Pastorale Giovanile

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    Un itinerario per «incontrare Gesù Cristo»



    Franco Floris

    (NPG 1977-01-50)


    Diamo un quadro generale della nostra ipotesi di itinerario. Lo abbiamo suddiviso in dieci momenti o tappe, anche se il significato di questi termini può essere ambiguo, in primo luogo perché nel campo della fede non esiste un procedimento logico di tipo matematico ma piuttosto un processo di tipo circolare in cui i diversi temi «ritornano» per una ulteriore comprensione, sia perché le modalità di realizzazione delle singole tappe possono essere diverse. Un momento dell'itinerario può infatti essere vissuto come ricerca di gruppo che dura una settimana o anche di più, un altro come una giornata di ritiro, un terzo come conferenza o tavola rotonda...
    All'interno dell'itinerario è possibile distinguere tre sequenze che caratterizzano un diverso modo di rapportarsi ai problemi.

    Prima sequenza: il gruppo si interroga

    L'obiettivo che si vuol raggiungere con le prime quattro tappe è la messa a fuoco degli interrogativi di fondo della esistenza umana, per intravedervi un appello di significato, l'appello, almeno implicito, ad un trascendente.
    1. I diversi modi con cui viene vissuto oggi l'incontro con Cristo (per rendere problematica l'immagine di Cristo che ognuno ha nel suo bagaglio).
    2. Quali progetti di vita incarnano oggi i giovani (non per un giudizio morale, ma per intravedervi i sintomi di ricerca di senso).
    3. I diversi umanesimi come risposta al senso della vita (valorizzazione e relativizzazione nei confronti della proposta cristiana).
    4. Le domande religiose dell'uomo secolarizzato (L'appello al trascendente insito nelle esperienze umane).

    Seconda sequenza: L'annuncio di Gesù Cristo

    Nella ricerca di significato esistenziale Cristo è una proposta nuova, diversa e ha quindi bisogno di essere «annunciata». Un annuncio tuttavia che non è reale se non quando si fa interpretazione della esperienza umana in genere e giovanile in particolare.
    5. Gesù come proposta di progetto di uomo (la testimonianza della prima comunità cristiana che ci presenta la sua esperienza di Gesù che muore e risorge).
    6. Cristo ci rivela il vero volto di Dio e dell'uomo (il Dio di Gesù Cristo non è la proiezione dei nostri bisogni ma la critica radicale al nostro essere uomini; l'Ecce homo, prototipo di ogni uomo).

    Terza sequenza: chi è il cristiano?

    Una volta accettato che il Cristo possa essere il senso della nostra esperienza di uomini si tratta di entrare nel suo progetto precisandone i diversi aspetti.
    7. Un nuovo modo di essere uomini (il cristiano non fa cose diverse dagli altri, ma vive con un atteggiamento nuovo, con lo stile delle beatitudini).
    8. Il compito gioioso di rivelare e proclamare la presenza del regno di Dio in mezzo a noi (poiché Dio agisce in tutti gli uomini, il cristiano si assume il compito di leggere e proclamare la storia dell'uomo come. storia della salvezza).
    9. L'esperienza di gruppo come esperienza ecclesiale ed il fare chiesa come annuncio della nuova umanità, come dono di Dio (una chiesa che è cosciente della sua identità di «spazio» della libertà di Dio e del suo servizio specifico all'umanità) .
    10. La liturgia come celebrazione della salvezza che si compie nel quotidiano e come momento in cui si proclama la signoria del Cristo (il quotidiano come «centro» della liturgia).

    1. I DIVERSI MODI CON CUI VIENE VISSUTO OGGI L'INCONTRO CON CRISTO

    OBIETTIVO

    La maggior parte dei giovani ha già avuto contatto con gli ambienti ecclesiali e si è fatta una sua idea di Gesù Cristo e di che vuol dire essere cristiani. Per iniziare questo itinerario di educazione ad un più maturo incontro con Cristo è opportuno quindi mettere in crisi l'immagine di Cristo che ognuno si è costruita, facendo toccare con mano che da una parte le scelte cristiane non sono del tutto libere ma sono frutto della esperienza religiosa di altri (o magari della reazione a tale esperienza giudicata superata) e che dall'altra le scelte cristiane in genere sono condizionate da altre scelte a monte, specialmente dal progetto di uomo e di società che ognuno si elabora.

    SVILUPPO

    Anche nel campo della fede è venuta a cadere quella uniformità riscontrabile fino a non molti anni fa. Chi è nel giusto? Qual è, se così si può dire, il Cristo più corretto in circolazione?
    Per arrivare ad un giudizio occorre prima tracciare una mappa dei diversi modi di essere cristiani oggi, nella nostra società. Occorre farlo partendo da un duplice presupposto: è giusto che circolino diverse immagini di Cristo proprio perché Cristo deve incarnarsi nelle diverse culture e sottoculture; c'è il rischio di ritagliarsi un Cristo a proprio uso e consumo.
    Tentiamo un quadro, più indicativo che risolutivo, dei diversi modelli di cristiani allo scopo di avviare il lavoro di gruppo:
    - Modello tradizionale: legato a una religiosità di tipo sacrale, presente in ambienti di cultura pre-urbana o in ambienti, anche giovanili, di ritorno all'intimismo e al devozionalismo, incapaci di recepire fino in fondo il messaggio del concilio e le attese di significato del nostro tempo;
    - Modello «secolarista»: rifacendosi alla secolarizzazione come ideologia, ritrova in Gesù unicamente il prototipo dell'uomo, riducendo l'essere cristiano all'essere uomo;
    - Modello rivoluzionario: accentua il rapporto tra Gesù e le diverse lotte di liberazione e coglie nel fatto della risurrezione la garanzia della riuscita della propria lotta fino a creare un mondo nuovo solo con le mani dell'uomo e rendendo così impossibile la accettazione di una salvezza come dono;
    - Modello misticheggiante: nato dalla stasi della rivoluzione giovanile del '68 rinuncia al cambiamento strutturale della società e vede in Gesù il prototipo della amicizia, del sorriso e della semplicità
    - Modello conciliare: presente in tanti gruppi ecclesiali è conscio che la salvezza è dono ed impegno che si compiono nel quotidiano, ma che non è matura finché non si giunge ai cieli nuovi e alla nuova terra, come comunione della umanità salvata con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
    Evidentemente questa catalogazione è tutt'altro che completa ed esaustiva e, inoltre, nessun modello è mai dato allo stato puro. Facilmente un gruppo giovanile ecclesiale si ritrova in diversi di questi modelli.
    Dai modelli occorre risalire alle scelte a monte che hanno orientato l'impatto con Cristo. Perché, c'è da chiedersi, alcuni sono cristiani del dissenso, mentre altri si definiscono tradizionalisti? Perché, molti giovani rifiutano un modello di cristianesimo presentato da un certo clero? Quali sono i fattori che influenzano, sia nella crescita che nella crisi, la religiosità dei giovani?
    Le scelte a monte sono quelle che, in generale, riguardano il diverso modo di definire l'uomo e la società, ma anche fenomeni più concreti legati alla nostra epoca come la secolarizzazione ed il rifiuto di trovare Dio negli intervalli, la crisi della rivoluzione giovanile e la fuga nel misticismo, il prevalere di una cultura radicale e il ritorno all'integrismo cattolico, la disillusione della trasformazione della società e la rinascita di «comunità» lontane dai problemi reali della nostra società...

