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    (NPG 1971-08/09-82)

    Come quadro conclusivo ed emblematico delle annotazioni, descritte in questa confluenza di voci, presentiamo un «iter» contenutistico di catechesi per i giovani che, tra l'altro, e in corso di studio e sperimentazione nei gruppi che lavorano, a livello nazionale, per i nuovi catechismi, in base alle indicazioni del RdC 200.
    Queste pagine racchiudono una sintesi teologica molto interessante, dove contenuto e metodo si intrecciano in un unico discorso: è un terreno su cui muoversi, per realizzare appieno «Il rinnovamento della catechesi». Graditissime osservazioni ed integrazioni sulle linee offerte, proprio per un servizio, il più possibile qualificato, ai giovani italiani.

    1. Iniziare il giovane: all'autocritica, a una abituale riorganizzazione psicologica delle esperienze vissute, ad avvertire l'esigenza di giustificazione e di sistemazione delle proprie conoscenze (RdC 137 b), a mettere in conflitto lo pseudo-io con il vero io (Rm 7,15-25), a passare dall'uomo fenomenico all'uomo problematico (Paolo VI), alla ricerca del senso della propria esistenza (RdC 137 b), della propria identificazione e del proprio ruolo nel mondo in quest'opera planetaria in cui il giovane viene a porsi con la sua tensione di sviluppo e di partecipazione, a non «mettersi tra parentesi», ma a cogliere la sua corresponsabilità nel mondo sociale e nella storia (RdC 138).

    2. Far comprendere che l'uomo è la misura di tutte le cose, è l'artefice del proprio destino sulla terra (RdC 121 a), per il fatto che da lui viene l'organizzazione di tutte le forze della natura e della storia, in quanto dalla profondità del suo essere erompono aspirazioni a comunicare, a rinnovare, a inventare, a sentire la sua trascendenza, ad avvertire, cioè, la sua posizione di protagonista, che non resta prigioniero, ma costruisce la sua liberazione nel gigantesco duello tra tutto ciò che c'è in lui e nel mondo di morte e di vita, di bene e di male (RdC 120-122).

    3. Presentare che l'uomo, in questo drammatico conflitto tra bene e male, è certo di poter trovare, al di là e al di sopra di sé, un alleato per la sua salvezza. Per questo l'uomo è irrinunciabilmente religioso e stranamente invoca un «salvatore» (cf RdC 31). Ciò emerge anche dall'esame delle soluzioni parziali che vengono offerte dalle grandi religioni dello induismo, del buddismo e dell'islamismo e dai sistemi di «salvezza» del marxismo e dell'umanesimo ateo (cf RdC 50 c).

    4. Far rilevare la parzialità e la frammentarietà delle grandi religioni e dei sistemi filosofici e politici di salvezza, o perché non soddisfano la propria esigenza di una perfezione e di una completezza totale del soggetto-io che cerca la salvezza; o perché attenuano o sostituiscono Dio che dà la salvezza (RdC 51 cd). La persona e la società infatti, nel profondo del loro essere, non si realizzano andando verso il benessere, ma verso un «più-essere», in cui l'umanità sia abilitata alla relazione, alla comunione e alla intimità con un «Tu» che sia Dio e con un Dio che sia «Tu», con un «noi», con l'«io» e con il cosmo (RdC 70).

    5. Si impone a questo punto l'esigenza di mettere in evidenza la proposta cristiana di salvezza: Dio che è venuto, non per essere servito, ma per servire (RdC 59). La novità del cristianesimo sta nel fatto che la proposta di Cristo rivoluziona il rapporto dell'uomo con Dio. Non è più soltanto l'uomo che cerca Dio, ma Dio che cerca l'uomo fino a manifestarsi in Gesù Cristo per operare la salvezza attraverso il dono della sua vita (RdC 60). Un Dio dunque che viene, non per colonizzare l'umanità, ma per servirla nel processo di liberazione dal male e nello sviluppo delle profonde aspirazioni umane (RdC 52 b), per le quali tutti i popoli si sono trovati e tutti gli uomini cercano, in qualche modo, un Dio.

