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    Oggioratorio /1

    Un’esperienza decennale al FOI

    Massimiliano Sabbadini

    (NPG 2011-01-42)


    Sono un prete della Diocesi di Milano, dove è praticamente impensabile che bambini e ragazzi crescano senza frequentare l’Oratorio parrocchiale, diffuso in ciascuna delle 1107 parrocchie del territorio. La mia esperienza di Oratorio è marcatamente connotata da questa appartenenza ecclesiale. Nella mia prima adolescenza però la struttura giovanile della mia parrocchia, situata alla periferia sud del Comune di Milano, soffriva dei prodromi di un problema poi molto diffuso anche altrove: c’erano bande di «bulli» che imperversavano attorno e i miei genitori non mi lasciavano andare volentieri in un luogo reso piuttosto insicuro anche dall’eccessivo turn-over di sacerdoti e responsabili… Sembrano problemi recenti, eppure risalgono alla seconda metà del secolo scorso (sono nato a Varese nel 1963)! Avevo circa 16 anni quando il Parroco e il Vicario parrocchiale da poco insediati tentarono un rilancio dell’Oratorio coinvolgendo anche noi ragazzi come protagonisti e corresponsabili delle attività estive. Successe un giorno che, per difendere lo spazio educativo dai soprusi della baby gang locale, feci letteralmente a botte, con esito sorprendentemente vittorioso su quei giovani prepotenti (avevo da poco frequentato un corso di boxe…), suscitando nuovo «rispetto» per «quelli dell’Oratorio». Non me ne vantai, anzi, andai subito a confessarmi… Però capii più tardi che stavo sperimentando come davvero l’Oratorio «mi prendeva» e che per quella straordinaria avventura di Chiesa ero disposto a tutto, anche a lasciarmi tirare «fuori di me», oltre i confini di ciò che è «conveniente», rassicurante e ben disposto.
    Mi si perdoni questo cenno autobiografico, ma è espressivo della chiave ermeneutica delle riflessioni che seguiranno: non parlo dell’Oratorio dall’esterno, come potrebbe fare un ricercatore con gli elementi che sono l’oggetto delle sue indagini, ma ne parlo dal di dentro di una passione educativa e di una lunga e variegata esperienza personale nel ministero presbiterale a servizio degli Oratori. Il mio punto di vista sull’Oratorio è dunque al tempo stesso «privilegiato», perché conosco le realtà «dal vivo», ma anche «limitato», perché non ne tratto in maniera asettica, come vorrebbe una relazione davvero scientifica, bensì in modo esplicitamente connotato dalla mia esperienza diretta, prima ambrosiana e poi nazionale.

    Profilo biografico

    Sono prete da 23 anni: 8 li ho vissuti come Vicario Parrocchiale, particolarmente dedicato all’Oratorio di una parrocchia alla periferia nord di Milano (viale Jenner, nota per il Centro islamico coinvolto in varie vicende anche giudiziarie); dal 1995 al 2008 (sotto la guida pastorale degli Arcivescovi Martini e Tettamanzi) ho ricoperto diversi incarichi diocesani: Direttore della Fondazione Diocesana per gli Oratori Milanesi (FOM) e Responsabile della Pastorale Giovanile diocesana (dal 2005 in particolare del Servizio Ragazzi, Adolescenti e Oratorio); per sette anni fui anche contemporaneamente Assistente ecclesiastico diocesano dell’Azione Cattolica (Ragazzi, Giovani) e della Fuci (Universitari Cattolici); dal 2001 al 2009 sono stato eletto Presidente nazionale del Forum Oratori Italiani (FOI), l’organismo promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana per collegare le varie e diverse realtà di Oratorio in Italia; dal settembre 2008 sono parroco a San Luigi Gonzaga a Milano, una parrocchia della periferia sud della Città con circa 10000 abitanti e con un Oratorio quasi centenario frequentato e animato da centinaia di bambini, ragazzi, adolescenti, giovani, genitori e nonni. Dal luglio 2010 svolgo anche il servizio di Decano, coordinando la pastorale di nove parrocchie della zona sud della Città.


    ORATORI IN ITALIA: «UNA PASSIONE EDUCATIVA IN ATTO»

    Gli Oratori presenti sul territorio nazionale sono circa 6000, la maggior parte dei quali è a carattere parrocchiale.
    La storia dell’Oratorio non consente ricostruzioni univoche: per quanto si possa rintracciare almeno un periodo di inizio di esperienze riconosciute poi come precorritrici (il sec. XVI, a Milano attorno a San Carlo Borromeo e a Roma con San Filippo Neri) e un tempo di particolare fermento innovativo (nel sec. XIX, culminato nella straordinaria opera di San Giovanni Bosco, cominciata a Torino e rapidamente diffusa in tutto il mondo), il loro sviluppo si è diramato in molteplici direzioni, collocazioni geografiche e situazioni ecclesiali diversissime, da studiare a livello locale
    La realtà attuale degli Oratori in Italia è molto ricca e diversificata. La maggior parte di essi è concentrata nel territorio della Lombardia e del Triveneto (circa 3000); significative presenze si riscontrano pure in Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia, Liguria e Sicilia. Nelle Marche, in Umbria, in Campania e in Toscana assistiamo a un significativo fermento di nuovi Oratori. Nelle altre regioni la presenza oratoriana è disomogenea, spesso legata a singole realtà locali o alla presenza di Congregazioni religiose: è il caso, ad esempio, degli Oratori dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (più di trecento Oratori su tutto il territorio nazionale), dei Giuseppini del Murialdo, dei Giuseppini di Asti, degli Oratoriani di San Filippo Neri, dell’Opera di Don Orione e dei Guanelliani.
    Ci sono Oratori che contano una storia plurisecolare, altri appena sorti nelle periferie urbane e in parrocchie «di frontiera». Ci sono Oratori impostati maggiormente sull’animazione del tempo libero, altri che si concentrano anche su progetti formativi più specifici. Questa diversità si riflette pure nella diversità delle denominazioni: Oratori, patronati, ricreatori, circoli, centri giovanili parrocchiali, ecc.

    Distinti modelli

    Le esperienze degli Oratori non sono accomunabili a uno standard e il modello Oratorio è costituito da un «insieme» difficilmente cristallizzabile. Procedendo man mano nella mia esperienza ho tentato di raccogliere gli elementi che potessero «catalogare» diversi e distinti «modelli» di Oratorio, ma devo confessare che non ci sono riuscito. Ciò si deve forse in gran parte al mio personale deficit di lavoro e di strumenti scientifici da dedicare all’uopo. Negli ultimi quindici anni ho potuto però assistere allo straordinario proliferare di tesi di laurea discusse in distinte Facoltà di diverse università in Italia sul tema «Oratorio». Ebbene, anche da questo osservatorio non si riesce a cogliere la definizione di uno o più modelli oratoriani (salvo quello specificamente Salesiano, che si estende però fino a definire per intero il carisma proprio della Congregazione fondata da don Bosco e a connotare la stessa vocazione dei suoi figli spirituali cresciuti in diverse diramazioni che comprendono le Missioni, il servizio ai poveri, le scuole, la cultura universitaria, le comunicazioni sociali, ecc.); si evince piuttosto la molteplice declinazione di tematiche pedagogiche, sociali, pastorali, comunicative (ma anche tecniche ed economiche…) che l’Oratorio trascina. Mi sono dunque abbastanza convinto che la «materia» propria di questa affascinante e sterminata «indagine» sia così vasta e fluida che probabilmente di sua «natura» sfugge alle catalogazioni, essendo in definitiva l’Oratorio una «passione educativa in atto». È la convinzione che ho maturato viaggiando moltissimo in Italia per conoscere direttamente le varie situazioni locali: si devono attraversare «gli Oratori» per raggiungere «l’Oratorio». E gli Oratori possono esprimersi al plurale anche all’interno dello stesso territorio e della stessa appartenenza ecclesiale. Nel Decanato dove mi trovo alcuni Oratori confinanti declinano storia, progetto, condizioni e prospettive ben differenti tra loro.
    È possibile comunque rintracciare – e lo abbiamo fatto alcuni anni fa nel confronto tra le varie realtà oratoriane, per assolvere un primo compito del Forum Oratori Italiani – un «minimo comune multiplo» come denominatore della realtà «Oratorio», come criterio interpretativo sotto al quale non si condivide l’esperienza di Oratorio. Le parole sono misurate e appositamente «minimaliste» per consentire l’ampliamento delle diverse esperienze a partire da questo canovaccio:
    – strutture e ambienti concreti, più o meno articolati;
    – prevalentemente rivolti e aperti ai ragazzi e giovani che abitano il territorio di riferimento;
    – con un chiaro collegamento alla Parrocchia del medesimo territorio o comunque alla comunità cristiana di riferimento con le sue possibili articolazioni;
    – aventi esplicite finalità educative e pastorali, normalmente realizzate da volontari;
    – tra le cui attività regolari vi sia il gioco e l’animazione del tempo libero.