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Circa il metodo di lavoro: si può partire dal concreto, dalle informazioni di tipo giornalistico che si possono raccogliere sui diversi gruppi e movimenti cattolici o più semplicemente da un confronto tra gli stessi giovani sui diversi tipi di cristiani che loro credono di incontrare oggi (chi mette in primo piano la messa, chi la lotta di liberazione; chi parla di egoismo e chi di strutture da cambiare; chi si pone il problema dell'uso degli anticoncezionali o dei rapporti prematrimoniali e chi invece dice di non essere legato a tali leggi, chi si confessa con regolarità e chi afferma di aggiustarsi direttamente con Dio...).
    Circa la crisi della religiosità giovanile cf F. GARELLI, I giovani italiani di fronte al fenomeno religioso, in NPG 3 e 5 (1976) e i numerosi articoli comparsi in questi anni sulla rivista Dimensioni, diversi dei quali a cura dello stesso F. Garelli. Materiale di lavoro: le lettere dei giovani alla rivista Dimensioni Nuove; le canzoni di De Andrè, Guccini, Venditti...; i giornali e le informazioni sui vari casi Franzoni, Lefebvre, sui cattolici e l'aborto, i rigurgiti dell'anticoncilio, l'avanzata di CL, i fenomeni di religiosità magica che persistono in certe zone... Quanto ai fenomeni che possono spiegare certi atteggiamenti religiosi del mondo moderno: J. GEVAERT, Esperienza dell'uomo e annuncio cristiano, LDC 1975, pp. 7-30.

    2. QUALI PROGETTI DI VITA INCARNANO I GIOVANI, OGGI

    OBIETTIVO

    Dentro ogni definizione di Cristo, come abbiamo visto, c'è una definizione di uomo ed una visione del mondo che occorre mettere in luce per far capire ai giovani come Cristo tenda ad incarnarsi in ogni situazione umana e come, d'altra parte, la nostra «precomprensione» tenda a condizionare quella immagine di Cristo che si crede, a volte, di possedere allo stato puro.
    Il Rinnovamento della catechesi ci ha del resto ricordato come ogni itinerario di fede debba assumere i problemi dell'uomo, anzi la sfida ad essere uomo che ognuno sente dentro di sé. «L'uomo vuol essere soprattutto oggi uomo. Non un superuomo ma neppure una sottospecie di uomo. Uomo integrale in un mondo più umano possibile» (Küng).
    In vista dunque dell'incontro con Cristo tentiamo una triplice ricerca che, in momenti successivi, permetta di chiarire quali modelli di uomo vivano oggi i giovani, quali umanesimi sono in gioco nelle scelte che giorno per giorno essi compiono, quali attese religiose si possono riscontrare nel loro mondo e all'interno della società in cui vivono. Questa ricerca ci impegna nelle prossime tre tappe.

    SVILUPPO

    Soffermiamoci sulla analisi dei diversi tipi di giovani presenti nella nostra società. Perché questa analisi? Lo scopo è aiutare i giovani a situarsi facendo osservare come le loro scelte tendano di fatto ad integrarsi in un progetto unitario e come il loro progetto sia in rapporto a quello di altri giovani e gruppi sociali.
    Il metodo di lavoro da preferire sembra quello induttivo: i giovani devono essere aiutati ad analizzare la loro vita di ogni giorno, quella dei loro amici e compagni di scuola, per distinguere nella giungla dei diversi comportamenti alcuni «modelli» di giovane da definire nel loro diverso approccio alla vita, alla società, ai problemi personali e collettivi.
    Per fare una simile ricerca è importante che non si assuma come principio di analisi la moralità o meno dei comportamenti (giusto o non giusto; appropriato o meno) ma soltanto la descrizione dei comportamenti. La ricerca poi, perché dia risultati attendibili e non sia una inutile raccolta di dati, deve essere condotta tenendo presenti alcuni parametri che permettono di discriminare in modo uniforme i diversi comportamenti. Ne citiamo alcuni: la posizione del giovane di fronte al sistema sociale attuale, la concezione che il giovane ha degli altri, l'esistenza o meno di un progetto che unifica le scelte, l'ambito che privilegia nella sua realizzazione (il privato o il sociale; il quotidiano o il tempo libero)... I risultati ai quali approderà la ricerca dei giovani non saranno, è evidente, del tutto nuovi. L'obiettivo della ricerca non è del resto tanto la completezza della analisi quanto lo sforzo di situarsi e di giudicare che il giovane compie, sforzo che, condotto con criticità, porta non solo a pura descrzione di modelli ma anche, in certi casi, alla decisione di ristrutturare le proprie scelte di vita. E questo può risultare determinante nel momento in cui parlando di Gesù lo presenteremo non come colui che ci fa «decidere» ma come colui che dà consistenza di salvezza alle nostre scelte umane mature.
    Tentiamo un quadro approssimativo dei diversi modelli di giovani, tenendo conto tuttavia della astrattezza dei modelli e quindi della difficoltà di inquadrare il singolo in un determinato modello:
    - Il tipo integrato: è colui che è cosciente di quanto la società gli offre e del sistema di vita che gli propone, lo accetta sentendosi realizzato in una società come quella attuale, senza sentire il bisogno di cambiare le strutture. A lui stanno abbastanza bene le cose come vanno oggi. Il futuro è da costruire seguendo le linee di fondo già presenti nella nostra società. A questo tipo naturalmente è riconducibile un numero limitato di giovani. Molti tuttavia ne condividono alcuni aspetti: consumismo, perbenismo borghese, incapacità di atteggiamento critico verso i modelli di vita proposti dalla società capitalista...
    - Il tipo medio: è colui che aveva o ha attualmente dei grossi ideali, ma si è accorto di dover fare i conti, per realizzarli, con delle forze più grandi di lui, che ben poco spazio lasciano alla scelta e alla decisione personale; le possibilità di realizzarsi vengono di fatto frustrate, L'inserimento nel mondo del lavoro non risponde alle attese e qualità effettive, la dipendenza da strutture incontrollabili emerge continuamente... Il tipo medio è un modello che raccoglie giovani e gruppi giovanili molto disparati per impegno, responsabilità sociale, attaccamento ai propri ideali. Ciò che li riunisce è il fatto che essi non hanno rinunciato del tutto ai loro ideali ma li hanno ridimensionati e hanno ridimensionato soprattutto l'ambito in cui realizzarli. Viene privilegiato in genere il piccolo gruppo, anche se non viene a cadere del tutto l'interesse per i problemi sociali e per la trasformazione della società. A questo modello appartiene la gran maggioranza dei giovani.
    - Il tipo alternativo: è dato da quanti non hanno rinunciato a trasformare la società ed è composto sia da quanti credono di dover agire con metodi moderati di taglio riformistico sia da quanti optano per metodi radicali. Per molti giovani è un modello di passaggio prima di assestarsi nel modello di tipo medio. Per altri, una minoranza, diventa una scelta definitiva.

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Un metodo di lavoro stimolante è, in questo caso, quello della ricerca in gruppo di come di fatto vivono i membri del gruppo o i giovani che essi conoscono. Per avviare il lavoro si possono offrire delle stimolazioni mediante materiale preso da riviste, giornali, saggi e studi sul mondo giovanile per quel che riguarda l'amore e la vita affettiva dei giovani, la crisi della rivoluzione, la scarsità dei posti di lavoro, la scuola inefficiente... Può essere interessante anche raccogliere le informazioni e i diversi commenti dei giornali dei «casi» in cui sono implicati i giovani, come il delitto del Circeo, il delitto Pasolini...
    Altra pista di lavoro: raccolta di interviste a giovani su domande come: che senso ha per te la vita, che ne pensi dei giovani d'oggi e della società in genere... Ancora: un confronto tra il modo di intendere la vita da parte di appartenenti a gruppi extraparlamentari e altri giovani...; la raccolta di testimonianze su fatti sintomatici come il festival di Parco Lambro, quello di Rimini...
    Per una riflessione più approfondita sul mondo giovanile: R. SCARPATI (a cura di), La condizione giovanile in Italia, Franco Angeli editore, Milano 1973; C. TULLIO ALTAN, I valori difficili. Inchiesta sulle tendenze ideologiche e politiche dei giovani in Italia, Bompiani 1974.

