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    Riflessioni teologiche sul sacramento della penitenza



    José Ramos Regidor

    (NPG 1969-03-52)

    INTRODUZIONE

    Il Concilio Vaticano II ha chiesto che «si rivedano il rito e le formule della Penitenza in modo che esprimano più chiaramente la natura e l'effetto del sacramento» (S.C. 72). Questo rinnovamento deve tener presente sia le esigenze della nostra situazione pastorale, sia la storia e la teologia del sacramento della Penitenza dalle quali appare quale è il suo vero senso e significato.
    Orbene, la storia del sacramento della Penitenza manifesta chiaramente il suo carattere di realtà viva, inserita nel divenire storico della Chiesa, che cambia e si rinnova pur rimanendo sempre lo stesso sacramento della conversione e riconciliazione del cristiano peccatore. Ci sono stati infatti due periodi fondamentali e diversi nel modo di celebrare questo sacramento: la Penitenza canonica o pubblica, dagli inizi fino al secolo VI, e la Penitenza privata o confessione «auricolare» o individuale attuale, risultato di un'evoluzione che è cominciata verso il sec. VI ed è arrivata alla forma attuale già nei sec. XII-XIII. La prima forma aveva il vantaggio di sottolineare sia la serietà del peccato e dell'impegno per convertirsi da esso verso Dio, sia la dimensione ecclesiale del sacramento: tutta la Chiesa collaborava alla conversione e riconciliazione del fratello peccatore; però, principalmente a causa del suo rigidismo e della sua non-reiterabilità, col tempo, quando i cristiani divennero numerosi e non sufficientemente purificati dalle tracce di paganesimo, tale forma penitenziale divenne pastoralmente insostenibile, essendo normalmente lasciata per gli anziani e per il punto di morte. La forma attuale, essendo ripetibile nel corso della vita (ciò fin dal sec. VI), è più mite e anche più rispettosa dell'intimità del peccatore; essa però, ha il pericolo di cadere in una concezione individualista e formalista del peccato e dello stesso sacramento, giacché non esprime sufficientemente la sua dimensione liturgico ecclesiale.
    La riflessione teologica sul sacramento della Penitenza è segnata da questa situazione storica. [1] I Padri, benché in forma non strettamente sistematica, hanno fatto un primo tentativo di spiegare la sintesi vitale che si opera nella Penitenza canonica tra lo sforzo di conversione del cristiano peccatore e l'azione della Chiesa che lo porta alla sua riconciliazione con Dio. Ma la sua attuale sistemazione teologica fu elaborata dalla Scolastica, fin dai sec. XI-XII, come per gli altri sacramenti. Data la forma di celebrare il sacramento della Penitenza in questo periodo la riflessione teologica si è concentrata sulla «confessione» in senso stretto, cioè sull'accusa dettagliata dei peccati, sul compito del sacerdote per assicurarne la completezza e sul valore della assoluzione. Inoltre l'atteggiamento apologetico e polemico, proprio specialmente della teologia postridentina, nonché l'influsso del moralismo e delle prospettive giuridistiche, hanno ancora accentuato questa visione unilaterale. E così la sistemazione teologica detta «classica», «tradizionale», scolastica ha lasciato nell'ombra la dimensione liturgico-ecclesiale del sacramento della Penitenza.
    Nella nostra situazione attuale non si tratta di ripristinare le forme della Penitenza antica, sorte in condizioni che non sono più le nostre. La Chiesa attuale, tutti noi, dobbiamo piuttosto cercare quale è la forma più adatta alla nostra situazione. In questa ricerca, teniamo presente la storia nell'intento di fare la sintesi dei vantaggi delle due forme storiche suaccennate, evitandone gli svantaggi. Inoltre questo rinnovamento dovrà essere guidato da una riflessione teologico-pastorale rinnovata: ci sembra che essa dovrà poggiare sui seguenti elementi, da integrare con quelli che sono già una conquista della teologia classica:
    * approfondimento della dimensione «personale» (non formalistica non attualista, non cosista) ed «ecclesiale» del peccato e della conversione, considerati non primariamente come atti individuali isolati, ma inseriti nella storia del cristiano e della Chiesa;
    * valorizzazione della dimensione liturgico-ecclesiale, nonché della relazione tra parola-sacramento-fede, come è stata sviluppata dal rinnovamento attuale della teologia sacramentaria;
    * maggior accentuazione della dimensione pasquale propria di questo sacramento;
    * esplicitazione e chiarificazione della sua relazione con i sacramenti del Battesimo, dell'Eucaristia e dell'Unzione degli infermi.
    Nell'intenzione di contribuire al rinnovamento teologico-pastorale del sacramento della Penitenza richiesto dalla situazione attuale, presentiamo le seguenti riflessioni, centrate attorno alla nozione di evento salvifico ecclesiale.

