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    Donna e scienza: esiste uno specifico femminile nel fare esperienza e conoscere il reale?



    Carla Maria Del Miglio - Sabina Scotto Di Tella

    (NPG 1983-7-24)

    LA SCIENZA TRADIZIONALE COME SCIENZA IDEOLOGICA

    Rispetto alla questione femminile, la scienza tradizionale si presenta come scienza ideologica in quanto tende a selezionare tutti i dati, anche i più insignificanti, che dimostrano una diversità tra i sessi (non solo nell'uomo ma anche negli animali), trascurando la variabilità esistente all'interno dei gruppi maschile e femminile ed estrapolando arbitrariamente all'uomo dati ottenuti dai ratti o dai conigli.
    Si trascura cosi completamente la storia della cultura e della civiltà umana, senza nemmeno porsi il problema se procedere in tal modo sia o meno scientificamente corretto.
    Vari esempi di questa non neutralità della scienza maschile nei confronti del problema donna li possiamo trovare nel libro della Sullerot, Il fenomeno donna: notevole, per esempio, il rilievo dato a ricerche compiute su porcellini d'India a cui è stato somministrato il testosterone (ormone maschile) durante la fase critica della gestazione, ottenendo in taluni casi un'androgenizzazione del sistema nervoso. Si vuole così suggerire che questo possa avvenire anche nel caso dell'uomo, cosa al momento attuale assolutamente non dimostrata. D'altronde la Thibault nello stesso libro nota che «a partire dai primati, questo determinismo ormonale è meno rigido, perché le strutture nervose conservano una certa plasticità negli stadi successivi dell'ontogenesi... Ed è evidente che il fenotipo resta ormono-dipendente, il comportamento lo è molto di meno».[1]

    Il condizionamento durante l'infanzia

    Cosi, a partire dalla nascita, entra in gioco tutta una serie di fattori che porta a differenziare i comportamenti individuali. Molti studi sono stati condotti sulle differenze di comportamento tra i bambini e le bambine: si è trovato, naturalmente, che i primi sono più aggressivi, indipendenti e addirittura «violenti» nei giochi; tuttavia non si è ancora analizzato abbastanza come questo sia il frutto delle aspettative differenti nell'ambiente nei confronti di maschi e femmine nonché dei differenti criteri di somministrazione dei rinforzi e delle punizioni a seconda dell'appartenenza all'uno o all'altro sesso. Infatti una bambina vivace e chiassosa viene in genere punita perché si comporta da «maschiaccio», mentre al bambino viene rimproverato ogni segno di debolezza e di dipendenza (i comportamenti da «femminuccia»).
    Ci sembra interessante rilevare come queste differenze tra i sessi siano state osservate in bambini di età superiore ai due anni e perciò già condizionati dall'ambiente familiare e sociale. Alla nascita sembra che ci siano differenze negli schemi sonno-veglia e nei livelli di attività, al contrario di quanto comunemente si afferma. Poi, con interventi espliciti e per imitazione di comportamenti (diversificati a seconda del sesso) degli adulti della propria famiglia, maschi e femmine apprendono ad agire in modo diverso. Non è un caso, comunque, che nelle bambine si evidenzino problemi relativi all'accettazione della propria identità, la quale implica un ruolo subordinato a quello dei maschi.

    L'ambiguità di certe impostazioni scientifiche

    La psicologia, nell'esaminare e nel cercare le radici di uno specifico femminile, ha dato rilievo per molto tempo alle caratteristiche psicofisiche osservate, che sono state prese come immutabili, ed ha messo in secondo piano il ruolo svolto dai fattori socioculturali. Anche la psicoanalisi ha avuto un peso determinante nel sancire la subordinazione della donna: possiamo ricordare al riguardo la posizione della Deutsch, la quale fa coincidere la femminilità con la passività e la mascolinità con l'attività asserendo che è così in tutte le culture proprio perché uomo e donna sono biologicamente diversi.
    Nel campo della criminologia, si è giunti invece ad affermare che la maggior tendenza alla truffa da parte delle donne (cosa che non è stata ancora sufficientemente dimostrata) ed il loro maggior successo nel mascherare i delitti sono legate alla biologia della donna, ossia alla «necessità» di nascondere (!) ogni quattro settimane il ciclo mestruale e quindi al modo di esporre in termini falsati le vicende della vita ai bambini: per questo motivo le donne diventerebbero naturalmente menzognere.
    Un altro esempio dei limiti propri della cultura e della scienza dominanti è dato dalla medicina attuale, incapace di fronteggiare una serie di malattie croniche come la colite, l'asma, l'ipertensione, la patologia tumorale, ecc. Questa incapacità di far fronte a determinati problemi è legata alla tendenza dei nostri medici a trattare il corpo del paziente come «cosa» e analizzare separatamente le varie parti, senza considerare come mente, polmoni, cuore, ecc. siano parti di un tutto che è la persona. Si è scisso il fisico dallo psichico, invece di considerarne la continua interazione. La cefalea o la dispnea sono trattati così come qualcosa di accidentale e si è incapaci di aiutare l'individuo che, attraverso il corpo, manda messaggi e dice ciò che è incapace di esprimere in altro modo.