    3. CRISTIANI ALLA SVENDITA? LA SFIDA DEGLI UMANESIMI

    OBIETTIVO

    In questa tappa proponiamo come ricerca di gruppo di tracciare una specie di mappa dei diversi umanesimi oggi circolanti.
    Giustifichiamo la proposta.
    A prima vista la risposta che ognuno dà alla scommessa di diventare uomo è del tutto personale. In molti casi lo è, in tanti altri meno. In effetti, tuttavia, in entrambi i casi per essere compresa la risposta personale ha bisogno di essere letta sullo sfondo di risposte che vanno al di là dell'ambito della persona e che assumono il nome di «umanesimi» perché abbozzano, in ogni caso, una risposta a chi sia l'uomo.
    Una ricerca sugli umanesimi allora ci interessa a due livelli: anzitutto perché ci permette di aiutare i giovani a situare da un punto di vista storico e culturale la loro risposta al senso della vita; e poi perché gli umanesimi moderni sembrano in certi casi presentarsi come delle autentiche «religioni laiche», che emarginano la religiosità in senso specifico e tentano una risposta ai problemi esistenziali in un ambito del tutto infrastorico. Basta pensare a certi modi di proporre i risultati della scienza e della tecnica come risposta ultima a certi problemi esistenziali o ad un certo modo di presentare la lotta di classe come movimento di liberazione totale dell'uomo o, ancora, alla soluzione definitiva ai problemi dell'uomo che crede di aver trovato una certa psicoanalisi.
    L'obiettivo di questa ricerca è allora triplice:
    - Aiutare i giovani a leggere in profondità la loro esperienza per verificare da dove, oggi come oggi, attendano una risposta al senso della loro vita, attendano una «salvezza».
    - Aiutarli ad assumere un atteggiamento critico verso il tipo di salvezza da cui oggi sono dipendenti (un processo che è allo stesso tempo relativizzazione e valorizzazione degli umanesimi).
    - Presentare il mondo religioso non in concorrenza con i diversi umanesimi (che hanno un ambito preciso di ricerca sui problemi dell'uomo), ma come ricerca in una dimensione diversa, che per la sua profondità può situarsi criticamente davanti a certe soluzioni degli umanesimi moderni.

    SVILUPPO

    Hans Küng, nel suo ultimo libro Essere cristiani crede di poter dire che la religione ha, a volte, accettato in modo errato la sfida che gli umanesimi le gettavano, col rischio di svendere la sua identità, mettendosi in concorrenza con l'uomo nella ricerca di soluzioni ai diversi problemi, nel momento in cui l'uomo prendeva coscienza che nella soluzione dei suoi problemi poteva procedere con la sua ragione, senza bisogno alcuno di Dio. Un certo progressismo della chiesa, che alcuni erroneamente attribuiscono al concilio, sarebbe stato deleterio e distruttivo della identità del cristianesimo.
    La soluzione, secondo lo stesso Küng sta nel capovolgere i termini della sfida: non inseguire i diversi umanesimi nel loro campo di ricerca e di azione, ma costringere gli umanesimi ad affrontare quegli interrogativi dell'uomo che sono eminentemente «religiosi».
    Da questo confronto emergono due ordini di considerazioni: anzitutto la pretesa degli umanesimi di rispondere a tutti gli interrogativi, diventando sistema di significato e poi il fatto che negli umanesimi le domande di fondo sul senso della vita non trovano una risposta sufficientemente critica.
    Quali sono questi umanesimi? Ne tentiamo un breve elenco e rimandiamo a delle pagine significative del libro di Küng e ad un libro di J. Moltmann, Uomo, che compie appunto una lettura critica degli umanesimi moderni: umanesimo della scienza e della tecnica legato al neopositivismo, e più in generale umanesimo occidentale come umanesimo dell'homo faber, umanesimo della politica e della lotta di classe che insegue la utopia dell'uomo totale in orizzonte infrastorico; umanesimo della felicità sessuale e della droga, del potere e del consumismo; umanesimo del superuomo...

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Anzitutto il libro già citato di J. MOLTMANN, Uomo (Queriniana 1973) in cui l'autore affronta le diverse risposte che si danno oggi all'interrogativo «che cosa è l'uomo?», per evidenziare le matrici ideologiche dei diversi progetti di uomo a cui sono riconducibili molti dei fenomeni culturali, sociali e religiosi del nostro tempo.
    La sua critica è rivolta contro le assolutizzazioni che affermano che l'uomo è capace di realizzarsi pienamente da solo, è capace, in altre parole, di «salvarsi» da solo ed oppone come concezione cristiana dell'uomo l'Ecce homo, il Cristo crocifisso.
    Ancora di J. MOLTMANN citiamo la seconda parte (da p. 70) dei suoi saggi sulla gioia della libertà cristiana in Sul gioco (Queriniana 1971).
    Di H. KÜNG abbiamo già citato Essere cristiani (Mondadori 1976), specialmente pp. 13-48 e le pagine conclusive.
    Più in generale su questo argomento si può vedere il libro già citato di J. GEVAERT, Esperienza umana e annuncio cristiano, specialmente le pp. 12-15.
    Circa la critica all'umanesimo marxista, a quello scientista e a quello borghese, molto stimolanti sono i libri di R. GARAUDY, L'alternativa: cambiare il mondo e la vita (Cittadella 219-72), Parola di uomo (Cittadella 1975) e anche Progetto speranza (Cittadella 1976).

    4. LE DOMANDE RELIGIOSE DELL'UOMO

    OBIETTIVO

    La motivazione di questa tappa è da cercare nelle difficoltà di «raccordo» di molti giovani tra annuncio di Cristo ed esperienza personale, o, in altre parole, tra la esperienza di uomo e la esperienza di Dio nell'essere uomo.
    Entro certi limiti distinguiamo dunque tra esperienza umana come luogo dell'incontro con Dio (Mt 25 e Gv 13) ed esperienza religiosa in senso specifico. Siamo sempre nel campo del quotidiano, dell'umano, ed affermiamo che la esperienza umana è esperienza di Dio. Ma vogliamo anche affermare che è possibile cogliere in modo vitale l'unità dei due poli solo attraverso la mediazione della esperienza religiosa che altro non fa che riprendere il vissuto e tematizzarlo nella sua apertura al trascendente.
    Ma in che consiste la «religiosità»? Quali sono gli atteggiamenti e i tratti umani che caratterizzano un «uomo religioso»? In quali momenti ci si coglie religiosi? Che cosa distingue la cosiddetta religiosità tradizionale da quella «secolare»?