    1. IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA COME EVENTO SALVIFICO

    Considerare il sacramento come evento serve a sottolineare il suo carattere storico-esistenziale: non un atto isolato, ma un atto situato nella storia del cristiano, della Chiesa e del mondo, che sono interdipendenti; e non un atto qualunque di questa storia, bensì un atto importante nella costruzione di essa una tappa importante che impegna seriamente la libertà dell'individuo, che con tale atto coopera alla costruzione responsabile di sé stesso, collaborando alla costruzione della storia della Chiesa e del mondo.
    Ma il sacramento è un evento religioso salvifico, situato cioè nella storia della salvezza, nella storia dell'Alleanza a cui Dio chiama gli uomini, che ha il suo centro in Cristo e nel suo evento pasquale, e che si realizza visibilmente nella Chiesa. Questo mette in evidenza innanzitutto l'iniziativa divina, che chiama gratuitamente l'uomo all'Alleanza, che suscita nel peccatore il suo movimento di conversione che lo porta al sacramento della Penitenza, e che quindi attraverso la mozione del suo Spirito (che arriva al peccatore attraverso la voce della coscienza e la predicazione della Chiesa) chiama e fa possibile al peccatore l'attuazione di questo evento, come incontro impegnativo con l'amore misericordioso del Padre.
    Essendo la Pasqua di Cristo il centro della storia della salvezza, l'evento sacramentale ha una dimensione pasquale, in quanto l'incontro dell'uomo con Dio avviene con, per e in Cristo, in una misteriosa ma reale contemporaneità con la sua Morte-Risurrezione. Incontro che in ogni sacramento avviene secondo la prospettiva particolare del segno. Orbene, nel sacra mento della Penitenza il segno è formato sia dallo sforzo del peccatore per convertirsi e che viene manifestato ecclesialmente nella confessione nella accettazione della soddisfazione, sia dalla parola efficace del perdono pronunziata dalla Chiesa, che consacra quello sforzo penitenziale e riconcilia il peccatore con Dio mediante la riconciliazione con se stessa. Quindi, il sacramento della Penitenza è evento pasquale in quanto lo sforzo del peccatore per convertirsi si congiunge ed è manifestazione efficace dell'accettazione della croce di Cristo come segno di obbedienza e di amore al Padre che supera e ripara la disobbedienza e opposizione a Dio in cui consiste il peccato; e in quanto la parola efficace del perdono pronunziata dal sacerdote si congiunge ed è manifestazione efficace dell'amore misericordioso e fedele del Padre che nella Morte-Risurrezione del Figlio incarnato ha riconciliato con sé tutti gli uomini.
    Questo incontro pasquale del peccatore con Dio avviene nella Chiesa e attraverso la Chiesa, che è la manifestazione visibile della presenza del mistero pasquale di Cristo nella storia.
    Passiamo quindi a considerare questa dimensione del sacramento della Penitenza.

    2. LA DIMENSIONE LITURGICO-ECCLESIALE DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA

    Ogni sacramento è un atto del culto santificante della Chiesa, quale sacramento del Cristo glorioso. Nel caso poi del sacramento della Penitenza la dimensione ecclesiale è ulteriormente chiarita dalla dimensione ecclesiale del peccato del cristiano e quindi della sua conversione e riconciliazione con Dio. Esporremo quindi tale dimensione liturgico-ecclesiale del sacramento della Penitenza in tre punti:

