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    Morire all’alba. Bartolomé Blanco, la forza della vita


    Santi giovani e giovinezza dei santi /12

    José Miguel Núñez

    (NPG 2022-02-58)


    A Pozoblanco, un paesello della provincia di Córdoba (Spagna), il 25 dicembre 1914 nasce Bartolomé Blanco da papà Ismael e mamma Felisa, sposatisi l’anno prima. La nascita del piccolo Bartolomé illuminò il Natale di quell'anno, segnato dalla prima guerra europea mondiale e dalla povertà in una Spagna stremata e sull'orlo di una crisi economica, politica e sociale. Il mondo, come era stato conosciuto fino allora, sembrava definitivamente andare in pezzi.

    Un’infanzia segnata dal dolore

    L'infanzia di Bartolomé è segnata dalla povertà e dal dolore. Nel marzo 1917 nasce una sorellina, ma per una bronchite muore a soli 18 mesi. Un mese e mezzo dopo la segue la ventisettenne mamma Felisa, vittima della spagnola. Bartolomé rimane così orfano di mamma a 4 anni, ma non gli manca l'affetto del padre e degli zii.
    Frequenta la scuola, impara a leggere e scrivere e come tutti i bambini studia il catechismo per prepararsi alla prima comunione, che riceve nel 1923 nella parrocchia di Santa Catalina, dalle mani del parroco don Antonio María Rodríguez Blanco. La Provvidenza vorrà che quel santo sacerdote, ex allievo salesiano di Utrera e salesiano cooperatore, condivida con Bartolomé lo stesso orizzonte del martirio, molti anni dopo.
    Ma, si sa, le disgrazie non arrivano mai da sole. Il padre, mezzadro nelle campagne andaluse, viveva coltivando grano, scavando ulivi e prendendosi cura delle bestie per lavorare la terra. Un’incidente mette fine alla sua vita. Un carro troppo carico si capovolge sulla strada, schiacciandolo. Era il 6 settembre 1926. Bartolomé non ha ancora compiuto i dodici anni. La perdita dei genitori segna per sempre la sua vita.

    Buona stoffa

    Pur avendo buone capacità per lo studio, Bartolomé lascia la scuola molto presto. La situazione economica in casa degli zii dove è accolto era molto precaria per cui, come molti piccoli dell’epoca, deve andare al lavoro. Fa il garzone nella bottega dei cugini, fabbricanti di sedie. Il lavoro di artigiano sarà per lui un richiamo costante alla dignità del lavoratore che, con umiltà, cerca di guadagnarsi la vita onestamente.
    Nel 1930 a Pozoblanco arrivano i Salesiani. Nella prima comunità sono cinque, con don Antonio do Muiño direttore. Ben presto si sa nel paese che la casa di Don Bosco è la casa dei giovani. La scuola, l'oratorio e la chiesa diventano punti di riferimento nella vita delle famiglie del paese. Bartolomé è subito affascinato dai Salesiani. Il suo spirito allegro e inquieto si adatta perfettamente allo stile dei figli di Don Bosco. Prima come oratoriano e poi come catechista, li frequenta tra il 1930 e il 1935, facendosi amare e apprezzare da tutti per ingegno, impegno apostolico e capacità di leadership. Catechista, animatore dell'oratorio, coltiva il gruppo di fede insieme ai suoi compagni per la loro formazione. Frequentemente sale sul palcoscenico per recitare in una commedia con il genio cordobese che lo caratterizza.
    Accompagnato spiritualmente da don Antonio, Bartolomé impara a pregare la Vergine Ausiliatrice e accresce la sua devozione a Gesù sacramentato. Mette le sue capacità al servizio dei bambini nella catechesi o nell'oratorio. Ha un dono speciale. che lo porta ad essere capitano di quei ragazzi che ogni domenica vengono all'oratorio e vedono in lui un animatore accogliente e creativo. Lo stile salesiano fatto di gioia, ottimismo e spirito di famiglia trova in Bartolomé terreno fertile per mettere radici. Si identifica subito con la semplicità dei figli di Don Bosco. Scopre che il cammino della santità è quotidiano e corre lungo le vie del dovere compiuto, dell'amicizia con Gesù e Maria e dell'apostolato tra compagni. Bartolomé, quindicenne, inizia a camminare con passo deciso sulla via tracciata dal Vangelo.