    SVILUPPO

    Partiamo da una definizione di esperienza religiosa come ci viene data dalla psicologia della religione: «una percezione immediata, intuitiva, a carattere prevalentemente emotivo ed affettivo, della esistenza di un radicalmente-Altro, come spiegazione unica e soluzione degli interrogativi esistenziali» (Aletti). Questa esperienza religiosa, in sé ambigua, bisognosa di critica perché può funzionalizzare l'immagine di Dio ai bisogni dell'uomo, secondo gli stessi studiosi è legata, nella sua fase iniziale, prima cioè che pervada tutti gli atteggiamenti della persona, a delle «esperienze privilegiate».
    J. Gevaert, in Esperienza umana e annuncio cristiano si sofferma a lungo su queste esperienze. In un primo tempo presenta il pensiero di diversi studiosi e poi offre degli spunti personali. Incominciamo dal pensiero di alcuni studiosi.
    «Ci sono - osserva A. Dondeyne - nell'uomo determinati tratti o dimensioni essenziali che indicano che noi non abbiamo da noi stessi "il vivere, il muovere e l'essere" (At 17,28): che cioè il fondamento ultimo di ciò che costituisce l'uomo come uomo, ossia la sua autonomia, la sua inesauribile creatività, la sua illimitata apertura di fronte al vero, al buono e al bello, non deve essere cercato nell'uomo finito, né nel suo mondo vitale, né nella materia primigenia che si evolve e dalla quale sono formati l'uomo e il mondo».
    Tale fondamento è invece possibile ricercarlo in un'altra dimensione, quella del rapporto col trascendente, di cui l'uomo non riesce a provare l'esistenza (e che, tanto per intenderci, non è lo scopo di questa ricerca) ma di cui ha «esperienza» in certi momenti della sua vita. Si parla così di esperienze «privilegiate» del trascendente. Esperienze come la responsabilità etica con la sua esigenza incondizionata, il mistero della verità e della parola, la creatività inesauribile dell'uomo, il contrasto tra la grandezza della vita e la mostruosità della morte, il gioco, l'umorismo, la festa, la gratitudine, l'impegno di liberazione, l'insoddisfazione fondamentale con qualsiasi situazione data, la incompiutezza di ogni compimento umano...
    Queste esperienze, nel loro insieme, sono alla base della religiosità umana e permettono, se vissute criticamente, di cogliere il rapporto con l'invisibile che si vive giorno per giorno, anche in momenti che a prima vista sembrano alieni da tale rapporto. Attraverso esperienze come queste poi l'uomo è in grado di sapere che cosa si intende quando si parla di Dio e di «incontro» con Dio. E quindi anche in grado di recepire l'annuncio cristiano.
    In relazione all'itinerario di fede occorre dire che questa religiosità è «naturale», fa parte cioè del bagaglio di ogni uomo, ma è anche frutto di educazione, oggi soprattutto che sono tramontate alcune esperienze di religiosità legate alla cultura sacrale (il rifiuto del Dio tappabuchi, per esempio) e che è difficile vivere a quei livelli di profondità umana in cui tali esperienze diventano più evidenti. Secondo Rahner è oggi molto importante una specie di mistagogia: aiuto, assistenza, illuminazione dell'uomo perché possa riconoscere esplicitamente il suo rapporto con l'assoluto, nel quale è già presente e con il quale è confrontato in forza della sua stessa esistenza.
    In questa azione educativa in cui esistono non formule e che deve invece affidarsi alla imprevedibilità di tanti eventi è tuttavia sempre determinante la esperienza religiosa dell'animatore del gruppo e di alcuni membri più sensibili dello stesso gruppo, il coraggio di confrontarsi con modelli viventi di religiosità (non è forse questo uno dei motivi che spingono i giovani a Taizé o Spello?), la pazienza di decifrare la esperienza religiosa di personaggi del mondo antico e moderno come Sant'Agostino e Gandhi, Tagore e Helder Camara, Papa Giovanni e certi poeti e scrittori moderni.

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Alcune di fatto le abbiamo già accennate. Proseguiamo. Pensiamo che sia possibile lavorare nelle seguenti direzioni:
    - la ricerca di gruppo su cosa significhi per ognuno essere religioso, la verifica critica di certe esperienze in cui qualcuno si è sentito più vicino a Dio, il tentativo di delineare i tratti della religiosità del passato e della religiosità di cui loro si sentono interpreti oggi;
    - la riflessione in gruppo sulla esperienza religiosa di altri giovani (la rivista DIMENSIONI NUOVE riporta lettere molto significative) o della religiosità che si apprende a vivere nei cosiddetti santuari della spiritualità giovanile;
    - la ricerca sul perché molti non sembrano dare un senso religioso allo loro vita (condizionamenti, risposte religiose di fatto ma non percepite soggettivamente come tali, il non sapere cosa sia in pratica la morte o la sofferenza...); - l'analisi di qualcuna delle esperienze privilegiate di cui si parlava sopra. Come pista di riflessione su questi temi indicazioni basilari vengono offerte nel libro di Gevaert nel capitolo terzo Sensibilizzare alla dimensione del trascendente, pp. 74109. Cfr. anche le pp. 51-70.
    Interessanti anche alcune pagine di J. IMBACH, Senso della vita e problema di Dio (Cittadella 1976), pp. 56-67.
    Per un approfondimento cfr. il dossier nel numero di febbraio 1977: «Fare esperienza di...».

    5. UN UOMO CHIAMATO GESÙ

    OBIETTIVO

    Tra esigenza di trovare «significato» al proprio esserci a questo mondo rifacendosi ad un trascendente, e religione «cristiana» c'è continuità ma soprattutto discontinuità, perché Cristo è, per così dire, una risposta imprevista alle nostre domande. Questo è il motivo per cui è necessario un «annuncio» che ci faccia incontrare con lui, un annuncio che non è da ricercare tanto su dei libri o su documenti storici, quanto nella testimonianza di quanti sono stati con lui, per anni lo hanno seguito per le strade della Palestina e lo hanno visto soffrire e morire su una croce, e soprattutto lo hanno sperimentato come il Vivente dopo la sua morte. L'annuncio di Pietro che nel giorno della Pentecoste proclama: «Sappia con certezza tutta la casa di Israele: questo Gesù che voi avete crocifisso, Dio lo ha fatto Signore e Cristo» (At 2,36). Per divenire cristiani occorre aver ricevuto questo annuncio e averlo accettato perché significativo per gli interrogativi esistenziali che ogni uomo si porta dentro.
    Il primo impatto con Cristo rimane dunque segnato da un duplice criterio: non si incontra Gesù Cristo come si può incontrare un altro personaggio della storia; non si incontra Gesù Cristo se non quando chi lo annuncia ne proclama il significato esistenziale.

    SVILUPPO

    Riprendiamo i momenti più rilevanti delle tappe precedenti per sottolineare in quali direzioni è possibile cogliere la significatività del personaggio Cristo. L'annuncio dovrà essere significativo
    - per l'avventura d'uomo a cui personalmente e come gruppo ci si sente chiamati;
    - per le esperienze umane concrete e contingenti che si vivono giorno per giorno e per il progetto di liberazione dell'uomo per cui si sta combattendo a fianco di chi è oppresso;
    - per i diversi umanesimi attraverso cui l'uomo esprime la sua visione della realtà e la sua ricerca di senso;
    - per la «religiosità» di tipo secolare che i giovani incarnano e che li rende gelosi della loro autonomia e consci che Dio ha messo il mondo nelle mani dell'uomo.
    Nel rispondere a queste esigenze la strada da privilegiare è quella, come già si è detto, che parte dal fascino che esercita il personaggio storico di Gesù per affrontare successivamente il problema della identità di questo uomo così simile e così diverso da ogni altro uomo conosciuto.
    In questa prospettiva pensiamo che la cristologia elaborata dalla teologia della liberazione possa offrire degli spunti vicini alla sensibilità dei giovani d'oggi come si può rilevare, per esempio, da una lettura delle sintesi cristologiche di L. Boff e Ch. Duquoc.
    Tentando una lettura d'insieme, pensiamo che nell'annuncio si debbano ritrovare questi nuclei:
    - Il fascino dell'uomo Gesù: le sue parole e i suoi gesti, il suo comportamento e i suoi atteggiamenti lo pongono in contraddizione con ciò che è il modo normale di vedere, giudicare e agire degli uomini del suo tempo, dai sacerdoti ai farisei, dal potere politico a quello religioso, e lo rendono personaggio misterioso e affascinante che continuamente pone l'interrogativo della sua identità.
    - L'uomo Gesù in tutti i suoi gesti dimostra di schierarsi dalla parte dei poveri, degli oppressi, dei peccatori per affermare la loro dignità umana al di là di quello che fanno e proclama che Dio sta dalla parte dei poveri e degli oppressi.
    - In questa sua lotta per la dignità dell'uomo e per una immagine di Dio diversa da quella della religione ufficiale viene condannato e muore su una croce. - Alcuni dei suoi amici testimoniano di averlo visto dopo la sua morte e di averlo sperimentato come il Vivente e spiegano la sua «risurrezione» come segno di Dio che approva il comportamento dell'uomo Gesù e afferma quindi che l'unico modo per realizzarsi come uomo è quello di ripercorrere il cammino di Gesù. - Gli stessi amici di Gesù affermano che con la sua risurrezione è iniziata una nuova fase della storia, quella definitiva, in cui l'uomo viene perdonato da Dio e può, a partire dalla esperienza di morte e risurrezione di Gesù, costruire un mondo nuovo.