    AL DI LÀ DELL'ANTINOMIA DI NATURA E CULTURA

    Nell'analisi del problema della donna, come è accaduto per altri problemi, vi è stata un'artificiosa contrapposizione tra fattori biologici e fattori culturali: diversi autori si sono fatti sostenitori degli uni o degli altri, senza considerare come in realtà essi siano inscindibili.
    Ciò appare poco corretto dal punto di vista scientifico, in quanto esiste un intreccio tra fattori biologici e comportamentali, tale da non permetterci di attribuire i dati ricavati dalle osservazioni agli uni o agli altri: infatti (come nota Eisenberg) «è molto difficile distinguere la causa e l'effetto nel complesso intreccio di fattori ormonali e comportamentali».[2] Non solo negli animali ma anche nell'uomo, talune circostanze psicologiche possono influire sul livello degli ormoni circolanti. Perciò non è possibile studiare soltanto gli effetti di questi ultimi sul comportamento ma, per i primati e soprattutto per l'uomo, bisogna anche osservare gli effetti di una certa situazione sull'organismo. Dunque, il problema non è tanto quello di esaminare se esistono tra maschi e femmine differenze effettive e universali, quanto quello di cercare di comprendere i processi e i meccanismi in virtù dei quali la differenziazione si è nel tempo caratterizzata come discriminazione stereotipata a vantaggio del maschio.

    La donna reale come oggetto della scienza

    Oggetto della scienza deve essere quindi la donna reale, nel suo interagire con un dato ambiente socio-culturale. È necessario inoltre considerare la variabilità individuale, che assume nella specie umana una rilevanza ben maggiore delle differenze uomo-donna e per la quale ogni individuo costituisce un qualcosa di unico e irripetibile. Questo è da ricollegarsi all'efficiente rimescolamento di geni che si ha nel corso della riproduzione sessuale umana, per cui, con la sola eccezione dei gemelli identici, non ci si può aspettare che nemmeno due tra tutti gli individui della specie Homo sapiens siano simili tra loro. Per l'essere umano, il significato biologico della variabilità individuale non consiste solo nelle maggiori possibilità di sopravvivenza nella lotta per l'esistenza ma, dal momento che l'uomo è anche produttore di cultura ed interagisce con un dato ambiente fisico e sociale, l'unicità della persona umana è da considerarsi in senso psicofisico, oltre che genetico.
    Gli studi fatti da vari autori per sostenere l'esistenza di caratteri sessuali terziari [3], oltre a quelli primari e secondari, debbono essere considerati solo come un tentativo fallito di dare una base pseudoscientifica allo stereotipo, in quanto non è stata rilevata alcuna correlazione tra ormoni sessuali e comportamento. Inoltre, anche se sono state riscontrate alcune differenze nella frequenza e nel grado con cui si presentano certi tratti psicologici rispettivamente nella popolazione maschile e femminile, possiamo sempre ipotizzare che esista un substrato biologico (ontogenetico e filogenetico) determinato dal condizionamento sociale, il quale si è realizzato attraverso un meccanismo neuroendocrino.
    L'anoressia mentale e l'amenorrea secondaria (ossia la scomparsa totale dell'appetito accompagnata dalla scomparsa del ciclo mestruale) sono degli esempi delle modificazioni del substrato biologico legate a particolari condizioni psichiche. Interessanti sono anche i risultati della ricerca di Money ed Ehrhardt [4] su soggetti portatori di anomalie cromosomiche, con malformazioni dei genitali tali da portare a un'errata attribuzione del sesso e allevati secondo il sesso opposto a quello genetico: su 30 soggetti ben 27 presentavano un comportamento adeguato al sesso attribuito. Questo dato induce a escludere che i cromosomi X e Y determinino il comportamento: pur tenendo presente l'importanza degli ormoni sessuali nello sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari, sottolinea il ruolo svolto dai condizionamenti sociali, che verosimilmente agiscono con meccanismo neuroendocrino sul comportamento.