    a) Riconciliazione con Dio attraverso la riconciliazione con la Chiesa

    La riconciliazione con Dio significa la riammissione nella sua amicizia: essa è un dono gratuito che esige lo sforzo di conversione del peccatore che si è opposto o chiuso all'appello dell'amore divino.
    Orbene, secondo la rivelazione cristiana, non c'è amore e perdono divino quando manchi l'amore e il perdono dei fratelli (cf Mt 5, 23-26- 6 12-15 e paralleli; 1 Gv 4, 7-21; ecc.). Più ancora, per il Nuovo Testamento, nella correzione e preghiera dei fratelli, nella azione della comunità per convertire e riconciliare il fratello peccatore, si manifesta efficacemente l'amore misericordioso di Dio in cerca della pecorella smarrita (Mt 18, 14-22; 2 Tess 3, 6-15; 1 Cor 5, 1-13; 2 Cor 2, 5-11; Gal 6, 1-2; 1 Tim 1, 18-20; 5, 19-22; 2 Tim 2, 24-26; Giac 5, 16-18; 1 Gv 5, 16).
    Infatti, il cristiano che ha peccato gravemente si è separato in certo senso dalla Chiesa, come comunità di salvezza (per il peccato veniale si oppone al dinamismo salvifico della Chiesa). Non con una separazione totale e visibile, giacché per la permanenza del carattere, rimane ancora cristiano. Ma con una separazione intima, con una separazione dalla carità salvifica ecclesiale, avendo respinto il dono e la presenza attiva dello Spirito di Cristo che anima la Chiesa. Quindi la sua riconciliazione con la Chiesa consiste nella sua riammissione nell'ambito della carità ecclesiale, nella sua unione interna ed efficace con la carità salvifica della Chiesa che è il dono dello Spirito. Perciò il ritorno alla pace con la Chiesa porta con sé il perdono del peccato e il dono dell'amore divino effuso nei nostri cuori dallo Spirito di Cristo che è anche Spirito della Chiesa. In altre parole, il cristiano peccatore che si è opposto e chiuso all'amore di Dio e dei fratelli, ritrova l'amore misericordioso di Dio nell'amore dei fratelli: sicché nel perdono della comunità arriva al fratello peccatore il perdono di Dio.
    E per questa ragione anche la contrizione perfetta, che riconcilia il peccatore con Dio anche fuori del sacramento della Penitenza, include necessariamente il «votum sacramenti», cioè una relazione essenziale alla manifestazione ecclesiale della conversione e della riconciliazione del cristiano peccatore.

    b) Esercizio del sacerdozio della Chiesa

    Il perdono divino arriva al peccatore attraverso il perdono della comunità, in quanto questa esercita la funzione sacerdotale ricevuta da Cristo. Come atto del culto santificante della Chiesa, ogni sacramento è una celebrazione nella quale si esercita il sacerdozio di tutta la Chiesa, sia quello comune a tutti i fedeli (L.G. 11) sia quello ministeriale e gerarchico (cf L.G. 25, 28), i quali «quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro» (L.G. 10b). Cerchiamo quindi di precisare come nel sacramento della Penitenza si esercita questo sacerdozio della Chiesa.
    Il sacerdozio comune a tutti i fedeli è esercitato innanzitutto dallo stesso penitente: non solo passivamente, ma anche attivamente, in quanto i suoi atti, radicati nel carattere battesimale e mossi dallo Spirito, formano parte del segno sacramentale e quindi collaborano a porre il rito stesso della riconciliazione. Inoltre, questo sacerdozio comune viene esercitato anche da tutta la Chiesa: essa infatti coopera alla conversione del peccatore (cf L.G. 11) e a porre il rito stesso della riconciliazione, nel quale il cristiano peccatore s'incontra con il perdono del Padre.
    Ma bisogna subito aggiungere che l'esercizio del sacerdozio ministeriale e gerarchico è assolutamente indispensabile per assicurare l'efficacia della mediazione salvifica della comunità. Esso, in virtù della funzione ricevuta da Cristo, porta alla sua piena efficacia la finalità cultuale e salvifica del rito, facendo dell'atto posto da tutta la comunità un evento strettamente sacramentale, cioè con il grado di efficacia proprio dei sette sacramenti. Infatti, la comunità dei fratelli è insieme santa e peccatrice, ragion per cui l'amore di Dio verso il peccatore è allo stesso tempo rivelato ed oscurato da essa. Perciò, solo l'intervento del sacerdozio ministeriale e gerarchico, in stretta unione con il sacerdozio di tutta a Chiesa, ma attuato in virtù di una missione ricevuta direttamente da Cristo (attraverso la successione) e non per delega del popolo, può assicurare la presenza infallibile ed efficace dell'amore perdonatore del Padre nella riconciliazione del peccatore con la Chiesa.
    Passiamo adesso a considerare il senso di questa parola efficace del perdono che è pronunziata solo dal sacerdozio ministeriale.