    Una natura «spirituale»

    L’Oratorio può prendere denominazioni e modelli differenti, ma la sua natura è eminentemente spirituale: l’Oratorio esiste laddove c’è una Chiesa che non solo ha una sensibilità educativa, ma che soprattutto vive la gioia di riconoscersi come madre di quei figli che Dio stesso ha generato. L’Oratorio è, anche nel suo nome, inventato da San Filippo Neri nel XVI secolo, luogo della preghiera (in molte località l’Oratorio è una piccola chiesa annessa a quella parrocchiale, dove si ritrovano le confraternite locali per pregare il loro santo Patrono). «Oratorio» dice ancora, anche nella sua accezione educativa, il luogo di un «mistero», il mistero di Dio Padre di tutti che, presente e attivo anche in questi nostri tempi difficili, in questa società, dentro le nostre comunità, nonostante i nostri limiti e difetti, continua a comunicarci in ogni modo che non è «stanco» di affidarci i suoi figli, generati dallo Spirito Santo nel grembo della Chiesa. L’Oratorio quindi prende avvio dal mistero della fiducia di Dio che continuamente nel Battesimo affida alla Chiesa i suoi figli. Come scrisse San Cipriano: «Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre». A questo mistero attingiamo la forza, le radici, la profondità dell’Oratorio.
    Secondo questa luminosa prospettiva l’Oratorio è il segno concreto della cura che la comunità cristiana ha nei confronti dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani. L’Oratorio si realizza in un territorio definito, molto spesso sorge accanto a un campanile, per esprimere la sua natura di Chiesa che è consapevole di essere madre dei figli di Dio e per rispondere alle conseguenti esigenze educative. Secondo una definizione del Sinodo diocesano 47° della Chiesa di Milano, l’Oratorio «è una comunità che educa all’integrazione fede-vita, grazie al servizio di una comunità di educatori, in comunione di responsabilità e di collaborazione con tutti gli adulti. Il metodo dell’Oratorio (o il suo stile) è quello dell’animazione, che consiste nel chiamare i ragazzi a partecipare a proposte educative che partono dai loro interessi e dai loro bisogni».
    Un invito del grande Papa Giovanni Paolo II risuona sempre particolarmente attuale: «Rilanciate gli Oratori, adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o è caduto nelle maglie della devianza e della delinquenza» (dal discorso di Giovanni Paolo II ai giovani della Diocesi di Roma, 5 aprile 2001). Esprime bene la «sollecitazione permanente» che stimola i responsabili degli Oratori a ripensare e rimodellare continuamente l’opera educativa oratoriana dentro le mutevoli dinamiche che investono il mondo giovanile, soprattutto dei preadolescenti e degli adolescenti.
    La costante attualità dell’Oratorio è ben sintetizzata anche dalla famosa definizione programmatica contenuta nelle Costituzioni salesiane (n. 40), riferita all’esperienza pastorale del primo Oratorio di don Bosco, dalla quale viene luce e coraggio per ogni stagione di ogni Oratorio, chiamato ad essere «per i giovani casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi da amici e vivere in allegria».

    I percorsi educativi

    Tutti gli Oratori si caratterizzano per l’attivazione e la compresenza di molteplici percorsi educativi che integrano momenti più specificamente religiosi - come il catechismo, le esperienze spirituali e caritative, la preghiera (liturgica, comunitaria e individuale) – con altri che si direbbero più marcatamente a carattere antropologico e sociale e che possono spaziare in diverse direzioni. La distinzione però è più verbale che pratica, perché nelle varie attività e dimensioni dell’esperienza oratoriana i momenti educativi sono «integrali e integrati», rivolti generalmente alla persona nel suo insieme armonico, secondo una visione antropologica cristiana piena e matura.
    Negli Oratori i ragazzi, gli adolescenti e i giovani non vanno dunque solo per trascorrere il tempo libero o per il divertimento a basso costo: vivono tempi importanti della loro vita, scoprono la dimensione comunitaria, intrecciano relazioni amicali e affettive, incontrano chi è disposto ad ascoltarli e accompagnarli, conoscono la solidarietà, sviluppano le loro capacità culturali, intraprendono cammini di fede che non trascurano la crescita sociale e che implicano anche il rispetto degli altri, l’impegno e lo sviluppo del senso civico. Don Bosco sintetizzava con il famoso motto: «onesti cittadini e buoni cristiani».
    In questo senso negli Oratori si sviluppa un nuovo «patto educativo», in cui sono coinvolti, oltre ai genitori e alle figure educative della comunità cristiana, le altre agenzie educative del territorio, il mondo istituzionale e delle comunicazioni sociali, oltre a tutti i soggetti attivi che vogliano entrare in modo positivo e propositivo nel mondo dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani.
    Il tutto è improntato, quasi metodologicamente, a una sorta di ottimismo educativo, a una convinta fiducia nella dignità e potenzialità dei ragazzi e dei giovani, sempre incontrati e accolti non solo come destinatari ma soprattutto come soggetti attivi, creativi e fondamentali del «progetto-Oratorio».

    Le Associazioni

    Gli Oratori spesso prevedono la presenza di specifiche Associazioni giovanili ecclesiali o di ispirazione cristiana che concorrono alla realizzazione di alcuni obiettivi pastorali, educativi e sociali: ad esempio: Azione Cattolica (AC), Associazioni Guide e Scout Cattolici Italiani (AGESCI) e altre forme di scoutismo, Centro Sportivo Italiano (CSI), Polisportive Giovanili Salesiane (PGS)... Non pochi Oratori si avvalgono dell’opera di associazioni che esplicitamente ne promuovono e sostengono la vita e l’organizzazione (ad esempio: Associazione Nazionale San Paolo Italia (ANSPI), NOI Associazione – Oratori e Circoli).
    Esistono poi non poche organizzazioni locali, diocesane o di enti religiosi, che si configurano come «Federazioni» di Oratori (variamente impostate dal punto di vista giuridico e canonico), che curano e promuovono gli Oratori di un dato territorio, attraverso iniziative formative per gli operatori, pubblicazioni periodiche, eventi (come ad esempio la FOM di Milano, il Centro Oratori Romani, il Coordinamento Oratori di Acireale, la Federazione Oratori Cremonesi, ecc.).
    L’azione locale peculiare e ben radicata sul territorio che gli Oratori e i numerosi Circoli parrocchiali hanno sviluppato nel tempo, rivolta soprattutto nei confronti dei minori – in particolare dei ragazzi e degli adolescenti nella fase più delicata della loro crescita, integrando l’impegno della famiglia e della scuola – riveste un ruolo insostituibile in tutto il nostro Paese, tanto che anche il Parlamento li ha recentemente riconosciuti promulgando in data 1 agosto 2003 la Legge 206 intitolata: «Disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli Oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 Agosto 2003.
    Il FOI ha partecipato alla fase preparatoria con una apposita audizione che, insieme alla Vice Presidente, suor Manuela Robazza, tenni alla Camera dei Deputati in data 8 maggio 2002. Quasi tutte le Regioni hanno preceduto o seguito il Parlamento con appositi interventi legislativi mirati al «riconoscimento» degli Oratori nella logica della sussidiarietà.
    Il FOI ha un suo sito in internet: ecco il link e il logo: www.oratori.org

