corretta esegesi. Non è detto, tuttavia, che debba avere luogo nello stesso momento; è più naturale che lo studio esegetico sia previo, perché richiede il ricorso a tipici strumenti.
    Fare esegesi implica il «rendersi contemporaneo» al testo e acquistare familiarità con tutto quel mondo di rappresentazioni entro cui (ed entro cui soltanto) un testo diventa significativo, comincia a parlare. Solo se si lascia al testo il «diritto di parola» e si considera in modo «oggettivo» quel che l'autore ha voluto dire, si può passare in modo corretto alle due fasi seguenti.
    Ora questo compito viene spesso disatteso oppure esasperato.
    Viene disatteso dalla tentazione di passare immediatamente, dopo un ascolto superficiale, alle fasi successive. Quando si trascura un serio lavoro esegetico, a livello culturale si dà adito a letture ideologiche che riducono la bibbia a testo di appoggio di ragionamenti umani o a letture moraleggianti e parenetiche che perdono di vista l'essenziale, cioè il contenuto salvifico del messaggio.
    A livello esistenziale, a sua volta, è facile dare adito a letture soggettiviste che usano della bibbia per parlare di se stessi e del proprio narcisismo, o a letture fondamentaliste che danno valore assoluto alle formule scritte così da identificarle con la parola di Dio immutabile ed eterna. Si dimentica che essa è un «evento» storico e non un libro, e che il libro è incapace di contenere la ricchezza dell'evento.
    Il momento esegetico viene invece esasperato da chi crede che accostare i giovani alla bibbia si risolva nell'iniziarli al mondo biblico e ai suoi segreti, attraverso ricostruzioni di tipo storico archeologico - incapaci di far penetrare il significato salvifico della parola di Dio -, oppure nel presentare loro una documentata teologia biblica che ricostruisce il significato salvifico della parola di Dio entro il contesto culturale in cui è nata e alle cui attese ha dato risposta.
    Lo studio storico-critico e quello teologico-biblico sono importanti, ma in quanto studi previ ad una attualizzazione culturale ed esistenziale dei grandi contenuti della bibbia. Lo studio storico-critico di come il testo si è formato può suscitare curiosità e interesse. Ma non offre spunti significativi per un confronto personale con la parola di Dio. La distanza tra vita personale e bibbia rimane incolmabile.
    Tale distanza non viene superata neanche da una catechesi e preghiera che utilizzano la bibbia saltando dalla fase esegetica a quella esistenziale. Cosi procedendo ci si mette fuori dalla attuale cultura, rendendosi incomprensibili alla maggioranza dei giovani. Saltare la seconda fase nasconde soluzioni ambigue al rapporto tra fede e cultura e rende difficile integrare fede e vita. L'oggi personale e culturale viene messo tra parentesi ed in fondo svalutato, ritenuto incapace di offrire stimoli, intuizioni, chiavi di lettura decisive per far rivivere la parola di Dio.

