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    L'uso della bibbia nella evangelizzazione dei giovani



    Cesare Bissoli

    (NPG 1976-07/09-81)

    Uno dei punti fissi di ogni esperienza di approfondimento della fede, nei gruppi giovanili e nelle comunità ecclesiali, è la lettura della Bibbia. Le forme variano, ma il fatto resta.
    La Bibbia ritorna come incontro obbligato sia nelle celebrazioni di preghiera che il gruppo elabora, sia nei necessari momenti di verifica e di confronto. Nelle prese di posizione verso l'esterno, abbondano i riferimenti biblici.
    Anche i gruppi che si trovano ai primi passi, sanno che «questa», globalmente, è la meta verso cui tendere.
    Si tratta di un dato in sé molto positivo: segna uno dei fatti più caratteristici della attuale maturità ecclesiale. Non mancano però i rischi e le utilizzazioni distorte.
    Per questo motivo, abbiamo creduto importante inserire, in questa monografia, uno studio destinato a puntualizzare le problematiche e a delineare le prospettive più corrette.
    L'autore offre prima di tutto un quadro critico della situazione, descritta secondo i tre modelli più ricorrenti. Da questa analisi deriva poi una serie di suggerimenti pratici. La proposta è preziosa per i gruppi che hanno già fatto un buon cammino in questa direzione, per fare il punto. E per quelli che sono ai primi passi, per superare l'abitudine pericolosa di procedere come se il mondo incominciasse con loro.

    Intendo rispondere a queste due domande: a 10 anni dal Concilio, che effetto ha avuto nel mondo giovanile il grande rilancio (o restituzione) della Parola di Dio al popolo di Dio? Quale incontro conviene oggi prospettare?
    È un tentativo di analisi, di redigere cioè una specie di «mappa» degli attuali orientamenti dei giovani italiani al riguardo, ed uno sforzo di progettazione con indicazioni per la prassi.[1]

    1. I MAGGIORI ORIENTAMENTI ATTUALI

    Da quanto mi è consentito di cogliere, mi pare d'i poter globalmente affermare: se in Italia sono ancora ben pochi i giovani che hanno un diretto contatto con la Bibbia (scarsità legata al più ampio fenomeno del sottosviluppo teologico nel nostro paese), sembra però delinearsi in crescendo un tipo di esperienza biblica «qualificata», cioè significativa, degna di attenzione da parte degli animatori pastorali, sia per i problemi che pone, sia soprattutto per la portata evangelizzatrice che esprime. Vediamo prima i «tipi» maggiori di tale esperienza e poi le caratterizzazioni derivanti.
    Accennerò a tre tipi più significativi con la chiara coscienza di non poterne fare una descrizione netta, perché sarebbe astratta. È questione di accenti che indubbiamente possono portare lontano, ma esclusivi di nessuna posizione. Accenti naturalmente che si radicano su un fondo di pensiero diverso, come diversi possono essere obiettivi e metodo, cose da mettere quindi in luce nella descrizione di ciascuno. I titoli sono puramente di comodo: orientamento ascetico, carismatico, politico.

    UNA LETTURA «ASCETICA»

    CHI SONO?
    Grazie ad uno sforzo di animatori e recettori che ci credono, di età per lo più giovanile, si registra un pullulare di gruppi biblici di soli giovani o di giovani ed adulti. Nascono per lo più con l'interesse della novità, cioè dal desiderio di fare una esperienza religiosa nuova, un viaggio di scoperta alle sorgenti del credere come tale, senza un preciso obiettivo pratico.
    Sono inseriti nella comunità parrocchiale con tutti i carismi di legittimità, e quindi dalla ecclesiologia ufficiale mutuano lo spirito di lettura e gli obiettivi che chiamo appunto ascetici o di «restaurazione» (nel senso positivo del termine): aderenza alla struttura di Chiesa e alle sue direttive, valorizzazione della celebrazione liturgica (sovente sono gruppi legati alle letture della Messa domenicale), impegno nel servizio comunitario (più di una volta il gruppo biblico coincide con quello dei catechisti), apertura più ampia al mondo dei poveri della comunità e della società.