    MAGISTERO «IN DIRETTA»

    Non mancano interventi del Magistero (Papa e Vescovi) rivolti agli Oratori. Si tratta generalmente di testi non molto dottrinali, quasi sempre un po’ «occasionali», volti a stimolare e a sostenere la preziosa opera educativa oratoriana. Anche quando sono più approfonditi e specificamente dedicati alla realtà dell’Oratorio risentono della situazione locale che li motiva. In questo senso il Magistero sull’Oratorio mi sembra che vada preso «in diretta», cogliendo la sua peculiare efficacia nel momento e nella Chiesa locale dove viene espresso. Il caso forse più ampio e tradizionale è quello della Diocesi di Milano dove da ormai più di un secolo, a partire almeno dal Beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari (Arcivescovo di Milano dal 1894 al 1921) ci sono state circostanze perlomeno annuali che hanno prodotto interventi e documenti sull’Oratorio (come l’annuale Messaggio per la Festa di Apertura degli Oratori, iniziato con il commovente manoscritto del 1958 dell’allora Arcivescovo Montini, corredato dal suo famoso Decalogo degli Oratori). Il Cardinale Tettamanzi ha scritto un corposo, articolato e organico intervento sul futuro degli Oratori ambrosiani (Oratorio domani: educare progettando, 17 novembre 2007) a conclusione di un importante lavoro di verifica e sperimentazione tra gli Oratori della Diocesi svolto tra il 2003 e il 2007 e denominato Oratorio oggi e domani. In quella occasione, oltre a trattare i punti nodali e critici di una non derogabile progettazione della pastorale educativa negli Oratori, offriva anche non poche sintesi della «mentalità» e della «spiritualità» che animano gli Oratori. Ne cito una:
    «Abbiamo due formidabili guide che ci conducono sempre un passo avanti verso il futuro che ci attende come Chiesa: abbiamo la Parola di Dio e abbiamo i figli di Dio, i figli che il Padre genera nello Spirito santo con il Battesimo e inserisce e affida ad ogni comunità cristiana. Come in ogni famiglia, così per le comunità cristiane i figli rappresentano il futuro. Gli Oratori potranno scorgere le linee del loro futuro impegnando responsabili ed educatori a stare sempre in ascolto attento e premuroso dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti e in dialogo rispettoso, paziente e profondo con le famiglie che educano, con speranza e non senza apprensione, gli uomini e le donne del domani. L’Oratorio non ha un programma da attuare che non sia tutto improntato al bene delle giovani generazioni e che non tenga conto delle loro reali condizioni di vita, del contesto familiare, culturale e sociale dove crescono, degli avvenimenti che li riguardano e delle sfide che si trovano ad affrontare. Al tempo stesso, in ogni condizione presente e futura, la missione educativa dell’Oratorio sarà sempre guidata dalla certezza che l’annuncio, la testimonianza e la proposta del Vangelo di Gesù Cristo sono il dono insuperabile da offrire ai giovani e la strada maestra sulla quale accompagnarli nel loro diventare adulti».
    Occorre pure notare criticamente che nella abbondante produzione di testi e riflessioni degli ultimi due o tre anni che hanno preparato le scelte dell’Episcopato italiano per il prossimo decennio da dedicare all’educazione (cfr. il Documento Cei dopo il Convegno Ecclesiale di Verona, le Assemblee generali Cei 2008, 2009 e 2010 – con gli interventi del Papa, le prolusioni del Card. Bagnasco, i documenti preparatori, di lavoro interno e conclusivi –, il testo del rapporto-proposta del Progetto culturale su La sfida educativa del settembre 2009, il Messaggio di Benedetto XVI alla 46a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani e la Prolusione del Presidente della Cei ad apertura dei lavori, ecc.) si trovano rarissimi riferimenti espliciti all’Oratorio. Nel documento ufficiale degli Orientamenti pastorali 2010-2020, Educare alla vita buona del Vangelo, un breve passaggio viene dedicato esplicitamente all’Oratorio, purtroppo senza poter esprimere adeguatamente la variegata temperie delle reali e molto diffuse esperienze in atto.
    Probabilmente il termine non è ancora così presente «nell’orecchio» dei Vescovi, forse a motivo della sua disomogenea diffusione in Italia; o forse la «ordinarietà» poco vistosa degli Oratori non riesce ancora a premere sulle riflessioni alte e importanti, che sembrano comprensibilmente muoversi spesso a partire da altre e varie situazioni di emergenza.
    Per la verità in questi anni abbiamo assistito anche alla crescita di interventi episcopali locali volti a incoraggiare l’incremento delle esperienze oratoriane.
    Speriamo che numerosi spunti più espliciti vengano espressi e sviluppati in seguito nello scenario delle realtà educative delle Chiese che sono in Italia, realizzando sempre meglio l’auspicio che il Venerabile Papa Giovanni Paolo II formulò dopo l’Angelus del 9 febbraio 2003 salutando «in particolare i membri del Forum degli Oratori Italiani, riuniti per la loro Assemblea annuale: possa la ricca esperienza degli Oratori continuare a svilupparsi nel tessuto ecclesiale e sociale, offrendo ai giovani e alle famiglie un prezioso contributo educativo».

    I PAPI E L’ORATORIO

    L’oratorio «ovile sempre aperto»
    L’oratorio è «ovile che accoglie la massa, si manifesta eminentemente popola­re, assicura un lavoro pedagogico, per cui si fanno esperienze di tale natura che esso co­stituisce una riserva nella quale le altre asso­ciazioni possono pescare per dare una forma­zione specifica» (Paolo VI, Discorso del 23.1.1964).

    L’oratorio «ponte tra la chiesa e la strada»
    «Rilanciate gli oratori, adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o è caduto nelle maglie della devianza e della delinquenza» (Giovanni Paolo II, Ai giovani della diocesi di Roma, 5 aprile 2001).

    L’oratorio «laboratorio di fede»
    «Il progetto educativo ha nell’oratorio il centro pulsante, il «laboratorio» di una fede che intende coniugarsi con ogni aspetto del vivere e del sentire dei giovani: una fede piena di vita per una vita piena di fede! Luogo di educazione e di co-educazione, che si affianca in maniera quanto mai opportuna all’opera educativa dei genitori. I ragazzi, in effetti, hanno bisogno di un ambiente in cui rafforzare, con altre figure e altre dinamiche, i valori ricevuti in famiglia. A tale scopo contribuisce efficacemente anche l’attività sportiva. Se ben impostata, infatti, essa aiuta i giovani ad essere generosi e solidali» (Giovanni Paolo II, Ai partecipanti al pellegrinaggio dell’oratorio San Vittore in Varese, 31 agosto 2002).

