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    Introduzione a: Verso una nuova morale sessuale?


     

    (NPG 1979-03-11)


    La sessualità è, nella nostra cultura, l'ambito nel quale si ripropongono, forse in maniera più drammatica ed inquietante, le questioni fondamentali di ristrutturazione del discorso morale. Normative e modelli di comportamento un tempo pacificamente accettati sono oggi radicalmente messi in discussione. L'impeto della liberalizzazione non ha travolto soltanto gli argini della morale tradizionale, ma sembra persino postulare l'abbattimento di qualsiasi riferimento del vissuto sessuale alla problematica etica. Eppure, nonostante la caduta dei tabù del passato, frustrazioni e conflitti si moltiplicano, grazie soprattutto ai pesanti condizionamenti sociali e culturali della civiltà consumistica, che tende a «mercificare» in ogni campo l'uomo e i rapporti umani. La domanda etica ritorna perciò come punto di partenza ineludibile per la elaborazione di un progetto di vita alternativo e autenticamente umanizzante. Il problema di fondo è allora quello di individuare correttamente lo spazio all'interno del quale collocarsi come credenti per offrire un approccio globale al tema della sessualità nella ottica di una fede storicamente situata e di conseguenza capace di assumere criticamente gli interrogativi emergenti dal vissuto effettivo.

    FATTI

    Dove va la sessualità del mondo giovanile? Docile generalizzare. Il dato più evidente è l'estendersi dell'area della «libertà sessuale» ed insieme il riflusso verso una nuova intimità, da parte soprattutto di certe fasce giovanili più impegnate nel campo sociale e politico.
    Ciò che rimane docile in ogni caso, al di là di atteggiamenti moralistici di vecchio e nuovo stampo, è interpretare questi dati di fatto.
    Le variabili in gioco sono molte. Si è coscienti che molto spesso si tratta per i giovani di comportamenti indotti dall'ambiente. E allo stesso tempo di comportamenti in cui tuttavia i giovani giocano la propria libertà. Si è coscienti che c'è tutta una riscoperta del soggettivo, della responsabilità personale, della corporeità. E si è coscienti che, sradicati culturalmente, questi giovani si trovano ad utilizzare dei criteri di valutazione che scadono nel soggettivismo, nel relativismo, nel principio del piacere. Si è più coscienti che per la liberazione sessuale non basta la semplice soppressione dei tabù e delle norme oggettive. E si è coscienti che una sessualità che non sia espressione di un progetto in qualche modo etico è una sessualità disumana. Prevale nei più sensibili, ormai adulti, il disorientamento e la ricerca di nuovi modelli di comportamento; insieme alla consapevolezza di essere portatori di un modo di intendere la sessualità che tuttavia non si riesce ad esprimere. E' la velata malinconia con cui Marco Lombardo Radice conclude la prefazione ad un volumetto di «confessioni sessuali» di giovani che hanno sperimentato in prima persona il fallimento di attese e bisogni di autenticità anche a livello sessuale: «Perché sappiamo - egli scrive - che non faremo più in tempo a essere i primi uomini nuovi e allora forse, quasi quasi, preferiamo essere gli ultimi uomini vecchi». Un augurio per le nuove generazioni che diventa tale nel momento in cui la loro esperienza viene utilizzata per ritrovare tutto lo spazio educativo in cui le nuove attese si trasformano in atteggiamenti capaci di sostenere una sessualità liberata. E per superare un certo riflusso dei più giovani verso comportamenti che denotano una fuga dal politico e l'incapacità di situare la propria sessualità in un progetto di liberazione personale e collettiva di più vasto respiro.

