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    La mia fede in ambiente universitario


    Claudia Gaetano *

    (NPG 2017-06-42)


    Concludiamo il dossier con la testimonianza di una studentessa a nome di tutti coloro che sono i veri protagonisti della PU: i giovani. Una parola di speranza dunque e di motivazione per il nostro lavoro con loro e per loro.

    Ho sempre pensato che le università non sono microcosmi impermeabili che gravitano intorno alla società, procedendo secondo regole proprie; ne sono invece l’esatta proiezione. Se la nostra società è attraversata da secolarismo, materialismo esasperato, slittamento di valori, così è anche l’ambiente con il quale dobbiamo confrontarci noi studenti universitari negli anni della nostra formazione. C’è però un fatto che negli ultimi anni si è fatto più pervasivo, a me pare, in linea generale, che gli uomini e le donne del nostro tempo lottano per conquistare il più netto distacco da ogni prospettiva di trascendenza. Vantano e difendono con convinzione una lettura della storia (e della natura) che sia priva di ogni riferimento al divino. Questo succede ovunque, ma per l’ambiente universitario vale più che per ogni altro contesto.
    Ora è verissimo che ogni università possiede un preciso potere, quello di formulare la gran parte delle teorie destinate a reggere e indirizzare la nostra società. Per questo ogni struttura universitaria appare come un luogo deputato ad abbeverare l’albero del pensiero dominante, anche se ogni insegnamento mira alla fondazione di un pensiero attuale e competitivo non sempre collima con un sapienza cristiana autentica. C’è da dire inoltre che per una laureanda in giurisprudenza come sono io, temi come la verità integrale della persona, l’esatta visione di bene comune o della dignità della vita, non sempre entrano in gioco negli anni di studi se non come convinzione personale. D’altra parte gli stessi studenti, in qualche modo restano imbrigliati nell’insieme di quelle teorie, e a volte sono obbligati a ripensarle in profondità escludendo ogni idea sul divino.
    Qui però ho riscoperto la forza della fede cristiana con il suo pensiero e la sua luce. Essa mi è stata di grande aiuto ad esempio facendomi ripensare in profondità i fini verso cui far convergere gli strumenti e le tecniche che il pensiero universitario mi suggeriva, o anche più semplicemente, mi ha permesso di non accettare come definitive tutte quelle concezioni che in vari ordinamenti giuridici, assecondano una cultura di morte piuttosto che di vita.
    Ma non sempre è stato facile venirne a capo. L’allargamento degli orizzonti è sempre problematico. Qualche anno fa, ricordo come Papa Benedetto, invitato ad intervenire all’inaugurazione dell’anno accademico dell’università “la Sapienza”, fu costretto a rinunciarvi, a causa, soprattutto, delle polemiche sollevate da una parte del corpo docenti. Il rifiuto di ascoltare una voce autorevole e soprattutto umanamente riconosciuta come una voce di pace e di saggezza, bisogna leggerlo come un segnale del malessere che tocca certi ambienti universitari dove l’esclusione di ogni orientamento di pensiero che impedisce la messa in discussione dei propri orientamenti fondamentali è il nuovo vangelo universitario. .
    Ma cosa si può veramente fare di buono e di bene in un ambiente così singolare? Come continuare a crescere nella ragione e nei mezzi senza escludere il mio credo? É questa una domanda che mi sono posta più volte durante questi anni di studio. In altre parole è possibile per un cristiano vivere e testimoniare la propria fede in ambiente universitario? È possibile una qualche evangelizzazione? Io penso di sì.
    Anzitutto curando scrupolosamente la mia formazione intellettuale e unendola saldamente con ad un chiaro cammino interiore e spirituale. Non si tratta di formarsi solamente dal punto di vista intellettuale, ma di guardare un po' più là, donando un'anima credente alla mia formazione.
    Tale consapevolezza è nata in me frequentando prima di entrare in ambiente universitario, la spiritualità del Movimento Apostolico, un movimento nato nella mia terra circa quarant’anni fa, che fa della formazione nel pensiero di Cristo il suo centro vitale. In generale, sono convinta che aver mantenuto vivo per tutto il tempo dei miei studi universitari, la bellezza di un pensiero credente, sia stata una grazia. Più in generale ritengo sia importante non trascurare il cammino interiore spirituale. Gli strumenti presenti in ogni università, come cappellanie, parrocchie universitarie, centri aggregativi, incontri, meeting, amicizie tra credenti, sono la strada maestra per evitare lentezze nel cammino accademico senza perdere la passione per la costruzione del proprio futuro attraverso il presente. Per questo motivo, quando varco i confini della mia università, porto con me sempre la consapevolezza che la mia fede ha una parola da dire sul mio futuro e sul mio presente. E se anche scandalizza i miei colleghi (non tutti) la centralità di Dio nella mia vita, scopro con gioia che alcuni riconoscono che fare bene il proprio lavoro, studiare con dedizione e sacrificio, spendendo ogni energia e capacità, per costruirsi la possibilità, domani, di lavorare bene e con bellezza ha proprio in una fede schietta e semplice il suo punto di forza.
    Da parte mia sono convinta che ogni aspirazione, ambizione, attitudine è Dio ad averla posta nel mio cuore e nel cuore di molti, ed è sempre lui a concederci l’occasione - a tempo debito - di essergli d’aiuto, declinando per ciascuno, in modo unico e personale, le modalità dell’amore e del servizio cui domani saremo chiamati.

    * V anno Giurisprudenza Università della Magna Grecia, Catanzaro


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