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    Abramo: una storia "movimentata"



    Pg e arte / Storia "artistica" della salvezza

    Maria Rattà

    (NPG 2017-08-63)

    Prosegue sulle pagine di Note di pastorale giovanile la presentazione della rubrica della newsletter Storia “artistica” della salvezza. In questo numero di dicembre proponiamo ai lettori della rivista un breve excursus nella vicenda di Abramo.

    Abramo /1. Una promessa di vita

    Muzzioli Abramo e Sara alla corte del faraone

    La prima puntata dedicata ad Abramo (Newsletter di settembre-ottobre) ne scandaglia le vicende dall’inizio della sua storia di nomade fino al momento dell’annuncio rivolto dai tre angeli (alle Querce di Mamre) a lui e a sua moglie. Il racconto biblico è ricco di colpi di scena e in esso speranze e gioie si alternano a sofferenze e timori. Da un punto di vista artistico lo si ripercorre attraverso opere che aiutano a immaginare con maggiore vividezza le peripezie dei personaggi. Lovell descrive la migrazione di Abramo nella valle dell’Eufrate presentando uno stuolo di uomini e animali in movimento (stuolo che si fa più piccolo man mano che il campo visivo della tela si allarga), costringendo a pensare alle fatiche di un tale viaggio, mentre Doré mostra il cammino nella terra di Canaan ritraendo un gregge che pare infinito, ammassato attorno a pochi uomini, sotto un cielo carico di nubi, da cui traspaiono solo strette fenditure di chiarore. Altri artisti si soffermano sul rapporto intimo tra Abramo e Dio, catapultandoci a Sichem, luogo dell’apparizione divina, resa con la presenza di un angelo-messaggero (come nell’incisione ideata da Jacopo Bassano) ma soprattutto per mezzo di fasci di luce scaturiti dalla volta celeste. Così fa Moeyaert, ritraendo Abramo in posa teatrale, come illuminato da un faro che conduce immediatamente l’occhio dell’osservatore al cuore dell’evento. Quello che colpisce maggiormente, però, è la capacità dell’arte di far entrare nella dimensione psicologica dei protagonisti, per esempio in quella della bella Sara, che vive una grande storia d’amore con Abramo (come sottolinea Muzzioli ricreando un’atmosfera di romantica intimità tra i due), ma calata in un preciso contesto storico, in un mondo in cui a decidere sono gli uomini; per tali motivi accetta di fingersi sorella del marito, quando in Egitto egli teme per la propria vita. È certamente una soluzione infelice per lei, e Tissot mostra senza filtri la delusione, il disappunto e l’umiliazione di questa donna che rischia di dover acconsentire a una liaison indesiderata con il faraone. L’intervento di Dio – che Chagall esprime condensando in una sola opera la passione che anima il sovrano, l’avvenenza di Sara e l’avvertimento dall’Alto – libera la donna dal pericolo che incombe su di lei, facendola restituire allo sposo. Le trasposizioni pittoriche dell’episodio evidenziano ora il pentimento di Abramo ora la gioia di Sara: Berchem ci presenta quest’ultima sorridente, con le guance imporporate dall’emozione, gli occhi lucenti, le braccia pronte a riaccogliere il marito. Ma l’idillio durerà poco: la sterilità della donna sarà per lei motivo di umiliazione e maledizione, e perciò ella proporrà ad Abramo di unirsi ad Agar, la propria schiava egiziana, come consentito dal diritto mesopotamico. Quasi tutti gli artisti sottolineano in maniera impietosa la differenza tra questa giovane ragazza straniera e l’ormai vecchia Sara, ma il divario è più che fisico e degenera in rivalità. Dio sembra prendere le difese di Agar, cercando di riportare la pace tra le donne dopo la nascita di Ismaele, ma poi sorprenderà ancora una volta Sara, con una promessa inattesa: anche lei darà alla luce un figlio. A braccia spalancate o aggrappandosi alla tenda, come ce la presentano Brassey Hole e Lovell, ella ascolterà questa notizia che cambierà la sua vita.

    Abramo /2. Dal dramma alla gioia

    AGAR Hagar is sent into the desert Emile Jean-Horace Vernet

    La seconda puntata su Abramo (Newsletter di dicembre) ci catapulta nel dramma di suo cugino Lot che vive a Sodoma, città i cui abitanti si sono abbandonati a una vita peccaminosa, così come quelli di Gomorra. In assenza di giusti Dio decreta la distruzione dei due luoghi, ma i parenti di Abramo avranno la possibilità di salvarsi. Le rappresentazioni artistiche su questo tema sono variegate: Tissot raffigura la bruttezza e la brutalità del peccato attraverso il desiderio sfrenato dei sodomiti, pronti ad abusare degli uomini (in realtà angeli) ospiti di Lot; Corot immortala in toni cupi la fuga della famiglia (e la trasformazione della moglie di Lot in una statua di sale); John Martin ricrea una scena dal sapore apocalittico, in cui il rosso predomina quasi come macchia di fuoco nel cielo e fiume di sangue sulla terra, rendendo visibilmente palpabile che il peccato uccide l’uomo. Ma la storia di Lot è anche la storia delle sue figlie che, una volta scampate al pericolo, ubriacano il padre per unirsi lui e così garantire la continuazione del genere umano. La trasposizione pittorica dell’episodio diviene un pretesto per mettere in scena immagini seducenti, provocanti, a volte fortemente erotiche.
    Dal dramma di Lot si passa poi al dramma di Agar, scacciata dalla casa di Abramo per volere di Sara, ormai anche lei madre. Sul piano artistico ci si trova dinanzi a un vero e proprio studio psicologico dei personaggi: Bartsius e Vernet si soffermano sulla durezza di Sara, presentando al contempo un Abramo ora quasi implorante e disperato, ora rassegnato agli eventi; va in scena anche la presunta rivalità tra Ismaele e Isacco, ma pure la loro presunta afflizione per la separazione. E, soprattutto, l’arte trasuda della sofferenza della schiava-madre che, nel deserto e senza più acqua, attende impotente la morte di Ismaele. Gillarduzzi, Navez e Millet esprimono negli sguardi smarriti e desolati di Agar, nel gesto della sua mano affondata tra i capelli e nella bocca che quasi si apre in una preghiera urlata, la disperazione di una madre che non ha modo di salvare il figlio. Ma ancora una volta è l’intervento di Dio a portare salvezza. Agar ha sofferto e fatto soffrire, ma Dio non l’ha ripagata mai con la sua stessa moneta. Egli è misericordia e salva il fanciullo. Anche quando metterà alla prova Abramo, chiedendogli di sacrificare Isacco, Dio opererà una salvezza last minute, apprezzando la risposta di fede data da questo padre pronto a offrire quanto ha di più caro: il figlio della promessa. Gli artisti riproducono il momento in cui padre e figlio si incamminano verso il luogo dell’olocausto, con Isacco che porta la legna – richiamo evidente alla pira sacrificale –, ma indugiano soprattutto sul momento cruciale, quello in cui il coltello è ormai brandito e il fanciullo non può più fuggire. Un angelo, ancora una volta, appare dal cielo e interrompe l’esecuzione. Il figlio della promessa è salvo, e Caravaggio, in un dipinto identificato da alcuni come Isacco salvato, lo ritrae con elementi che inconfutabilmente rimandano a Cristo, il vero figlio della promessa, colui che affronterà la morte e risorgerà portando la salvezza a tutti gli uomini: Dio è sempre fedele alle sue promesse di vita.


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