    PROSPETTIVE

    La ricerca sulla sessualità si muove, per il credente, tra due poli: l'autocomprensione del significato storico della sessualità (e, più ampiamente, dell'esistenza umana) e il dato della fede. Quando, per ragioni di comodo, si elimina sbrigativamente uno dei due poli, ci si condanna alla incapacità di «capirci» profondamente. Se poi teniamo presente che «vita» e «fede» parlano della stessa realtà e ciascuna si comprende meglio solo in ascolto dell'altra, ci accorgiamo delle difficoltà per fare oggi un discorso cristiano sulla sessualità.
    Come dicevamo in apertura del dossier, il problema è quindi quello di individuare un approccio a jà ma della sessualità che sia costruito nell'ottica di una fede capace di assumere criticamente gli interrogativi emergenti dal vissuto effettivo.
    Abbiamo tentato proprio questa via.
    La nostra proposta si articola infatti su quattro interventi complementari, elaborati sollecitando competenze diverse: dalla prospettiva antropologica (Burroni) a quella psicologica (Fizzotti), dall'analisi culturale (Pollo) a quella teologica (Piana). Ad ogni esperto abbiamo affidato un compito «comune» ed uno «specialistico»: gli abbiamo chiesto di riflettere sul «nuovo» emergente oggi nell'ambito della sessualità umana (e di valutarlo criticamente), a partire dal rapporto natura-cultura (l'antropologo), dalla funzione della corporeità nell'espressività umana (lo psicologo), dal rapporto privato-collettivo (nell'ottica socioculturale) e dalla prospettiva di «profezia» che compete alla Parola rivelata (il teologo).
    I quattro interventi vanno ricostruiti in un unico «discorso»: sono tessere di uno stesso mosaico. Vanno quindi letti in modo unitario.
    Per facilitare questo lavoro, riportiamo alcune «note» introduttive, che possono aiutare ad abbozzare la prospettiva di fondo entro la quale collocare i contributi delle analisi, facendo nello stesso tempo emergere i nodi problematici, che chiamano direttamente in causa la riflessione morale (e sulla quale ritorniamo in «per l'azione»).

    1. II nesso tra esperienza di fede e esperienza etica
    Il discorso cristiano sulla sessualità esige, per essere seriamente impostato, una chiarificazione a monte del nesso esistente tra l'esperienza di fede, che coinvolge totalmente l'esistenza umana del credente (compresa la dimensione sessuale), e l'esperienza etica come risultante di una presa di coscienza dei significati nuovi (antropologici, sociali e culturali) emersi in questi anni nel campo della sessualità umana. La proposta cristiana assume una specificità e tipicità di connotati proprio da questo rapporto, che non può essere definito a priori, ma va riscoperto di volta in volta attraverso uno sforzo di lettura dell'esperienza cristiana come storicamente si presenta alla luce della parola di Dio e dell'autocomprensione umana. La fede cristiana è sempre storicamente mediata nel suo pervenire a se stessa, ma tale mediazione avviene all'interno dell'evento costitutivo del fatto cristiano, che è l'ingresso di Dio in Gesù Cristo nella storia umana. Compito di una riflessione cristiana non è dunque quello di affermare l'autonomia del fatto etico o di dedurre immediatamente dalla parola di Dio soluzioni normative per la vita morale, ma piuttosto quello di enucleare nel quadro dell'esperienza di fede, che è per se stessa unitaria, la relazione esistente tra l'autocomprensione umana concreta e la parola di Dio. Solo attraverso questo processo ermeneutico è possibile, infatti, pervenire alla comprensione tanto dell'autonomia quanto della dipendenza e formulare normative adeguate al progetto di Dio sull'uomo storico che vive nella situazione presente. La ricerca di una nuova etica sessuale va dunque condotta a partire dall'esperienza della fede come orizzonte entro il quale vagliare criticamente i contributi e gli stimoli, sempre necessariamente ambigui, provenienti dal vissuto e dalla riflessione su di esso.