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Per una riflessione su una cristologia incarnata nei problemi del mondo d'oggi segnaliamo di nuovo L. BOFF, Gesù Cristo liberatore (Cittadella 1973) e CH. DUQUOC, Gesù uomo libero (Queriniana 1974).
    Come spunti per la ricerca in gruppo: P. IMBERDIS, Quest'uomo Gesù (Ed. Dehoniane 1974); AA.VV., Quel Gesù (Cittadella 1973), specialmente la Provocazione iniziale; VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù (SEI 1976).
    Crediamo importante che i giovani avvicinino il personaggio Gesù anche attraverso una lettura personale. Citiamo alcuni libri. Per i più maturi il libro, citato sopra, di Duquoc o anche CH. DODD, Il fondatore del cristianesimo (LDC 1976). Per gli altri i volumetti della collana Le coordinate della LDC, di tipo più descrittivo.
    Non sarebbe serio inoltre se nel fare un itinerario di fede non si avvicinasse con una lettura critica almeno un vangelo. Tra i commenti più moderni e accessibili: M. GALIZZI, Un uomo che sa scegliere. Vangelo secondo Marco. Vol. I (LDC 1975) e ID., Voi l'avete ucciso. Vangelo secondo Marco. Vol. II (LDC 1976). La lettura di questo commento sarà molto utile anche per la riflessione nelle tappe successive.

    6. IL VOLTO DI DIO E IL VOLTO DELL'UOMO

    OBIETTIVO

    È relativamente facile rendere affascinante il personaggio Gesù che lotta a fianco degli oppressi per la dignità di ogni uomo. Più complicato è far avvicinare i giovani al mistero di Dio in genere e di Dio Padre in particolare. La stessa parola «Dio» è, in un certo senso, in crisi. È in atto tutta una purificazione della immagine di Dio perché troppo spesso Dio è diventato l'immagine dei nostri desideri insoluti. «Tra tutte le parole umane, scrive Martin Buber, Dio è quella più carica. Nessun altra è stata così impasticciata, così stracciata». «Penso che dovremo lasciare un po' in pace Dio, e anche la parola Dio» aggiunge lo scrittore Heinrich Böll.
    I giovani sentono da vicino questo problema anche per il fatto che stanno uscendo dalla fanciullezza, periodo in cui l'immagine di Dio è per forza di cose legata ad un certo magismo e antropomorfismo, e si trovano dunque davanti al compito di ricostruirsi una immagine di Dio che rispetti quella coscienza di sé e delle proprie capacità che ora stanno maturando.
    Occorre dunque fermarci per chiederci quale sia l'immagine di Dio che la nostra cultura rifiuta e che il giovane sente di dover rifiutare e, in un secondo momento, chiederci quale sia l'immagine di Dio che Cristo ci propone. Nel fare questo crediamo però che non sia possibile fare solo un discorso su Dio; è necessario invece che l'identità di Dio venga delineata parallela alla identità dell'uomo. Non parliamo di Dio, ma di Dio e dell'uomo.

    SVILUPPO

    Quali sono dunque le immagini di Dio che la cultura secolarizzata rifiuta? L'uomo d'oggi, in genere, sente disagio di fronte a:
    - un Dio tappabuchi, che viene a colmare le nostre deficienze, a supplire allo sforzo dell'uomo;
    - un Dio custode o carabiniere, un Dio cioè impegnato soprattutto sul campo morale, fonte di moralità e pronto a castigare chi non rispetta leggi e comportamenti morali;
    - un Dio rifugio, il Dio degli sfortunati, uno che ci accoglie e ci aiuta a sopportare la sofferenza che ci tocca in questo mondo, un Dio «oppio dei popoli», perché fonte di rassegnazione di fronte ai problemi della storia;
    - un Dio comprabile, che vuol essere pregato per mettere a nostra disposizione il suo potere, la sua forza; un Dio che può essere schierato dalla nostra parte, nel nostro esercito, nel nostro partito...
    Accanto a queste immagini ne circolano altre: il Dio dell'illuminismo, creatore del mondo ma per niente interessato alle sue vicende, un Dio lontano dalla storia; un Dio permissivo, che non se la prende, qualunque cosa facciamo... In questo contesto di crisi della immagine di Dio e di ricerca di un nuovo «volto» di Dio, il Padre che Gesù ci ha annunciato si inserisce come critica delle false rappresentazioni e come risposta alla nostra sensibilità e attesa. Ciò richiede tuttavia l'impegno di riscoprire il volto di Dio Padre separando l'annuncio di Gesù dagli elementi culturali di tipo sacrale in cui è stato a volte espresso.
    Questa ricerca poi non può essere condotta in astratto, ma sul piano molto concreto del rapporto che esiste tra Dio e l'uomo: non dunque una ricerca su chi sia Dio in sé ma, ancora una volta, chi sia Dio per l'uomo, davanti a lui e ai suoi problemi di uomo.
    Allora possiamo anche spostare i termini del discorso e tentare di delineare l'immagine di Dio, delineando chi sia l'uomo davanti al Dio di Gesù Cristo e cosa comporti per la identità dell'uomo il fatto di essere in relazione con tale Dio. Alcuni aspetti di questa identità di Dio e dell'uomo:
    - l'uomo è un insieme di miseria e di grandezza, di peccato e di amore, degno contemporaneamente di fiducia e di sfiducia;
    - l'uomo viene accettato da Dio così come è; accettato per quello che è e non per quello che fa; il perdono gratuito di Dio «libera» l'uomo e gli dà spazio per realizzarsi come uomo;
    - l'uomo liberato viene invitato a giocare tutto nell'ambito della sua umanità, liberando se stesso nel liberare gli altri;
    - l'uomo in quanto liberato può assaporare la gioia, la festa, ma sa anche che l'unica logica di autorealizzazione che gli è possibile è quella della croce;
    - L'uomo si trova realizzato quando la sua lotta per gli altri diventa l'unica strada che lo conduce allo stare con gli altri, momento supremo della sua umanità.

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Potrebbe essere interessante per realizzare questa tappa percorrere una strada diversa da quelle precedenti tentando di realizzarla come momento di interiorizzazione, momento cioè in cui la ricerca viene fatta in un clima di deserto, di riflessione personale, di preghiera, di confronto su alcuni testi biblici, testi magari che riassumono la storia della salvezza come storia di un Dio innamorato dell'uomo, oppure testi di un vangelo (magari quello di Marco) che mettano in risalto la novità della immagine di Dio presentata da Cristo.
    Materiale per la riflessione su questo tema può essere trovato nel libro di J. ARIAS, Il Dio in cui non credo, Cittadella 1976, nel libro di Imbach già citato Senso della vita e problema di Dio, nel volume Essere cristiani di Küng che riprende queste prospettive in più luoghi, nel libro di Gevaert, Esperienza umana ed annuncio cristiano, specialmente alle pp. 1622.
    Circa l'identità dell'uomo che emerge nel suo essere davanti a Dio insieme a Cristo Gesù si possono vedere le pagine di Uomo di Moltmann dedicate all'Ecce homo, pp. 36-44, e ai nuovi rapporti tra Dio e l'uomo «salvato», pp. 175-193. Interessanti anche alcune pagine di Duquoc in cui Cristo è presentato proprio come colui che ci libera dalle false immagini di Dio (pp. 134-137).

    7. UN MODO NUOVO DI ESSERE UOMO

    OBIETTIVO

    Il concreto modo di vivere in cui siamo immersi ci porta ogni giorno a doverci porre domande sulla identità cristiana, su ciò che caratterizza il cristiano rispetto agli altri uomini. Domande che si fanno più stringenti nel momento in cui nel mondo del lavoro, della scuola o, semplicemente, delle proprie conoscenze ci troviamo a fianco di non cristiani «impegnati», «buoni» e riusciamo a dirci che in loro si sta operando la salvezza di Gesù Cristo. Rimane infatti, a questo punto, scoperta una domanda: se in ogni uomo opera la salvezza di Gesù Cristo, perché essere cristiani? Qual è lo «specifico» del cristiano?
    Nelle tappe precedenti abbiamo messo a fuoco soprattutto l'identità di Cristo e del Padre. Ora tentiamo di mettere a fuoco quella del cristiano. Un compito che non verrà esaurito in questa tappa ma che invece è l'obiettivo delle tappe che ancora restano da percorrere. Per ora cercheremo di precisare la identità del cristiano come un modo nuovo di essere uomo.