    CREONTE E ANTIGONE

    Allo stato attuale delle cose, esiste una differenza tra l'approccio femminile e quello maschile nel fare esperienza del reale.
    È anzitutto diversa la percezione che il maschio ha di se stesso e degli altri uomini: si tratta in pratica dell'autostereotipo, per cui l'uomo si descrive, non solo in Italia, ma anche in altri paesi, con termini più positivi di quanto faccia la donna. Inoltre, l'organizzazione familiare, sociale e politica sono in funzione delle esigenze maschili.
    Interessanti differenze nell'approccio maschile e femminile alla realtà emergono a livello simbolico nell'analisi dei personaggi dell'Antigone di Sofocle, che Erich Fromm conduce ne «il linguaggio dimenticato»:[5] il principio matriarcale e patriarcale sarebbero rispettivamente personificati da Antigone e da Creonte. Quest'ultimo, divenuto tiranno di Tebe dopo che i due figli di Edipo sono stati uccisi (uno mentre attaccava la città, per conquistare il trono; l'altro, che regnava sulla città, mentre difendeva il trono), stabilì che venisse sepolto soltanto quello che aveva difeso il suo potere. Ci sembra interessante riportare le affermazioni di Creonte, perché mettono in luce i valori da lui sostenuti: «L'indisciplina è il più grande dei mali: devasta le città, sconvolge e annienta le famiglie, disperde gli eserciti alleati; mentre invece la disciplina può salvar le genti, quando sien con saggezza governate. È necessario rispettar le leggi sancite, e in nessun modo lasciarsi mai piegare da una donna, che se proprio non ci fosse possibile evitarlo, meglio è che un uomo ci travolga: almeno non si dirà che han vinto delle femmine».[6] Creonte rappresenta perciò il principio dell'ordine e dell'autorità, dell'obbedienza e della gerarchia nonché la supremazia delle leggi dello stato sui legami di sangue. Antigone, in opposizione a tutto ciò, rappresenta invece il rispetto delle leggi dell'umanità, della solidarietà, per cui (( il legame di sangue è un vincolo fondamentale e indistruttibile, tutti gli uomini sono uguali, la vita umana è tenuta nella massima considerazione».[7] Ismene è colei che ha accettato di sottomettersi all'ordine patriarcale e rappresenta quindi la donna rassegnata a sottomettersi all'autorità maschile. La morale di Creonte, cioè la disciplina e l'obbedienza assoluta nella famiglia e nello stato, alla fine però fallisce e si mostra generatrice di infelicità e sofferenza. Antigone, colei che voleva che entrambi i fratelli fossero seppelliti in nome delle eterne leggi degli dei olimpici, muore; Emone, figlio di Creonte, tenta di uccidere il padre e, non riuscendoci, si uccide; si toglie la vita anche la moglie di Creonte, Euridice. A nostro avviso, l'analisi di Sofocle è ancor oggi valida e ci permette di evidenziare differenze individuali tuttora esistenti. In particolare, ci sembra che molte donne non raggiungano le leve del potere nella società non solo per difficoltà oggettive o per gli ostacoli frapposti dagli uomini, ma anche perché attribuiscono un valore maggiore ai rapporti affettivi con le persone che hanno intorno: scelgono di non sacrificare la loro umanità al raggiungimento del potere per il potere e all'inseguimento di principi astratti, dimenticando sentimenti più profondi e valori specificamente femminili.

