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    Introduzione al dossier "Preadolescenti, sport e animazione"


     

    (NPG 1989-09-3)

    Dopo quasi un decennio NPG torna a parlare di ragazzi e sport.
    L'iniziativa non è dovuta a dipendenza dalla necessità di assicurare una certa ciclicità nelle tematiche ricorrenti; né, tanto meno, per acquiescenza a una domanda crescente di attenzione al fatto sportivo, indotta dai fenomeni di spettacolarità sportiva di massa (i mondiali '90 in Italia, per esempio).
    Parliamo di «preadolescenti, attività sportiva e animazione» per il semplice motivo che sono i dati della presente situazione, riferita a quella particolarissima fascia di destinatari, che ci sollecitano a prestare attenzione a fatti, a tendenze, ad alcuni fenomeni ambigui di mercato-consumo di offerte di tempo libero «organizzato», e perciò di induzione e di espansione della pratica e della domanda sportiva.
    Negli anni '70 l'attenzione della rivista al nesso sport-giovani era profondamente orientato a far emergere una teoria critica dello sport, in quanto elemento di una teoria critica della società e dell'educazione in quella società.
    Oggi, al termine degli anni '80, l'istanza che orienta la nostra riflessione è soprattutto la progettazione di una prassi educativa attraverso lo sport, a partire dall'eredità preziosa di quegli appunti critici.
    Proprio per questo abbiamo accostato le tre parole del titolo: preadolescenti, sport, animazione.

    PARTENDO DAI DESTINATARI, SOGGETTI EDUCATIVI

    Il punto di partenza è rappresentato dai destinatari della intenzionalità educativo-pastorale. Essi sono al centro dell'azione educativa con tutta la povertà e ricchezza della loro domanda vitale. La passione educativa ci spinge a entrare in sintonia con il mondo dei preadolescenti, a prendere sul serio le loro domande, a guardarle con simpatia e rispetto, per interpretarle e leggerle nella loro verità: in quanto domande collegate cioè a bisogni vitali primari o secondari, ma al contempo profondamente condizionate, orientate, e a volte anche «manipolate» dal contesto culturale attuale, e in particolare dal modello sportivo della cultura di mercato-consumo.
    Liberandoci da posizioni pregiudiziali, ma criticamente consapevoli di tante ambiguità, accettiamo e riconosciamo l'elevatissima domanda di attività e, anche se più ridotto, il sostenuto indice di pratica sportiva tra i preadolescenti. Da esso facciamo emergere alcuni interrogativi: perché, per i preadolescenti di oggi, lo sport è così importante, e da loro ricercato e praticato? perché la voglia e il sogno di fare gruppo si concretizza, per una buona metà dei soggetti, nel «far parte di una squadra»? perché lo sport e non altro? e quale sport?
    Riconosciamo che la risposta a questi interrogativi è complessa e va perciò articolata in differenti livelli analitici.