    SVILUPPO

    Riprendiamo una pagina di Küng, questa volta la conclusione della sua ricerca, dove appunto alla domanda «perché si deve essere cristiani» risponde «per essere veramente uomini» e commenta:
    «Non si può essere cristiani rinunciando in qualche misura ad essere uomini. E viceversa: Non si può essere uomini rinunciando in qualche misura ad essere cristiani. Non è concepibile un essere cristiano accanto o sopra o sotto l'essere uomini: il cristiano non deve essere un uomo scisso.
    La dimensione cristiana non è quindi né una sovrastruttura né un'infrastruttura di quella umana, bensì un superamento, nel senso migliore della parola - affermando, negando e superando - , della dimensione umana. L'essere cristiani rappresenta un «superamento» degli altri umanesimi: i quali vengono affermati nella misura in cui affermano la piena dimensione umana; negati nella misura in cui negano la dimensione cristiana, il Cristo stesso; superati nel senso che l'essere cristiani riesce a comprendere totalmente in sé ciò che è umano fin troppo umano anche nella sua estrema negatività».
    In fondo, spiega Küng, può essere abbastanza facile affermare ciò che nell'uomo è bello, buono, positivo... Ciò che è complicato integrare è ciò che non è né bello, né buono, né positivo. Ora il cristiano alla luce della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, pur non riuscendo a spiegarsi il perché del male, riesce ad intravedere uno sbocco positivo al male, alla sofferenza, alla oppressione che oggi regna nel mondo.
    Da questa integrazione di tutto l'uomo nel mistero pasquale nasce un modo nuovo di essere uomo, un modo nuovo di affrontare la vita, fatto non tanto di comportamenti diversi (il cristiano fa le cose che gli altri fanno) o di soluzioni tecniche nuove per i problemi dell'uomo (il cristiano in questo ricorre alla ragione come ogni altro uomo) quanto di una «consapevolezza» nuova e uno stile nuovo davanti ai problemi della vita, lo stile delle beatitudini, della logica della croce.
    Quali sono questi «atteggiamenti» tipici del cristiano? Questa è in fondo la ricerca che giustifica questa dell'itinerario. Una ricerca che è possibile fare sia con la bibbia in mano, sia riflettendo su modelli concreti di cristiani per cogliere quale fosse il loro stile di vita (Papa Giovanni, Roger Schutz, Helder Camara, Madre Teresa...), sia attraverso una serie di testi che affrontano direttamente questa domanda. Tentiamo ora un quadro di questi atteggiamenti. Più avanti daremo alcune indicazioni bibliografiche per una ulteriore riflessione.
    Nel fare questo elenco intendiamo offrire solo degli spunti, senza che tra i diversi punti ci sia un ordine logico stretto:
    - il cristiano sa di essere accettato da Dio e perciò si accetta nella sua miseria e nella sua grandezza: nel prendere coscienza di questo prova gioia, pace interiore, consapevolezza di essere «liberato»;
    - il cristiano fa continuamente esperienza di perdono gratuito da parte di Dio e sente di essere abilitato così a diventare uomo del perdono, della riconciliazione tra gli uomini;
    - il cristiano sa che la Pasqua si sta compiendo nella storia ed è perciò uomo di speranza, fiducia negli altri, ottimismo non ingenuo;
    - il cristiano sa che Cristo è la sua salvezza: rifiuta perciò ogni altro idolo; rifiuta ogni ideologia che afferma che l'uomo è capace di costruirsi la salvezza con le sue sole mani;
    - il cristiano si schiera dalla parte dei poveri e lotta a loro fianco perché è l'unico modo per testimoniare loro il regno di Dio e per farli partecipare fin da oggi a tale regno;
    - il cristiano sa che il regno di Dio implica una logica di morte: ha perciò un sano senso di realismo e di sacrificio; sa che quando è sconfitto per la causa dell'uomo vince in Cristo che ha sconfitto la morte;
    - il cristiano vive in una dialettica di lotta e contemplazione: lotta che manifesta l'amore di Dio per l'uomo, contemplazione che proclama la centralità di Dio nella sua storia e in quella di ogni uomo.

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Indichiamo tre possibili piste di ricerca e interiorizzazione:
    - Ricerca di modelli concreti di cristiani per scorgere nel loro modo di vivere lo «stile» di vita del cristiano: la gioia e l'ottimismo di Papa Giovanni, la festa e la contemplazione di Roger Schutz, l'amore per i poveri di Follereau, la lotta per i poveri di Helder Camara e Camillo Torres, l'atteggiamento critico verso la società borghese di Don Milani... Lo stesso lavoro è possibile, ed è interessante se è parallelo, intervistando giovani «impegnati», che magari hanno speso anni della loro vita nel terzo mondo, che sono attivi nelle lotte operaie, che condividono il loro tempo con i drogati...
    - Ricerca biblica sugli atteggiamenti tipici del cristiano: i testi delle beatitudini, le parabole sulla fiducia in Dio, L'invito alla radicalità della conversione...
    - Terza pista: riflessione su alcuni testi di autori moderni.
    In genere tutti i libri che stiamo citando contengono spunti interessanti sulla povertà, la gioia, l'obbedienza al Padre, la speranza, la conversione permanente, la accettazione di sé e degli altri, il perdono...
    Segnaliamo anche A. BRIEN, Credere per vivere (LDC 1973) dove il punto di riferimento è il credere visto come sperare, sapere di essere conosciuti, amare, accettare i fratelli, impegnare la propria persona, diventare liberi.

    8. DARE RAGIONE DELLA SPERANZA CHE ANIMA LA STORIA

    OBIETTIVO

    Dire che il cristiano è un uomo «nuovo» può sembrare narcisistico se subito non si afferma il motivo per cui gli è stato concesso di essere tale.
    In realtà non è possibile definire l'identità del cristiano se non facendo riferimento a tutti gli altri uomini e al servizio che i cristiani, una minoranza, hanno il compito di rendere all'umanità intera.
    Colleghiamoci a quanto detto nella tappa precedente: il cristiano, dicevamo, fa le stesse cose degli altri e si realizza come cristiano proprio facendo tali cose. Perché? Fa le stesse cose degli altri perché sa che la salvezza è dentro queste realtà umane. La salvezza non appartiene solo all'altro mondo, come si dice, ma è già tra di noi e noi ne facciamo esperienza nel nostro essere uomini. Si realizza come cristiano nel fare tutto questo perché testimonia al mondo la concretezza storica della salvezza che Cristo ci ha annunciato come dono del Padre. Si realizza dunque nella direzione in cui si è realizzato l'uomo Gesù che ha proclamato a tutti la buona notizia dell'amore del Padre operante nel mondo.
    L'obiettivo che ci proponiamo è dunque di chiarire come essere cristiani sia situarsi al centro della storia per rivelarne il senso.

