Pastorale Giovanile

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    La struttura redazionale

    di NPG come modello

    di riflessione pastorale

    Riccardo Tonelli

    Ho scelto un titolo presuntuoso e complicato. L’ho fatto apposta… per far venire la voglia di sfogliare il contributo anche ad un lettore frettoloso. Avrei persino avuto la tentazione di aggiungere al sostantivo “modello” l’aggettivo “epistemologico”. Ma sarebbe stato troppo, per un titolo destinato a qualche pagina di appunti.
    Una delle questioni più impegnative per chi si mette a fare una riflessione di natura pastorale è comunque quella del modello epistemologico che viene scelto. Lo sanno bene gli addetti ai lavori e coloro che sono impegnati nella stesura di progetti.
    Per commentare l’impianto del lavoro redazionale di NPG, devo ricordare qualche indicazione teorica sulla questione.

    TRE LIVELLI DI RICERCA

    In ogni seria ricerca pastorale sono coinvolti tre livelli. Ci sono sempre, anche quando non ci si pensa… almeno questa è la mia convinzione, anche se ne risparmio un tentativo approfondito di motivazione.

    Primo livello: l’ambito

    Il primo livello è costituito dall’oggetto e dall’ambito di una riflessione pastorale. Risponde alla domanda: di che cosa si deve interessare la pastorale? Sottolineo che utilizzo “pastorale” come sostantivo, con una sua ragion d’essere specifica e qualificante e non come aggettivo da collegare con quale altro sostantivo (per esempio: teologia o sociologia). In questa seconda ipotesi l’oggetto è più chiaro e preciso e compete alla disciplina di cui vogliamo analizzare eventualmente la qualità pastorale. La sociologia pastorale, per esempio, si riferisce allo statuto epistemologico della sociologia (o almeno di una… delle sociologie possibili) e cerca quello stile di sviluppo e di proposta che possa qualificarsi come “pastorale”. L’aggettivo è solo in funzione qualificante del sostantivo. Lo stesso esempio può essere fatto a proposito della “teologia pastorale”, con buona pace di coloro che vorrebbero tutta la pastorale solo di natura teologica o vorrebbero la teologia solo di qualità pastorale.
    Considero la pastorale come l’insieme delle azioni che la comunità ecclesiale compie, sotto la guida potente dello Spirito di Gesù, per dare pienezza di vita e speranza a tutti. Se al sostantivo “pastorale” integriamo l’aggettivo “giovanile”, il referente di questo insieme di azioni sono i giovani. Proprio per la loro funzione di aggettivo qualificativo, l’attenzione corre verso l’insieme delle azioni e il riferimento ai giovani sottolinea quella categoria, sociale e culturale, che concretizza l’attività ecclesiale, fino al punto che si può immaginare non un ambito separato, ma quella categoria che assicura meglio il dialogo reale con tutti.
    Questo primo livello introduce, in ogni riflessione pastorale, la responsabilità di farsi attenti a tutta la realtà, “all’insieme delle azioni”, per superare la tentazione di dividere e di escludere. L’abbiamo fatto utilizzando le categorie del “sacro” e del “profano”, per delineare l’interesse pratico della comunità ecclesiale e il conseguente tentativo di trascinare dal mondo del profano a quello del sacro… per far funzionare meglio le cose. Gaudium et spes sollecita verso quella svolta coraggiosa che fa dire “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.Le gioie e le speranza, le tristezze e i dolori” (GS 1)
    L’esito della riflessione condotta su questo primo livello è l’indicazione di quello che mi piace chiamare “le sfide”. Gaudium et spes preferiva parlare di “segni dei tempi”, utilizzando un linguaggio di sapore più teologico.
    Sfida significa una interpretazione riflessa del vissuto culturale attuale per cogliere i segni di novità presenti e quei dati di fatto che provocano il progetto di esistenza diffuso e generalmente consolidato. La “sfida” è, di conseguenza, un contributo e soprattutto una provocazione che regala contributi preziosi, proprio mentre sollecita ad intervenire coraggiosamente.

