Mario Pollo
(NPG 1979-03-29)
La trasformazione culturale che sta investendo la nostra società specialmente nei segmenti giovanili, tocca in profondità anche il dominio della sessualità ponendo le premesse al sorgere di un nuovo costume e di una nuova morale sessuale.
Il carattere dominante di questa trasformazione sembra essere costituito dal processo di riprivatizzazione della sessualità, che non deve però essere inteso come un ritorno a quel privato che caratterizzava la sessualità ante sessantotto ma come un processo con caratteri propri, nuovi ed originali.
Per capire i caratteri di questa ennesima rivoluzione sessuale è necessario analizzare la dinamica della cultura italiana cosi come essa si è svolta negli anni a cavallo del '68. Il '68 può essere infatti utilizzato come indicatore temporale per identificare l'inizio della trasformazione culturale precedente quella attuale.
Naturalmente sarà questa una analisi alquanto sommaria e grossolana, giusto uno schema riassuntivo di riferimento per ricordare ciò che è a monte di ciò che sta accadendo oggi.
IL '68 0 LA SOCIALIZZAZIONE DELLA SESSUALITÀ
Gli anni del dopoguerra, sino grosso modo alla metà degli anni sessanta, sono stati caratterizzati dalla presenza nella società italiana di una morale sessuale di tipo deduttivo altamente rigida. Di una morale cioè che giudicava la realtà a partire da principi e regole astratte fissate rigidamente a priori e che dava origine a modelli di comportamento altamente formali e socialmente controllati. La sessualità era poi relegata nella dimensione privata dell'esistenza. Questo non per una scelta di «valore», per una scelta cioè che vedesse nel privato la massima valorizzazione della sessualità, ma bensì perché il privato poteva essere considerato il luogo idoneo a celare alla coscienza della società la sessualità. Il privato come rifugio in cui collocare una dimensione della vita che il sistema sociale preferiva rimuovere piuttosto che affrontare e riconoscere come propria funzione.
A questa rimozione non era estranea la coscienza della sessualità come colpa, come funzione umana necessaria ma di rango inferiore rispetto ad altre della sfera cosiddetta mentale e spirituale.
La sessualità come animalità potrebbe essere lo slogan che caratterizzava la cultura dell'epoca, almeno al livello dei simboli inconsci che al pari di quelli consci guidano la vita dell'uomo.
La sessualità come privato ante sessantotto era strutturata da questi caratteri e quindi possedeva dei significati che non possono essere assimilati a quelli evocati dalla stessa espressione riferita alla realtà sociale odierna.
La rivoluzione culturale della seconda metà degli anni sessanta e che ha avuto il suo culmine nel '68 ha mutato profondamente la collocazione e la funzione della sessualità a livello del sistema sociale e quindi la cultura e la morale sociale.
I CARATTERI DELLA SESSUALITÀ «SOCIALIZZATA»
Il carattere predominante di questa mutazione è stato quello che può essere indicato dal termine «socializzazione» e che consiste nel riconoscimento della sessualità come funzione primaria del sistema sociale.
Il significato pieno di questa socializzazione si svela però solo se si analizzano alcuni particolari caratteri secondari che lo costituiscono originalmente.
Il primo è quello della decolpevolizzazione della sessualità nel senso che essa è stata sottratta dalla collocazione nella sfera dell'animalità per assumere un ruolo «umano» di strumento di mediazione (descrizione e costituzione) del rapporto dell'uomo con se stesso, gli altri e la natura. La sessualità non più vista come necessità biologica inferiore ma come espressione concreta e simbolica della natura umana.
Un altro carattere importante è quello del passaggio della morale sessuale dal deduttivo all'induttivo: il comportamento sessuale viene cioè giudicato non sulla base di astratti principi ma sulla base degli esiti che produce a livello delle relazioni interpersonali dei partners.
Ogni situazione specifica richiede una valutazione specifica; è questo l'assioma relativizzante che sostituisce la rigida morale dei principi.
A questi caratteri importanti bisogna aggiungere la separazione della sessualità dall'amore, nel senso che tra essi non esiste più una relazione biunivoca. Si può avere infatti il rapporto sessuale senza amore, anche se l'amore esige sempre il rapporto sessuale per essere completo. In questo quadro viene contestato il rapporto monogamico, la fedeltà, la verginità prematrimoniale e così di seguito. Gli stessi comportamenti sessuali devianti ricevono una rivalutazione, si assiste al tentativo di sottrarli dalla sfera della devianza per collocarli nella sfera della normalità individuale e sociale. È di questo periodo la nascita dei movimenti di liberazione omosessuale.
Un altro elemento decisamente importante è costituito dalla modificazione dei rapporti tra maschio-femmina, non solo all'interno della sfera sessuale, che innesca il movimento di liberazione della donna.
È sempre di questo periodo poi la comparsa di alcune equazioni sociali di tipo strutturale, a livello di cultura di massa e non più solo di élite, del tipo potere = repressione sessuale e libertà sessuale = liberazione sociale. Oppure altre del tipo repressione sessuale = malattia della personalità e salute mentale = disinibizione e libertà sessuale. Su queste equazioni presunte scientifiche si basa tra l'altro il tentativo di dare dignità ad operazioni mercantili, la cui ideologia e falsa coscienza è costituita appunto da una presunta battaglia di liberazione sessuale e quindi sociale e politica.
Un ultimo carattere rilevante cui si può accennare è quello dato dal tentativo di rendere secondaria nella sessualità la funzione della procreazione e comunque di stabilire un elevato grado di indipendenza tra atto sessuale e riproduzione della vita.