    c) L'assoluzione come parola efficace del perdono concesso al cristiano veramente pentito

    Quando il Concilio di Trento utilizzò l'immagine dell'«atto giudiziale» per parlare dell'assoluzione, volle significare, contro i Riformatori, queste tre cose:
    * che. l'assoluzione del sacerdote nel sacramento della Penitenza è veramente efficace e non un semplice annunzio dell'avvenuto perdono in virtù della sola fede fiduciale;
    * che essa è pronunziata in virtù di un potere (ordine e giurisdizione) che solo i Vescovi e i sacerdoti hanno ricevuto da Cristo;
    * che essa esige, normalmente, la conoscenza delle disposizioni del penitente mediante la confessione, nonché il potere di imporre una soddisfazione proporzionata a tale situazione.
    Alcuni studiosi contemporanei hanno fatto notare come, per lo stesso Tridentino, l'assoluzione non è un atto giudiziale nel senso tecnico stretto che per noi ha tale espressione a partire dalla Rivoluzione francese; essa sarebbe piuttosto un atto giudiziale in senso largo (più simile a ciò che oggi chiamiamo un atto o esercizio del potere amministrativo), e cioè, una concessione efficace di un beneficio in nome e con l'autorità ricevuta da Cristo e imponendo certe condizioni che assicurino la Chiesa circa le disposizioni e la conversione del penitente.
    A noi sembra che questo contenuto dell'insegnamento tridentino possa essere espresso dicendo che l'assoluzione è la parola efficace del perdono detta dal ministro gerarchico a un cristiano peccatore veramente pentito. Inoltre, questa formulazione serve ad integrare altri aspetti del sacramento della Penitenza, che non erano espressamente presenti nelle formule del Tridentino, ma che sono state messe in rilievo dal rinnovamento. contemporaneo della teologia sacramentaria. Innanzitutto, considerare l'assoluzione come parola efficace del perdono serve a sottolineare la sua intima relazione con tutta la predicazione e la preghiera della Chiesa. che annunzia il messaggio della Penitenza e della riconciliazione e prega per la conversione e perdono dei suoi membri peccatori. Questo annunzio e questa preghiera acquistano la massima efficacia, in virtù del potere ricevuto da Cristo, nell'assoluzione sacramentale. Inoltre, questa concezione dell'assoluzione serve anche a mettere in risalto la relazione tra parola e sacramento: è infatti questa parola che, in quanto espressione della fede della Chiesa e detta in virtù del potere ricevuto da Cristo, consacra ed eleva lo sforzo penitenziale del cristiano, ecclesialmente manifestato, al piano della fede, al piano della storia della salvezza, costituendo così, assieme agli atti del penitente, un unico segno efficace della conversione e riconciliazione del cristiano peccatore. Infine, questa prospettiva serve a rendere più esplicita la relazione tra sacramento e fede. Perché l'assoluzione è espressione «oggettiva» della fede della Chiesa, e gli atti del penitente, che formano parte dello stesso rito sacramentale, sono animati dalla fede. E ciò significa che è alla luce della fede che il cristiano peccatore coglie la dimensione religiosa, ecclesiale e personale del peccato; ed è quindi alla luce della fede nella parola di Dio che la conversione gli appare come un abbandono reale del peccato e come un'adesione totale a Dio, come un impegno totale di fede in Gesù Cristo e nella Chiesa, per la realizzazione responsabile dell'eterno disegno divino nei suoi riguardi e nella storia del mondo.
    Concludendo queste riflessioni sulla dimensione liturgico-ecclesiale del sacramento della Penitenza, possiamo dire che è la Madre Chiesa che genera i suoi membri nel Battesimo ed è la Madre Chiesa che nel proprio perdono, manifestato in un atto di culto, fa arrivare al membro peccatore il perdono di Dio.