    IL RAPPORTO DELLA DONNA CON IL TEMPO

    Il modo in cui la donna vive il rapporto con il tempo è molto diverso da quello maschile.
    Il tempo della donna è stato scandito, come nota la Magli [8], in forma rituale da fenomeni come la pubertà, le mestruazioni, le gravidanze, la menopausa, che hanno sempre avuto un valore in un certo qual modo sacrale.
    Ed è proprio sul tempo, possiamo affermare con la Sullerot [9], che la donna è stata per secoli ed è tuttora imbrogliata e derubata: infatti «esauste, sonnambule nei primi dieci anni della nostra vita di donne adulte, ci ritroviamo stupite a misurare il tempo disteso davanti a noi dopo quel primo periodo di gloria intensa ma effimera». La chiave di volta del problema femminile sarebbe quindi il tempo, cioè razionalizzare l'organizzazione di tutti quei lavori oggi svolti dalle singole donne nel chiuso delle loro case con tanto spreco di energie nonché riduzione della giornata lavorativa per tutti, anche per gli uomini, perché si assumano i loro compiti, facciano la loro parte nelle famiglie, siano padri per i loro figli. In sostanza, è male utilizzato sia il lavoro degli uomini che il lavoro delle donne, che in ogni caso sono le più svantaggiate e si adattano ad attività organizzate secondo il modello maschile come a un «letto di tortura». In ogni caso, mentre per l'uomo l'attività principale è quella che svolge al di fuori delle pareti domestiche, per la donna il compito principale è quello di moglie e di madre, tanto è vero che svolge attività le quali, come orari lavorativi e come impegno, sono compatibili con questi due ruoli. Quindi i compiti extradomestici svolti dalle donne sono in un certo qual modo di secondo ordine: le donne sono infatti segretarie, dattilografe, operaie semplici; anche se istruite e con elevate capacità, debbono accontentarsi di posti di minor prestigio che, oltre ad essere poco gratificanti, anche economicamente non le rendono indipendenti.
    Secondo la Sullerot, per superare questa esaltazione dei bisogni del maschio e del figlio ed il totale disprezzo dei bisogni della donna, sono necessari una nuova organizzazione sociale con servizi collettivi e la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro, nonché la socializzazione della figura materna, invece dell'attuale divisione dei ruoli, per cui tutto il peso della cura dei figli è riversato sulla donna. Difatti il bambino ha un estremo bisogno della madre ma non necessariamente della sua presenza continua; anzi, risultano più positive un numero limitato di ore, in cui si dedichi al figlio con serenità, che il covare il proprio figlio tutto il giorno, tutti i giorni, sfogando su di lui la propria stanchezza. Il rapporto con i nonni, con il padre e con altre figure significative, può essere altrettanto importante, sia per il bambino stesso che per le persone che interagiscono con lui.

    IL RAPPORTO DELLA DONNA CON IL CORPO

    Per quanto riguarda i rapporti di integrazione spaziale, cioè di relazione delle varie parti del Sé tra loro, incluso il sé corporeo, si deve risolvere il rapporto contraddittorio e conflittuale che la donna ha con il proprio corpo sessuato, in quanto ciò è un ostacolo al raggiungimento di un'identità positiva. Il corpo della donna è sempre stato considerato malato o fonte di malattia: pensiamo per esempio a come vengono vissute dalle donne stesse le mestruazioni, le gravidanze e i parti. Ricordiamo poi l'attenzione che la pratica medica ha prestato a un altro aspetto del corpo femminile, legato allo svilupparsi delle malattie veneree: il corpo è stato diviso tra l'aspetto sacro della donna madre e quello profano della prostituta. In ogni caso, la donna non veniva mai considerata come persona ma come strumento di riproduzione o di piacere per l'uomo.