    QUALE METODO USANO?
    Il metodo di incontro col testo sacro appare ormai ovunque nello schema di «ascolto del testo - parola per noi», normalmente in clima di preghiera, con conversazione di gruppo. Tempi e luoghi diversi: dal gruppo costante (settimanale) a quello occasionale che si fa nei momenti di ritiro. Possono emergere, specie a livello di studenti, delle tendenze più aperte all'approfondimento culturale, con l'assunzione di una «tecnologia» esegetica comune agli esperti (conosco diversi di questi gruppi e la serietà che li ispira). La Bibbia è il testo-base. I Vangeli paiono godere la preferenza, mentre il VT non trova facili consensi (difficoltà sia teologiche che culturali). Testi sussidiari sono privati (appunti dell'animatore) o si attinge da manuali classici, o si segue qualche altra pubblicazione ad hoc.

    VALUTAZIONE
    Tra indiscutibili aspetti positivi mi pare che vadano sorgendo anche dei problemi di segno diverso, i quali pongono l'esperienza in evoluzione. Sono principalmente dati da limiti di competenza esegetico-teologica, da insufficiente controllo dei meccanismi della dinamica di gruppo (incapacità di dialogo, inavvertenza di interazioni emotive in gioco) e soprattutto - più significativo - dal formarsi di una coscienza sempre più acuta delle difficoltà di conciliare la radice biblica della fede con i suoi frutti nella storia dei cristiani di oggi ed anche di rapportare la parola biblica alle proprie scelte, di come «incarnarla» storicamente, data l'universalità di principio di quella e la esigente concretezza della propria situazione.
    Di qui un duplice malessere, sia per come vanno le cose tra i cristiani (= critica alla Chiesa), sia per l'apparente inefficacia per farle andare meglio. Di fatto - ne ebbi più di una esperienza - molti gruppi biblici o si sono sciolti delusi o sono sfociati in impegno di tipo politico extraparlamentare. A mio parere questo è il punto critico decisivo: la maturazione di una coscienza critica operata irresistibilmente dalla Parola di Dio. Come valutarla? Come gestirla? Senza dubbio non pare possa essere sufficiente un incontro di tipo «ascetico», puramente legittimante la situazione di Chiesa e società.

    UNA LETTURA «CARISMATICA»

    CHI SONO?
    È una etichetta ambigua, imprecisa, ma utile per caratterizzare tutto un movimento neobiblico relativamente diffuso, ma che possiede una indubbia suggestività ed anche risonanza esteriore. Nell'ambito cattolico emergono con diversa fisionomia due o tre filoni: quello carismatico pentecostale, quello delle Comunità di fede o catecumenali e se si vuole anche quello «focolarino».[2] Si potrebbe parlare di una accoglienza della Parola di Dio che cade «in verticale» sull'uditorio, come un assoluto totalizzante, che libera cioè da condizionamenti culturali complicati e gravosi, da apprendistati difficili ed insieme garantisce il senso radicale del messaggio (il kerigma pasquale) coinvolgendo e chiamando a revisione (conversione, catecumenato) tutta l'esistenza di una persona e non solo per qualche aspetto.
    L'incontro con la Parola di Dio diventa esperienza costitutiva e decisiva come per uno stato di emergenza della fede, per una situazione critica da risolvere con urgenza, rigenerandola dalle fondamenta.[3]

    QUALE METODO USANO?
    Ciò vale soprattutto per le «comunità catecumenali». L'incontro diretto sotteso dalla convinzione radicale che «Dio parla a noi oggi», non si esime da una elementare osservanza delle esigenze critiche (si sa come sia il «Dizionario di Teologia Biblica» a cura di X. Léon-Dufour, uno strumento di base). Però più che ascolto di un testo è annuncio del kerigma primitivo (Gesù Servo Risorto), alla cui luce si opera una scelta e si legge il resto, come tappe cioè della storia della salvezza che ha il suo compimento in Cristo. Il procedimento è fortemente «deduttivo» o kerigmatico - come si dice - senza «filtri» culturali (come sarebbe ad es. un confronto con le esigenze di ragione, la verifica scientifica delle affermazioni e del metodo) che parrebbero indebolire la potenza della Parola nuda. Bisogna dire che il tono di partecipazione nelle riunioni frequenti (almeno una volta alla settimana) è veramente vibrante e fa impressione: gente semplice prende la parola con spontaneità, entusiasmo, sincerità e non di rado con intuizioni profonde. Anche giovani, insieme con adulti (la comunità è mista), si sintonizzano con una radicalità che fa stupire. Ulteriormente - bisogna rimarcarlo - la Parola ascoltata ha un suo prolungamento essenziale nella celebrazione sacramentale, l'Eucaristia anzitutto, e sfocia in espressioni di fraternità reciproca ben sincere.