    6. Dio non è dunque quella caricatura che spesso ci siamo costruiti per il nostro comodo e per le nostre paure, ma è il Dio manifestatoci da Gesù Cristo, che fa nuovo il cuore dell'uomo (RdC 62, 102-103). «Chiunque segue Cristo, l'Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» (RdC 61). Gesù infatti rivela all'uomo il significato reale della sua esistenza, liberandolo dalla morte, dal dolore e dall'angoscia, e lo mette in condizione di dare il nome giusto alle cose, di esorcizzare il male dalla terra, di combattere il «potere» che non si mette a servizio dell'uomo, di mettersi sulla strada con gli ultimi per realizzare il Regno di Dio fatto uomo, di sentirsi impegnato in una lotta in cui «ossa aride» saranno richiamate dalla paralisi della morte e l'umanità sarà introdotta nella cena grande e si potrà capire perché il cammino era nella gioia (RdC 92 cd).

    7. Sorge l'urgenza di sapere qualcosa di più di Cristo (RdC 74; cf 59-68). Infatti la liberazione dell'uomo e lo sviluppo di tutta la storia trova il suo fondamento in Gesù, che è diventato Lui personalmente la nostra salvezza, quella che l'umanità cerca pensando, parlando, vivendo Lui, come primo fra tutti i fratelli, la vita dell'uomo nuovo (RdC 59; 82-84; 91). Si è fatto finitezza, è morto di tutte le nostre morti, ed è risorto per essere principio e protagonista di tutte le nostre risurrezioni (RdC 67). Egli si rivela come il massimo dell'amore verso di noi per essere Lui di persona la nostra salvezza. Non ha mandato la soluzione, ma è venuto Lui a farsi Pasqua del mondo (cf RdC 67-68).

    8. In forza di questo amore, Egli è colui che ha preso sul serio l'uomo, lo chiama ad essere il suo collaboratore in un rapporto di alleanza (RdC 121) e lo coinvolge fino alla fine dei tempi nel suo disegno e nella sua azione di salvezza, desiderando crescere in un dialogo permanente, in una comunione di «io-tu», per costruire la salvezza dell'uomo, di tutti gli uomini, con tutta la creazione, non rendendoli estranei alla loro realtà quotidiana, ma facendogliela assumere in pieno. «La fede in Gesù Cristo, come capo e signore della nuova creazione, è la proposta essenziale soprattutto per l'uomo moderno. In Gesù Cristo, egli può sentirsi solidale con tutta la storia, con tutti gli uomini, con tutto il mondo» (RdC 68). «Per questa ragione, ogni elemento costitutivo dell'uomo nella sua realtà creaturale, soprattutto la sua libertà spirituale, riceve il pieno significato in ordine al dono della grazia» (RdC 92 c).

    9. Questa linea dell'amore ha portato il Signore a scegliere un piano di salvezza quanto mai connaturale al modo di essere e di vivere dell'uomo: l'uomo vive comunitariamente e il Regno di Dio è la Chiesa (RdC 78 b); in secondo luogo, l'umanità è storica, in cammino verso progetti finali e la salvezza è biblica (RdC 78 c); in terzo luogo, l'uomo si esprime attraverso segni e vive le sue intenzioni trasformando il cosmo (RdC 78 d); Dio ha un piano eucaristico, liturgico dove sono testi liturgici e atti trasformanti il cuore e il cosmo dell'uomo, in progressivo avverarsi delle beatitudini pasquali (RdC 118-119).

    10. Gesù chiama gli Apostoli, ne forma un gruppo aperto che manda alle genti. Nel medesimo modo, dopo la Pentecoste, si formano piccole comunità di discepoli di Cristo, in Asia minore, a Roma, ecc., che dividono tra loro la pace, l'amore, il Cristo, e poi partecipano questi «doni» anche agli altri. Il Salvatore realizza ancor oggi la sua comunità. Infatti noi vediamo che la Chiesa non è fatta dalle grandi strutture, ma essa si realizza dove «due o più» si riuniscono nel suo nome ed hanno unità di intenti e di vita, carità e verità (RdC 47-48). La Chiesa non è la denominazione giuridica di coloro che hanno il nome di cattolici, ma è la realtà misteriosa di comunione e di missione che noi verifichiamo nelle comunità cristiane vive in tutto il mondo. «Nella sua stessa organizzazione esterna, socialmente ordinata, nella Gerarchia da Gesù stabilita, nelle sue strutture visibilmente operanti, la Chiesa accoglie e manifesta lo Spirito di Dio, che la riunisce e l'accresce per la salvezza di tutto il genere umano» (RdC 86 d).