    3. LA DIMENSIONE PERSONALE DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA

    In quanto evento salvifico ecclesiale, ogni sacramento implica l'impegno personale dell'individuo, manifestato in una dimensione ecclesiale, in risposta al gratuito appello di Dio. Nel sacramento della Penitenza tale impegno personale è ancora più necessario per il fatto che gli atti del penitente formano parte dello stesso rito sacramentale. Da questo punto di vista cercheremo ora di presentare brevemente quale è il vero senso di questi atti del penitente.
    La riconciliazione tra persone importa l'impegno di tutti e due. Non ci sarebbe quindi la riconciliazione tra Dio e il peccatore se Dio non offrisse per primo la grazia del perdono. Ma non ci sarebbe nemmeno riconciliazione se il peccatore rimanesse attaccato al suo atteggiamento di rifiuto di Dio e dell'amore degli altri, se, indocile alla mozione dello Spirito, non cambiasse l'opzione fondamentale e si orientasse decisamente verso Dio, verso Cristo, verso la Chiesa.
    Orbene, la Penitenza o metanoia, di cui abbiamo tutti bisogno per salvarci, è innanzitutto quell'atteggiamento morale e religioso dell'uomo, che, mosso dallo Spirito di Cristo, cerca di vincere e superare il peccato in sé e negli altri. Il suo atto centrale è la contrizione o pentimento, cioè «dolor ac detestatio de peccato commisso cum proposito non peccandi de cetero» (Trento). Si tratta quindi di un solo atto o atteggiamento che implica la volontà e lo sforzo per distruggere il passato che è stato sotto il dominio o l'influsso del peccato, e un radicale orientamento verso Dio, in Cristo e nella Chiesa, per essere fedele nel futuro al suo appello.
    Questa contrizione o pentimento interno si manifesta ecclesialmente nella confessione o accusa dei peccati al sacerdote. Infatti, essendo l'uomo uno spirito-corporale, la vera conversione del «cuore» esiste come veramente umana quando si oggettiva e realizza in una dimensione esterna e sociale. Inoltre, trattandosi del pentimento di un cristiano, animato dalla fede, si riferisce al peccato nella sua dimensione necessariamente cristologica ed ecclesiale, in quanto opposizione alla costruzione efficace del Corpo di Cristo. Quindi il pentimento e distacco dal peccato non è veramente e totalmente cristiano se non quando si manifesta nella sfera ecclesiale del sacramento della Penitenza, mediante la confessione. E questo è anche il vero fondamento dell'obbligo di confessare tutti i peccati veramente gravi: l'opposizione e rifiuto di Dio, di Cristo e della Chiesa, si è oggettivato in certi atti concreti e ben determinati; per questo il ritorno verso Dio attraverso Cristo e la Chiesa, deve includere il distacco da quei atti e questo distacco deve manifestarsi ecclesialmente nella confessione come segno reale della sua conversione e della sincerità della sua richiesta di perdono a Dio mediante la sua richiesta di perdono alla Chiesa.
    Ma ogni peccato scatena nel peccatore un dinamismo disgregatore della sua personalità: delle abitudini sbagliate, delle mentalità e tendenze sbagliate, fatte di egoismo, di negligenza, di pigrizia, di superficialità, di conformismo e comodismo, che influiscono nelle scelte successive. Ci può essere una conversione che comporta un così radicale aprirsi alle esigenze dell'amore di Dio e degli altri che riesce a correggere queste abitudini e conseguenze del peccato. Ma normalmente, dopo il cambio dell'opzione fondamentale nell'intimo centro della persona, rimangono delle radici e delle tracce che non sono pienamente integrabili in tale opzione fondamentale di apertura all'amore di Dio e degli altri. Perciò l'accettazione della soddisfazione, cioè delle opere di penitenza imposte dal sacerdote, costituisce un segno e manifestazione ecclesiale dell'efficacia del pentimento interno, della volontà del cristiano per distruggere e superare il peccato e le sue conseguenze. E queste opere di penitenza acquistano il loro vero valore perché, attraverso questa manifestazione ecclesiale, si congiungono con la croce di Cristo e partecipano del suo dinamismo purificatore e rinnovatore, che non esclude ma piuttosto valorizza lo sforzo del peccatore.
    Notiamo finalmente che l'evento sacramentale non è un atto isolato, bensì inserito nel divenire storico della Chiesa e del cristiano. Perciò il sacramento della Penitenza è in stretto rapporto con tutto lo sforzo di Cristo, della Chiesa e del cristiano per vincere e superare il peccato.
    Le celebrazioni del sacramento della Penitenza sono quindi dei momenti culminanti di questa storia del cristiano pentito che cerca la sua conversione, mosso e aiutato da Cristo e dalla Chiesa. Tale storia può essere cominciata da un inizio molto imperfetto che si va via via perfezionando fino ad arrivare alla volontà sincera di distacco dal peccato e apertura all'amore di Dio e degli altri, volontà che può ancora essere ulteriormente perfezionata. Può darsi che questa vera conversione sia animata dalla carità e realizzi quindi la riconciliazione del peccatore con Dio e con la Chiesa, anche prima della celebrazione del sacramento della Penitenza. Si deve però aggiungere che tale pentimento acquista la sua ultima perfezione ed efficacia solo nel sacramento della Penitenza: psicologicamente, perché la stessa manifestazione ecclesiale lo porta normalmente a maggiore perfezione, come atto proprio di uno spirito-corporale; ontologicamente, perché, per la sua dimensione ecclesiale, tale conversione e riconciliazione non sarà completa finché non si manifesti nell'ambito visibile e sociale, che è un aspetto essenziale del peccato e della Chiesa. E questo è il senso della dottrina tradizionale del «votum sacramenti»: esso esprime la tendenza ontologica della vera contrizione perfetta a manifestarsi e raggiungere il suo compimento nella celebrazione sacramentale.