    SVILUPPO

    La comprensione dello specifico del cristiano quale annunciatore del regno richiede un cammino educativo tutt'altro che facile. Suggeriamo tre piste di lavoro. La prima pista riprende lo studio del personaggio Gesù per coglierne un aspetto specifico, quello di messaggero del regno che viene: Gesù nella sua predicazione, in fondo non annuncia se stesso, ma «il regno di Dio». Egli retrocede, per così dire, di fronte alla causa che sostiene e si dichiara a servizio di questo regno che il Padre costruisce fin da questo mondo. «La causa di Gesù è la causa di Dio in questo mondo».
    La seconda pista vuole immedesimare il gruppo nella funzione tipica di Gesù, vuole cioè impegnare in una analisi dell'oggi che viviamo per intravedere questo regno di Dio in mezzo a noi. Proponiamo al gruppo di chiedersi dove oggi si sta facendo il regno di Dio, dove oggi si sta realizzando la salvezza. Questa ricerca porterà a distinguere subito tra chiesa e regno di Dio, tra comunità di fede e salvezza presente nel mondo, per affermare appunto che la chiesa non si identifica con il regno di Dio, tanto è vero che nel futuro escatologico ci sarà il regno ma non più la chiesa.
    Dove dunque opera oggi la salvezza di Dio? Il discorso rischia di farsi ambiguo se si identifica pienamente l'oggi con il regno di Dio, dimenticando che il regno è già, ma anche se tarpiamo la portata di questa parola restringendola a qualcosa di intimista, di «spirituale» nel senso deteriore del termine, di puramente escatologico. In questa direzione diventa importante una ricerca su che significhino le parole «regno» e «salvezza» a cui facciamo continuamente riferimento. Ci ritorneremo.
    Torniamo alla analisi sul «dove» oggi si stiano giocando le sorti della salvezza. Pensiamo a tutti i movimenti di «liberazione»: le lotte operaie per la dignità del lavoro e dell'uomo; la lotta del terzo mondo per liberarsi dal colonialismo, la maturazione di una coscienza sempre più mondiale, il desiderio sempre più forte di partecipare alle scelte decisive della propria storia, l'emancipazione della donna, l'estendersi della cultura... Ed ancora: la gioia di amare, la capacità di sacrificio per il bene degli altri, il superamento dei ghetti, lo sforzo di sottolineare più quello che ci unisce che quello che ci divide, il lavoro umano in genere (nonostante lo sfruttamento a cui è sottoposto), la capacità di dedicare tutta la vita a servizio degli altri, la vita di ogni giorno fatta di amicizia, affetto, fedeltà, perdono...
    È evidente che il tentare di delineare la salvezza in questo modo suscita una serie di interrogativi cui è necessario rispondere: la salvezza è riducibile a queste esperienze umane? il regno di Dio è tutto qui? come si può parlare di regno di Dio riferendosi a situazioni in cui bene e male sono mischiati insieme?
    Proprio da queste costatazioni è possibile passare ad una visione più completa della salvezza che Cristo ci ha annunciato. Ed è 1a terza pista di lavoro, da realizzare mediante una ricerca su che significhino le parole «salvezza» e «regno». Si tratta di far cogliere lo spessore di salvezza del quotidiano ma anche che questa salvezza ha un orizzonte che supera il quotidiano ed è quello dei cieli nuovi e terra nuova che il Padre sta costruendo per noi.
    In questa ricerca sono fondamentali alcuni passaggi:
    - Il regno di Dio raggiunge misteriosamente ogni persona, ma è soprattutto promessa di salvezza per chi è oppresso, per chi è povero, per chi in questo mondo non è considerato uomo. Il regno di Dio ha, in questa prospettiva, un versante metastorico in cui i poveri saranno «consolati» e sarà asciugata ogni loro lacrima.
    - Il regno di Dio annunciato da Cristo è soprattutto comunione tra Dio e gli uomini. Questa comunione, già in atto oggi - perché il fratello è sacramento dell'incontro con Dio - , raggiungerà la pienezza nella sua dimensione escatologica come comunione dell'umanità salvata col Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
    - Di questa salvezza che abbraccia tutta la storia e si apre al futuro escatologico il cristiano è testimone davanti al mondo, e riconosce in questa missione la sua specificità: dare ragione della speranza che è nel mondo annunciando Cristo risorto.

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Per una riflessione sulla salvezza: F. ARDUSSO, La salvezza cristiana, in NPG 1975/6, 2-24. Con indicazioni bibliografiche per continuare la ricerca.
    Altri spunti: J. METZ, Un credo per l'uomo d'oggi. La nostra speranza (Queriniana 1976); H. KÜNG, Chiesa (Queriniana 1972), specialmente il capitolo Chiesa e regno di Dio, su cui ritorneremo nella tappa seguente.

    9. CRISTO SÌ, CHIESA NO?

    OBIETTIVO

    Mentre si assiste, in questi anni, ad un revival della figura di Gesù, si assiste anche ad un ripensamento di ciò che è fare chiesa. Un arco molto vasto di opinioni al cui limite c'è o l'adesione fideista o il rifiuto con lo slogan «Cristo sì, chiesa no!».
    Essere cristiani implica far parte di una chiesa: l'incontro con Cristo diventa inserimento nella comunità che ha Cristo come centro. Ma che significa fare chiesa?

    SVILUPPO

    Quale lettura, fra le tante possibili, diamo dell'evento chiesa? Per rimanere dentro il taglio delle riflessioni precedenti ci sembra che si debba privilegiare il rapporto tra chiesa e regno di Dio, e tra chiesa e salvezza di Dio operante oggi, dentro e fuori della chiesa.
    Proponiamo due piste di lavoro: la prima vuole aiutare a scoprire cosa significhi «fare chiesa» partendo dalle esperienze di gruppo che si sta vivendo; la seconda vuole aiutare a scoprire l'identità della Chiesa mediante una lettura storica del rapporto Chiesa-mondo che metta in primo piano la domanda sul «servizio» che la Chiesa ha da rendere al mondo, oggi.
    La prima iniziazione al «fare chiesa» deve avvenire riflettendo sulla esperienza di gruppo che si sta vivendo e sui diversi aspetti e momenti che la caratterizzano: la ricerca di senso e la voglia di trovarvi una risposta insieme, la accettazione di Cristo come soluzione soddisfacente al problema della identità dell'uomo, la elaborazione di un progetto personale e di gruppo che corrisponda alla novità del Cristo, la condivisione di alcuni valori che la scelta di questo progetto comporta, il darsi di tanto in tanto un tempo «diverso» in cui celebrare il senso di ciò che si sta vivendo dentro lo sforzo di liberazione della storia e dentro la Pasqua di Cristo che a tale impegno da forza e speranza.
    Il lavoro svolto in questa direzione di riflessione sul fare gruppo è fondamentale, ma non basta. Occorre aiutare il gruppo a fare esperienza di chiesa in un ambito sempre più vasto e questo può avvenire se c'è un impegno parallelo da una parte per «partecipare» attivamente alla vita di altri gruppi ecclesiali e della chiesa locale e dall'altra se si intraprende una riflessione sulla identità della chiesa. È su questo secondo aspetto che esponiamo alcune linee di ricerca della storia del rapporto Chiesa-mondo, in epoca moderna.
    Nella storia della chiesa in epoca moderna sarebbe possibile isolare alcuni momenti:
    - In un primo tempo, nella «società cristiana», la chiesa è considerata coronamento della società, perché la società stessa è vista nella sua relazione immediata a Dio.
    - In un secondo momento 1a società «borghese» si emancipa dalla religione e dalla chiesa e finisce per servirsi della religione e chiesa per raggiungere gli obiettivi che le sono propri (la chiesa diventa garante dell'ordine; la religione è «oppio» del popolo).
    - In un terzo momento, quando la società borghese non ha più bisogno della chiesa, la emargina, perché non «serve», non è produttiva, è inutile, mentre la chiesa stessa, per non perdere la sua rilevanza, finisce, in alcuni casi, per mettersi in concorrenza con la società creando delle strutture parallele a quelle dello stato.
    - Sembra che oggi stiamo assistendo e una nuova fase della vita della chiesa: la religione e la chiesa, liberati (o ostacolati) nei loro compiti di supplenza possono presentarsi all'uomo d'oggi nella loro specificità di «comunità di fede», che non è una società parallela, ma neppure si incarna nella società fino a perdersi, fino a credere cioè di aver esaurito il suo compito nel momento in cui ha costruito una società più giusta operando dentro le diverse forze di liberazione dell'uomo.