    DISATTENZIONI ED ESASPERAZIONI NELL'ATTUALIZZAZIONE CULTURALE

    L'attività interpretativa non può limitarsi a restituire al testo il mondo dei significati dentro l'orizzonte co-originario al testo stesso, ma deve ridire quei significati entro l'orizzonte di comprensione dei lettori. Siamo all'attualizzazione culturale.
    L'uso pratico della bibbia nel concreto dei gruppi lascia intravvedere disattenzioni ed esasperazioni specifiche anche a questo livello di lettura.
    L'attualizzazione culturale viene disattesa da chi, nel porre la bibbia in mano ai giovani li indirizza ad una lettura sine glossa, senza mediazioni teologiche e culturali, verso le quali si nutre insofferenza se non disprezzo. Questa pretesa di leggere la bibbia da soli, fuori dalla rilettura che attraverso paziente studio e meditazione, ricerca e confronto ne offre la chiesa «dentro» l'attuale cultura, se da una parte può ricordare di non sottrarsi alla forza provocante del vangelo assunto nella sua radicalità, dall'altra si condanna all'impossibilità di intuire il messaggio evangelico nella sua radicalità più profonda.
    Non si arriva alla «verità» del vangelo se non attraverso un lavoro paziente ed intelligente in cui, dopo aver «distinto» l'orizzonte originario del testo e l'orizzonte culturale odierno, si cerchi di trascenderli per raccoglierli sotto un unico sguardo, scoprire le equivalenze, individuare i punti e le strade di una possibile comunicazione con Dio. Ora questo lavoro non può essere affidato alla sola ricerca personale o alla buona volontà di un gruppo in un momento improvvisato di preghiera o di catechesi. Implica la collaborazione di più competenze ed il riferimento a studi teologici sistematici ed organici.
    Del resto una attualizzazione culturale avviene sempre, anche quando non ci si pensa o si vuole rifiutare ogni commistione tra parola di Dio e parola dell'uomo. In questi casi si finisce, più o meno deliberatamente, in una attualizzazione non significativa, incapace di interessare, perché si ri-dice la bibbia in una cultura che non è quella dell'uomo oggi. Il rifiuto dell'orizzonte culturale in cui si ridicono i grandi contenuti del vangelo allontana da tali contenuti e dallo stesso vangelo.
    Così, per esempio, alcune riletture non escono da un orizzonte di tipo sacrale, in cui la manifestazione di Dio è vista come un evento puntiforme (Dio si manifesta in tempi, luoghi e azioni sacre) e non come un evento diffuso (Dio si autocomunica nell'intimo di ogni forma di vita) che trova la sua espressione suprema nell'assunzione dell'umano in Gesù di Nazaret.
    Allo stesso modo, in molte riletture viene ancora disattesa la svolta antropologica tipica di una cultura secolarizzata che concepisce la realtà a partire dall'uomo e dalla sua libertà, intelligenza, creatività. Davanti a Dio l'uomo non viene più pensato come un esecutore materiale di ordini dati una volta per sempre, al punto che la sua vita si riduce ad applicare ordini, ma come colui al quale Dio chiede di «inventare» un ordine, a partire dalle attese che Egli ha deposto dentro la vita e le sue manifestazioni. Dove la svolta antropologica non viene assunta, la grandezza dell'amore di Dio, confinato a semplice ordinatore dell'esistente, viene misconosciuta. Contro una visione di strade già segnate, invece, la svolta antropologica individua con pazienza nel bosco tracce che tocca all'uomo - come collaboratore di Dio - consolidare fino a diventare strade di piena umanizzazione.
    L'attualizzazione culturale viene invece esasperata quando l'incontro tra orizzonte biblico e orizzonte culturale viene attuato in modo che quest'ultimo sottopone il primo a suo servizio, utilizzando, come prova per sostenere le proprie tesi, ragionamenti, visioni di vita. Il vangelo non è più luogo del significato ultimo, profezia, norma e giudizio che misura tutto ciò che è umano, ad incominciare dal proprio comportamento che viene difeso dalla forza giudicante della parola di Dio. Non esistono, infatti, solo le grandi ideologie (quelle oggi in crisi), ma anche le tante razionalizzazioni dell'esistente (a livello personale e collettivo), che non permettono alla parola di imporsi con la sua forza e luce salvifica.
    Le ideologie e le attualizzazioni ideologiche della bibbia non sono tramontate. Rispetto ad un passato recente, esse si sono solo spostate al polo opposto, quello «negativo». Ancora una volta non si esce dalle secche dell'ideologismo, anche se questo può avere successo nel mondo giovanile, vestendosi di interiorismo e di spiritualismo, di fuga dal mondo e di relativizzazione di ogni impegno per il cambio sociale e culturale, di forme aggregative da cittadella assediata dai nemici contro i quali ci si arma nel nome del vangelo.

    DISATTENZIONI ED ESASPERAZIONI NELL'ATTUALIZZAZIONE ESISTENZIALE

    Veniamo ai nodi problematici che emergono al momento della attualizzazione esistenziale.