    VALUTAZIONE
    Questo tipo di incontro che sarebbe obiettivamente ingiusto porre nel novero di letture falsificanti si presta ad una valutazione che evidenzia positività e rischi. Tra i fattori positivi: la semplificazione nell'approccio; la personalizzazione dei contenuti incentrati nel Cristo Risorto e quindi anche la viva coscienza di contemporaneità; un atteggiamento di disponibilità totale ad una Parola proclamata quasi allo stato puro (o pensata essere tale), il contesto di gruppo formato di persone ferventi, di calda fraternità, che mettono subito a proprio agio, la presentazione di esigenze capaci di sconvolgere: il senso del proprio peccato e il bisogno di una conversione totale, seria e lunga, eppur decisiva per la vita nuova.
    In una parola la chiave del successo (o del consenso) del movimento pare doversi situare nella felice sintonizzazione tra ciò che della Bibbia viene detto (e il modo di dirlo) e le attese e i dinamismi di accoglienza dell'ascoltatore: annuncio schietto del kerigma cristiano, mediazione di una forte esperienza di gruppo, focalizzazione di un cambio radicale (conversione). Una proposta di Assoluto in termini assoluti.
    Ma proprio qui sorgono le ombre del rischio, delle ambiguità sottili ma efficaci che pongo qui sotto forma di interrogativi. Questa volontà di incontrare la Parola di Dio allo «stato puro» tiene sufficientemente conto delle contingenze storiche entro cui si è espressa? La voluta emarginazione di una rilevanza «politica» della Parola non rischia di divenire un qualunquismo che favorisce, per disinteresse, qualsiasi politica dell'uomo? Denunciare la realtà del peccato e la necessità di conversione è giusto: ma così in assoluto, che senso ha agli effetti di una storica, determinata conversione? Si sa dalla storia che i portatori di soluzioni «assolute» hanno rischiato (e di fatto spesso sono caduti) l'esclusivismo, dal giudaismo ai gnostici, ai catari. Questo, è in fondo misconoscere una dimensione essenziale della Parola di Dio: la sua valenza ecumenica cioè che segni più 0 meno puliti ma reali di Dio sono esprimibili da interpretazioni diverse, per cui alle pur personali certezze bisogna donare un che di relativo, di perfettibile, di disponibile alla comunione di verità con chi pensa diversamente...
    In una parola ci si imbatte nel pericolo di una lettura riduttiva, astratta, chiusa alle sfide storiche, incapace di dialogo con altri tipi di interpretazione, col rischio insomma di scivolare dalla fede ad un volontarismo fideistico e monopolizzatore della verità cristiana.

    UNA LETTURA «POLITICA»

    CHI SONO?
    È un tipo di accostamento alla Bibbia da noi storicamente riferibile, quanto all'origine, e fino ad oggi messo in pratica quasi soltanto presso le cosiddette «comunità di base», qualificate anche come gruppi cattolici od ecclesiali del dissenso.
    Sta alle spalle un preciso sfondo teologico-spirituale che qui possiamo soltanto accennare: quello che parte dalla «Teologia politica» (nelle modulazioni di Metz e Moltmann) e attraverso l'essenziale anello delle «Teologie della liberazione» latino-americane (nei progetti di Gutierrez, Alvés, Assmann...) ulteriormente si caratterizza in forza di alcune tipiche componenti del nostro paese, cui più giù farò menzione.[4] Il contatto con la Bibbia in un contesto siffatto è assai rimarcato, sia per l'esigenza di una teologia che vuol essere cristiana, sia, in particolare - ed è importante - per una certa diffidenza nei confronti di una mediazione di Chiesa o di tradizione vista troppo ancorata ad interpretazioni politicamente «borghesi», in fondo falsificanti la genuina portata della Parola di Dio.
    I diversi aspetti del discorso vengono poi in qualche modo radicalizzati dalla situazione italiana. Eccone i fattori salienti, diversi tra loro, ma il cui gioco riesce determinante per capire il tipo di lettura che stiamo esaminando: un forte ritorno alla Bibbia grazie all'apporto fecondo degli evangelici italiani (valdesi), anche in seguito alla fusione di Com e Nuovi Tempi (su questo settimanale si trovano infatti praticamente tutti i modelli di lettura politica circolanti ufficialmente tra di noi); la tendenza di assumere un metodo scientifico nuovo di lettura detto anche da certuni «materialista», e ciò in forza anche della simpatia della sinistra cattolica italiana col progetto di liberazione del movimento socialista; infine un accentuato, quasi esasperato accento e tono critico nei confronti della istituzione ecclesiale, al seguito di mortificanti interventi dall'alto, il che porta ad una esplicita teorizzazione rivendicativa del diritto alla Bibbia espresso sovente come «riappropriazione della Parola» da parte del popolo, di cui recentemente si è fatto portavoce G. Franzoni.[5] Parlare di un numero elevato di giovani italiani intenti ad una «lettura politica» della Bibbia è sbagliato, data la irrilevanza numerica, statisticamente parlando, dei membri delle «comunità di base», di giovani cioè che accettino una ispirazione religiosa, quindi biblica, nel loro impegno politico. Però il movimento è qualcosa di innovativo, di originale nell'usuale prassi italiana, tanto problematico ed anche inquietante, quanto fecondo di sviluppi per una pastorale giovanile che non voglia perdere il contatto con la storia. Beninteso, secondo una non piccola e non facile revisione critica!