    2. La questione metodologica
    In tale contesto assume un'importanza prioritaria la questione metodologica. Si tratta, in altri termini, di chiarire i criteri attraverso i quali è possibile leggere ed interpretare nell'ottica di una fede vissuta la realtà umana della sessualità, senza cadere in un'indebita sacralizzazione, ma, nello stesso tempo, senza indulgere verso una accettazione acritica del vissuto o di una sua analisi in senso puramente descrittivo. L'etica ha come compito fondamentale quello di indicare un dover essere, un'istanza normativa. D'altra parte, l'evento cristiano fa, di sua natura, giudizio della condotta umana. Ora l'individuazione dell'istanza normativa non può avvenire secondo un processo di deduzione astratta, incapace di cogliere la storicità umana (e più ancora lo spessore storico reale dell'esistenza umana) e la stessa storicità costitutiva dell'evento cristiano; deve, invece, avvenire all'interno di un processo che fa spazio alla storicità e alla storia mediante una lettura dal didentro delle domande emergenti e una loro risignificazione operativa. In questo senso diventa determinante, non solo in sede applicativa ma prima ancora in sede di elaborazione della istanza etica, il contributo delle scienze umane e delle ideologie storiche. Anche se affiora il problema di un corretto approccio epistemologico, cioè di un modello di mediazione tra razionalità scientifica e razionalità filosofica. L'esperienza attuale, sia a livello di vissuto che di riflessione su di esso, ci dimostra quanto carica di equivoci sia - soprattutto nel campo della sessualità - la soppressione di uno dei due poli della razionalità umana per la inevitabile caduta o in un naturalismo astratto o in un culturalismo improduttivo e alienante. Il rapporto natura-cultura rappresenta il nodo problematico più radicale da sciogliere nel campo della ricerca etica contemporanea, se si intendono elaborare normative e modelli di comportamento, che evitino il duplice rischio della impraticabilità di fatto della proposta o dell'accettazione passiva del fattuale così come si presenta. Natura e cultura appartengono insieme all'evento cristiano, per il quale la salvezza si fonda su una preesistente creazione, che non è però una totalità ordinata in cui l'azione umana si inserisce come momento organico, ma una possibilità donata. Nella convergenza di dono e possibilità l'azione umana trova il suo spazio di libertà e di realizzazione, sul fondamento e nella luce di un senso che le viene incontro come buono, cioè come carico di obbligazione e ricco di promessa. La parola di Dio descrive questo itinerario di acculturazione progressiva del dono grazie alla libera fatica dell'uomo che vive in situazione concreta. Essa non è perciò tanto normativa per i modelli di comportamento che propone, ma per la capacità che ha di coniugare questo rapporto, mai definitivamente codificato, ma costantemente aperto a nuove sintesi.

    3. La sessualità umana tra personale e politico
    In questa luce va ricompreso il rapporto tra soggettivo ed oggettivo, tra personale e politico, che rappresenta uno dei problemi strutturali decisivi della ricerca etica. La sessualità appare immediatamente come il campo del soggettivo, dell'esistenziale. Ma esso non può escludere il necessario riferimento, che è proprio di tutta la realtà umana, alla dimensione dell'oggettivo e del politico. Il problema è quello di ricuperare l'orizzonte ontologico, inteso come la saldatura dell'ordine della libertà e dell'ordine della natura, del soggettivo e dell'oggettivo. L'elaborazione di un'etica della sessualità deve tener conto dei pericoli insiti nell'attuale privatizzazione del sesso, ma deve, nello stesso tempo, fare spazio al soggetto come realtà non riducibile alla dimensione politica o al contesto sociale concreto in cui vive e ai condizionamenti che lo caratterizzano. La vita umana non può avere consistenza e durata senza uscire da sé ed oggettivarsi. Tra l'uomo e il mondo - e più specificamente tra l'uomo e la storia reale - c'è una correlazione di inscindibilità. La fede ha sempre annunciato proposizioni il cui significato non può esaurirsi in una chiarificazione dell'esistenza soggettiva, ma riguarda in primo luogo le condizioni reali, che sono in sé cariche di significato per la vita Questo significa che non si può, nella prospettiva della fede, accedere ad una comprensione autentica di sé, se non si autenticano le condizioni di vita in cui il sé si svolge e dispiega il proprio esistere. Proprio per questo la salvezza cristiana implica il mondo e la storia come momenti essenziali ed ineludibili.
    La fede non può chiudersi nello spazio dell'individuo, se non vuole votarsi, da una parte, all'evasione, e, dall'altra, all'ambiguità e alla contaminazione antropologica. Un discorso etico sulla sessualità nel contesto della fede deve saper coniugare questi due momenti irrinunciabili dell'esperienza umana, deve cioè ricreare lo spazio per un rapporto tra soggettivo ed oggettivo, tra personale e politico. È un problema questo quanto mai reale, se si tengono presenti le ambiguità del vissuto, che oscilla di continuo tra gli opposti estremi di una politicizzazione o di una privatizzazione totalizzanti, e perciò unilaterali ed alienanti.