    Per un testo che vuole essere portatore di verità salvifica - come tutti i testi religiosi - l'esito decisivo non può essere costituito da un'operazione culturale, per quanto riuscita. Ogni rilettura che provi a ridire il racconto biblico nell'orizzonte di una cultura, compresa la nostra, non può che essere al servizio di una lettura sul piano personale, dove il testo, capito nel suo significato contestuale e ricapito nell'orizzonte dell'attualità, viene applicato all'uditore, sia un individuo o una comunità.
    L'attualizzazione, in cui si lascia che il messaggio illumini la propria esperienza per farne cogliere la povertà e annunciarle una speranza insperata, avvia ad una nuova progettualità, sempre più ispirata al vangelo e alla sua proposta salvifica. La parola di Dio non si confronta più con la cultura, ma con l'esistenza nel suo farsi, nel suo dispiegarsi in azione, nel suo interrogarsi di fronte alle vicende quotidiane di gioia e di dolore, affetto e angoscia, vita e morte. Vuol provocare ad una presa di decisione: comprendere e vivere tutto a partire dalla speranza che nasce dalla morte e risurrezione di Gesù.
    Anche l'attualizzazione esistenziale può venir disattesa oppure esasperata.
    Il portare il testo alla vita personale viene disatteso con la maggioranza dei giovani, i quali, ben raramente, hanno le occasioni e gli strumenti per una simile operazione. Al massimo essi incontrano la bibbia come oggetto di studio in sé o come oggetto da attualizzare culturalmente. Solo di rado essi hanno un contesto ambientale significativo e le occasioni concrete per passare dall'uso della terza persona (la bibbia dice, il messaggio della bibbia è...) alla prima persona singolare o plurale (la bibbia per me, la bibbia per noi...).
    Per contesto ambientale significativo si intende un insieme di condizioni basilari per un incontro personale con il messaggio: soffrire domande sulla vita che si collocano nella lunghezza d'onda specifica in cui è possibile sintonizzarsi con la bibbia, far risuonare in un «dialogo interiore» i tanti messaggi dell'esperienza quotidiana e saperli analizzare e fare propri cogliendovi attese e problemi; avere a disposizione non solo pagine di bibbia da interiorizzare immediatamente in un dialogo di gruppo o nella preghiera silenziosa, ma anche pagine di attualizzazione culturale del suo messaggio.
    All'atto pratico mancano occasioni significative di lettura esistenziale. Non che manchino le proposte, anche se non sono molte. Il fatto è che agli occhi della maggioranza dei giovani tali proposte non hanno molto da dire, perché espresse con linguaggi e in contesti estranei alla loro sensibilità personale e culturale.
    Le forme di attualizzazione esasperata sono conosciute. Vi abbiamo fatto riferimento indirettamente nelle pagine precedenti, perché nascono da errori compiuti in tali fasi.
    Ci limitiamo a sottolinearne due.
    Una prima forma di esasperazione è il soggettivismo, che può coniugarsi con lo scatenamento emotivo, soprattutto in momenti di preghiera di gruppo. Alle prese con la fatica di darsi una identità oltre la frammentarietà, è facile lasciarsi tentare dal rassicurare il narcisismo favorendo espressioni sul tipo: «a me questa pagina di vangelo suggerisce...» e scatenando fenomeni emotivi di gruppo: l'angoscia interiore genera commozione nel sentirsi «accolti» da Dio e dagli amici; il razionalismo che opprime la vita quotidiana invita a reazioni di irrazionalismo religioso; l'incapacità di pronunciarsi sui problemi e la paura delle responsabilità lascia spazio a lunghi silenzi, forse privi di contenuto.
    Ci rendiamo conto di aver calcato la mano. Le situazioni sono più sfumate. Tuttavia ci sembra importante non dimenticare questi «sospetti».
    Una seconda forma di esasperazione è il moralismo dell'impegno che fa della fede e del vangelo una esortazione, per lo più di ordine utopico, fino a perdere di vista la realtà nella sua complessità, a fare e costruire, cambiare e trasformare, a favore di una società più giusta, dei diritti dei poveri e degli ultimi, del rispetto ecologico della natura.
    Non si vuole misconoscere l'importanza della prassi credente, ma porre l'attenzione su un duplice esito moraleggiante nel leggere il vangelo. Il primo è l'esito utopistico, quando il testo viene utilizzato per lanciare in un «mondo di sogno» dove si enunciano principi grandi ma impraticabili, avulsi da una corretta lettura e progettazione della realtà. Il secondo è la riduzione dell'esperienza religiosa ad una morale, dimenticando che il suo nucleo essenziale è l'accoglienza del dono gratuito e insperato della salvezza di Dio in Gesù. Senza questa accoglienza consapevole e libera il passaggio all'impegno, anche se si nutre della parola di Dio, non esce dagli schemi di una morale. Accogliere la salvezza, infatti, mentre impegna l'uomo, lo libera dall'ipervalutazione dello stesso impegno.