    Secondo livello: l’approccio

    Il secondo livello, in cui specificare una riflessione di tipo pastorale, è determinato dalla qualità di approccio con cui sono affrontate le questioni, raccolte dal primo livello.
    Qui il discorso si fa complicato. Non riesco però ad immaginare scorciatoie, se si vuole realizzare una corretta riflessione pastorale. Mi rendo conto delle difficoltà ma riconosco che è indispensabile fare chiarezza almeno a livello teorico, per ritagliarsi una meta e verificare la prassi.
    Lo sappiamo e ce lo siamo ricordati tante volte.
    È vero che l’atto pastorale riguarda, costitutivamente, quel livello misterioso in cui è in gioco l’amore di Dio che interpella e la libertà di ogni uomo, in ordine alla salvezza. Questo dialogo si svolge però all'interno dell'esistenza concreta e quotidiana di ogni uomo; è condizionato, positivamente o negativamente, dalle strutture in cui si esprime e dagli strumenti comunicativi che lo supportano.
    Per questo è possibile accedere al mistero solo passando attraverso la porta stretta del suo visibile.
    Il visibile, però, è un fatto tecnico, umano, comprensibile e sviluppabile secondo le logiche scientifiche di ogni evento profano. Il mistero lo avvolge tutto, senza mai travolgerlo.
    Per decifrare il visibile e raggiungere in esso la soglia del mistero, la pastorale ha bisogno delle diverse competenze scientifiche.
    Se vuole analizzare le dimensioni del reale, lo deve fare attraverso la collaborazione di sociologi, linguisti e antropologi. Se vuole elaborare prospettive d’intervento, deve chiedere la presenza di metodologi, politologi, esperti di discipline progettuali.
    L'esperienza credente non dà una chance in più in una ricerca che resta, di natura sua, affidata alla ricerca e alla competenza multidisciplinare.
    Certamente, non possiamo restringere il processo ad un semplice gioco di procedimenti scientifici, con l'assurda pretesa di assicurare meglio la fredda oggettività. Qui, come sempre quando c'è di mezzo l'uomo e la sua libertà, una voce in capitolo decisiva va affidata alla sapienza in termini di amore appassionato, condivisione, quadro di valori orientativi, ricerca e invenzione di senso.
    La lunga dimestichezza con l'avventura dell'uomo e con l'esperienza normativa del suo Signore hanno dato alla Chiesa la pretesa di una preziosa “competenza” in umanità. Questa entra in gioco qui, come contributo sapienziale per una ricerca tutta sbilanciata sul piano antropologico.
    Una ricerca, condotta tra scienza e sapienza, risponde solo alle procedure logiche riconosciute dallo statuto epistemologico delle discipline in gioco. Non ci sono giudici esterni, chiamati a validare o a contestare i risultati. L'autonomia va riaffermata con coraggio contro ogni tentazione integralista.
    Si tratta però sempre di un'autonomia “relativa". Relativa, a che cosa?
    Oggi, molti studiosi di epistemologia della scienza riconoscono il peso determinante delle precomprensioni.
    Le precomprensioni soggettive e i giochi linguistici che utilizziamo, determinano pesantemente la nostra percezione della realtà e la nostra pretesa trasformatrice.
    A questo livello entra in gioco quel mistero teologale che riconosciamo, nella fede, custodito in ogni realtà. Esso si colloca come un'esperienza soggettiva, radicata in un’oggettività tanto consistente da sostenere ogni soggettività. È l'ultima precomprensione, quella che segna di sé tutte le altre.
    Il “contenuto” teologico di questo mistero profondo ci porta verso l'evento della Pasqua come dimensione costitutiva di tutto il reale. Riconosciamo una solidarietà profonda dell'umanità con Dio in Gesù di Nazaret: l'umanità dell'uomo è ormai altra da sé, perché è stata progettata e restituita alla capacità di essere volto e parola del Dio ineffabile. Affermiamo la presenza di una forza di male, che trascina lontano dalla vita e dal progetto di Dio sulla vita, come trama personale, anche nell'intricata rete dei processi istituzionali e strutturali. Confessiamo una potenza rinnovatrice che sta già facendo nuove tutte le cose, fino a riempirle tutte di questa ansia di vita.
    Questi dati teologici segnano la realtà come in filigrana. Ne rappresentano il tessuto connettivo ultimo e decisivo.
    Non li possiamo riconoscere con la stessa lucida capacità interpretativa con cui elenchiamo fatti e progetti della vita quotidiana. Se lo facciamo, ci rendiamo conto di procedere a semplificazioni indebite, a pericolosi cortocircuiti logici.
    La coscienza di questi dati ci fornisce però un quadro di precomprensioni soggettive con cui ci collochiamo sul reale, lo leggiamo, lo interpretiamo e ne progettiamo la trasformazione.
    Sul piano pratico, tutto questo fonda l’esigenza di una ricerca a carattere interdisciplinare. Si richiede, in concreto, la presenza di diverse discipline, testimoniate dalla competenza degli esperti di settore. E si esige la disponibilità al confronto serio, la fatica di comprendere la lingua dell’interlocutore, il rifiuto coraggioso di quella autosufficienza scientifica che pensa di poter raggiungere da sola la comprensione e la soluzione dei problemi. Si esige nello stesso tempo, la disponibilità di accettare un principio regolatore del dialogo che porti verso la verità attraverso la fatica del cercare e del pensare assieme. La multidisciplinarità viene così assicurata mediante una reale interdisciplinarità.
    Chi l’ha sperimentato ne conosce le difficoltà. Sa però che non ci sono né alternative né scorciatoie, quando si vuole veramente rispettare il mistero dell’uomo nel mistero di Dio, che la pastorale vuole servire.
    L’autorità – a tutti i livelli – non ha la funzione di chiudere il gioco… quando le scelte si fanno pesanti o di estrarre la carta vincente, tenuta in riserva. Ad essa compete la responsabilità, molto più impegnativa, di sollecitare al confronto e alla convergenza, testimoniando che la verità ricercata sta oltre i passi anche i più avanzati.