    La prima Olivetti

    Don Antonio lo incoraggia a partecipare ai cosiddetti “Circoli di studio” che il direttore salesiano organizza nella stessa scuola dirigendoli personalmente. Sono gruppi di formazione cristiana e di riflessione per i giovani. Si studiano i Vangeli e si approfondiscono testi, cercando di illuminare la propria vita per stimolare i ragazzi ad un maggiore impegno verso gli altri. È così che, a poco a poco, Bartolomé si sente sempre più coinvolto nell'Azione Cattolica grazie alle sue convinzioni cristiane, al suo impegno evangelico e al desiderio di una vita santa.
    Inizia in quegli anni un'importante attività letteraria. Bartolomé legge e scrive molto. Don Antonio gli regala una macchina da scrivere Olivetti, moderna e di ottima fattura. Che privilegio! Conserviamo molti suoi scritti di quel tempo: schede, discorsi, articoli... scritti con l'Olivetti. Don Antonio gli dà ciò di cui ha bisogno: l'affetto del padre che ha perso, l'inquietudine e l’amore alla cultura, un forte senso di giustizia sociale, un cammino spirituale e una Olivetti. Il buon prete aveva scoperto nel giovane Bartolomé un diamante grezzo, dalle capacità insolite, ed era pronto a fare di tutto per venire incontro alle sue necessità.

    È giunta l’ora

    Forte delle sue convinzioni religiose, con una chiara identità di lavoratore cattolico, Bartolomé assume gradualmente un impegno sociale e politico e partecipa attivamente alle elezioni del 1933. Il discorso che, diciannovenne, pronuncia a nome dell'Azione Cattolica, durante un evento elettorale nella sua città, alla presenza di illustri personalità politiche dell'epoca, è decisivo. I suoi compagni dicevano di lui che era un giovane retto e coraggioso, con doti intellettuali insolite per uno della classe popolare che non aveva potuto accedere agli studi oltre le scuole inferiori. Ma con indosso le vesti di umile operaio, egli fa della sua condizione di lavoratore una bandiera per difendere la sua posizione politica: quella di difensore dei diritti del popolo ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa, con cui si identifica.
    Quella sera gli fu affidato il discorso di apertura dell'evento e il compito di presentare i relatori. Al termine del suo intervento, dopo un momento di silenzio, scoppiò un fragoroso applauso. Tutti si alzarono in piedi. Dicono che quella notte non ci furono più discorsi. Per lo meno non come quello di Bartolomé. Un giovane operaio che non era un politico né aspirava a sedere al Congresso dei Deputati, aveva tenuto una lezione di impegno sociale tale da lasciare a bocca aperta i relatori che lui stesso doveva presentare.
    Uno dei politici presenti, stupito dall'eloquenza di quel giovane, si interessa subito di lui e, intuendo il valore del giovane, gli procura un colloquio a Madrid con una delle personalità pubbliche più prestigiose del cattolicesimo del momento in Spagna, don Enrique Herrera Oria. Giornalista e politico, dotato di splendida intelligenza, si era dedicato completamente alla causa della difesa dei lavoratori nella convinzione che la Chiesa potesse aiutare in modo positivo e decisivo il cambio sociale.
    Dopo l'intervista, Herrera Oria si stupisce del potenziale di Bartolomé. Gli offre la possibilità di formarsi presso l'Istituto Sociale per gli Operai (ISO), da lui stesso fondato un anno prima, per forgiare leader cristiani che, sulla base della dottrina sociale della Chiesa, si impegnassero pubblicamente per la causa dei lavoratori e operassero per la giustizia sociale.
    Bartolomé crede di sognare. Un'occasione unica! Fanno un'eccezione per lui, dal momento che non ha ancora l’età per partecipare al corso. Ne valeva la pena. Beniamino, come lo chiamano i suoi compagni perché era il più giovane, si guadagna subito la stima di tutti. Si distingue per intelligenza e capacità di leadership, per umiltà e forza di volontà con cui superare tutti gli ostacoli. In quegli anni sviluppa anche una forte spiritualità sostenuta dall'amore a Gesù nell'Eucaristia, dalla revisione di vita e dalla preghiera quotidiana.
    Al termine del corso gli è assegnata per meriti e capacità una borsa di studio dall'ISO per un viaggio di studio in Europa dal 10 al 26 settembre 1935, per conoscere la realtà dell'azione sindacale cattolica nel continente. Parigi, Bruxelles, Anversa, Heerlen sono alcune delle città visitate. È un viaggio decisivo che gli apre orizzonti nuovi e incoraggia il suo impegno.
    Quando torna a casa, si dedica ancora di più al lavoro di guida dei sindacati della provincia di Córdoba. Con creatività promuove nuovi progetti e si lascia coinvolgere nell'organizzazione coordinata ed efficace della formazione dei suoi colleghi. Non smette mai di lavorare. Durante i periodi di riposo, rimane legato alla bottega con i cugini, operai tra gli operai. Non perde la sua umiltà. Consapevole della sua missione, continua a coltivare la vocazione e l’apostolato con una vita spirituale forte e robusta. Come metallo in fiamme, Dio affinava in lui una santità semplice e profonda. Come se la Provvidenza preparasse l'orizzonte cui sarebbe stato chiamato. Niente di improvvisato nel tempo di Dio.

