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    Domenico Cravero

    (NPG 2012-04-4)


    Parrocchie, oratori, centri giovanili, associazioni... in tanti cercano di avere un impegno attivo con gli adolescenti, ma si fa fatica a formare nuove generazioni di cristiani.
    L’abbandono del post-cresima è ormai un luogo comune della nostra pastorale.
    Le motivazioni sono varie, diverse e complesse ed è fuorviante semplificare e ricorrere a luoghi comuni. L’abbandono della chiesa nella svolta adolescenziale riguarda, infatti, tutte le realtà ecclesiali. Non è un sintomo parrocchiale ma generale, è in parte indipendente dalla metodologia formativa utilizzata, non è un fenomeno italiano ma trasversale.
    Un testo uscito da poco, You Lost Me: Why Young Christians are Leaving the Church ... (David Kinnaman, e Aly Hawkins) affronta il tema esaminando i dati di un’interessante ricerca sociologica per fare luce sulle ragioni che allontanano i giovani dalle comunità cristiane.
    Emergono alcuni dati validi anche per noi.
    Non si può dire, per esempio, che sia la secolarizzazione a tenere distanti i ragazzi. In grande maggioranza (quattro su cinque) essi, nell’infanzia e nella prima adolescenza, transitano in parrocchia o frequentano un’associazione cristiana. Il problema è che poi si allontanano. Ciò che interroga è, quindi, il fallimento della formazione: la catechesi non riesce a produrre una fede profonda, convinta e convincente. Sia per i cattolici che per i protestanti la fascia d’età dei ventenni è la meno impegnata cristianamente. Credenze vaghe e superficiali non riescono a sostenere una fede in dialogo con la cultura di oggi. Avviene come se la formazione dell’iniziazione cristiana non riuscisse a reggere il confronto con la complessità della società. Siccome questa cultura è globalizzata, il fenomeno dell’abbandono è generalizzato.
    Le difficoltà sembrano quindi nascere da un mondo in profondo cambiamento, che la catechesi e i modelli di vita proposti dalla pastorale giovanile non abilitano ad affrontare con consapevolezza e coerenza. Nessun altra generazione di cristiani, sostengono gli autori, ha vissuto mutamenti culturali così veloci e radicali, in ambiti fondamentali della vita come l’economia, i costumi sessuali, la tecnologia, la comunicazione.
    Tenendo conto delle nuove condizioni di complessità, di incertezza e di «liquidità» della società, gli autori propongono tre concetti-chiave per comprendere l’evoluzione in atto e trovare sbocchi pastorali efficaci: l’accesso alla comunità cristiana, l’alienazione della vita e il rapporto con l’autorità.
    1. Come comunicano i giovani? Come comunica la chiesa con loro? Il primo rischio, infatti, è l’incomunicabilità. La catechesi potrebbe essere inefficace a motivo del suo «linguaggio» e del suo approccio culturale. La rivoluzione digitale, per esempio, ha cambiato il modo in cui i giovani cercano le informazioni e costruiscono il loro sapere. Cambiano, di conseguenza i modi con cui si stabiliscono le differenze e le identità (il pluralismo) e si esprime la capacità critica (la coerenza tra pensiero e scelte di vita). Ognuno tende a costruirsi un proprio mondo, dove cerca innanzitutto di trasmettere ed esprimere se stesso (vedi facebook).
    2. Il disorientamento etico e valoriale è profondo. La crisi del matrimonio, l’emergenza educativa, il vuoto del padre, rendono più travagliato il passaggio adolescenziale. Il vuoto dei valori rende più difficoltosa la formazione. Si richiederebbero tempi lunghi per la maturazione ma oggi si partecipa secondo il modello del consumo: finché piace, finché è utile… Le distrazioni e le alternative sono allettanti, tutte disponibili e a «buon mercato».
    3. La società liquida genera la cultura dello scetticismo, la quale si trasforma in diffidenza nei confronti dell’autorità e delle istituzioni. Tutto diventa relativo: anche la Bibbia, le norme morali, la tradizione e il costume cristiano. La relazione con la Chiesa può rivelarsi presto problematica e conflittuale, così come la partecipazione alla comunità cristiana.
    I giovani sono i più attenti sensori del nuovo. Più degli altri avvertono la crisi ma anche, più degli altri, possono aprire strade nuove per l’evangelizzazione. Nella crisi si spalancano nuove opportunità.
    Adolescenti e giovani possono essere riconosciuti come componenti vitali della comunità cristiana, realizzando forme innovative di partecipazione giovanile. La passione adolescente può contaminare tutta la comunità risvegliandola dal torpore della sua mediocrità.


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