    4. IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA E L'EUCARISTIA

    Per essere completi, dovremmo trattare delle relazioni proprie del sacramento della Penitenza con il Battesimo, con l'Eucaristia e con l'Unzione degli infermi. Per mancanza di spazio e di tempo ci riduciamo alla considerazione delle sue relazioni con l'Eucaristia.
    Secondo le-parole dell'istituzione, l'Eucaristia è il sangue della Nuova Alleanza «effuso per la remissione dei peccati» (Mt 26, 28). Questo significa che l'Eucaristia, come memoriale perpetuo della Nuova ed Eterna Alleanza suggellata nella Pasqua di Cristo, significa e realizza innanzitutto l'unione e comunione di vita tra Dio e gli uomini in Gesù Cristo e nella Chiesa; e allo stesso tempo supera efficacemente il peccato che è opposizione e rifiuto di tale comunione. Ma perché abbia tale effetto positivo e negativo si richiede una preparazione adeguata in chi vi partecipa. Secondo 1 Cor 11, 27-34, questa preparazione consiste essenzialmente nella fede viva nel corpo eucaristico di Cristo che porti all'esercizio attivo della carità tra le membra del suo corpo ecclesiale.
    Questa duplice affermazione è rimasta presente nella tradizione della Chiesa, non senza una certa tensione reciproca.
    Nell'antichità cristiana, la Penitenza «canonica» comportava l'esclusione dall'Eucaristia fino ad avvenuta riconciliazione. Ma per parecchi secoli, per ragioni diverse, molti cristiani, coscienti di peccati considerati veramente gravi, purché dessero segni di ravvedimento, erano ammessi all'Eucaristia senza previa riconciliazione sacramentale. I testi liturgici attribuiscono all'Eucaristia il perdono dei peccati, anche gravi. Il Concilio di Trento raccolse questa doppia tradizione. Da una parte, nel 1551 definì, contro i Riformatori, che la sola fede fiduciale non è preparazione sufficiente alla comunione eucaristica; e allo stesso tempo mantenne, come «ecclesiastica consuetudo» la prescrizione di confessarsi prima di accostarsi alla comunione per chi è conscio di peccati gravi (cf D.S. 1646-47 e 1661), prescrizione che era stata promulgata per la prima volta, per tutta la Chiesa, nel Concilio Lateranense IV, nel 1215. E qualche anno più tardi, nel 1562, trattando dell'Eucaristia come sacrificio, definì il suo valore propiziatorio nei riguardi dei peccati (cf D.S. 1753), insegnando anche che, a chi vi partecipa con le dovute disposizioni, «concede la grazia e il dono della Penitenza e rimette i crimini e i peccati anche gravi ("etiam ingentia")» (cf D.S. 1743). Tenendo quindi presenti questi dati, possiamo brevemente indicare le relazioni esistenti tra il sacramento della Penitenza e l'Eucaristia con le seguenti affermazioni:
    * Sia l'Eucaristia sia il sacramento della Penitenza concedono il perdono dei peccati a chi vi partecipa con le dovute disposizioni; ma lo concedono in modo diverso e proprio, corrispondente alla diversa struttura del loro segno sacramentale.
    * Dal punto di vista dell'impegno del fedele nel rispondere all'appello divino che lo invita alla conversione, il sacramento della Penitenza è il sacramento proprio della conversione e riconciliazione del cristiano peccatore. E per questo è la miglior preparazione alla partecipazione all'Eucaristia, nel caso di peccato veramente grave. Anzi, mentre duri l'attuale precetto ecclesiastico, la confessione sacramentale, per il caso di peccato veramente grave, è, ordinariamente, l'unico e necessario mezzo per avere la disposizione richiesta dalla partecipazione piena all'Eucaristia.
    L'Eucaristia perfeziona quella comunione con Dio e con i fratelli, in Cristo e nella Chiesa, che era stata rotta dal peccato e ristabilita dal sacramento della Penitenza, onde si può dire che, come in ogni sacramento, c'è anche nel sacramento della Penitenza un «votum Eucharistiae», un'ordinazione ontologica ad essere completato dall'Eucaristia.
    * Dal punto di vista dell'intervento divino redentore, l'Eucaristia è la sorgente sacramentale per eccellenza del perdono dei peccati. Almeno nel senso che il perdono concesso dal sacramento della Penitenza è un anticipo della grazia dell'Eucaristia, come memoriale perfetto della Pasqua di Cristo. Ma anche nel senso che l'Eucaristia concede il perdono dei peccati a chi vi partecipa con un vero pentimento. Nel caso di peccati veramente gravi (sia perché non c'è stata comodità per confessarsi e non si può prescindere dalla comunione, sia nell'ipotesi che la Chiesa togliesse l'attuale prescrizione ecclesiastica), l'Eucaristia, realizzando direttamente la comunione di vita con Dio e con i fratelli, perdona il peccato in quanto fa perfetta la contrizione del peccatore; ma questo perdono e riconciliazione include un «votum sacramenti Paenitentiae», cioè un'ordinazione ontologica da rendersi completa nella sua manifestazione ecclesiale nel sacramento della Penitenza: e da questo punto di vista il sacramento della Penitenza è un'esplicitazione della grazia concessa dall'Eucaristia.