    11. I poveri nella Chiesa hanno sempre il primato, perché è nella logica dell'amore comunicare all'ultimo dei fratelli (RdC 125-127). La logica dell'amore costituisce la caratteristica essenziale della Chiesa, molto più che l'obbedienza all'autorità e la uniformità dei pensieri: sia perché Dio ha posto questo come segno sensibile del suo essere tra di noi; sia perché procede dalla natura stessa di Dio, che è comunità delle tre Persone; sia perché corrisponde all'ultima istanza di tutti i desideri dell'uomo di amare e di essere amato.

    12. La Chiesa non è separata dal mondo. Sempre nella logica dell'amore, le comunità di Chiesa non possono sentirsi sradicate dal mondo. Si verifica talvolta che la Chiesa si chiuda in piccolo ghetto e si isoli dal fluire della storia dell'umanità. La Chiesa non è di fronte al mondo come una società perfetta, ma è un organismo del mondo, è un'anima che non può fare a meno, non esiste senza il suo corpo. «Nell'esercizio del suo potere sacerdotale, mediante i sacramenti e la preghiera di lode, e soprattutto mediante l'Eucaristia, la Chiesa non intende affatto estraniarsi dal mondo e dai suoi gravi problemi. Dall'esercizio di quel potere essa trae la grazia di trasformare il mondo con opere di giustizia e di carità, costituenti esse pure il culto verace che Dio richiede e che lo glorifica» (RdC 87 d). Da questo deriva che le gioie e le speranze, le angosce e le tristezze del mondo sono quelle della Chiesa (cf GS 1).
    I cristiani sono pienamente cittadini del mondo, chiamati a rinnovarlo in novità pasquale (RdC 128-130; 141). Di conseguenza, «i temi della pace, della libertà, della giustizia sociale, dell'impegno culturale e politico, della collaborazione internazionale in particolare verso i popoli in via di sviluppo, debbono entrare nella catechesi della Chiesa, senza temere di presentare il messaggio della fede nel suo significato di fecondo scandalo e di rottura. Si tratta di un vasto impegno di coerenza al vangelo, dalla cui attuazione dipende la sorte stessa del cristianesimo, particolarmente presso le generazioni dei giovani» (RdC 97 b).

    13. Questa vita di novità pasquale la attualizziamo nella Cena del Signore, che da una parte è l'espressione culminante della comunione in Cristo coi fratelli (RdC 46), e dall'altra è sorgente, spinta, impulso per la diffusione di tutta la novità pasquale nel mondo: passaggio da morte a vita, da divisione a unione, da dolore a gioia, da egoismo ad amore (RdC 72). Non c'è presenza reale di Cristo e nemmeno il suo messaggio è credibile se non vengono assunti e sofferti i drammi e i progressi di tutti i fratelli e di tutto il mondo (RdC 96): tutta la vita dell'uomo deve apparire come vocazione a conoscere e ad amare Dio e il prossimo nelle concrete situazioni dell'impegno cristiano (RdC 47 b). Non si comunica (Cristo se non si fa la «fractio panis», se non ci si unisce a questo pane con la volontà di spezzarlo e spezzare noi stessi agli altri, in obbedienza al comando del Signore: «Fate questo in memoria di me».

    14. La novità pasquale portata da Cristo non appare con evidenza immediata. La nota della sacramentalità qualifica tutto il cristianesimo. Ogni dono di Dio si compie in segni di salvezza, che raggiungono la loro massima efficacia nei sacramenti (RdC 78; cf 175). Le apparenze sono fragili, deboli, deludenti, ma le realtà significate sono immense, infinite: appariranno a noi solo nell'ultimo giorno, quando sarà rivelato quello che siamo (cf Col 3,3-4). È alla luce del suo cammino verso la pienezza del mistero di Cristo che la Chiesa manifesta, accanto ad una santità già operante, il suo profondo bisogno di purificazione e di rinnovamento (RdC 89 b).