    Terzo livello: la qualità

    Il terzo livello è quello, alla fine, più impegnativo. Esso riporta la riflessione all’autentica dimensione di qualità pastorale. Torniamo così su quel piano operativo da cui siamo portati, raccogliendo le sfide che la realtà ci lancia.
    La pastorale definisce il suo statuto scientifico nel confronto interdisciplinare, realizzato dalla prospettiva della fede (l’uomo compreso nel mistero di Dio e chiamato ad una comunione definitiva con Lui) e, soprattutto, nel tentativo di superare persino la pluralità di approcci in un unico processo in cui discipline epistemologicamente distinte si unificano creativamente in una sintesi nuova rispetto ai contributi che l’hanno costruita. Essa, dunque, pur essendo come un nome collettivo di una pluralità di scienze, è una scienza autonoma, perché antropologia, scienze dell’educazione, della comunicazione e teologia dialogano attorno all’unico problema in modo interdisciplinare fino al punto da costituire, soprattutto nel momento dell’azione pastorale e della sua progettazione e verifica, un evento transdisciplinare.
    La ricerca diventa finalmente operativa, fatta di scienza (per una comprensione nuova del problema e delle possibili soluzioni) e di sapienza (per aiutare tutti a quella prassi di trasformazione che aiuta a fare la verità per la vita e la speranza di tutti).
    La fatica di una ricerca pastorale si conclude solo su questo terzo livello. Ora possiamo dire come vanno le cose (prospettiva critica), come dovrebbero andare (prospettiva normativa) e cosa possiamo fare assieme per migliorarle (prospettiva strategica)