    L’oratorio «scuola di servizio»
    «L’Oratorio è scuola di servizio, dove si impara a lavorare generosamente per la comunità, per i piccoli, per i poveri. Ed è proprio il servizio, animato dalla preghiera, la via privilegiata per la nascita e la crescita di autentiche vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata e missionaria, come pure di robuste vocazioni laicali, coniugali e non, improntate alla dedizione di sé nel servizio verso gli altri. Mantenete sempre vivo questo spirito nel vostro Oratorio e nella vostra Società sportiva. Camminate sempre uniti, per essere «sale della terra e luce del mondo» (Giovanni Paolo II,31 agosto 2002).

    L’oratorio luogo in cui «si parla al cuore»
    «Favorire un personale incontro con Cristo rappresenta anche il fondamentale «metodo missionario» dell’Oratorio. Esso consiste nel «parlare al cuore» degli uomini per condurli a fare un’esperienza del Maestro divino, capace di trasformare la vita. Ciò si ottiene soprattutto testimoniando la bellezza di un simile incontro, da cui il vivere riceve senso pieno. È necessario proporre ai «lontani» non un annuncio teorico, ma la possibilità di un’esistenza realmente rinnovata e perciò colma di gioia» (Giovanni Paolo II, Ai partecipanti al Capitolo Generale della Confederazione dell’oratorio di San Filippo Neri, 5 ottobre 2000).

    L’oratorio: un cuor solo e un’anima sola
    «Il fine specifico e la missione della Congregazione dell’Oratorio è la nascita e la crescita di autentiche comunità cristiane, luce e sale della terra. Nelle vostre Costituzioni esse sono presentate, fin dai primi articoli, come un’unione fraterna di fedeli i quali, seguendo le orme di San Filippo Neri, si prefiggono ciò che egli insegnò e fece, diventando così «un cuore solo e un’anima sola». Il modello a cui si ispirano sono gli incontri di preghiera semplici e familiari e i colloqui spirituali del vostro Padre Filippo con penitenti e amici. In tale prospettiva, l’Oratorio riconosce la sua identità nel «praticare in comune la trattazione della Parola di Dio in modo familiare, nonché l’orazione mentale e vocale, onde promuovere nei fedeli, come in una scuola, lo spirito contemplativo e l’amore delle cose divine» (Giovanni Paolo II, 5 ottobre 2000)

    L’oratorio: la fede attraente
    «Faccio voti che l’Oratorio, ponendosi al servizio degli uomini con semplicità d’animo e letizia, sappia manifestare e diffondere tale metodo spirituale in maniera sempre più attraente ed efficace.
    Potrà così offrire una coerente e incisiva testimonianza, vivendo in pienezza il fervore delle origini e proponendo agli uomini di oggi un’esperienza di vita fraterna fondata principalmente sulla realtà, accolta e vissuta, della comunione soprannaturale in Cristo» (Giovanni Paolo II, 5 ottobre 2000).

    «Amate l’Oratorio»
    L’istituzione «Oratorio» lungi dall’invecchiare con l’andare dei secoli e col mutare dei tempi si dimostra attualissima e provvidenziale non meno che ieri, tanto che la vorremmo estesa e riprodotta in ogni Parrocchia, dove l’assistenza e la formazione della Gioventù formano uno dei compiti principali dell’azione pastorale. L’Oratorio è l’espressione dell’amore della Chiesa, organizzata in comunità parrocchiali o in istituzioni educative, per i suoi figli più giovani e più degni e più bisognosi d’affetto e di pedagogico interessamento, opera indispensabile; l’Oratorio è l’istituzione complementare della famiglia e della scuola; l’Oratorio è una palestra di vita, dove la preghiera, l’istruzione religiosa e parascolastica, il giuoco, la ricreazione, l’amicizia, il senso della disciplina e del bene comune, la letizia e il vigore morale si fondono insieme per fare del giovane un cristiano forte e cosciente, un cittadino solido e leale, un uomo buono e moderno. Non finiremmo più di fare l’elogio dell’Oratorio, quale il nostro Clero, tutto assorbito nel suo impegno pastorale, ha saputo oggi riformare e rinnovare; ma tutti sanno quale stima, quale fiducia Noi abbiamo di questa opera, che offre al tempo nostro non solo la memoria di San Carlo, di San Filippo, di San Giovanni Bosco e di tanti altri Santi educatori della Gioventù e del Popolo cristiano, ma la loro saggezza, il loro esempio e certamente la loro protezione.
    A voi lo diciamo, cari figli degli Oratori milanesi; lo diciamo ai vostri compagni rimasti a casa, e a tutta la Gioventù, che Ci voglia ascoltare: amate il vostro Oratorio; fatelo «vostro» con la frequenza, con la rispondenza alle sue norme e al suo spirito, con la riconoscenza del bene ch’esso vi fa (Paolo VI, Udienza generale 25 settembre 1968).

    IL FOI, PER UNA «RETE» DI REALTÀ VARIEGATE

    La nascita e la crescita del Forum Oratori Italiani hanno determinato in maniera decisiva la possibilità di una conoscenza ampia e reale del mondo degli Oratori, spesso percepito solo parzialmente in singole realtà locali e non di rado anche trattato superficialmente, come espressione retorica e nostalgica di un’epoca passata (riecheggiata dalle intramontabili note di Azzurro: «… sembra quand’ero all’Oratorio con tanto sole tanti anni fa…»), quando, si diceva, non c’era altro nella società italiana del dopo guerra e la mitica impresa di alcuni preti leader «toglieva i ragazzi dalla strada». Naturalmente gli Oratori rappresentano tutto questo, ma sono anche molto e molto di più.
    Verso la fine del 2000 l’allora responsabile della Pastorale Giovanile nazionale, mons. Domenico Sigalini mi chiese, in via riservata, se potevo impegnarmi a condurre in porto il varo di un FOI che da almeno un paio d’anni stava in cantiere. Ero allora Responsabile della Pastorale Giovanile di Milano e dirigevo la Fondazione Oratori Milanesi. Con il consenso dei miei Superiori, soprattutto del Cardinale Martini, mi misi d’impegno con un gruppo «costituente». Non si trattava di inventare qualcosa di particolarmente nuovo nella Pastorale Giovanile di allora, ma di mettersi a disposizione per far conoscere e incontrare diverse realtà, che già rappresentavano una cura educativa diffusa e variegata nel territorio delle nostre Chiese, dentro la poliedrica esperienza dell’»Oratorio». Il primo passo fu semplicemente di provare a «censire» quali e quanti soggetti agivano in maniera stabile e strutturata ispirandosi all’Oratorio anche se non utilizzando direttamente il termine. Ne furono rintracciati più di 30, che danno vita all’incirca a 6000 Oratori sul territorio nazionale. Sono stati contattati i vari Responsabili delle realtà di Oratorio (Congregazioni religiose, Coordinamenti regionali di PG, Aggregazioni almeno diocesane di Oratori, Associazioni ecclesiali nazionali) disposti a coinvolgersi nel desiderio di comunicazione, di confronto, di sostegno reciproco, di espressione pubblica condivisa, di relazione coordinata con la Pastorale Giovanile nazionale, con gli altri ambiti pastorali (soprattutto quelli facenti capo all’Ufficio Nazionale per la pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport) e con le varie istituzioni: la risposta fu subito molto buona, improntata a fiducia e a sano realismo.
    Compiuta la fase preliminare si poté così convocare nel settembre 2001 la prima Assemblea nazionale, presieduta da don Sigalini, che promulgò lo Statuto e diede avvio al percorso che ho avuto l’onore e l’onere di presiedere per i primi otto anni di vita del FOI. Sono stati anni molto intensi, contrassegnati da una crescente condivisione della «passione vitale» per gli Oratori e dagli Oratori. Una passione guidata sì da linee progettuali identificate e pianificate per un organismo nascente come era il FOI, ma ancor più espressa nella tensione volta a scoprire il vasto universo oratoriano italiano e a cercare di capirlo e farlo «connettere» in molte direzioni. Il mio servizio, e quello delle persone che hanno condiviso durante questi anni la responsabilità nella Segreteria nazionale, si è svolto molto «sul campo» e meno «in archivio». Per ciascuno di noi «il campo» è stato innanzitutto la realtà di Oratorio di appartenenza e di servizio e poi, «da lì», si è sviluppata la disponibilità e l’impegno per conoscere, incontrare e correlare le altre realtà. Sono stati moltissimi e di varia natura gli incontri sul territorio cui sono stato invitato e dove il FOI non è mai mancato (dalle assemblee diocesane agli incontri di formazione del clero, dalle tavole rotonde pubbliche ai convegni di studio, dalle trasmissioni televisive alle veglie di preghiera… molte le inaugurazioni di nuovi Oratori): conoscere di persona le diverse realtà è stata una scelta voluta e preziosa nella sua realizzazione. Gli Oratori in Italia hanno per me un volto, una storia e una «personalità» particolari, molto connotati e concreti. Il dono più evidente di questi anni, un frutto forse ancora in via di piena maturazione, è dunque la conoscenza degli Oratori, là dove e così come sono, nell’effettivo superamento di un’autoreferenzialità spesso assai diffusa e talvolta quasi inevitabile (ad esempio per le grandi realtà già molto strutturate, organizzate e pianificate…).
    In questo senso il FOI ha potuto realizzare come una sorta di «terrazzino» pastorale: ci si affaccia sporgendosi, in posizione leggermente elevata, dalla stessa realtà di cui si fa parte, guadagnando così un possibile sguardo sull’Oratorio oggi, filtrato e al tempo stesso ampliato dalle diverse tipologie rappresentate da ciascuno dei partecipanti al coordinamento nazionale.
    Le singole realtà che realizzano gli Oratori sono normalmente e serenamente inserite nella pastorale locale dove si trovano (o in quella trasversale delle Congregazioni religiose o delle Associazioni ecclesiali cui appartengono). Nel FOI possono trovare il punto di incontro e di comunicazione per interloquire unitariamente (quando richiesto) o per essere rappresentati e coinvolti con le proprie particolarità. Ovvero: nel FOI si realizza una conoscenza appropriata delle varie realtà oratoriane in modo che la Pastorale Giovanile nazionale possa interloquire adeguatamente col mondo oratoriano a seconda delle situazioni e attraverso un «tavolo» ben avviato e affiatato.