    Le fauci del leone

    All'inizio di ottobre 1935, Bartolomé indossa l’uniforme militare per adempiere al suo dovere. È a Cadice e colà svolge il servizio alla patria senza particolari scosse personali, ma preoccupato di come stanno andando le cose. I primi mesi del nuovo anno 1936 non sono di buon auspicio in ambito politico e sociale. Tutto poi precipita dopo l'esito del primo turno delle elezioni del 16 febbraio, che porta uno sconvolgimento nella politica nazionale e a un cambio radicale di scena in Parlamento.
    In tutto il Paese scoppia un'ondata di violenza intesa a destabilizzare il sistema. In odio della fede si scatena una vera persecuzione religiosa. Incendio di conventi, distruzione di immagini sacre, omicidi di religiosi, sacerdoti e laici cattolici... il terrore e la paura seminano incertezza in tutto il Paese coinvolto in un conflitto di dimensioni straordinarie e dalle conseguenze imprevedibili.
    Lo scoppio della guerra civile sorprende Bartolomé in licenza nella sua città. È tradito per il suo status di leader sindacale cattolico e difensore della causa sindacale. Arrestato, dopo alcuni giorni nel carcere di Pozoblanco è trasferito a Jaén dove viene condannato a morte con un processo-farsa. L’accusa è di non abiurare la sua fede e di mantenere vivo il suo impegno per il Vangelo.
    Affronta la morte con forte serenità e fede matura. Prega senza sosta, e sostiene i suoi compagni di cella. Giorni prima di essere ucciso, saluta la sua ragazza, scrivendo dal carcere con una chiarezza sconvolgente:

    “Cara Maruja: come ti ho amato, ti amerò fino al momento della morte. Dio mi chiama; Dio mi chiama al suo fianco e io vado da lui sulla via del sacrificio. Non incolpare nessuno per la mia morte; perdona in nome di Dio come Lui ha perdonato e anch'io perdono (…) Fino all'eternità. Il tuo Bartolomeo”.

    E alla sua famiglia la sera prima della fucilazione:

    "Che questo sia il mio ultimo desiderio: perdono, perdono e perdono (...) Possa essere la vostra pace sapere che la mia serenità, nelle ultime ore, è assoluta a causa della mia fiducia in Dio."

    Sappiamo che Bartolomé chiese di essere fucilato a piedi nudi e con gli occhi scoperti. Al momento della raffica ha gridato, secondo i testimoni: “Viva Cristo!”. Voleva assomigliare al suo Signore, nudo sulla croce e con fiducia nella misericordia del Padre. Era l'alba del 2 ottobre 1936. Aveva 25 anni. Papa benedetto ne riconoscerà il martirio e il 29 ottobre 2007 lo dichiarerà “beato”.


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