    QUALE METODO USANO?
    Passando ad esaminare il modo di incontro col testo, si potrebbe dire che se è il soggetto con i suoi bisogni «spirituali» (= la povertà di chi ha troppo) al centro della lettura carismatica della Scrittura, cui la Parola di Dio appare come una «verticale» assoluta, nella lettura politica è la situazione sociale oppressiva (= la povertà di chi ha niente) che fa risuonare la Parola di Dio come un gemito dalla carne del popolo, situazione-parola che ricerca un contatto con la Bibbia più per fortificarsi, che per verificarsi, per quell'impegno di liberazione che scaturisce già di per se stesso da siffatta condizione. Sarà perciò un tipo di lettura che tende a porre in netta luce la portata socio-politica del testo, più radicalmente, la sua rilevanza umanizzante o «coscientizzante» (come si ama dire nei modelli latino-americani). Diventa allora inevitabile una certa selezione dei testi, cioè la preferenza per quelli «politicamente» più significativi, come l'Esodo, i passi sociali dei profeti, la prassi critica del Cristo. Ma è meglio dire che si tenderà di leggere tutta la Bibbia in una prospettiva politica, «liberatrice», come si dice.
    In particolare, l'urgenza di modificare il reale in termini di giustizia e di libertà (è questo - si dice - l'obiettivo storico della fede e della teologia) dal nome altisonante, più proclamato forse che compreso, ma dall'indubbio fascino e soprattutto sorretto da una ideologia potente, qual è il progetto marxista. È il metodo «materialista» di lettura della Bibbia. Basta l'averne fatto qui cenno, dato che siamo ai primissimi passi.[6]

    VALUTAZIONE
    Si può tentare una valutazione? È già stata fatta a riguardo del più ampio discorso delle «teologie di liberazione», coinvolgendovi necessariamente il momento biblico.[7] Una parola specifica per la situazione italiana l'ha espressa E. Bianchi nell'articolo già citato.[8] Elementi positivi possono essere; la riscoperta fortemente accentuata della valenza pragmatica della Parola di Dio, della sua carica liberatrice, trasformatrice del mondo per l'uomo, a partire dall'emarginato, e tutto ciò quale segno autenticante la venuta del Regno di Dio; a seguito di questo - merito non piccolo - è come se un sasso fosse stato lanciato sia sull'astratto pensatoio degli esegeti di professione, sia sulle tranquillizzanti letture tradizionali, così esposte alla privatizzazione e a gratificazioni pseudo-religiose in fuga dalla storia; infine, in una visione più generale, va riconosciuto alle comunità di base il merito di aver iniziato un discorso biblico nel nostro paese in termini non «clericali».
    «La parola di Dio di fatto - nota E. Bianchi - riattivava un processo restato a lungo statico nella vita cristiana: quello del giudizio della parola di Dio sulla vita, sulla storia, sulla prassi, sul modo stesso dell'essere Chiesa o comunità. L'adeguazione al disegno di Dio, l'adeguazione al vangelo, portava ad una "crisis" forzatamente...» (a.c. 123). Ma è proprio la gestione di tale crisi che mette in luce aspetti preoccupanti nell'uso della Parola, globalmente riassumibili nel rischio di una mutilazione della totalità del messaggio (interpretazione orizzontalista che pone tra parentesi la portata escatologica e teologale) e di una sua strumentalizzazione (avvallo di tesi prestabilite più che ascolto leale), donde selezione arbitraria dei testi, perdita della esigenza di conversione, procedimenti a base di slogan taglienti nei confronti della istituzione ecclesiale. Insomma - annota ancora il Bianchi - «non più la parola di Dio illumina ed è criterio per discernere i segni dei tempi ma è l'ideologia a illuminare in certe direzioni l'evangelo... Troppo velocemente si è passato, secondo me, a una componibilità della parola di Dio con altre indicazioni di ordine sociologico, antropologico e psicologico» (a.c. 123). Se un certo deprecato integrismo tradizionale tende a dedurre la realtà dalla Bibbia, ora avviene il pericolo opposto di dedurre, sagomare il vangelo dalla e sulla realtà storica.