    IL «GIÀ E NON ANCORA» DEGLI ORATORI: SNODI E PUNTI CRITICI

    La vita e le imprese educative di ogni diversa realtà che promuove l’Oratorio contribuiscono a rendere la Chiesa italiana – come scrissi al Presidente della Cei, il Cardinale Bagnasco, nel settembre 2007 a nome della Segreteria del FOI – «ricca di insostituibili esperienze educative ed ecclesiali ben radicate nel loro territorio, che si esprimono sempre nell’ambito della vita ordinaria delle comunità cristiane con grande generosità, spesso con poche risorse materiali, senza clamore, ma con il costante e popolare riconoscimento di fiducia e di simpatia da parte delle famiglie e delle istituzioni locali».

    Un’evangelizzazione nella quotidianità

    Quella definizione contiene sinteticamente l’orizzonte da cui possono svilupparsi e dipanarsi gli innumerevoli punti prospettici di un panorama particolarmente vasto e articolato che gli Oratori rappresentano nella Pastorale Giovanile oggi in Italia. L’Oratorio offre il particolare apporto di una buona «palestra di vita» per un protagonismo personale e comunitario dei ragazzi, per buone chances di integrazione e relazione con l’opera educativa di famiglie, scuole e istituzioni, il tutto caratterizzato dalla popolarità di proposte rivolte all’evangelizzazione nella quotidianità.
    In questo panorama ho potuto spesso osservare che non mancano dei «chiaroscuri», cioè zone vitali del progetto-Oratorio che si illuminano o si adombrano a seconda della buona o cattiva tensione con cui sono vissute.
    Si può affermare la stessa cosa con parole un po’ più altisonanti, ma che rendono ragione del dinamismo proprio delle molte esperienze oratoriane in atto che vivono costantemente in mezzo al guado tra sfide educative che «mettono in crisi» e mete spirituali appassionanti e consolanti. I termini sono quelli che ci riportano anche per l’Oratorio di oggi (e di domani) alla logica del «già e non ancora». È un concetto teologico che dice molto del mistero della Chiesa e che si può applicare anche all’Oratorio, inteso come un «momento», come una espressione e visibilizzazione della Chiesa stessa.
    In ogni Oratorio c’è un «già» che, come abbiamo spiegato più sopra, è rappresentato innanzitutto dalla ricchezza e dalla grazia della vita dei figli che Dio ci ha donato, che diventano poi oggetto delle nostre preoccupazioni, prendono le nostre ansie e suscitano i nostri progetti. C’è un «già» rappresentato, poi, dall’Oratorio stesso. Esso è un patrimonio educativo consistente, che genera soddisfazione – sempre più confermata oggi soprattutto dai genitori – che è radicato nel territorio, nel quale e verso il quale lascia respirare un clima di fiducia. Un altro «già» degli Oratori è oggi la molto maturata e diffusa coscienza delle esigenze formative, di base, specifiche e permanenti, delle molte figure educative, con le innumerevoli iniziative che si realizzano ovunque in proposito. Il «già» dell’Oratorio è anche la sua forza tradizionale: in Lombardia, ad esempio, spesso si avverte che c’è l’Oratorio perché «c’è sempre stato». In realtà non è così e, a certe condizioni, potrebbe non esserci più. La sua realizzazione infatti non è scontata, ovunque, neppure laddove è tanto radicata la convinzione della sua opportunità.
    Il «già» dell’Oratorio potrebbe portarci allora a un compiacimento orgoglioso e ozioso, lasciandoci inerti di fronte a nuove sfide.
    È allora il «non ancora» che ci stimola, ci provoca e ci fa guardare lucidamente a ciò che manca. Quando diciamo «ciò che manca», non significa necessariamente pensare a qualcosa che si è perso. È sottilmente diabolico, come una tentazione, quel sentimento che, di fronte all’incompiutezza della nostra capacità di essere del tutto compagni di viaggio delle giovani generazioni, suscita senso di colpa, frustrazione, lamentela, perché, si dice: «Abbiamo perso quello che una volta c’era» (e spesso è facilmente dimostrabile che non è proprio così, almeno perché anche quelli «di una volta» – quale e quando è poi questa «una volta»? – lamentavano che mancavano le stesse cose che mancano a noi oggi…).
    Il «non ancora» rappresenta invece proprio ciò che ancora ha da esserci, viene in qualche modo dal futuro, non tanto dal passato, per quanto glorioso! E il «non ancora» allude a ciò che può venire innanzitutto dal cuore e dai sogni di Dio (chissà perché don Bosco ha avuto tanti sogni...!) Chi può dire di aver «perso» quello che c’è nel cuore di Dio? Semplicemente non lo abbiamo ancora esplorato, non lo abbiamo ancora abitato, non ce ne siamo ancora inebriati. Il ministero educativo, di cui l’Oratorio è testimonianza concreta, è dentro questo dinamismo: c’è un «non ancora» che è ricerca, desiderio spirituale, ansia positiva. Il cardinale Martini, in un’Assemblea dell’Azione Cattolica, disse che: «l’ansia, è la sorella minore della libertà». E spiegava che se non ci fosse ansia vorrebbe dire che non desideriamo nient’altro se non ciò che già abbiamo, saremmo costretti nei confini in cui già stiamo. L’ansia invece segnala il desiderio di cambiamento. Ebbene, l’Oratorio porta con sé sempre un desiderio di cambiamento, perché è fedele al suo contenuto e al suo tesoro: la vita di bambini, ragazzi, adolescenti e giovani è in divenire, essi hanno una maturità che non è compiuta e una personalità che non è ancora ben definita, sono in continuo e naturale cambiamento. Quindi l’Oratorio, per essere fedele al suo «contenuto», deve saper cambiare, deve essere sensibile a come e dove va (come a Dio piace!) la vita dei figli di Dio, dei «piccoli» della comunità cristiana che in qualche modo gli sono affidati.
    Il cambiamento positivo ed equilibrato, avvertito sempre come necessario, come una «costante» del sistema Oratorio, mi ha fatto pensare all’ Oratorio seguendo l’immagine di un caleidoscopio.
    In quel giocattolo ci sono già i tanti pezzi che compongono via via figure diverse. In un certo senso, nel patrimonio educativo della Chiesa ci sono già gli elementi fondamentali che fanno bella e splendente la vita dei ragazzi e la loro educazione e nei nostri Oratori si conoscono e si applicano anche modelli che possono essere via via diversi.
    Se il caleidoscopio però resta fermo, annoia, diventa desueto e si accantona dimenticato, tra i giocattoli che non piacciono più. C’è anche un altro rischio: se si muove troppo velocemente, se lo si muove presi dalla fretta e maldestramente, il caleidoscopio si rompe, i pezzettini possono aggrovigliarsi e non si mettono più insieme. La tensione che tiene gli Oratori tra «il già e il non ancora», capaci di percorrere le vie ora tradizionali ora inedite tracciate da una santa inquietudine è quella che si muove come una mano sapiente sul caleidoscopio, che sa porre attenzione ai problemi, che li legge e li confronta, che sa elaborare i sogni che Dio mette nel cuore per farli diventare progetti da provare poi a sperimentare; una mano sapiente, quella della Chiesa, che «fa girare» la vita dell’Oratorio costantemente e alla velocità giusta.
    Un caleidoscopio, inoltre, mostra la sua bellezza se viene puntato verso la luce. Gli Oratori non vivono nell’oscurità di angosce che catturano vagamente i sensi di colpa degli educatori. Chiedono invece di restare puntati verso la luce, cioè verso il bene dell’esistenza dei nostri ragazzi, verso la coscienza educativa della Chiesa, verso la paternità e maternità di Dio che ci illumina con la grazia della Parola e dei Sacramenti.