    3. Per un'educazione alla lettura esistenziale della bibbia

    Veniamo alla terza parte della nostra riflessione, quella educativa.
    Dato che ci siamo proposti di interessarci soltanto della lettura esistenziale, lasciando da parte i problemi relativi all'entrare in contatto con la bibbia nella sua dimensione più generale, le riflessioni che seguono sono per forza di cose altrettanto limitate. Ci permettiamo di proporle, considerandole quasi uno stralcio di un discorso pastorale più ampio.
    Raccogliamo le riflessioni attorno a cinque nuclei:
    - la collocazione della bibbia dentro l'insopprimibile esigenza di «interpretare la vita»;
    - l'abilitazione ad atteggiamenti in sintonia con il sapere specifico e fondante della bibbia;
    - l'individuare contesti di attualizzazione di tipo comunitario dove sia possibile apprendere anche una lettura personale;
    - il fare dell'attualizzazione esistenziale un evento narrativo;
    - la ricerca di spazi pastorali e di procedimenti operativi, personali e di gruppo.

    LA BIBBIA A SERVIZIO DEL "GRANDE LIBRO DELLA VITA"

    Una prima serie di riflessioni riguarda la visione d'insieme in cui collocare con i giovani la bibbia e la sua utilizzazione.
    Abbiamo già visto che a molti giovani la bibbia viene presentata all'interno di una concezione di vita e con un linguaggio sacrale che non riescono a comprendere e accettare. Ai loro occhi, se è vero che la bibbia è il libro di Dio, è ancor più vero che la vita è il grande libro di Dio, quello che ognuno è chiamato ad interpretare. In fondo la vita è un libro vivo, mentre la bibbia è un libro - per così dire - morto, debolmente significativo, slegato dalla stessa esperienza di fede che essi vivono. Per essere cristiani, ai loro occhi, la bibbia è un fatto relativamente secondario.
    A loro, in altre parole, risulta difficile collocare il libro della bibbia e la sua utilizzazione nella vita quotidiana.
    Prima di leggere e comprendere le singole pagine della bibbia essi devono comprenderne la sua significatività.
    Nel tentare di dare risposta a questa difficoltà ci sembra fondamentale aiutare i giovani credenti a meditare sul come è nata la loro fede, personale e di gruppo. Procedendo all'indietro, con una sorta di flashback, è possibile osservare che essa è nata in un contesto carico di alcuni valori, al punto che essi li hanno assunti per «osmosi» dalle persone che ne erano state trasformate. A mano a mano che i valori venivano interiorizzati queste persone hanno raccontato di Gesù e del Regno di Dio come di un «fatto storico» sconvolgente, capace di trasformare la loro vita e il mondo intero.
    La fede nasce da un evento interpersonale in cui si racconta a viva voce di Gesù e del Regno alla luce delle attese personali, al punto che si intuisce una profonda sintonia tra fatti della propria vita e fatti della vita di Gesù, e ci si decide per lui e per la causa del Regno.
    Questa esperienza rimanda e conferma una intuizione dell'uomo, a cui i giovani d'oggi sono attaccati anche se in modo inconsapevole -: il luogo primordiale dove incontrare Dio è la capacità di rendersi responsabili della propria vita e di quella degli altri. I «fatti» nella loro immediatezza sono, a seconda di come uno li vive, luoghi di comunione o di allontanamento da Dio e dal suo Regno. Alla luce della Incarnazione di Dio in Gesù, da intuizione umanissima, cara all'uomo secolarizzato, questa diventa, nell'esperienza del credente, affermazione di fede. L'esigenza fondamentale non è allora di ricavare uno spazio per il libro della bibbia per incontrarvi Dio, perché Dio lo si incontra o lo si rifiuta nel quotidiano. L'esigenza è di migliorare la qualità umana del proprio vissuto e di penetrarne il significato profondo per verificare se davvero è luogo di incontro con Dio.
    Per fare questo, e dunque per maturare una comunione con Dio sempre più consapevole nel quotidiano, è di grande importanza ricreare eventi come quelli in cui la fede è nata la prima volta, e dunque ritrovarsi in ambienti pervasi da valori evangelici condivisi per ricercare insieme una nuova sintonia tra i fatti della vita di Gesù e quelli della propria vita.
    La sintonia, più che tra dei fatti e in un libro, viene ricercata tra questi fatti ed un racconto che rivive nelle parole di quanti ne sono progressivamente trasformati. Da fatti pietrificati della vita di Gesù, in questo contesto comunitario, quelli evangelici diventano eventi significativi, capaci di riscaldare il cuore e trasformarlo, ma anche di esprimere un preciso giudizio sullo stile di vita che si conduce.
    Fatti e parole viventi di Dio, nel racconto della comunità vengono a compenetrarsi e illuminarsi reciprocamente. La parola esprime un giudizio di salvezza, speranza e perdono. I fatti sono capaci di far sgorgare questa parola viva dal testo biblico raccontato dalla comunità.
    Paradossalmente si potrebbe dire che non è la bibbia, se presa nella sua materialità, ad essere la parola di Dio. Parola di Dio invece è l'evento complessivo entro cui questa viene fatta rivivere. La bibbia da sola non manifesta la sua intima natura di parola di Dio, se non a contatto dei fatti, preoccupazioni, attese, domande, angosce e speranze di chi la legge.
    Se la bibbia da sola non manifesta la sua vera natura di parola di Dio, neppure la vita quotidiana presa da sola, nella sua immediatezza, riesce ad esprimere l'essere luogo di comunione o rifiuto di Dio. È necessario che la vita sia verificata e inverata in momenti di dialogo fraterno e preghiera in cui si fa luce con la bibbia.

    IL "SAPERE FONDAMENTALE" DELLA BIBBIA

    Per utilizzare la bibbia come strumento per cogliere nella vita i segni positivi e negativi della presenza/assenza di Dio, non è sufficiente prendere in mano un testo e applicarlo esistenzialmente, anche se con l'aiuto di raffinati strumenti di esegesi e attualizzazione. È decisivo aver contemporaneamente interiorizzato alcuni atteggiamenti nella direzione del «sapere fondamentale» della bibbia.
    La bibbia è depositaria di un sapere originalissimo - relativo alla salvezza dell'uomo - che nel suo concreto e storico formarsi lungo i secoli ha elaborato un procedimento concettuale e linguistico, regolato da una particolare logica, che appare solo a chi ha dimestichezza con le pagine.
    Nel parlare di Dio e dell'uomo, del passato e del presente in vista del futuro, delle responsabilità personali e collettive, la bibbia procede secondo un originale schema logico-linguistico. Lo chiamiamo il «sapere fondamentale» della bibbia perché entro di esso vengono a disporsi le singole affermazioni, in modo che ricevano luce dal tutto e dal raffronto con le altre.
    Una lettura esistenziale non può prescindere da questa logica sotterranea che collega le diverse pagine e stabilisce anche il rapporto tra antico e nuovo testamento. Se non la si è interiorizzata è facile cadere in letture soggettiviste oppure fondamentaliste, ma soprattutto che non si riesca a trarre da una pagina biblica alcun significato.
    Gli studi biblici hanno individuato i contenuti e lo schema di fondo di questo sapere fondamentale.
    È sufficiente, allora, iniziare le nuove generazioni a tale sapere?
    La risposta è più complessa e richiede di riflettere in due direzioni.
    Anzitutto anche questo sapere fondamentale della bibbia, così come emerge dalle sue pagine, ha bisogno di essere attualizzato dentro la nostra cultura. I suoi concetti, le sue categorie antropologiche vanno «tradotte», senza tradire l'originalità della fonte.
    In secondo luogo, non basta che i giovani conoscano questo sapere fondamentale attualizzato. necessario che, partendo dalle loro attese di salvezza (e dai loro inquinamenti) e confrontandole con il sapere biblico, vengano individuati alcuni atteggiamenti a cui abilitarsi pazientemente. Tali atteggiamenti - strutturati internamente nelle tre dimensioni che li contraddistinguono (dimensione conoscitiva, affettiva ed operativa) - a mano a mano che maturano nel soggetto, permettono di entrare in sintonia con la bibbia ed il suo linguaggio e di interpretare le singole pagine senza fughe di alcun tipo, anche quando non si hanno a disposizione specifiche attualizzazioni culturali di un testo.