    La doppia morale sessuale

    Anche il rapporto con la sessualità è sempre stato per la donna denso di problemi, al contrario di quanto avviene ed è sempre avvenuto per l'uomo, che lo affronta invece con una certa leggerezza. Difatti la doppia morale sessuale è ancora oggi imperante e le donne stesse si fanno sostenitrici di leggi che poi, nei fatti, viene chiesto solo a loro di rispettare. Un uomo può così vivere in modo relativamente sereno il rapporto con un'altra donna, oltre alla propria fidanzata o moglie, senza per questo disprezzarsi od essere disprezzato. Per quanto la riguarda è capace di darsi della «prostituta» per molto poco e da sola.
    Alcune donne, nonostante il femminismo, nonostante gli apparenti mutamenti, mentre sono estremamente tolleranti con gli uomini, sono invece pronte a etichettare colei che non si conforma in tutto e per tutto a quanto la società ancor oggi richiede a una donna; oppure, al massimo, si limitano a trovare una giustificazione, come si fa con i malati di mente o con i bambini, per i quali, anche se non si sono comportati «bene», si dice che in fondo «non è colpa loro».
    Al di là dell'ipocrisia, è questo che le donne si portano dentro, inconsapevoli in genere delle contraddizioni e dell'assurdità della doppia morale. Secondo la doppia morale, è scontato che: la donna sia un oggetto attraente; si renda il più desiderabile possibile; si trasformi con il trucco e l'abbigliamento, perché l'uomo giochi, oggi come secoli fa, a farla «cedere», ricorrendo anche a mezzi quali le menzogne e la violenza. È un gioco di cui uomini e donne sono spesso inconsapevoli, che distorce, annulla i rapporti tra le persone e, come tutti i giochi, dice Berne [10], porta a evitare il raggiungimento di una vera intimità. Il cambiamento è particolarmente difficile forse proprio perché le donne, stesse sono imbevute, schiacciate dalla cultura dominante, divenuta parte di loro. Si applicano così due pesi e due misure in ogni ambito della vita e non si sa più se si è effettivamente capaci di fare delle scelte. Ci si ritrova a percorrere, senza volerlo, sentieri già percorsi; a dire cose già dette; a fare cose già fatte: come le proprie madri, quasi ci fosse effettivamente un destino legato al sesso femminile, che si sta attuando.
    Nel momento in cui le donne prendono consapevolezza di questo stato di cose e tentano di rompere gli schemi stabiliti (o quantomeno osservarne in modo critico la validità), avvertono un'incomprensione che è particolarmente pesante quando viene da persone dello stesso sesso.
    Così proprio le donne che dovrebbero essere le più interessate al cambiamento, a volte agiscono in senso opposto, per paura del nuovo, per comodità, per evitare l'isolamento, l'incomprensione, la confusione, ecc. Bisognerà aspettare molto tempo perché un'eguaglianza effettiva sia raggiunta e vengano poste le basi per un rapporto paritario, più ricco, al di là dei limitati schemi attuali. Sarà inoltre necessario lottare continuamente contro quella parte di noi stessi, uomini e donne, che resiste al cambiamento, preferendo la tranquillità, l'inconsapevolezza e la non scelta a una difficile maturazione individuale.

    Il rispetto della donna per il proprio corpo

    Un altro problema è per la donna la tendenza a non rispettare le esigenze del proprio corpo e tentare in ogni modo di reprimerle: così per rispondere a tutte le richieste, la donna lavora in maniera tale da sovraccaricare il proprio fisico. Eppure, sarebbe necessario rispettare certe necessità, fermarsi quando sopraggiunge la stanchezza, per non subire le conseguenze, sia a livello fisico che psicologico.
    La donna è inoltre abituata a vivere il proprio corpo in maniera repressiva, a essere contenuta, soprattutto per quanto riguarda la rabbia, l'irritazione ma anche per quanto concerne emozioni più positive quali la gioia, la felicità. L'educazione ricevuta le impedisce di comunicare attraverso il corpo: tenta per esempio di nascondere la propria stanchezza, mentre sarebbe probabilmente più utile per lei stessa, ma anche per chi le è accanto, manifestarla; nasconde il disappunto, quando sarebbe più opportuno esprimerlo apertamente e discuterne le cause. Così si tiene dentro la tensione, le preoccupazioni e magari sorride quando invece vorrebbe dire di «no» e così via. Questo porta all'alienazione rispetto al proprio corpo e non migliora certo i rapporti con gli altri.
    Se il corpo potesse divenire di nuovo per la donna un mezzo per comunicare quello che prova in maniera sana, non patologica, potrebbe ritrovare la sua portata simbolica. Oggi invece, se la donna si esprime con il proprio corpo, lo fa in qualche modo a livello di un organismo malato, che soffre e parla attraverso questa sua sofferenza; tali inconvenienti potrebbero esser eliminati qualora il corpo potesse comunicare adeguatamente con gli altri.