    2. QUALCHE SUGGERIMENTO OPERATIVO

    QUALE MODELLO SCEGLIERE?

    Esiste un tipo di lettura raccomandabile? Se, bastasse seguire la logica si potrebbe dire che è sufficiente prendere gli aspetti positivi dei tre modelli esaminati e crearne il quarto, quello ideale. E in verità almeno come ideale, credo che ogni incontro con le Scritture per essere verace deve sforzarsi di mantenere presenti ed operanti le due dimensioni costitutive della Parola di Dio; quella misterica e quella storica, le esigenze - diciamo così - divine ed umane, di fede e di ragione, che scaturiscono dalla natura dell'incontro. Più sotto ne evidenziamo i tratti operativi essenziali.
    Tenuto però conto dell'attuale pluralismo di approccio, frutto di sensibilità realmente diverse, è pedagogicamente realistico servirsi di uno dei tre tipi descritti, assumerne cioè le accentuazioni di fondo (più contemplative o più pragmatiche, più «spirituali» o più attente ai risvolti temporali, più kerigmatiche o più esistenziali), cercando però risolutamente di educarsi all'ascolto (e alla integrazione) degli aspetti che altri tipi di lettura mettono in luce. Solo così vi è garanzia di tendere alla lettura ideale.[9]

    ALCUNI CRITERI Dl VERIFICA

    Un incontro con la Bibbia va dunque pensato come lettura sempre più approssimabile all'ideale. Proprio in quest'ottica educativa vedo indispensabile accompagnare, a momento dato, una riflessione esplicita, sui presupposti, cioè sul senso, portata, valore e limiti di ciò che si sta facendo. In concreto ritengo necessaria una chiarificazione, sia pur elementare, sui punti seguenti:
    - Come si realizza l'atto interpretativo: cosa sia e come si abbia una precomprensione efficace; cosa sia esegesi o comprensione di un testo; come si compia il momento più universale dell'attualizzazione, o transculturazione, e invece quello dell'attuazione, o appropriazione di senso per me qui ed ora.
    - Che ruolo vi gioca la fede (lo Spirito Santo, la Chiesa, la coscienza del credente) e il contributo delle scienze dell'uomo (psicologia, sociologia, ecc.).
    - Come passare dal dato biblico alla situazione concreta evitando il ricettismo (= la Bibbia ha una risposta puntuale per tutto) e l'estraniamento (= la Bibbia non può rispondere a problemi anche essenziali dell'uomo).[10]
    - Mi pare che uno dei punti più delicati, ed inquietanti su cui riflettere riguarda il rapporto tra Bibbia e Chiesa, tra Parola di Dio e comunità, concretamente, tra dato biblico ed affermazione dogmatica, tra quel messaggio e il senso liturgico, ed ancora la prassi cristiana. Credo si possa essere d'accordo che un incontro con la Bibbia che sia radicalmente contestativo di questa Chiesa storica o puntigliosamente legittimante la sua situazione, o anche astraente dalla sua concreta espressione, è un incontro sbagliato.[11]
    - Più difficile, ma doveroso di chiarificazione, è il rapporto tra Parola di Dio e l'esperienza umana nei vari livelli personali e sociali: in che senso la storia è «segno» di Dio, «luogo» teologico? Applicazione concreta: quale rapporto tra verbo cristiano e verbo marxista? Che relazione tra prassi evangelica e prassi politica?
    Non vi sono letture allo «stato puro», ma sempre interessate, «incarnate». Si tratta allora di «decodificare» pazientemente i diversi fattori che entrano in gioco. Per me, uno degli equivoci più grossi che vedo nell'attuale (relativo) boom della Bibbia è una specie di innamoramento acritico e facilone che vede soltanto ciò che vuol vedere, destinato quindi a moda transeunte, o comunque a non generare i frutti che con ansia si attendono.