    15. Di qui il vivere di fede sulla Parola di Cristo (RdC 20; cf 102-103). Tutte le realtà che noi viviamo vanno vissute nella fede. I nostri sensi si ingannano. Solo con la fede si può toccare la crescita del mondo in Cristo, quasi vedendo Colui che è invisibile. La fede da una parte urta contro le esperienze della storia della Chiesa, dall'altra è l'argomento, la prova della Persona di Cristo, sulla cui parola gettiamo la nostra vita nell'avventura pasquale. Nella fede si resta alla scuola permanente di Cristo (RdC 38 b), che insegna a coinvolgersi negli avvenimenti e a dichiarare che nulla è «impossibile» partendo dalla sua risurrezione, a fare nuove tutte le cose, a leggere i segni dei tempi, ad agire e compiere i fatti dell'amore per capire sempre di più il mistero del Regno di Dio che fa alleanza con l'uomo. Così, nel mistero di Cristo, trova vera luce il mistero dell'uomo (RdC 91 a; cf GS 22).

    16. Davanti all'uomo, sconcertato dal fatto che la salvezza nella sua immensa realtà c'è, ma se ne coglie, se ne esperimenta e se ne gode soltanto una piccola parte, sorge la crisi che viene risolta dal fatto che abbiamo nei nostri cuori la speranza, di cui ci sarà chiesto conto (cf 1 Pt 3,15). La speranza vuol dire che nel piano di Dio la esplosione della gloria è posticipata agli ultimi tempi di questa nostra storia. Speranza vuol dire che le opere meravigliose che Cristo compie oggi attraverso il suo popolo le capirò un giorno (cf Gv 13). Ora rimane la lotta, l'apparente insuccesso e il silenzio di Dio di fronte al male. Cristo però è dentro di noi come speranza di gloria e ci infonde la forza per camminare giorno per giorno a costruire e preparare una risurrezione gloriosa ed universale, che agli occhi di quanti non hanno speranza sembra una illusione e un miraggio (RdC 100).

    17. La salvezza di Cristo è dunque un avvenimento che ha un passato, un presente ed un futuro, e si intreccia con la storia degli uomini. Cristo porta avanti con mille collaboratori il suo disegno. La nostra storia non è «c'era una volta», ma «ci sarà un giorno». Tutto quello che avvenne nel passato è per farci capire di più quello che avviene oggi e avverrà nel futuro. Cristo, infatti, che è all'inizio e al centro della salvezza, ne è la conclusione e il fine (RdC 101). I fatti della storia della salvezza vanno letti in questa prospettiva profetica.

    18. La storia della salvezza viene operata dallo Spirito Santo, che è il grande animatore che unisce Cristo al mondo e il mondo a Cristo. Questo costruire la gloria lo Spirito lo fa coinvolgendo tutti, come ha fatto con Abramo, con Mosè, con Amos e Maria. È Lui che spinge la Chiesa a svilupparsi, a rinnovarsi, ad aggiornarsi, a capire i tempi, ad evangelizzare il mondo; è Lui che ne conserva la struttura organica e ne vivifica le istituzioni; è Lui che viene comunicato nei sacramenti per mezzo dei quali salvifica il popolo di Dio. Egli è principio di unità e di interiorità (RdC 79 c). Lo Spirito di Cristo, quindi, coinvolge tutte le mie doti, le mie posizioni, le mie intuizioni, i miei carismi, dandoci il compito di fare insieme tutto quanto nuovo e mi chiede di ordinare e realizzare tutte queste doti in modo tale da essere un vero collaboratore alla sua opera e non un'alternativa o un ostacolo.

    19. Obbedendo alla chiamata di Dio a collaborare perché ci sia l'amore, la libertà, il progresso nel mondo, l'uomo dice di sì al piano di salvezza del Padre, conformandosi al modo di essere e di vivere di Cristo (RdC 38). Per questo riceve dallo Spirito indicazioni, impulsi, ispirazioni, a cui risponde con docilità (RdC 163, 94 bc). Di conseguenza fa storia quando ogni suo agire è rivelazione e collaborazione all'agire pasquale di Dio nel mondo (RdC 122). Invece fa antistoria, cioè prepara la morte e l'inferno, e quindi anche la propria radicale alienazione, quando il suo uso delle cose è discordante da quello a cui lo chiama lo Spirito (RdC 93 c).


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