    Snodi e urgenze

    Provo a evidenziare solo alcuni punti «critici», tra i molti presenti nella vita degli Oratori oggi, che mi sembra contengano insieme il senso di qualche problematicità e la forza di qualche cambiamento necessario per non dire urgente nel cammino educativo delle comunità oratoriane. Si possono forse considerare non solo «nodi», ma anche «snodi» del percorso che ogni realtà di Oratorio affronta. Ne indico due blocchi. Il primo va sotto la sigla della regia educativa; il secondo chiama in causa il rapporto degli Oratori con il territorio.

    La regia educativa

    La regia educativa degli Oratori è sempre stata e sempre sarà difficile e complessa, perché ogni Oratorio rappresenta una realtà complessa, un primo locale nucleo di quella «pastorale di insieme» che da più parti si va inseguendo con molta fatica anche a ben diversi livelli. Le molte attività di un Oratorio, rivolte a diversi interlocutori, interpretate da molte e svariate figure educative, in strutture, ambienti e tempi diversi e articolati richiedono non solamente un’abile ed energica «regia» dell’insieme, quanto piuttosto e più a monte una vera e grande tensione di comunione. L’esperienza di questi anni mi ha fatto maturare la convinzione che la buona organizzazione, necessaria, si alimenta al fuoco spirituale della più autentica relazione tra le persone che la interpretano. Il tema di questo punto riguarda dunque per gli Oratori il primato delle persone, un primato che va pensato, voluto e praticato!
    È evidente che in qualsiasi Oratorio questo primato non può essere in discussione. Almeno in linea di principio teorico. Se nonché, nella pratica che l’esperienza ci mostra, il primato delle persone può essere a volte minacciato. Abbiamo presenti con sottile e sofferta ironia le liti che scoppiano nel Consiglio dell’Oratorio, magari proprio quando si parla dell’educazione alla carità… Non ci scandalizziamo e sappiamo che queste tensioni sono vecchie come il peccato originale e che accompagnano purtroppo ogni epoca della Chiesa. Ad esempio, San Paolo, nella lettera ai Galati al capitolo 5, doveva esortare con forza i suoi: «Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!» (Galati 5, 15). E possiamo immaginare a quali situazioni reagisse… L’Oratorio tuttavia non può non provare a proporsi come vera scuola di comunione. Altrimenti come educa, nella Chiesa, le giovani generazioni? È in questo senso che bisogna leggere il primato delle persone. Per insegnare la comunione, la comunità dell’Oratorio deve perciò anche rappresentarla, visibilmente, con ogni sforzo, con pazienza e determinazione.
    Connessa a questa preoccupazione, esprimo una considerazione: non mi convincono affatto le espressioni di una certa retorica che pretende di contrapporre l’esistenza di organizzazioni e strutture alla bontà dei rapporti umani da instaurare virtuosamente, e che descrive «le cose da fare» come sempre e necessariamente in contrasto con la bellezza e l’efficacia educativa dello «stare con le persone». Non c’è contraddizione, ma, anzi, integrazione tra momenti educativi diversi, quando essi sono vissuti con maturità ed equilibrio. Certo, ci vogliono misura e sapienza nel dosare e una cosa e l’altra. Quando diciamo: «è importante stare con le persone», e poi ci proviamo veramente, sperimentiamo che ci sono alcuni con i quali è difficile, quasi impossibile, stare senza «fare qualcosa» insieme, qualche attività che consenta in qualche modo di esprimersi, di là dalle capacità formali-intellettuali-linguistiche che non tutti hanno. Ci accorgiamo allora che anche quell’agire e quel fare sono finalizzati proprio alla bontà delle relazioni interpersonali, e risultano molto utili allo scopo. Similmente, le strutture dell’Oratorio e una certa organizzazione ben impostata, richiedono sì qualche fatica e impegno di tempo, ma alla fine serviranno per agevolare buone relazioni e per offrirle a molti, possibilmente a tutti, non solo a quelli che sono «entrati nel giro» e stanno in una ristretta cerchia di «eletti». E viceversa: una buona relazionalità fra le persone dell’Oratorio farà belle, buone e liberanti le strutture che abitiamo e le attività che proponiamo.
    In tutto ciò risulta sempre molto importante, per non dire determinante, la regia dell’Oratorio. Dove sta la regia dell’Oratorio oggi? È difficile esprimerlo in un modo univoco, data la molteplicità e varietà di «sistemi Oratorio» che esistono. Però è possibile esprimere almeno l’utopia virtuosa di una regia che risulti in ogni situazione dall’insieme di tre elementi: i leader, il progetto educativo e gli organismi di partecipazione.
    Per quanto riguarda i leader, oggi le forme possibili sono diverse, anche a seconda dell’ampiezza dell’Oratorio e del volume di attività da coordinare: vicario parrocchiale dedicato alla cura dell’Oratorio (anche interparrocchiale); diacono o religiosa o consacrati designati appositamente; responsabile laico professionale a tempo pieno (meglio se alle dipendenze di un organismo diocesano e con esplicito «mandato» ecclesiale); laico/laici volontari a turno (anche genitori, ma non collegati esclusivamente alla presenza dei figli; anche coppia di sposi, da non collegare, generalmente, all’utilizzo di eventuale abitazione nell’Oratorio); «pool» dirigente con un coordinatore… In ogni caso la leadership di questa azione pastorale delicata e complessa va identificata e resa riconoscibile con chiarezza nella comunità cristiana di riferimento locale. E andrà improntata, e poi verificata, in vista della promozione e diffusione «a catena» di ulteriori «regie di settore» che governino armonicamente le varie azioni. Non ipotizzo certamente l’evoluzione di un Oratorio che diventi un centro burocratico. Mi sembra però urgente richiamare a ciò che oggi sembra ancora piuttosto problematico: tanti generosamente si buttano nella azioni educative, ma quasi nessuno le progetta e le programma insieme agli altri, le coordina, le armonizza…
    Gli altri due elementi della regia citati, il progetto educativo e gli organismi di partecipazione, risultano forse ancora troppo esili nella vita degli Oratori e necessitano perciò di particolare impegno. Il progetto educativo non consiste solo nello scrivere delle pagine ma nel prendere continuamente la mira per le azioni e per le relazioni opportune e necessarie per il bene dei ragazzi. Gli organismi di partecipazione (il Gruppo degli educatori e degli animatori, il Gruppo catechisti, il Consiglio dell’Oratorio, il Consiglio pastorale…), sono difficili e faticosi ovunque, eppure favoriscono un costruttivo protagonismo, «dal basso», che garantirà vera popolarità, corresponsabilità e continuità e in definitiva anche comunione, all’Oratorio. Naturalmente e provocatoriamente: a nulla varranno se non è acceso e frequentato innanzitutto dai responsabili il «fuoco» della vera comunione ecclesiale, l’Eucaristia celebrata e vissuta come «fonte e culmine di tutta la vita cristiana».