    Alcuni atteggiamenti

    Proviamo ad indicare quali possono essere questi atteggiamenti espressivi del sapere fondamentale della bibbia, ripensato dentro la nostra cultura.
    Il primo è un minimo di utopia contro la rassegnazione e l'autosufficienza.
    Viviamo in un tempo di caduta di utopia, speranza, attesa. Cosa può voler dire per la generazione del disincanto ritrovare l'utopia, se non credere che la vita è un bene al quale non si può mai rinunciare e che essa va preservata in tutte le sue forme, appunto perché è un «bene»? L'utopia è il coraggio di amare la vita e credere che, nonostante tutto, l'uomo attende un «mondo nuovo» che può realizzarsi qui ora. Senza questa utopia, vissuta nel quotidiano e non solo nelle grandi attese, accostare un libro come la bibbia risulta una impresa normalmente senza senso.
    Il secondo atteggiamento è la consapevolezza che il mondo non è un magazzino dove le merci si ammucchiano disordinatamente. Esiste invece un cifrario segreto: il progetto di Dio. Alla base di questo cifrario sta l'intuizione che il mondo non è frutto del caso, ma di un disegno misterioso, inscritto nella struttura intima del cosmo e della coscienza umana. Se l'uomo vuole costruire il futuro deve «intuire» questo progetto o disegno divino, riconoscendo che Dio è colui che vuole realizzarlo e chiede all'uomo di farsi coprotagonista di tale impresa.
    Il terzo atteggiamento è legato all'«accettazione» del peccato, inteso come distruzione del mondo e della vita ad opera dell'uomo, e dunque tradimento del progetto divino di pieno sviluppo del mondo. Accettare che il peccato è frutto di una tragica ma libera scelta dell'uomo, non è facile, perché non è semplice rassegnazione, ma piuttosto volontà di mettersi in paziente ascolto del misterioso progetto di Dio. È accettare che non si è «padroni» della vita, perché solo Dio è Signore. Da soli, dunque, si è incapaci di progettare il bene nel mondo e realizzarlo.
    Il quarto atteggiamento è l'accoglienza del vangelo come buona notizia: Dio, fatto uomo in Gesù di Nazaret, promette che l'utopia che alberga nel cuore dell'uomo non è destinata al fallimento. La sua realizzazione, tuttavia, non è solo conquista dell'uomo e delle sue forze, ma - essenzialmente - dono gratuito da accogliere con riconoscenza, consapevoli che esso nasce nella morte e risurrezione di Gesù.
    Il quinto atteggiamento è la fede che, a partire da Gesù, la vita ha già un senso radicato nel profondo. Anche se agli occhi di tanti essa rimane un assurdo o, per lo meno, un dato indecifrabile, per il credente è dotata - nel suo insieme - di un germe di senso: ha la possibilità di tradurre l'utopia in realtà fin da ora, nell'esperienza di ogni giorno. La fede che la vita è già dotata di senso è affermazione positiva che si è disponibili a collaborare perché questo senso donato si realizzi. La vita diventa un compito creativo che tocca l'intelligenza e la libertà dell'uomo e la sua capacità di ispirarsi al radicalismo evangelico e tradurlo in gesti significativi oggi.
    Il sesto atteggiamento è l'apertura al dono, cioè il morire alla voglia di «possedere» per realizzarsi e il nascere alla gratuita condivisione della propria vita e di tutto ciò che nel mondo è vita (dai beni della terra a quelli della cultura). L'apertura al dono richiede distacco dalle cose e senso di povertà evangelica, ma soprattutto positiva e festosa convivialità con gli altri.
    Il settimo atteggiamento è la disponibilità alla riconciliazione e al perdono, cioè a gesti che sappiano fare i conti con la complessità della vita e le sue contraddizioni. Spesso - nonostante la buona volontà delle persone - le vicende umane conducono a dei vicoli ciechi dai quali si può uscire solo con il perdono gratuito e con l'accoglienza reciproca anche dove il conflitto sembra insanabile.
    Abbiamo elencato quelli che ci sono sembrati i principali atteggiamenti in sintonia con il sapere fondamentale della bibbia. A mano a mano che essi, attraverso un paziente lavoro educativo, compenetrano il vissuto quotidiano, i giovani apprendono il cifrario segreto che permette di esplorare senza perdersi, ma anzi ritrovandovi preziosi tesori, dentro il mondo della bibbia. Solo se attraverso questi atteggiamenti la biblicità si diffonde nella vita personale, diventa possibile rispettare un testo biblico e gustarne la sua ricchezza e provocazione.
    L'aiuto che viene dall'esegesi di un testo e dalla sua attualizzazione culturale serve ben poco se non trova un terreno reso fertile da atteggiamenti di sapore biblico, che fanno da ponte tra attuazione e attualizzazione esistenziale.

