Papa Francesco e i giovani - Pensieri ricorrenti /6
Cesare Bissoli
(NPG 2016-04-56)
* Siamo a Torino, il 21 giugno 2015, giornata dei giovani! Papa Francesco di primo mattino vola da Roma e subito parla con il mondo operaio, ricordando che la disoccupazione giovanile è del 40%. E annota: “Una crisi non può essere superata, noi non possiamo uscire dalla crisi senza i giovani, i ragazzi, i figli e i nonni. Forza per il futuro, e memoria del passato che ci indica dove si deve andare. Non trascurare questo, per favore. I figli e i nonni sono la ricchezza e la promessa di un popolo”. Poi, venera il Crocifisso rappresentato dalla a Sindone, celebra i 100 anni della morte di Don Bosco che il Papa - lui stesso ex-allievo salesiano - chiama il “santo dei giovani”, fa pranzo più di sorriso che di cibo con i ragazzi del Ferrante Apporti, visita i malati del Cottolengo e chiude la giornata con un grande, sempre ricercato appuntamento con i giovani in piazza Vittorio, la più vasta della città, occupata da migliaia e migliaia di giovani. Papa Francesco ha dei fogli in mano per il suo discorso. Ma non gli basta. Egli vuol parlare a tu per tu con i giovani che sente amici, parlare cuore a cuore perché sia toccata l’intelligenza. Lo fa dovunque nel mondo, avvalendosi di domande dei giovani stessi per rispondere concretamente. Vuol ascoltare prima di parlare. È il suo stile. Del resto Gesù quando parlava alla gente leggeva dei fogli?
* “Chiara, tu hai chiesto: Cosa è amare? Che tipo di amore è quello di Gesù? ”
Queste sono le dimensioni dell’amore:
- Prima di tutto, “l’amore è più nelle opere che nelle parole: l’amore è concreto”;
- Secondo: “l’amore sempre si comunica, cioè l’amore ascolta e risponde, l’amore si fa nel dialogo, nella comunione: si comunica”.
- Ciò comporta che “l’amore non usa le persone e cioè l’amore è casto. Perdonatemi se dico una cosa che voi non vi aspettavate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente”;
- Ed ancora “l’amore si fa servizio, si sacrifica per gli altri. È questo amore che ha animato Gesù”
“Non è facile parlare d’amore, non è facile vivere l’amore. Ma con queste cose che ho risposto, Chiara, credo che ti ho aiutato in qualcosa, nelle domande che tu mi facevi. Non so, spero che ti siano di utilità”.
* “E grazie a te, Sara, appassionata di teatro. Tu hai detto: “Spesso respiriamo un senso di sfiducia nella vita”. Sì, perché ci sono situazioni che ci fanno pensare: “Ma, vale la pena vivere così? “ Cosa posso aspettarmi da questa vita?”.
La risposta di Papa Francesco sta nella durissima denuncia di un mondo ingiusto e implacabile. L’alternativa del Vangelo è chiara, anche senza nominarlo.
“Io capisco quello che tu dici della sfiducia nella vita; anche oggi che stiamo vivendo nella cultura dello scarto. Perché quello che non è di utilità economica, si scarta. Si scartano i bambini, perché non si fanno, o perché si uccidono prima che nascano; si scartano gli anziani, perché non servono e si lasciano lì, a morire, una sorta di eutanasia nascosta, e non si aiutano a vivere; e adesso si scartano i giovani: pensa a quel 40% di giovani, qui, senza lavoro. È proprio uno scarto! Ma perché? Perché nel sistema economico mondiale non è l’uomo e la donna al centro, come vuole Dio, ma il dio denaro. E così, con questa cultura dello scarto, ci si può fidare della vita?, con quel senso di sfida [che] si allarga, si allarga, si allarga? Un giovane che non può studiare, che non ha lavoro, che ha la vergogna di non sentirsi degno perché non ha lavoro, non si guadagna la vita. Ma quante volte questi giovani finiscono nelle dipendenze? Quante volte si suicidano? Le statistiche dei suicidi dei giovani non si conoscono bene. O quante volte questi giovani vanno a lottare con i terroristi, almeno per fare qualcosa, per un ideale. Io capisco questa sfida. E per questo Gesù ci diceva di non riporre le nostre sicurezze nelle ricchezze, nei poteri mondani”.
* “E passo a dare la risposta alla domanda di Luigi: lui parlava di un progetto di condivisione, cioè di collegamento, di costruzione”.
“Noi dobbiamo andare avanti con i nostri progetti di costruzione, e questa vita non delude. Se tu ti coinvolgi lì, in un progetto di costruzione, di aiuto – pensiamo ai bambini di strada, ai migranti, a tanti che hanno bisogno, ma non soltanto per dar loro da mangiare un giorno, due giorni, ma per promuoverli con l’educazione, con l’unità nella gioia degli Oratori e tante cose, ma cose che costruiscono, allora quel senso di sfiducia nella vita si allontana, se ne va. Cosa devo fare per questo? Non andare in pensione troppo presto: fare. Fare. E dirò una parola: fare controcorrente. Fare controcorrente. Per voi giovani che vivete questa situazione economica, anche culturale, edonista, consumista con i valori da “bolle di sapone”, con questi valori non si va avanti. Fare cose costruttive, anche se piccole, ma che ci riuniscano, ci uniscano tra noi, con i nostri ideali: questo è il migliore antidoto contro questa sfiducia della vita, contro questa cultura che ti offre soltanto il piacere: passarsela bene, avere i soldi e non pensare ad altre cose. Fare controcorrente, cioè essere coraggiosi e creativi”.