    OBIETTIVI

    Infatti è lecito aspettarsi molto da questo avvicinamento alla Parola di Dio. E anzitutto - come obiettivo supremo della lettura biblica - in corrispondenza alla spinta profonda che tale avvicinamento ha provocato) riportare l'uomo a parlare con Dio; a fare la «storia insieme», a rivitalizzare la fede. Un incontro che l'animatore, prospetta come educazione ai valori della vita, secondo la visuale di Gesù Cristo, un progetto di uomo nella totalità delle sue dimensioni, quindi primariamente in collegamento con la ,sua storia attuale: ecco quanto la Bibbia invita a leggere, e non nelle sequenze culturali fine a se stesse.
    Mete specifiche di ogni incontro biblico, sono le seguenti:
    - scoprire come la Parola di Dio interpreti, per qualche aspetto, l'oggi della storia personale, comunitaria;
    - celebrare la Parola nella liturgia;
    - sfociare ad una sperimentazione o realizzazione della Parola nella vita.
    Poli emergenti di una riflessione sempre ripresa, sono necessariamente due: il mistero di Dio che ci manifesta il suo progetto e stile di salvezza, e il mistero di noi che ascoltiamo e accogliamo il nostro impegno di realizzazione storica di tale progetto.

    ESIGENZA DI MEDIAZIONI

    Alla scuola dell'esperienza, per altro sistematizzata dalla scienza si afferma perentoriamente il ruolo decisivo di certe mediazioni per ogni incontro con dei valori. Nel nostro caso sono tali: la fiducia dell'animatore, accettato se credibile; le circostanze di tempo e di luogo, più efficaci al di fuori della routine quotidiana (ritiri, gruppo biblico); il contesto del gruppo non numeroso, affiatato; la compartecipazione, anzi la corresponsabilità nella gestione dell'incontro (libera presa di parola, scoperta attiva della verità, libero scambio dei punti di vista); clima di serietà (momenti di silenzio e di riflessione personale come passaggi obbligatori!), di rispetto delle opinioni, di attenzione dei ritmi di assimilazione; esperienze di preghiera, come reazione alla Parola ascoltata.

    QUALE ITINERARIO?

    Una struttura formale (è pericoloso lasciarsi andare a ruota libera!), la quale permetta di raggiungere le mete sopra indicate può essere del tipo: dalla Bibbia alla vita, oppure dalla vita alla Bibbia alla vita.[12]

    * Dalla Bibbia alla vita.
    Comprende certi punti nodali da osservare:
    - Una sensibilizzazione sull'argomento, alla luce del messaggio che si vedrà tale da «sintonizzare» felicemente l'ascolto (simpatia, interrogativi, attesa...).
    - Il messaggio biblico genuinamente colto, non senza le necessarie precisazioni critiche.
    - Attualizzazione o transculturazione, ossia evidenziazione di valori comuni all'uomo biblico e a noi (= esistenziali), però in termini universali, senza determinare (non si può!) quello che è immediatamente valido per me.
    - Attuazione o decisione concreta riguardo a quello di cui la Parola mi interpella «qui ed ora». Ciò si compie per «discernimento», il quale si realizza non senza mediazione delle scienze dell'uomo e del dialogo di gruppo.
    Così la parabola del buon samaritano, bene intesa nel suo senso biblico, una volta attualizzata mi determina un plurimo campo di scelte, molteplici direzioni di marcia entro cui realizzarne il messaggio di amore; tocca al discernimento, ascoltando anche le esigenze storiche attuali in fatto di prassi di amore, determinare la decisione per me, cioè il modo che mi spetta di realizzarla.

    * Dalla vita alla Bibbia alla vita.
    - Analisi della situazione, approfondita in proporzione soprattutto dell'uditorio e dell'obiettivo che si vogliono raggiungere. Analisi che tende a sfociare in valutazione morale, di bene e di male per l'uomo, presenti in tale situazione.
    - Ascolto della Parola di Dio, evidentemente colta in modo corretto, tanto più se il problema in gioco non ha una materiale evidenza biblica (es. il problema ecologico).
    - Confronto con la situazione di partenza per una «attuazione» nella linea di quanto detto qui sopra.