    IL LAVORO REDAZIONALE DI NPG

    Il modello epistemologico che ho appena descritto, è frutto di riflessione e di prassi. Oggi appare chiaro tra gli addetti ai lavori. In qualche modo il lavoro redazionale di NPG ha cercato, quasi dalla sua fondazione, di muoversi in questa logica. Certo, la consapevolezza è andata crescendo man mano che cercavamo di affrontare seriamente le questioni e soprattutto quando, con la calma necessaria, nel gruppo redazionale di NPG abbiamo cercato di capire quello che stavamo facendo e cercavamo assieme le soluzioni migliori.
    Rilancio l'esperienza vissuta come contributo per tutti - singoli e istituzioni - che si sentono impegnati a qualificare ulteriormente il proprio servizio di animazione.

    Il primo livello: il confronto con la base

    NPG ha da sempre un collegamento prezioso con operatori impegnati sul campo. Sono le persone più adatte per dire quali sono le sfide con cui fare i conti. Sono testimoni qualificati anche per coloro che dedicano più tempo allo studio che al contatto diretto con la mischia quotidiana del vissuto concreto.
    All'inizio di ogni anno sociale NPG ha cercato l'occasione per consultarli, ascoltandoli con molta disponibilità. Non solo chiedevamo una verifica del lavoro fatto; soprattutto ci interessava cogliere il polso della realtà, le linee di tendenza, i problemi più inquietanti, le realizzazioni più significative. Erano preziosi momenti di ascolto. L'abbiamo fatto qua e là per l'Italia, convocando i lettori o organizzando tempi di condivisione con i responsabili diocesani. Ripensandoci, è stato un momento felice. Ci ha arricchito d’informazioni di prima mano, costringendoci spesso a cambiare piani di lavoro. Negli ultimi anni purtroppo li abbiamo sospesi... per motivi di bilancio economico e per evitare di fare concorrenza con le istituzioni che avevano iniziato a produrre esperienze di questo tipo.
    Abbiamo sostituito gli incontri con i diretti interlocutori... con lo studio della letteratura. L’esito è stato molto diverso: copriva l'esigenza, ma fa problema lo strumento utilizzato.