    LA DONNA E LA CONOSCENZA CHE NASCE DAL VISSUTO QUOTIDIANO

    Notevole è il bagaglio di conoscenze delle donne (in gran parte, però, ancora a un livello prelinguistico) e differente da quello maschile, poiché diverso è il modo di percepire la realtà, differenti sono le azioni quotidiane e il rapporto con i bambini. Quindi le conoscenza pratiche che le donne, di generazione in generazione si sono tramandate, potrebbero prendere una forma linguistica ed entrare a far parte di un mondo della scienza al femminile.

    Il recupero della qualità attraverso il femminile

    La scienza delle donne dovrebbe recuperare la qualità, messa in secondo piano dalla scienza sperimentale che ha dato peso soltanto ai fattori quantitativi. La logica del numero fatta di elaborazioni teoriche e ricerche empiriche, è stata un grave ostacolo a uno sforzo conoscitivo volto a sostituire la concretezza del quotidiano alle categorie astratte della scienza tradizionale.
    Per lo sviluppo di un pensiero femminile autonomo è necessario quindi rimuovere i pregiudizi sulla donna: non sostituendoli con altri, ma liberandosi degli schemi di pensiero stereotipato della scienza tradizionale. Mentre l'importanza della qualità appare ovvia nelle situazioni di vita comune, in campo scientifico è prevalso il pregiudizio per cui bisogna scegliere tra il quantitativo e il qualitativo. Inoltre il mito scientifico dell'obiettività e l'eccessiva preoccupazione di migliorare la precisione degli strumenti pare abbia fatto dimenticare che nell'individuo umano la qualità raggiunge la massima concentrazione, perché l'uomo è, e sa di essere, un insieme complesso di natura, organismo, linguaggio simbolico, coscienza morale, abilità tecnica, mito, religione, arte, scienza storicità e socialità. L'emergere del femminile nella vita sociale costituisce l'emergere di una soggettività, cioè di una cultura finora considerata quantità in rapporto funzionale col maschio.
    Parliamo di rapporto funzionale in quanto il valore della donna nella famiglia e nella società dipende ancor oggi in gran parte da quello dell'uomo. Le donne di fatto esistono in funzione degli uomini; dimentiche di se stesse, di quelli che erano i propri interessi, i propri sogni; incapaci di sentire la propria stanchezza, la propria rabbia, i propri bisogni, i propri desideri. Con il passare degli anni la donna reale a questo punto, non quella dei simboli che ci vengono continuamente proposti, si chiede che cosa abbia fatto di se stessa e della sua vita, nel migliore dei casi; oppure non è nemmeno capace di questo e riesce solo a tormentare le persone a cui ha sacrificato tutta se stessa fino a scomparire, inaridirsi, essere incapace di amare veramente.

    Verso una nuova razionalità

    Un altro elemento importante per una nuova scienza al femminile dovrebbe essere quello del superamento della dicotomia soggetto conoscente-oggetto conosciuto e della scissione cultura umanistica cultura scientifica. La prassi dell'autocoscienza a tale proposito ha costituito sia la fonte di un sapere nuovo che una pratica politica, in un intreccio di condizioni oggettive e soggettive che rappresentano un modo del tutto nuovo di vivere collettivamente la soggettività e l'oggettività. È stata così superata nella prassi l'irriducibile opposizione soggetto-oggetto, da sempre principale ostacolo allo sviluppo delle scienze umane e origine della netta separazione di queste dalle scienze della natura.
    Quella delle donne è una razionalità sviluppatasi nella vita quotidiana, qualitativa e pratica, a contatto con le cose, laddove la donna ha un rapporto attivo con la realtà. Per farla emergere, è necessario però che le conoscenze pratiche che le donne hanno accumulato prendano forma linguistica. A tale proposito bisogna notare che vi è il pericolo che le donne comincino a seguire il modello maschile di linguaggio e che i discorsi diventino perciò retorici, autoritari, astratti dalla realtà oppure che restino al livello della «chiacchiera». Forse tra queste due strade ne esiste una terza, più difficile perché ancora non sperimentata, che «il linguaggio particolare (tecnico-scientifico) si arricchisca inglobando il linguaggio della vita».[11] È necessario tuttavia che le donne compiano un'analisi profonda delle motivazioni inconsce e si pongano come soggetti conoscenti e non più solo come oggetti conosciuti: forse porteranno in primo piano istanze e bisogni nuovi come quelli «della soggettività individuale e dell'interiorità personale, rispetto all'invadenza del pubblico, del politico, o dell'oggettivismo scientifico; quella del mondo emozionale e inconscio, rispetto a una rigida supremazia della coscienza, fonte e vittima al tempo stesso di spinte autoritarie e antiemancipatorie.[12]