    SUSSIDI E REPERTORI

    Resta da dire una parola sul «materiale» da usare.
    * Quanto ai testi biblici, in quello che è un procedimento kerigmatico (nell'altro evidentemente vi è solo il problema di scegliere bene i passi pertinenti), la prassi abituale è quella di scegliere momenti salienti della storia della salvezza: il kerigma» primitivo, la vita di comunità di Atti, la persona del Cristo, i primi due o tre capitoli della Genesi, l'esperienza di Abramo, l'avventura del popolo di Dio, Amos... Personalmente ritengo legittima una pluralità di possibilità, a patto però che si evitino scelte unilaterali e monocordi (soltanto certe tematiche), si tenda ad una visione di insieme del messaggio biblico, si abbia cura, nel caso di letture del VT, di comprenderle ultimamente mediante la parola di Cristo, ossia il NT.
    * Un ruolo importante credo debba averlo la spiegazione «critica» storico-letteraria, cioè la motivazione ragionata per cui da un certo testo si arriva al determinato messaggio. Qui si apre il discorso sulla tecnica esegetica (generi letterari, l'ambiente vitale di formazione del passo, lavorio redazionale, senso della storicità...). Tutto questo non dovrà avere il primato, ma nemmeno essere a priori escluso, per una sedicente semplicità, la quale è illusoria, perché sottovaluta i diritti della ragione e finisce col compromettere il senso genuino del testo.
    * Quanto ai sussidi: una Bibbia completa è lo strumento di base; sempre utile il «Dizionario di teologia biblica» a cura di X. Léon-Dufour (ed. Marietti); stimolanti le opere di C. Mesters; come consultazione, il «Grande Commentario Biblico» della Queriniana; per i vangeli, G. Barbaglio - R. Fabris - B. Maggioni, «I Vangeli», Cittadella Ed..[13]

    LA FORZA DELLA PAROLA DI DIO

    Un'altra parola: e nel caso di giovani, «freddi» per un esplicito discorso di fede? Si tratta di vedere se è opportuno affrontare la Bibbia. Comunque io sono convinto che su un minimo di disponibilità all'ascolto abbia significato un incontro biblico, anche soltanto come informazione. Creare dei presupposti troppo esigenti vuol dire creare delle premesse impossibili per tanti. È Dio in fondo responsabile della sua Parola, e sa operare con essa ciò che vuole.