    Secondo livello: il gruppo redazionale

    Un momento specialissimo del lavoro redazionale di NPG è stato costituito dagli incontri di studio con esperti, invitati a costituire un reale "gruppo di studio" permanente. La scelta dei membri di questo gruppo redazionale è stata orientata dalla preoccupazione di rispettare il criterio della competenza e della multidisciplinarità.
    A questo gruppo hanno fatto parte - per amore della pastorale e del reciproco arricchimento - amici che oggi hanno un nome riconosciuto a livello nazionale. A pensarci bene, ciascuno di noi può riconoscere il dono di competenza e di sensibilità, offerto e ricevuto.
    Ne ricordo alcuni, come dovere di riconoscenza: D. Sigalini, attuale assistente ecclesiastico dell’ACI e vescovo di Palestrina, fondatore… della attuale struttura del servizio nazionale di PG della CEI, grande amico dei giovani e della loro educazione, G. Anfossi, eletto poi vescovo di Aosta e responsabile CEI della famiglia, M. Pollo, docente alla LUMSA e all'Università salesiana, che ci ha resi sensibili ai temi dell'animazione culturale, F. Garelli, docente di sociologia della conoscenza all'Università di Torino, V. Castellani, sindaco di Torino per due tornate, con la moglie, docente di psicologia, G. Piana, C. Molari, C. Bissoli, A. Rizzi, C. Di Sante, che ci offrivano continuamente quella competenza teologica di cui ogni ricerca pastorale ha urgente necessità, F. Floris, M. Delpiano, D. Maggi, C. Nanni, M. Comoglio… e tanti altri che ci hanno sostenuto nella ricerca pedagogica e antropologica.
    Il lavoro redazionale è sempre stato coordinato dai direttori del Centro Salesiano di Pastorale Giovanile, di cui NPG è espressione. Ricordo almeno due nomi, che i lettori affezionati ritrovano nel prospetto redazionale dei primi anni: E. Scotti, Delegato nazionale della pastorale giovanile italiana, che ha portato alla rivista l’entusiasmo operoso della sua salesianità e l’attenzione verso i problemi concreti delle comunità educative, e A. Martinelli, docente di teologia prima, animatore del lavoro redazionale poi, fino alla chiamata a responsabilità mondiali in un dicastero del Consiglio superiore della Congregazione salesiana.
    Prezioso lavoro di segreteria redazionale (sintesi organica dei vari interventi sul tema e riproposizione nell'incontro di redazione successivo, fino all'organizzazione pratica nei vari dossier e della stessa rivista nelle sue rubriche) è stato svolto da F. Floris (fino al 1987) e G. De Nicolò.
    Il lavoro redazionale aveva compiti molto precisi.
    Prima di tutto, analizzando i contributi degli operatori diretti, impegno preciso era quello di comprenderli bene, a quel livello di profondità in cui diventano "sfide" per la pastorale giovanile.
    In secondo luogo, assieme cercavamo di collocare queste sfide nell'orizzonte del contesto sociale e culturale, attraverso un’operazione che ci permetteva di interpretarli e di prevedere possibili interventi.
    Assieme, in un processo davvero interdisciplinare, cercavamo soprattutto di condividere linee di azione, per ripensare il quadro concettuale e suggerire scelte e urgenze sui temi più caldi del momento. Basta scorrere l’indice delle annate per ritrovare un panorama davvero interessante della storia giovanile, culturale e ecclesiale.
    Proprio il livello tipico di questo momento di riflessione ci sollecitava a privilegiare più la comprensione dei fatti che la soluzione immediata dei problemi.
    Al termine di ogni approfondimento redazionale avevamo un documento conclusivo che suggeriva un quadro motivato di sfide e indicava le prospettive da privilegiare per trovare soluzioni.

    Terzo livello: le decisioni operative

    Il compito operativo era affidato, alla fine, al gruppo redazionale ristretto. Esso riprendeva il lavoro del gruppo allargato e cercava di immaginare l'impianto concreto del "dossier" che NPG intendeva dedicare al tema studiato.
    In qualche modo NPG cercava di raggiungere e assicurare il necessario livello transdisciplinare, indispensabile per un corretto approccio pastorale.
    Certo, questa responsabilità ricade sempre sulle spalle degli operatori diretti e delle comunità educative ed ecclesiale. Il lavoro redazionale ha la funzione di sollecitazione e di appoggio... certo non di sostituzione. Questa consapevolezza ci ha sempre spinto ad un lavoro di incoraggiamento e di orientamento. Non abbiamo mai voluto dire cose e dare materiali che potessero giustificare l'utilizzazione diretta e, di conseguenza, il disimpegno di chi ha sempre fretta e cerca soluzioni pronte all'uso. Ci siamo fatti... dei nemici per quest’orientamento, ma anche oggi lo valutiamo indispensabile, per la qualità del servizio.

    Solo un cordiale servizio

    Chi scorre l’impianto dei dossier, che formano il nucleo centrale di NPG, può facilmente ritrovare come in diversi problemi siano stati studiati con un approccio sul livello delle tre prospettive ricordate poco sopra (prospettiva critica, normativa, strategica) e come in ciascuna di esse si stato tentato un approccio interdisciplinare orientato a interpretazioni e suggerimenti (di sapienza e di prassi) transdisciplinare.
    Al lettore competono il diritto alla verifica e il dovere della integrazione e correzione. Scoprendo le carte e dichiarando la preoccupazione ispiratrice… è più facile verificare e correggere.


    T e r z a
    p a g i n A


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