    Il rapporto con il territorio

    Il rapporto con il territorio è nativo e vitale per ogni Oratorio che si definisce eminentemente a carattere locale. Oggi su questo punto gli Oratori stanno crescendo, cercando di superare una certa debolezza che li ha caratterizzati su questo versante in un recente passato. In questo senso, gli Oratori di più nuova costituzione risultano quasi avvantaggiati rispetto a quelli più «storici» che non di rado scontano mediamente qualche impaccio e chiusura verso la partecipazione attiva e «simpatica» alle vicende della società che li circonda. Forse inconsciamente, si è concesso qualcosa, anche troppo, al mito di un Oratorio che assomiglia all’«isola che non c’è» di Peter Pan, un Oratorio che sarebbe rassicurante perché è «altrove» rispetto ai problemi della società, quasi fosse di un altro pianeta… L’Oratorio genuino si caratterizza invece per la sua popolarità e missionarietà, ossia per il suo essere accessibile a tutti – gli operatori sociali lo definirebbero «a bassa soglia» –, e per il suo saper stare «nel» popolo, vicino alla gente, interprete il più possibile delle varie e variegate presenze, sensibilità e necessità. Questo secondo aspetto è oggi un po’ in crisi ovunque, culturalmente e socialmente. Proprio in ragione di questa crisi le comunità cristiane, attraverso l’Oratorio, possono e debbono sviluppare un potenziale latente, di cui forse hanno troppo poca avvertenza. A questo proposito, facciamoci aiutare, se occorre. Nella società civile e nel «pubblico» è andata man mano crescendo una sincera simpatia nei confronti degli Oratori. Basti pensare al ritorno dell’Oratorio sui media e, soprattutto, ai recenti pronunciamenti legislativi – a livello regionale e nazionale – sul riconoscimento della funzione sociale ed educativa svolta dagli Oratori. Chi anima dall’interno la vita degli Oratori può allora lasciarsi interpellare e illuminare dallo sguardo, magari un poco interessato – spesso sanamente interessato – di tante persone che, ancora oggi, nella comunità civile, hanno a cuore l’educazione delle giovani generazioni e capiscono che l’Oratorio ne rappresenta un valido baluardo, perché è ricco soprattutto di gratuità.
    Educazione gratuita e alla gratuità: ecco l’ineguagliabile patrimonio con il quale gli Oratori possono continuare ad offrirsi al loro territorio. Alcuni operatori sociali, non pochi insegnanti, diversi amministratori locali, molti genitori capiscono che l’Oratorio ha molto da dare all’educazione nella società oggi. Perché non provare, con loro, ad allacciare pazientemente una rete di rapporti, di conoscenze, di competenze, di sussidiarietà, una rete che renderebbe ogni territorio più presidiato dal punto di vista educativo?
    E, infine, voglio esprimere una chiara provocazione: è possibile sognare che proprio dagli Oratori maturino nuove, robuste, sofferte e preziose vocazioni… alla Politica?

    UN SOGNO

    Visitando moltissimi Oratori mi sono convinto che quello più bello non è quello «di una volta», ma quello che «non c’è ancora». Quello da sognare. Don Bosco ce l’ha insegnato con mille racconti di sogni che non lo facevano evadere vanamente dalla realtà, ma che avevano in sé una forza straordinaria di progetto e di impegno, perché venivano da Dio. Così è l’Oratorio: se è buono viene da Dio e Lui non ci butta subito nel cantiere (che pure poi prenderà forma). Il Signore ci invita prima a contemplare la profondità e l’ampiezza del suo cuore dal quale proviene ogni missione educativa.
    Tante volte mi sono trovato a citare i sogni di don Bosco come «cifra» del Mistero che guida chi si avventura nella «sfida educativa». Qualche sogno l’avrei anch’io… Preferisco però concludere con la citazione di un passo del Magistero che ci riporta alla possibilità che a tutti è data di coltivare il sogno che l’Oratorio svela, cioè quello della pienezza di vita per ogni figlio che Dio affida alla Sua Chiesa.
    Ecco allora le parole del Card. Tettamanzi che hanno entusiasmato e commosso chi lo ascoltava nella conclusione della importante Assemblea degli Oratori ambrosiani (già citata più sopra) e che contengono le condizioni per sognare insieme il futuro degli Oratori.

    Una bellissima pagina della Bibbia ci offre una straordinaria suggestione per comprendere in modo sintetico e prospettico come la vita delle giovani generazioni e l’annuncio della parola di Dio racchiudono ed esprimono già il futuro anche dei nostri Oratori.
    Nel capitolo secondo degli Atti degli Apostoli, subito dopo il racconto della prodigiosa effusione dello Spirito sulla folla presente nella piazza di Gerusalemme, si dice che Pietro «parlò a voce alta» per annunciare a tutti, con grande coraggio, il senso di ciò che era appena accaduto: Gesù, il crocifisso, è risorto! Secondo lo stile retorico dei maestri dell’epoca, dopo aver richiamato tutti all’ascolto, Pietro introduce il suo importante discorso con una prova biblica sulla risurrezione, citando il profeta Gioele. Riascoltiamolo:
    «Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole: Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino. Accade invece quello che predisse il profeta Gioele:
    Negli ultimi giorni, dice il Signore,
    Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona;
    i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,
    i vostri giovani avranno visioni
    e i vostri anziani faranno dei sogni.
    E anche sui miei servi e sulle mie serve
    in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi
    profeteranno.
    Farò prodigi in alto nel cielo
    e segni in basso sulla terra.
    (Atti 2,14ss)