    ALCUNE CONCLUSIONI PASTORALI

    1. Valore e senso della confessione frequente

    Forse la prima conclusione pastorale che balza dalle nostre riflessioni teologiche è che bisogna tener sempre presente il principio del primato della qualità sulla quantità; bisogna evitare cioè che la celebrazione del sacramento della Penitenza diventi un qualcosa di meccanico, formalista e superficiale, facendo il possibile perché sia veramente un evento. Ma si deve aggiungere subito che la metanoia o Penitenza è una dimensione essenziale della vita cristiana. Essa non può essere ridotta alla pura interiorità. Tenendo presente la struttura spirito-corporale dell'uomo e la dimensione ecclesiale del peccato, tale sforzo continuo di conversione, perché esista veramente come umano e cristiano, deve manifestarsi nella sfera ecclesiale per essere consacrato ed elevato, dalla parola dell'assoluzione, al livello di incontro con l'amore pasquale e misericordioso del Padre. Quindi, ogni cristiano deve saper trovare il ritmo più adatto alla propria situazione; cioè, non deve lasciare l'accostarsi al sacramento della Penitenza al puro caso o al sorgere di una voglia più o meno spontanea e sentimentale, ma deve saper obbligarsi da sé a un certo ritmo, quello che in coscienza ritenga più adatto per l'efficacia della sua vita cristiana, e impegnarsi perché ogni celebrazione del sacramento della Penitenza sia un vero evento che consacra il suo continuo sforzo di conversione.
    E questo aiuta a comprendere anche il valore della confessione frequente chiamata «di devozione», cioè di soli peccati veniali o di peccati veramente gravi ma già confessati e perdonati. Anche questi peccati lasciano, iniziano o creano in noi delle abitudini, tendenze e mentalità sbagliate, che ci portano verso l'egoismo, verso la chiusura od opposizione alle esigenze dell'amore di Dio e degli altri uomini; e quindi anche questi peccati esigono un continuo sforzo di conversione; e, data la struttura dell'essere umano e la dimensione ecclesiale anche dei peccati veniali (con i quali ci opponiamo e diminuiamo l'efficacia della missione salvifica della Chiesa), tale conversione acquisterà la sua più perfetta espressione e compimento nella sua manifestazione ecclesiale nel sacramento della Penitenza.
    Si tenga infine sempre presente che nel determinare il ritmo più adatto ad ognuno bisogna tener presente la situazione, la capacità psicologica, il livello di vita cristiana, ecc. Inoltre questo ritmo può essere diverso, anche per le stesse persone, in situazioni diverse. Nel determinare questo ritmo si deve tener anche presente l'efficacia dell'Eucaristia sul perdono dei peccati veniali.