    4. Domanda etica come domanda di senso
    La domanda etica sulla sessualità è oggi in definitiva domanda di senso. Ad essa occorre rispondere non mortificando la ricchezza dei significati umani, ma insieme assumendoli e trascendendoli in una visione globale che viene dall'esperienza della fede concreta in quanto si fa carico dei nodi problematici della condizione umana contemporanea e diviene il luogo della loro ultima soluzione. La novità cristiana consiste, infatti, a questo riguardo, nella presa di coscienza che l'eros che l'uomo vive è un eros salvato, redento, perché informato dall'agape e da essa guidato verso la pienezza della sua realizzazione, la quale tuttavia non può verificarsi che nel libero assenso dell'uomo concreto, che vive in una storia e in una cultura e in esse è chiamato a concretare in modo sempre più nuovo e creativo le istanze dell'agape divina.
    Più che un'etica il cristianesimo ci fornisce dunque una mistica della sessualità. Il che non esclude anzi esige che essa dia luogo ad un'etica, perché il rapporto tra evento ed ethos appartiene strutturalmente al fatto cristiano. Anche se tale rapporto va costantemente rielaborato e riespresso in fedeltà alla situazione storica e nel rispetto delle costanti antropologiche e teologiche sopra delineate.
    La proposta qui abbozzata costituisce soltanto l'orizzonte ermeneutico nel quale vanno collocati i contributi delle ricerche antropologiche, se si vuole approdare alla produzione di un modello etico nuovo per la sessualità umana, capace di coglierne tutta la ricchezza esistenziale nello spazio dell'esperienza cristiana.

    PER L'AZIONE

    Questo dossier non può arrivare a suggerimenti concreti, immediatamente praticabili, perché ci sembra di sconfessare con i fatti le scelte che l'hanno percorso. L'interrogativo sulla «nuova morale sessuale. , infatti, non può risolversi in un nuovo elenco di cose da non fare (più o meno ampio rispetto a quello tradizionale). La novità non consiste nell'allargare (o nel restringere) i confini tra il lecito e l'illecito. Anche la (discutibile) testimonianza riportata tra i «fatti» sottolinea che questa visione di sessualità è la sua tomba.
    Il problema è un altro, ben più urgente e complicato: la ricerca di valori e di significati, la redifinizione degli orientamenti etici.
    Per riformulare il dato oggettivo secondo una direzione rispettosa della crescita di coscienza antropologica e teologica che caratterizza l'uomo e il cristiano di oggi.
    G. Piana, che ci ha aiutato in tutto l'impianto del dossier, ci introduce esattamente in questa prospettiva, in quest'ultimo suo intervento. Esso va letto con profonda attenzione, per coglierne la ricchezza, alla luce anche degli studi che l'hanno preceduto.
    Muovendo da qui, ogni educatore e ogni comunità educativa, in dialogo con i giovani, dovrà chiedersi: a noi, concretamente, cosa dicono queste pagine? Cosa dobbiamo cambiare nella nostra mentalità (o troppo arroccata su schemi spiritualistici e deduttivi o troppo arresa alle visioni disumanizzanti dell'edonismo)? Cosa possiamo fare per agire da uomini a maturi»? Come educarci e come educare, sapendo fare i conti in modo critico con il contesto socioculturale in cui siamo?
    Su questi problemi incomincia la lettura «personale» del dossier.


    T e r z a
    p a g i n A


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