Senza voler combattere battaglie di retroguardia si può affermare che a livello di cultura umana è estremamente pericoloso, schizofrenico, il tentativo di scindere la sessualità in due funzioni distinte attivabili a piacere in momenti temporalmente e qualitativamente diversi. Il problema vero per l'uomo del nostro tempo è di recuperare una sintesi, una unità della funzione sessuale pur all'interno della procreazione responsabile.
Vi sarebbero ancora altri caratteri che la brevità dell'articolo non consente di descrivere, tuttavia a me pare che i più importanti siano stati elencati.
L'OGGI O LA RIPRIVATIZZAZIONE DELLA SESSUALITÀ
L'esperienza della socializzazione della sessualità se da un lato ha segnato il superamento del modello ad essa precedente della sessualità chiusa e coartata, ridando dignità a questa dimensione umana, dall'altro essa ha rivelato una serie notevole di limiti, di contraddizioni che l'hanno portata alla crisi nel volgere di pochi anni. Bisogna però tener conto che nella nostra società attuale le crisi ed i cambi culturali avvengono con una rapidità di gran lunga superiore a quella del passato.
Un primo grande limite della rivoluzione sessuale post-sessantotto è stato costituito dal fatto che essa invece di accelerare un processo di liberazione sociale e politica ha favorito l'evoluzione del nostro sistema capitalistico-industriale avanzato verso una cultura più funzionale alla razionalizzazione dello stesso. La prima equazione (liberazione sessuale = liberazione sociale e politica) ha rivelato la sua sommarietà e inconsistenza, evidenziando come i principi ed i valori tradizionali non fossero necessariamente fonte di repressione ma a volte elementi fondamentali per la tutela della libertà e della dignità umana; tanto è vero che essi ostacolavano la piena trasformazione dell'essere in avere, la mercificazione e lo scialo di quell'incredibile fonte di energie umane e spirituali che è la sessualità.
In molti casi poi la liberazione sessuale invece di favorire il recupero di una identità personale e culturale è divenuta il veicolo di una più profonda anomia e disperazione esistenziale. Per non parlare delle esperienze tese a superare il rapporto di coppia, a separare l'amore della sessualità che si sono rivelate anch'esse invece che modi di superamento della morale borghese, e quindi dell'oppressione politica e sociale della cultura dominante, il suo punto più avanzato di equilibrio e di integrazione.
La morale induttiva, relativistica, se in un primo tempo ha consentito il superamento degli schematismi puramente deduttivi della morale sessuale del passato, dall'altro è stata l'albero della morte per ogni possibile criterio morale oggettivo e quindi per una visione dell'uomo che poggiasse le proprie fondamenta su umanesimi e valori ad alto grado di universalità. Ha messo addirittura in crisi la possibilità di stabilire per un gruppo sociale ciò che può essere considerato «naturale», tipico e caratteristico, in senso positivo, della natura umana.
Tutto questo, e molto altro ancora, è all'origine della crisi che ha portato alla riscoperta del privato, del personale anche nella sfera sessuale così come è avvenuto nella sfera del politico.
Una riscoperta che non va però vista come fuga nel passato, come riflusso, come rifiuto della realtà e della responsabilità, ma bensì come momento di implosione utile a ricomporre, nell'intimità, un equilibrio perduto nell'esasperazione della socialità.
E ORA?
Una riprivatizzazione della sessualità è positiva e foriera di una più avanzata evoluzione solo se restituisce sotto forma controllata e distribuita tutta l'energia che ha assorbito durante il processo di implosione. In altre parole solo se non cerca di esorcizzare i limiti dell'ipersocializzazione con una iperprivatizzazione ma sa trovare una sintesi evolutiva tra sociale e privato: tra implosione ed esplosione o tra morale dei principi e morale dei risultati.
Il limite di molte esperienze di riprivatizzazione odierna della sessualità risentono invece del rifiuto aprioristico di tutto ciò che la cultura precedente aveva elaborato. E questo non crea evoluzione ma regresso in una triade distruttiva.
A me pare tuttavia che come dato emergente vi sia quello di una cultura che pur avendo riscoperto il valore dell'intimità, del rapporto biunivoco amore-sessualità, del valore positivo, e non coattivo, del controllo della sessualità e quindi della continenza e avendo tutto sommato rivalutato la coppia, non abbia rinnegato alcuni importanti valori connessi alla socializzazione. Basti pensare come questi «valori» riscoperti possono essere riletti attraverso un rapporto uomo- donna in cui il ruolo femminile sia finalmente liberato ed emancipato; divengono un qualcosa di totalmente diverso e rivoluzionario rispetto alla dimensione privata tipica di un passato non lontano.
Per non parlare del rispetto del deviante, di un modello educativo che attraverso una visione serena e liberata della sessualità può favorire la crescita e la formazione di personalità più equilibrate e creative. Sono questi ed altri valori del '68 che se integrati con l'attuale riscoperta del privato possono portare ad una primavera culturale nel campo di questa importante dimensione umana. Potrà nascere allora una sorta di ecologia sessuale in cui la creatività, la libertà, la spontaneità degli individui potranno all'interno di una cultura e di una natura non degradata riscoprire un più avanzato equilibrio uomo-natura e sessualità-spiritualità. Questa ecologia dovrà avere necessariamente a monte una morale sessuale che sia una sintesi dinamica tra principi universali e specificità del particolare, che tenga conto che non tutto ciò che è possibile, utile, condiviso da alcuni è confacente e produttivo in una visione dell'uomo che gli riconosca la capacità di trascendere la sua natura biologica. Al di là della sofferenza del pluralismo penso che si possano riconoscere alcuni fondamentali principi utili a comprendere ed ad orientare deduttivamente una cultura sociale che tenga conto che tra le specificità dell'uomo vi è quella della trascendenza e che la sessualità è ad essa non indifferente.