    L'ARTICOLAZIONE DEL PRESENTE DOSSIER

    Il dossier che presentiamo intende appunto elaborare alcune risposte a questi interrogativi. Un contributo di analisi della domanda dei destinatari e del loro mondo vitale in ebollizione ci può aiutare a capire il significato psico-sociale e il potenziale valore educativo che la pratica sportiva può rappresentare per i preadolescenti.
    A partire dai diversi materiali della ricerca sui preadolescenti (L'età negata rimane ancora l'unico e fondamentale punto di riferimento per la situazione dei preadolescenti italiani), Vincenzo Lucarini descrive, con taglio prevalentemente psicologico, il cambio degli interessi e di attività preferite nel corso dell'età. Egli cerca di analizzare la connessione esistente tra attività-interesse sportivo da una parte e significati soggettivi, bisogni e funzionalità degli interessi dall'altra, in relazione al processo generale di crescita del preadolescente. L'interesse per il gioco, le attività motorie e la pratica di qualche sport rivelano dunque significati nuovi in tutto l'arco dell'età, e si connettono ad alcune istanze fondamentali di crescita che sono veri e propri «compiti evolutivi». In tal modo, lungi dal ridursi a semplice consumismo sportivo, l'atteggiamento dei preadolescenti manifesta qualcosa di soggettivo; è rivelativo di un inizio di autorientamento del preadolescente stesso all'interno della cultura e delle offerte formative.
    Allo stesso tempo emerge, per chi crede nell'educazione come compagnia, la possibilità di ritrovare, negli spazi-tempi-relazioni dello sport-gioco, un potenziale «luogo educativo», privilegiato anzitutto dai soggetti, oltre che particolarmente aderente alle urgenze del cambio preadolescenziale.
    Sentiamo inoltre l'importanza di dover prendere le distanze da un certo modello di sport-consumo e di pratica sportiva. La continuità con la teoria critica dello sport operata dalla rivista è per noi un'esigenza di verità delle cose e di fedeltà ad una autocoscienza che è ora ampiamente condivisa.
    Accostiamo al contributo analitico un secondo contributo riferito a una analisi critica di quello che la società attuale propone ai ragazzi in termini di offerta sportiva. Anche nel mondo dell'offerta e della pratica sportiva sono presenti le contraddizioni che attraversano società e cultura. Per quanto riguardo l'offerta, si contrappongono sport di massa e sport d'élite, sport consumo-spettacolo e sport esperienza di vita. Naturalmente culture sportive diverse si riversano in offerte e modelli formativi differenti, che vanno da quelli, oggi prevalenti, centrati sulla competitività, sull'agonismo, sull'efficienza delle prestazioni e sul primato della spettacolarità, a quelli più «poveri» e dimessi che scommettono sulla funzione socializzante, liberante, e perciò educativa, dello sport-gioco.
    All'interno delle molteplici offerte ci interessa focalizzare l'attenzione sull'associazionismo degli enti di promozione sportiva, un ambito dal quale sembra emergere, con più impegno e con maggior frutto, il contributo piú significativo per un cambio e per un modello alternativo di cultura sportiva.

    UN SECONDO DOSSIER IN PROSPETTIVA PROGETTUALE

    Il presente studio si prolungherà in un secondo dossier che intende offrire alcuni contributi per un progetto di animazione culturale dentro l'esperienza dello sport-gioco.
    Scommettiamo sull'efficacia dell'incontro tra domanda sportiva dei preadolescenti e qualità dell'offerta da parte degli educatori.
    Ogni esperienza umana, ricuperata alle sue condizioni di autenticità, è esperienza culturale capace di aprire l'uomo alla realtà nella sua totalità, di renderlo più responsabile della propria vita, più solidale con gli altri nella produzione di vita nuova, più aperto alla ricchezza di valore contenuta in ogni esperienza culturale.
    Lo sport, ricuperato alla sua più autentica valenza antropologica attraverso la riappropriazione di alcune sue qualità progressivamente marginalizzate dalla cultura sportiva dominante, può divenire uno dei luoghi privilegiati dell'educazione dei preadolescenti. La prospettiva culturale entro cui consideriamo lo sport in quanto esperienza ludica è quella dell'animazione culturale, che considera l'uomo come «homo ludens» che si appropria, attraverso i linguaggi dello sport, di quelle dimensioni di gratuità e di gratificazione intrinseca della vita che tanto sport odierno ha smarrito.
    Delimitata per così dire l'antropologia dello sport-gioco, presenteremo un progetto di obiettivi di animazione dei preadolescenti che lo sport permette di conseguire. Tale progetto di animazione nello sport non è tuttavia un mero quadro teorico, e nemmeno un sogno soltanto. Esso nasce dal basso e si radica in una qualificata pratica educativa dello sport; esso cresce oggi attraverso alcune prassi innovative dal punto di vista educativo che sono quelle proprie degli Enti di Promozione Sportiva. Ne verranno presentate alcune.


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