    NOTE

    [1] È un tentativo di interpretazione, e ciò per un duplice motivo: non esiste una informazione a disposizione che sia adeguatamente elaborata; più in là ancora è la fluidità stessa delle cose, l'evoluzione in atto, la ricerca di modelli culturali e strutturali pertinenti (ad es. lo spazio del gruppo biblico nella catechesi ecclesiale) che rende problematica qualsiasi netta categorizzazione. Per qualche indicazione bibliografica generale, v. il mio I giovani e la Bibbia, LDC, 1974, c. I. Altre indicazioni, v. più avanti. Oltre che di letture mi servirò soprattutto di conversazioni e di ricerche effettuate con operatori pastorali.
    [2] È più difficile, per il risvolto «politico» presente, mi appare la collocazione del movimento Comunione e liberazione. Atipico, pur con una indubbia significatività, è il modello - diciamo così - portato avanti da E. Bianchi e dalla sua comunità di Bose. Comunque per uno spiraglio sui diversi modi di lettura di questi filoni ed anche del movimento dei Cristiani per il socialismo, si veda l'interessante applicazione circa «predicare la salvezza» in Servizio della Parola, febbraio 1976, 1-20. Circa il pensiero di Bianchi, può essere utile la sua relazione all'I.S.R. di Bologna, in Regno-Documenti, 1976, n. 5, pp. 119-124.
    [3] C'è chi ha parlato di una reviviscenza del barthismo, di una «via italiana» al protestantesimo. A parte la presenza di una chiara adesione alla Chiesa ufficiale, io mi riferirei piuttosto, quale spiegazione di fondo, ad una costante - mi sembra - nella storia della Bibbia, cioè l'emergere stimolante di questa in tempi di crisi, di trapasso: dal ritorno dell'esilio (cf Neem 8), alla comunità cristiana primitiva (confrontata con il giudaismo, si veda Matteo e Paolo), ai tempi della Riforma, più avanti, al movimento della Teologia Dialettica, ed oggi, alle diverse spinte di «rigenerazione» che muovono il mondo cattolico. È indispensabile, per ogni animatore pastorale, aver presente l'intensità di questi fermenti «spiritualisti», con i loro pregi e i loro pericoli.
    [4] Tra la grossa bibliografia ricordo come opera-sintesi ed aggiornata R. GIBELLINI, La nuova frontiera della teologia in America Latina, Coll. Giornale di Teologia 91, Queriniana, Brescia 1975. Nella stessa collana si possono trovare le migliori documentazioni circa la «teologia politica» e le «teologie della liberazione».
    [5] Le comunità di base, Ed. La Lanterna, Genova 1975, 21-32. Pubblicazioni bibliche più rilevanti sono in Italia polarizzate attorno a tre o quattro nomi: i libri di C. Mesters (Queriniana e Cittadella), il cui orizzonte brasiliano, però, ed anche il tono di moderazione e di competenza esegetica lo differenziano notevolmente dal mondo nostrano; gli scritti emanati dall'Isolotto di Firenze (dal noto Catechismo ai piccoli, a istruttivi commenti al libro dell'Esodo e del Pentateuco, edizioni Com-Nuovi Tempi); gli articoli che appaiono sul già citato Com-Nuovi Tempi, per lo più ad opera di autori valdesi come G. Thourn, P. Ricca, S. Rostagno, G. Girardet. I commenti di quest'ultimo su Luca sono ora apparsi come libro: Il Vangelo della liberazione. Lettura politica del vangelo di Luca, Claudiana Ed., Torino 1975. Vanno anche ricordati i ciclostilati circolanti nelle diverse «comunità di base» (cf Com-Nuovi Tempi n. 37, 1975, p. 5). Con altro tono e notevole competenza si esprimono - sempre in sede biblica - autori come O. da Spinetoli, G. Barbaglio, R. Fabris, Di questi voglio ricordare per il suo valore esemplare La comunità cristiana e i beni dell'uomo, Assisi 1975.
    [6] Come è noto il primo a proporre esplicitamente siffatto metodo (tralasciamo quindi il contributo pur significativo di E. Bloch) è stato F. Belo, di cui in Italia è apparso il libro divulgativo Una lettura politica del Vangelo, Claudiana, Torino 1975 (con importante premessa di F. Torriani) (per una critica v. G. Bernini, in «La Civiltà Cattolica», 1-XI-1975). Una sintetica presentazione del metodo è data da S. ROSTAGNO, Che cosa significa lettura materialistica della scrittura, in CNT del 14-XII-75 (cfr. Quaderni Agape 1, Pinerolo '75).
    [7] Cf tra tanti, J. VAN NIEUWENHOVE, Le «teologie della liberazione» latino-americana, in «Teologie della liberazione in America Latina», Città Nuova, Roma 1975, 81-123; A. RIZZI, Teologia della liberazione. Spunti correttivi, in «Rivista di Teologia morale», 1973, n. 18, 187-201 (partic. sull'impiego della Bibbia).
    [8] V. Regno-Documenti, 1976, n. 5, 122-123. Cfr. pure il mio I giovani e la Bibbia, LDC 1974, 18-21. Un tipo di valutazione più generale, simpatica eppur critica e soprattutto inquadrata in prospettiva catechistica giovanile, è data da C. BUCCIARELLI, Catechesi giovanile e metodi in funzione «liberatrice», in id.-F. PAJER - F. VERONESE, Realtà giovanile e catechesi. 2/L'animatore e il metodo, LDC 1976. 76-87.
    [9] A questo punto il discorso rientra in quello più ampio dell'educazione dei giovani alla fede oggi. Si veda la lucida e penetrante sistemazione di R. TONELLI, Modelli di pastorale giovanile oggi, in NPG, Aprile 1976, 2-28. Si noterà la convergenza della nostra analisi con quella ivi svolta ed anche con la valutazione ivi fatta di un pluralismo pratico esecutivo
    [10] A mia conoscenza colui che meglio ha approfondito, e con chiarezza di linguaggio il problema ermeneutico-biblico, è A. Rizzi. Si veda l'art. citato in nota 7 (Teologia della liberazione...), altri interventi in Servizio della Parola, e la sistemazione in Il libro di Dio. Introduzione alla Scrittura, Marietti 1975. C. MESTERS, La parola dietro le parole, Queriniana 1975, offre una visione molto bella sulla «realtà» della Bibbia.
    [11] Ne ho trattato in I giovani e la Bibbia, LDC 1974, c. V. Più in profondità v. la Dei Verbum, cc. I-II in qualche commentario.
    [12] Più ampiamente, cfr. Incontro con la Bibbia, Paoline 1974 (Introduzione: come fare gruppo biblico).
    [13] Per una bibliografia ulteriore, v. C. GHIDELLI, Per conoscere la Bibbia. Rassegna bibliografica, in «Catechesi», novembre 1975, 66-78; F. ARDUSSO, Libri e articoli su Cristo (Una selezione bibliografica per catechisti), in «Catechesi», dicembre 1975, 57-68; C. BISSOLI, Guida alla lettura della Bibbia, LDC 1973.


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