    LA INDIVIDUAZIONE Dl CONTESTI COMUNITARI Dl LETTURA

    L'esperienza di questi anni, soprattutto nei «santuari» della spiritualità giovanile e della riscoperta della bibbia, evidenzia che il luogo privilegiato in cui i giovani possono maturare nella lettura esistenziale è una comunità che medita, dialoga, prega con la bibbia in mano.

    Tra esperienze "forti" ed esperienze quotidiane

    L'abilitazione a una lettura esistenziale sembra richiedere, più che un individuo ben disposto, un soggetto comunitario che, fra l'altro, solo raramente è il proprio gruppo di appartenenza. Sembra cioè che per apprendere tale pratica bisogna rivolgersi a dei «maestri», o meglio a comunità che al loro interno hanno fatto della preghiera e meditazione della bibbia una scelta fondamentale e profetica.
    Il fatto va valutato con calma, per evidenziare da una parte gli aspetti positivi - in particolare le attese che conducono i giovani in questi «santuari» perché non sembrano trovare soddisfazione nei loro gruppi e comunità di appartenenza - e dall'altra le ambivalenze, come il sovrapporsi di linguaggi, concetti, teologie e spiritualità che non si integrano tra loro e che, spesso, esprimono un diverso atteggiamento verso la vita quotidiana, rispetto a quello vissuto nel gruppo o nella comunità.
    Quello che offrono tali comunità, rispetto alla vita ordinaria dei gruppi, al punto da interessarli fortemente, è il contatto immediato con traduzioni radicali del vangelo. La scoperta della importanza radicale della bibbia per molti gruppi avviene nel momento in cui hanno il coraggio di frequentare comunità che, mentre evidenziano scelte quotidiane di radicalismo evangelico (come la povertà e la semplicità dello stile di vita, la fraternità e il servizio ai poveri e agli ultimi) sanno riviverle nella parola di Dio facendone un perno del vissuto comunitario.
    Il radicalismo evangelico nelle scelte e nell'utilizzo della bibbia, anche in comunità dove la competenza scientifica nella lettura e meditazione non emergono in modo convincente, sembra in grado di aprire alla bibbia e alla sua lettura esistenziale. Dove poi esso si incontra con una competenza specifica nell'uso della bibbia, i giovani trovano facile individuare le strade per compenetrare vita e parola di Dio.
    C'è da aggiungere che, tuttavia, rimane difficile per molti passare dalle esperienze «forti» all'uso della bibbia nel ritmo quotidiano di vita. Si verifica soprattutto nei casi in cui il clima teologico e spirituale nei «santuari» è diverso da quello che il gruppo ha consolidato nel suo cammino di fede. Si pone un interrogativo: come utilizzare queste esperienze forti, ripensandole «dentro» le scelte spirituali già operate dal gruppo, evitando dualismi o eclettismi che creano confusione e sconcerto?

    La preferenza per una lettura comunitaria

    Queste esperienze «forti» confermano una scelta a cui abbiamo fatto cenno in precedenza e che ora riprendiamo: il gruppo o la comunità sono il vero «soggetto» che legge e interpreta la parola di Dio
    La bibbia si impara ad attualizzarla e applicarla alla vita «dentro» il gruppo. La scelta non può essere, tuttavia, solo strumentale. Essa ha una profonda radice teologica. Il soggetto che legge e medita è la comunità intesa come unità differenziata, cioè un insieme di persone che condividono gli stessi valori, ma li traducono in modi differenziati di vivere.
    Il luogo dove unità e differenziazione si integrano con maggior efficacia sembra il gruppo giovanile, almeno quello in cui si è attenti a creare coesione attorno ai valori, mentre si sollecita ognuno a incarnarli in modo consono alla sua personalità.
    Non c'è spazio adeguato per una lettura esistenziale della bibbia dove, invece, il gruppo non condivide esplicitamente valori e atteggiamenti evangelici. Ma non c'è neppure dove regna una pressione di conformità tale che prevale l'unanimismo, il fare e pensare tutti allo stesso modo.
    In questi casi la bibbia non riuscirà ad esprimere la sua ricchezza, la varietà dei suoi insegnamenti e, prima ancora, la sua valenza di parola di salvezza per le persone nella loro specifica situazione.
    Anche l'unità deve, tuttavia, essere resa visibile e «calda». Non basta affermarlo o intuirlo. Uno degli elementi che i giovani trovano più significativi nei santuari della loro spiritualità è una comunità accogliente, fraterna, gioiosa e festosa. Una comunità anonima non attiva una autentica lettura esistenziale, come non l'attiva una comunità dove prevale la struttura fredda, i rapporti gerarchici, il formalismo, la freddezza dei rapporti.
    Optare per una lettura esistenziale in gruppo o in comunità, non è dimenticare la dimensione squisitamente personale. Ci sono esperienze del tutto personali, non comunicabili agli altri, che attendono di essere «verificate» in un discernimento intimo alla luce del vangelo; ma soprattutto non c'è attualizzazione senza discernimento personale.
    Tra esperienza personale ed esperienza di gruppo non c'è opposizione: in un clima dove vengono esaltate l'unità e la differenziazione, l'individuo trova sostegno e stimoli per accostare il testo biblico di prima mano, interpretarlo alla luce delle sue attese e problemi, e condividerlo nel dialogo e nella preghiera. Allo stesso tempo l'attualizzazione comunitaria non è semplice sovrapposizione di letture personali, ma un evento unico, formato dalla loro interazione e arricchimento reciproco.
    La lettura di gruppo, del resto, spinge anche ad una lettura personale «nel chiuso della propria stanza». Se sgorga da quella comunitaria, essa non sarà più individualista.
    Anche nel chiuso della propria stanza ci si sente in «compagnia». Nel meditare e pregare da soli con la bibbia diventa naturale far riferimento, oltre che alla esperienza personale, a quella comunitaria dentro la quale si apprende a fare i conti da credenti con la vita nella sua complessità.