    Leggendo questa pagina ho fermato nella mia mente il seguente passaggio: i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni. E siccome questo passo profetico è citato da Pietro dentro la scena stessa della Pentecoste, non posso non collegarlo a uno sguardo che tante volte nella mia vita, da Vescovo, soprattutto prima di essere Arcivescovo di Milano, ho rivolto un po’ segretamente ai ragazzi e alle ragazze della Cresima, appena dopo la celebrazione del sacramento. So bene quante ansie, quante delusioni, quanti timori questi ragazzi di 11, 12 o 13 anni ci danno! Eppure in quei momenti sacramentali – e dunque di grazia – sento che proprio attraverso di loro Dio ci parla e vuole farci sentire tutta la forza, il coraggio e l’entusiasmo che la Pasqua di Gesù morto e risorto ci offre con l’effusione sovrabbondante dello Spirito santo. Sì, proprio i nostri giovani avranno visioni e proprio i nostri figli e le nostre figlie profeteranno!
    Il futuro delle nostre comunità cristiane si gioca seriamente sulla capacità di educare le giovani generazioni. Tutti dunque dobbiamo essere consapevoli che proprio nell’età della Cresima ci sono insieme chances e pericoli formidabili per verificare la «tenuta» educativa dei nostri Oratori.
    Non fermiamoci però alle apparenze, ai numeri, agli atteggiamenti superficiali che pure ci feriscono. Non riduciamo ai nostri registri la imprevedibile e imperscrutabile azione dello Spirito.
    Ritroviamo invece nel dono dello Spirito la fiducia nei confronti di questi ragazzi e di queste ragazze, facciamo sentire loro che «ci crediamo», più di chiunque altro, nella straordinaria alleanza che il Dio di Gesù Cristo morto e risorto stabilisce con loro portandoli, anzi trascinandoli con il dono dello Spirito santo nell’orizzonte stesso di Gesù, lui, il Vivente, che ha già varcato la soglia del futuro, mettendo in fuga le paure che la sbarravano e le tenebre che la avvolgevano. Sono certo che la straordinaria sensibilità degli adolescenti, spesso bloccata da mille condizionamenti e impacciata da troppi tentennamenti, saprà sentire il suono, il sapore e il fascino irresistibile della voce di un Amico che viene dal futuro, infinito e luminoso, che lì si trova, vivo, perché ha dato la sua vita fino in fondo per gli amici. E che pure è ancora e già qui, con noi, sempre!
    Solo la testimonianza di una comunità autenticamente pasquale può sostenere le imprese educative che oggi paiono talvolta disperanti. Nella testimonianza umile e vera della nostra fede i bambini, i ragazzi, gli adolescenti e i giovani, i nostri figli, incontreranno quello sguardo pieno di fiducia verso di loro che solo può suscitare il desiderio di scoprirne la sorgente e di andare allora, insieme, verso il cuore stesso di Dio, verso la fonte dell’amore sconfinato: quell’amore che saprà sempre attrarre e guidare sia chi educa sia chi viene educato, insieme discepoli di un solo Maestro e insieme figli di un unico Padre.
    Ho parlato di «sguardo» della comunità cristiana verso i giovani. Penso che sia questa la «frontiera» più decisiva per l’»Oratorio domani»: in uno sguardo tante cose indicibili a parole passano attraverso gli occhi, lasciando trasparire le realtà più profonde e più belle di una persona. Vorrei che gli Oratori continuassero ad essere gli occhi della parrocchia sui giovani, capaci di svelare il mistero d’amore della Chiesa e capaci di tradurre in tante e minute occasioni, concrete e quotidiane, per lo più nascoste e umili, lo sguardo fiducioso, buono, forte, paziente e gioioso di chi sa che è possibile e bello crescere «in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini».
    Uno sguardo risulta talvolta decisivo anche se è apparentemente normale, come avviene nella storia di molte persone. Così l’Oratorio può e deve continuare a offrire elementi decisivi per la vocazione e per la piena realizzazione di tanti giovani nella misura che gli è propria, quella cioè della ordinarietà, della normalità, della quotidianità. La proposta educativa dell’Oratorio non si impone con effetti speciali o con eventi clamorosi, perché la sua straordinaria grandezza sta nel saper accompagnare in continuità nel quotidiano la vita dei ragazzi e delle famiglie. L’Oratorio è un amico speciale perché è fedele! Lo è anche e soprattutto per chi fa più fatica a crescere, per chi è segnato dalle tensioni e sofferenze che purtroppo non risparmiano i piccoli e per chi rischia di più per la solitudine, la noia e la povertà.
    Una suggestione, per concludere. Mi ricordo un canto che sentivo spesso eseguire dai chierici quando ero professore nel Seminario di Venegono. L’autore è il teologo monsignor Pierangelo Sequeri. Mi sembra che il testo riecheggi bene alcune delle cose che vi ho detto, perché fa riferimento al testo del profeta Gioele che vi ho citato: «Tutti i vostri figli e le vostre figlie io li farò profeti e i ragazzi vedranno cose che non han visto mai, quando il mio Spirito verrà». Ma sono il titolo e il ritornello di questo canto che voglio dedicare agli Oratori e a tutti coloro che ne vivono in generosità la missione:
    Oggi è già domani quando tu ritornerai,
    oggi è già domani quando io ti rivedrò.
    Oggi è già domani se tu sei vicino a me, 
    oggi è già domani se il tuo Spirito è con me.
    Che bello, carissimi, quando un ragazzo o un giovane, magari un po’ scontento di sé e degli altri, magari un po’ insofferente di chi continua a trattarlo come un bamboccio o come una persona qualsiasi, potrà fermarsi un istante per guardare negli occhi qualcuno più grande, che lo accompagna discreto, e potrà dirgli con semplicità, o almeno pensare: «oggi tu sei vicino a me».
    Allora, in quell’Oratorio, è già domani!

     

    INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

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    * Chiosso G., «Don Bosco e l’oratorio (1841-1855)», in M. Midali (Ed.), Don Bosco nella storia. Atti del 1° Congresso Internazionale di Studi su Don Bosco, Università Pontificia Salesiana, Roma, LAS, 1990.
    * CISI, Oratori tra società civile e comunità ecclesiale, Roma, 1987 (con saggi di G. Milanesi, Dante Bernini, J. Vecchi. R. Tonelli, A Martinelli, D. Maggi).
    * L’Oratorio via per educare i giovani al vangelo della carità, Roma 1992 (con saggi di D. Sigalini, E. Viganò, J. Vecchi, L. Van Looy, D. Ricca, C. Bissoli, R. Tonelli. GB. Bosco. D. Maggi).
    * L’Oratorio dei giovani: insieme per essere fedeli alla vocazione giovanile e popolare, Roma 1993 (con saggi di S. Boccaccio, J. Vecchi, GB. Bosco, Luciano Caimi, T. Celenta).
    * COR, ABC Oratorio. Piccola introduzione all’Oratorio C.O.R.
    * Floris F. – M. Delpiano, L’oratorio dei giovani, Leumann, Elledici, 1992.
    * FOM, Progetto oratorio: storia, realtà, profezia, Milano, 1988.
    * Fondazione oratori milanesi, Caritas ambrosiana, Educare solo gratis? Oratorio e nuove progettualità educative per i minori, Bologna, EDB, 2008 (con saggi di M. Sabbadini, M. Zappa, C. Godina, G. Romano, M. Cavallotti).
    * Mercorillo S., È ora…torio!, capire il presente, progettare il futuro, aprirsi all’infinito, Leumann, Torino, 2005.
    * Prellezo J.M., Sistema educativo ed esperienza oratoriana, Leumann, Elledici, 2000.
    * Riva A., La pastorale giovanile nella provincia di Bergamo, Treviolo (BG), Litostampa, 2009.
    * Spezzibottiani M., Non c’è oratorio senza Domenica, Bologna, EDB, 2005.
    * Villata G., Anfossi G., Oratorio: come fare?, Leumann, Elledici, 1988.
    * AA.VV., Voce «Oratorio» (e Centro giovanile) nell’indice (e cd-rom) NPG 30 anni, nel Dizionario di Pastorale Giovanile, Elledici 1989 (J.E. Vecchi) e nel Dizionario di Scienze dell’Educazione, Elledici 1997 e 2008 (G. De Nicolò).
    * Ufficio PG Reggio Emilia-Guastella, Oratorio! Noi ci crediamo, Editrice P. Tito Brandisma, 1993.

     


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