    L'EMARGINAZIONE DEL MODO FEMMINILE DI ACCOSTARE LA REALTÀ

    Analizzando le cause profonde dell'emarginazione femminile, possiamo riportare l'analisi della Magli, secondo la quale la donna è stata ed è vissuta come di per sé potente e misteriosa: pensiamo ai divieti ancora esistenti presso le persone più incolte, relativi al comportamento che deve tenere durante il periodo mestruale (per esempio non può toccare o annaffiare le piante perché potrebbe farle appassire). Proprio per questo «l'uomo confina la donna nell'ambito del focolare e della maternità, sia perché non perda la sua potenza, sia perché in una certa dimensione che l'uomo non riesce a padroneggiare la donna è troppo potente». Le sono state così vietate tutte quelle attività che potrebbero permetterle di esplicare o accrescere questa potenza. Per questo la donna non ha mai potuto portare le armi ed è stata indotta al silenzio: 1a parola è infatti una possibilità ed ha una forza sacra che è opportuno rendere esclusiva dell'uomo.
    Con il rituale del lavoro domestico, la donna mantiene, secondo la Magli, un rapporto simile a quello che il primitivo ha con le cose, e non c'è alcun distacco tra vita privata e vita sociale. Alla base di questo tipo di attività, vi è una continua ripetizione e rigenerazione, tale da far pensare ai rituali, e tutto assume un significato sacrale. Oggi, pera, questi significati si stanno perdendo e, d'altra parte, il lavoro extradomestico dà un'etichetta professionale che contraddistingue tale che quanti non la possiedono (il giovane, la casalinga, il bambino, l'anziano) si trovano in una situazione di inferiorità. La donna che non ha una qualifica professionale è perciò un essere anonimo e, non avendo un ruolo preciso nella società, sente di non valere, di non esistere. Però l'inserimento nel campo lavorativo si rivela spesso non soddisfacente e molte, combattute tra il ruolo di moglie e madre e quello di lavoratrice, scelgono di tornare alla famiglia ed alle vecchie certezze.
    L'analisi della Magli sui motivi dell'emarginazione femminile è simile a quella di Fromm: secondo questo autore, infatti, alla base del fenomeno vi sarebbe l'invidia da parte dell'uomo della capacità della donna di partorire, di generare, di creare, che viene vissuta come segno di potenza. «Per riuscire a sconfiggere la madre il maschio deve dare prova di non esserle inferiore, di avere il dono di generare. Dato che egli non può partorire, deve riuscire a produrre diversamente: con la bocca, con la parola, con il pensiero».[13]


    NOTE

    [1] E. Sullerot, Il fenomeno donna, Sansoni, Firenze, 1978, p 112.
    [2] E. Sullerot, ibid., p. 280.
    [3] Per caratteri sessuali terziari si intenderebbero in sostanza le presunte caratteristiche psicologiche differenziali, relative alla istintualità più violenta nel maschio, la sentimentalità della donna, l'intelligenza maschile astratta e sintetica e il senso analitico pratico femminile.
    [4] J. Money, A. Ehrhardt, Uomo, donna, ragazzo, ragazza (1972), Feltrinelli, Milano 1977.
    [5] E. Fromm, Il linguaggio dimenticato, Bompiani, Milano, 1962.
    [6] E. Fromm, ibid., p. 215.
    [7] E. Fromm, ibid., p. 211.
    [8] I. Magli, Religlone, società e cultura, EDB, Bologna.
    [9] E. Sullerot, La donna e il lavoro, Bompiani, Milano, 1977, p. 441.
    [10] E. Berne, A che gioco giochiamo, Bompiani, Milano, 1981.
    [11] L. Fedeli, Mondo 3 femminile, Bulzoni Roma, 1982, p. 130.
    [12] C. Nanni, L'antropotogia dei temi generatori, in NPG, gennaio 1983, p. 16.
    [13] E. Fromm, ibid., p. 222.


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