    LA LETTURA ESISTENZIALE COME UNA "NARRAZIONE" COLLETTIVA

    La ragione ultima della scelta comunitaria va cercata nel bisogno di creare un contesto in cui la parola di Dio possa risuonare in tutta la sua forza ed efficacia. Solo nella comunità, infatti, essa può diventare una narrazione che da parola scritta la fa diventare parola viva, affascinante, capace di parlare al cuore dell'uomo e trasformarlo.
    La narrazione è un evento corale intenso e arricchente costituito dalla confluenza di tre racconti o storie in cui ognuna dà vita alle altre: il racconto dei fatti salvifici della bibbia e specificamente di quelli della vita di Gesù; il racconto delle attese e domande di coloro ai quali e con i quali si sta narrando, il racconto della fede entusiasta di chi prende la parola e narra in prima persona, esprimendo la salvezza di cui ha fatto esperienza, come risposta provocante alle attese di chi ascolta.
    In quanto intreccio di tre storie - quella di Gesù, quella del narratore e quella di colui a cui si narra - la narrazione richiede di praticare con passione e intelligenza l'approccio complessivo al testo biblico descritto nelle pagine precedenti come approccio esegetico, approccio di attualizzazione culturale, approccio di applicazione esistenziale.
    Per poter narrare i fatti della vita di Gesù, il narratore deve anzitutto avere una conoscenza adeguata dell'intenzione dell'autore evangelico, proteso come egli era più che al racconto dei fatti in sé alla esplicitazione del loro significato salvifico. Allo stesso tempo chi narra deve possedere una attualizzazione culturale dei fatti salvifici a cui fa riferimento. Questo richiede di essere un buon teologo, capace di rivolgersi all'uomo del nostro tempo, e di aver interiorizzato il sapere fondamentale della bibbia di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti. Infine chi narra deve avere una profonda sintonia con le persone insieme alle quali vuole dare vita ad una attualizzazione esistenziale della parola. Egli sta dentro il gruppo - come capacità di condivisione e di intuizione delle attese -, anche se non sempre è uno del gruppo.
    Prospettata come evento corale in cui intrecciare le tre storie, la lettura esistenziale viene sottratta ad alcuni rischi.
    Viene, in primo luogo, evitato il rischio di un confronto meccanico tra vita personale e parola, senza la mediazione di una fede entusiasta, quale quella di chi si assume il compito di narratore. Viene anche evitato il rischio di un consumo individualista e soggettivista della parola, la quale invece intende illuminare l'oggi nella sua interezza, quale è possibile cogliere solo attraverso lo sforzo congiunto di un gruppo o di una comunità. Viene infine evitato il rischio di una lettura fondamentalista, dove i fatti della vita di Gesù rimangono «pietrificati», incapaci di svolgere la loro funzione di salvezza a contatto con i fatti di oggi e con le aspirazioni e problemi che essi sottendono.
    Nel contesto del gruppo tutti possono essere narratori, mettendo a disposizione la propria esperienza di salvezza e discernimento nel collegare l'oggi e la parola di Dio e, allo stesso tempo, ascoltatori, arricchendosi della lettura di fede offerta dagli altri. E così l'evento corale diventa il «grembo» dove ognuno collabora e apprende ad attualizzare esistenzialmente la parola di Dio.
    Possono tuttavia essere evidenziati diversi ruoli e funzioni.
    Alcuni sono capaci - perché si sono preparati magari andando a leggersi studi e ricerche appropriate - di offrire il significato dei fatti salvifici e/o la loro attualizzazione culturale. Altri si ritrovano più facilmente nel ruolo di chi rievoca i fatti quotidiani e li trasforma in domande rivolte al testo biblico. Altri ancora sanno riprendere questi fatti e discernere il loro significato alla luce della parola di Dio. Altri, infine, sanno esprimersi rincuorando e incoraggiando il gruppo a partire dalla loro fede entusiasta.

    LE COMPETENZE, GLI SPAZI E I METODI

    Veniamo all'ultimo paragrafo della nostra riflessione educativa: la individuazione delle competenze, degli spazi e dei metodi di lettura o discernimento.
    Tenendo conto della distinzione tra i tre approcci - esegetico, culturale, esistenziale - è importante anzitutto osservare che se il loro sforzo tende alla lettura esistenziale, la competenza che richiedono sollecita ad individuare spazi e tempi opportuni per le tre letture.
    Il gruppo è chiamato, specializzando i membri a seconda delle capacità, a darsi una competenza specifica nell'ambito delle tre letture; tenendo conto che ognuna richiede un tipo diverso di «scuola» ed esperienza. A mano a mano che queste specifiche competenze maturano, il gruppo avrà a sua disposizione stimoli sempre più significativi per inoltrarsi nel cuore della bibbia e della vita.