    2. Le celebrazioni comunitarie del sacramento della Penitenza

    Un'altra delle conclusioni che balza dalle nostre riflessioni teologiche è l'importanza che bisogna dare alla dimensione liturgico-ecclesiale del sacramento della Penitenza. Questa dimensione è appena riconoscibile nella forma attuale della confessione privata o individuale. Perciò è da alcuni anni che si esperimentano diverse forme di celebrazione comunitaria della Penitenza.
    Vi possiamo distinguere due tipi fondamentali:
    * Una celebrazione liturgica della confessione, più o meno con questo volgimento: rito di introduzione, proclamazioni della Parola di Dio (lettura della Sacra Scrittura con breve omelia seguita dall'esame di coscienza), recita del «Confesso a Dio» seguito dal «Dio onnipotente...» detto dal presidente dell'assemblea, e confessioni individuali (ridotte all'essenziale) con l'assoluzione data ad ognuno da parte dei sacerdoti (presenti in numero proporzionato), in genere senza esortazioni, per finire con una preghiera comune di richiesta di perdono e di ringraziamento e in genere con l'accettazione di una soddisfazione comune.
    * Una celebrazione liturgica del sacramento della Penitenza, nella quale (sulla linea della celebrazione sopradescritta) la confessione o accusa sia fatta solo in modo generico e comunitario, senza specificazioni individuali, e l'assoluzione venga impartita dal sacerdote a tutta l'assemblea, preferibilmente in forma deprecatoria per marcare la sua distinzione dalla confessione privata o individuale.
    I vantaggi di queste celebrazioni sono l'esplicitazione evidente della dimensione liturgico ecclesiale, con la più chiara relazione tra sacramento, parola, e fede, onde si può ottenere una più efficace formazione e preparazione delle coscienze al vero senso cristiano del peccato e della conversione. Si notano però anche degli svantaggi, come la possibilità di un certo meccanicismo che può avere la prima forma nella sua parte centrale; e, nei due casi, c'è il rischio di non esprimere bene e quindi di non realizzare sufficientemente lo sforzo individuale di conversione.
    Per la loro utilizzazione bisogna tener presente le condizioni richieste. Per la seconda forma, considerata come una nuova forma di celebrare il sacramento della Penitenza, si richiede l'autorizzazione esplicita della gerarchia. La prima per sé non la richiederebbe, ma di fatto è stata già consigliata da molte conferenze episcopali. Per tutte e due si richiede una preparazione progressiva della comunità e un ritmo di celebrazione che assicuri la sua efficacia.
    S'intravedono già fin da adesso possibilità di ulteriori sviluppi: nelle missioni, nei luoghi con pochi sacerdoti, in occasioni speciali di straordinario afflusso di penitenti, l'autorità competente potrebbe concedere la seconda forma anche per i peccati veramente gravi; ma questi dovrebbero poi essere confessati individualmente, quando ci fosse la possibilità, per realizzare visibilmente la riconciliazione con la Chiesa che è esigita da ogni peccato grave.
    Notiamo quindi che si prevede una coesistenza delle tue forme, comunitaria e individuale, della celebrazione del sacramento della Penitenza. La confessione individuale rimane obbligatoria nei casi di peccati veramente gravi, ed è sempre aperta e consigliata negli altri casi, come espressione più adatta allo sforzo dell'individuo per la sua conversione. E ci sembra che le due forme si possano completare e rivalutare vicendevolmente: chi ha partecipato a una celebrazione comunitaria saprà più facilmente vivere questa dimensione ecclesiale anche nella forma della confessione individuale; e chi si avvicina alla confessione individuale, si sarà abituato a vivere la dimensione individuale della propria conversione e potrà realizzare più facilmente tale dimensione anche nelle celebrazioni comunitarie.

    NOTE

    [1] Per un ulteriore sviluppo, con abbondante bibliografia, delle riflessioni qui proposte, cf J. RAMOS-REGIDOR, Il sacramento della Penitenza, evento salvifico ecclesiale, in Rivista Liturgica 54, 6 (nov.-dic. 1967), pp. 706-757; lo studio si trova anche in La Penitenza (Quaderni di RiV. Lit., n. 9), Torino-Leumann, LDC, pp. 90-141.


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