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Per quel che riguarda le nuove istanze di ecclesiologia segnaliamo le riflessioni di alcuni autori. Citiamo quattro libri.
    Il primo è La chiesa di H. Küng (Queriniana 1972). È una sintesi del volume più esteso di Küng pubblicato dalla stessa casa editrice. Una sintesi di cui ci interessa in particolare il capitolo quarto già citato Chiesa e regno di Dio che avvicina il tema della chiesa nella direzione dell'annuncio del regno-salvezza che si sta compiendo nel mondo, dentro e fuori dei confini della stessa chiesa e precisa anche quale tipo di chiesa potrà dare al mondo questa gioiosa notizia (una chiesa provvisoria, senza pretese, al servizio...).
    Ancora sul rapporto chiesa mondo alcuni spunti interessanti si possono trovare in J. METZ, Un credo per l'uomo d'oggi. La nostra speranza (Queriniana 1976), in cui il fare chiesa viene delineato sullo sfondo della speranza di cui dobbiamo dare ragione al mondo, rispondendo alle attese e interrogativi specifici che la società in cui viviamo si pone e assumendo un ruolo critico nel confronto con le sue deficienze. D'altra parte la chiesa non può essere del tutto funzionalizzata al mondo: l'essere-con che si realizza nel fare chiesa ha valore in sé, in quanto la comunione tra le persone è segno della salvezza di Dio e il sentirsi comunione è motivo del nostro rendere grazie al Padre. Su questi temi sintomatiche risultano alcune pagine di J. MOLTMANN ne Il gioco, già citato, in cui la chiesa viene presentata come lo spazio in cui i liberati da Dio godono insieme il Dio che li ha liberati, lo confessano gioiosamente come colui che libera tutta la storia, intuiscono di essere, per dono, un «campo sperimentale» di quella libertà a cui tutti gli uomini sono chiamati.

    10. LA LITURGIA CELEBRA LA VITA «SALVATA»

    OBIETTIVO

    Con questa tappa, in cui la liturgia del gruppo viene messa a fuoco per esplicitarne il significato esistenziale, termina l'itinerario di incontro a Cristo.
    Affrontare preghiera e liturgia solo ora non vuol dire minore importanza ma piuttosto che si è scelto un certo percorso per arrivare a capire la loro centralità nella vita della persona e del gruppo. Un certo momento dunque di educazione alla liturgia: dalla vita della liturgia, dal progetto personale e di gruppo che si elabora e prende fisionomia mano che viene vissuto e che viene colto come spazio in cui Dio ci fa la sua offerta di salvezza in Cristo e in cui noi rispondiamo facendo della nostra vita un culto spirituale (Rom 12), alla liturgia che «tematizza» questo processo vitale e lo celebra affermandone la positività e gustandone la ricchezza.
    L'obiettivo di questa tappa è dunque presentare la liturgia non come qualcosa a sé stante, a cui si partecipa per dovere o per ritagliarsi la propria fetta di salvezza, ma come un insieme di gesti significativi per il progetto d'uomo in cui ci si identifica, anzi come un momento in cui la vita stessa riceve significato in quanto la liturgia celebra anzitutto la nostra accettazione della salvezza come «dono» di Dio.

    SVILUPPO

    L'educazione alla liturgia deve tener conto della realtà teologica della liturgia cristiana ma anche della situazione culturale di chi intende avvicinarsi alla liturgia. Quali sono gli interrogativi più rilevanti in questa direzione?
    I gruppi giovanili vivono, nella maggior parte dei casi, in una cultura secolarizzata, desacralizzata e urbanizzata. Poiché la cultura secolarizzata vive «come se Dio non fosse» ed emargina di fatto il fattore religioso, il gruppo trova difficoltà a collegare con Dio il suo quotidiano o considera il quotidiano (il servizio al fratello) come luogo di incontro con Dio, mentre sente disagio ad immergersi in una liturgia-intervallo in cui incontrare Dio fuori della vita. La desacralizzazione, da parte sua, influisce sull'atteggiamento dei giovani verso la liturgia portandoli a rifiutare una sacralità legata alla santità di oggetti e luoghi o al clima di mistero in cui si svolge la liturgia.
    Al processo di urbanizzazione si deve invece la creazione di nuovi ritmi di vita e perciò di nuovi modi di organizzare il proprio tempo che di fatto emarginano la liturgia e impongono a chi desidera prendervi parte delle scelte non sempre facili.
    In un simile contesto culturale proponiamo di presentare la liturgia tenendo conto degli interrogativi sollevati: una liturgia che anziché essere slegata dalla vita vi sia direttamente ancorata e la celebri; una liturgia che trovi la sua sacralità non nel fatto di usare determinati oggetti o di essere in certi ambienti ma nel fatto che la vita che si celebra è stata vissuta come sacrificio spirituale, una liturgia che anziché a ritmi cosmici o a scadenze temporali riprenda i ritmi della persona che sente di vivere un progetto alternativo ed i ritmi della vita di gruppo perché in essa si sta facendo esperienza della salvezza.
    Vediamo più in concreto come organizzare questo lavoro indicando alcune piste da seguire:
    - Un esame delle difficoltà che il gruppo prova nel fare liturgia alla ricerca delle cause prossime (mancanza di organizzazione...) e remote (la dipendenza dai fenomeni che abbiamo indicato sopra come la secolarizzazione, la urbanizzazione...) .
    - Una «giustificazione» antropologica della liturgia: è l'uomo che ha bisogno di celebrare, darsi cioè un tempo «diverso» in cui riprendere il proprio quotidiano per appropriarsene in profondità e proclamarne il senso, anche nei momenti di dolore; è evidente che ogni persona e gruppo celebra secondo la visione del mondo e della storia in cui si identifica.
    - I cristiani celebrano la loro vita e la storia tutta per ritrovarne il senso dentro la loro visione della storia, dentro perciò la Pasqua di Cristo, evento centrale di tutta la storia.
    - Quali caratteri assume una celebrazione di tipo pasquale? Si tratta di delineare le modalità tipiche della liturgia cristiana: riferimento al quotidiano come luogo di salvezza, contemplazione della storia come storia della salvezza, gioia perché il regno di Dio è tra noi, azione di grazie perché la storia trova il suo senso nella Pasqua e nei cieli nuovi e nuova terra che ne saranno il compimento, invocazione perché sentiamo che la pienezza del regno non è ancora tra noi...
    - Un ultimo punto: informazione sul significato di certi riti cristiani comprensibili solo in chiave storica (ad esempio, il mangiare il pane e bere il vino).

    INDICAZIONI DI LAVORO

    Sulla liturgia come festa, celebrazione, momento di comunione delle pagine molto stimolanti si possono trovare in R. COFFY - P VALADIER - J. STREIFF Una chiesa che celebra e che prega (LDC 1974), specialmente pp. 14-28. Di questi aspetti della liturgia viene data prima lettura antropologica, in quanto aspirazioni dell'uomo, e poi cristiana, in quanto la liturgia cristiana intende soddisfare tali aspirazioni.
    Sulla liturgia-celebrazione segnaliamo: AA.VV., Celebrare la messa con i fanciulli (LDC 1976), specialmente pp. 21-27, e anche alcune pagine (142-146) di R. TONELLI, La vita dei gruppi ecclesiali (LDC 1974), dove la celebrazione viene letta nel quadro delle attività di gruppo, momento celebrativo della «impresa» di gruppo e dove, in nota, si riportano le pagine di H. Cox che parlano di celebrazione come tempo di eccesso vitale («si vive ad alto livello»), di affermazione («dire di sì alla vita»), di contrasto («è diverso dagli altri momenti»).
    Sulla riscoperta della festa come momento vitale: R. SCHUTZ, La tua festa non abbia mai fine (Morcelliana 1974), pagine molto vicine alla esperienza di fede di tanti giovani.
    Per un approfondimento del rapporto liturgia-vita: PH. ROQUEPLO, Esperienza dell'uomo: esperienza di Dio? (LDC 1972), in particolare il capitolo settimo (L'esistenza sacramentale) ed il capitolo ottavo (L'esistenza pasquale).


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