    Gli spazi di lettura nella vita ordinaria del gruppo

    Abbiamo visto che, spesso, la sensibilità e la pratica della lettura esistenziale nel gruppo hanno origine da una esperienza forte in un luogo di spiritualità biblica. Abbiamo anche accennato alla difficoltà di passare da questa al ritmo ordinario facendo spazio alla lettura del vangelo.
    La risposta al problema non può essere data in generale. Troppo diverse sono le situazioni, i livelli di maturazione, le caratterizzazioni dei gruppi.
    Ben diverso è, ad esempio, il caso dei gruppi di appartenenza dove ci si vede di frequente, con legami affettivi sufficientemente consolidati e con attività e compiti di servizio - e quello dei gruppi di riferimento - dove invece si hanno meno occasioni per stare insieme e non si svolgono insieme i compiti e servizi, ma soltanto ci si ritrova per avere una cassa di risonanza in cui i fatti della vita possono essere analizzati e decifrati.
    I principali spazi di attualizzazione esistenziale sono i momenti di preghiera e di catechesi. Non vogliamo soffermarci su come individuare spazi di preghiera e catechesi con la bibbia in mano, nella vita dei gruppi. Ci ripromettiamo di tornarci sopra nei prossimi numeri della rivista.
    Per ora ci interessa qualche rilievo. Ci sembra che l'esigenza di contatto con la bibbia sia in crescita, ma forse a scapito di una catechesi robusta sul piano culturale. Non è una buona soluzione, di fronte alla complessità di un giudizio da credenti sui fatti della vita e della storia, abbandonare ogni riflessione critica per darsi a una meditazione spontaneistica della bibbia. Una fuga dal pensare e riflettere come anche la paura di assumersi responsabilità concrete, non potranno che inquinare la lettura della bibbia.
    Detto questo, ci sembra importante ribadire che è urgente ritagliare all'interno della catechesi (intesa come riflessione globale sull'esistenza) spazi di dialogo interpersonale, dove al centro si pone la comprensione, valutazione, riprogettazione della vita quotidiana.
    Allo stesso modo, la preghiera di gruppo, se non vuol essere fuga dalla realtà, deve accentuare il suo compito di discernimento dei fatti della vita, illuminati dalla parola di Dio.
    Il problema degli spazi è anche, ed in modo decisivo, un problema di linguaggi da utilizzare. Come non osservare che in certi giovani il linguaggio è sempre più da iniziati, al punto da rendersi incomprensibili ai loro coetanei ed amici? È possibile inventare linguaggi esistenziali comprensibili e significativi per la maggioranza dei giovani? Anche questa è una sfida alla pastorale giovanile.

    La ricerca di metodi e procedimenti

    Il secondo problema riguarda le modalità operative, la «tecnica» dell'attualizzazione, sia per quel che riguarda il momento catechistico che per la preghiera.
    Non possiamo anche qui dilungarci.
    Ci sembra importante rilanciare un dato che nasce dalla esperienza pastorale. Esistono due «scuole» di attualizzazione della bibbia, tra loro diverse anche se in continuità, perché esprimono originali modalità di procedere: una discendente e l'altra ascendente.
    Una prima scuola, in forme molto varie, si richiama alla lectio divina e ai suoi movimenti di interiorizzazione del testo biblico. La disponibilità dei giovani alla lectio, sembra indicare il bisogno di partire, nella catechesi e nella preghiera di gruppo, come anche nella meditazione personale, dal testo biblico scelto con intelligenza, per comprendere secondo una modalità discendente la vita nella sua quotidianità.
    Una seconda scuola, anche se in modo un poco forzato, la si può riassumere nella revisione di vita. Il punto di partenza è il quotidiano nella sua immediatezza. A partire da esso si intraprende un cammino ascendente che arriva alla parola di Dio per poi tornare alla vita.
    Entrambi i metodi sono oggi praticati, perché esprimono, pur nella continuità, un diverso atteggiamento spirituale. Per vie diverse comprendono la vita a partire dalla bibbia e attualizzano la bibbia dentro la vita. Il loro significato ultimo ed il criterio della loro validità sta nella capacità di far vivere ai giovani la circolarità tra vita e parola di Dio.
    A partire da queste due scuole e da una loro attualizzazione critica, ben attenta al cammino interpretativo a cui si è fatto cenno, i gruppi sono oggi chiamati a «inventare» nuovi modi di attualizzazione esistenziale o, se si vuole, nuovi percorsi di discernimento del significato credente dei fatti della vita quotidiana.
    Anche su questi metodi e sulla loro attualizzazione ci ripromettiamo di tornare sulla rivista, con esperienze e riflessioni metodologiche.

    NB. Nell'elaborazione di queste riflessioni ho fatto particolare riferimento a Armido Rizzi, Leggere la parola di Dio «dentro» la vita quotidiana, Q10 dei Quaderni dell'animatore, in Note di pastorale giovanile 1983/8, Id., Letture attuali della bibbia, Borla 1978; AA.VV., Attualizzare la parola di Dio nelle nostre comunità, Edizioni dehoniane 1983; La bibbia nella preghiera dei gruppi giovanili, dossier di Note di pastorale giovanile, 1981/9.


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