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    L’educazione alla cittadinanza. Dalla formazione all’intervento sul territorio


     

    Esperienze

    Francesca Romana Busnelli, Angelo Salvi, Andrea Sebastiani

    (NPG 2012-04-69)


    Le forme associative sono molto diffuse in ambito ecclesiale sotto svariate forme e con diverse finalità. Tale ricchezza testimonia la capacità delle comunità ecclesiali di essere presenti nel territorio attraverso le forme della partecipazione civile, e nello stesso la capacità di utilizzare i linguaggi e gli strumenti che la legislazione mette loro a disposizione. In questo articolo facciamo riferimento in modo esplicito alle organizzazioni di tipo associativo (siano esse associazioni riconosciute o non riconosciute, di promozione sociale o di volontariato) presenti in contesti ecclesiali (oratori, parrocchie…) oppure nate con ispirazioni e finalità pastorali.

    LA CITTADINANZA IN UN'ASSOCIAZIONE DI ISPIRAZIONE ECCLESIALE: I VALORI PROFESSATI E LE ATTIVITÀ PERSEGUITE

    Partiamo dalla premessa che esse costituiscono un «luogo educativo» particolarmente significativo per coloro che vi partecipano, in modo particolare per i giovani. L’esperienza associativa ha valenza educativa proprio perché è un’esperienza: attraverso la partecipazione alla vita di un’associazione non ci si limita a ricevere o trasmettere nozioni astratte sulla solidarietà, idee sulla cittadinanza, concetti sulla partecipazione e responsabilità, ma si fa esperienza di tutto questo, viene offerta un’esperienza da condividere [1] e che in quanto tale educa [2].
    Vediamo alcune dimensioni educative che l’esperienza associativa può favorire e sostenere:
    – esercizio di responsabilità: la formazione a scelte responsabili è oggi avvertita, anche in ambito ecclesiale, come una necessità non più rinviabile [3]. L’esperienza associativa rappresenta una risorsa in tal senso: infatti richiede ai suoi membri che ciascuno si assuma ed eserciti la responsabilità all’interno della propria organizzazione; in primo luogo attraverso le dinamiche proprie della vita associativa, quali sono ad esempio l’esercizio del voto e del controllo. Del voto perché in qualsiasi associazione vi è la possibilità del voto attivo (di eleggere i vari organi sociali) e del voto passivo (di poter essere eletti alle varie cariche sociali), è questa la caratteristica della democraticità che uniforma le diverse forme e tipologie di associazioni.
    Rappresenta un primo livello di responsabilità, perché ciascun membro è chiamato a decidere in modo diretto della vita dell’organizzazione, del suo buon funzionamento, della sua capacità di rispondere alle finalità per le quali è stata costituita. Inoltre le associazioni sono chiamate dalle diverse normative (nazionali e regionali) alla trasparenza, a rendicontare quello che fanno e come lo fanno, a documentare l’utilizzo delle proprie risorse. Vanno in questa direzioni sia strumenti obbligatori previsti dalla normativa fiscale (ad esempio il modello Eas previsto dall’articolo 30 del D.L. n.185/2008), che strumenti facoltativi (ma fortemente auspicabili) quali le varie forme di bilancio e rendicontazione sociale, di certificazione di qualità… Anche in questo caso l’associazione e i suoi componenti sono chiamati ad un esercizio di responsabilità «verso l’esterno», a rendere conto di come utilizzano le risorse (umane ed economiche) che ricevono, in che modo attuano i propri interventi, se e come raggiungono gli obiettivi che si sono proposti;
    – esperienza di protagonismo: all’interno di un’associazione tutti sono chiamati a mettere in gioco le proprie capacità, abilità, fantasie per trovare risposte ai compiti ai quali l’organizzazione è chiamata, ai problemi ai quali si vuole dare risposta attraverso il proprio operato. È possibile così esercitare un sano protagonismo: sperimentare di essere in grado di produrre degli effetti e dei benefici per sé e gli altri, scoprire che il proprio agire (come singole persone e come gruppo) può avere un valore ed un significato non solo per se stessi ma anche all’esterno (si chiami esso territorio, città, paese…), che si è capaci di portare a termine un compito. È la dimensione del protagonismo giovanile, importante (se non necessario) nella costruzione dell’identità di un adolescente o giovane;
    – palestra di democrazia per la formazione del cittadino: la costruzione della città richiede a coloro che ne fanno parte (i cittadini) il possesso di alcune virtù specifiche che è necessario acquisire, coltivare e sviluppare. Esse sono necessarie per vivere insieme, e nello stesso tempo devono essere possedute da tutti: e questo rimanda ad un compito educativo, formativo che è perseguibile anche attraverso l’esperienza associativa: un luogo nel quale i membri si esercitano nelle virtù del rispetto e della giustizia; a quale condizioni e in quali modalità lo vedremo in seguito;
    – partecipazione sociale: le associazioni rappresentano poi uno strumento attraverso il quale le comunità ecclesiali possono interloquire e interagire con le pubbliche amministrazioni e con le altre forze sociali presenti sul territorio per realizzare interventi a beneficio della collettività, attuando una continua ricerca del bene comune, che non è mai dato una volta per tutte, ma va continuamente compreso, scoperto e interpretato nelle situazioni concrete e oggettive. Le associazioni consentono alle realtà ecclesiali di essere visibili, riconosciute e quindi di poter interloquire con gli enti pubblici e di collaborare con altre realtà (in modo particolare del Terzo Settore) operanti nei propri territori.
    Ma le associazioni hanno una loro vita, evoluzione, sono soggette a cambiamenti e quindi possono degenerare, perdendo il loro potenziale formativo ed educativo. Questo può avvenire per una pluralità di cause differenti; in modo particolare ciò si verifica quando tali enti vengono considerati da una prospettiva unicamente strumentale, utilitaria e sono pensati soltanto come mezzi per raccogliere fondi pubblici o per gestire attività (ad esempio, si crea l’associazione perché il Comune deve stipulare una convenzione o deve concedere delle sovvenzioni). Oppure quando le associazioni perdono la loro spinta iniziale, ideale, valoriale e si trasformano in apparati burocratici.
    Quindi l’esperienza associativa, benché ricca di potenzialità educative, richiede una particolare attenzione e cura soprattutto sotto l’aspetto formativo e dell’accompagnamento. Una formazione che riguardi i diversi livelli (quadri e dirigenti, soci e volontari) e che permetta di rileggere in maniera sempre più consapevole e professionalmente adeguata la propria esperienza. Non è raro il caso di scoprire all’improvviso che un’associazione sta assumendo delle connotazioni che non riteniamo più coerenti con le finalità e con l’ambiente nel quale opera, ma dovremmo anche chiederci in che modo (e se) questo ente è stato accompagnato: perché non ci si è accorti per tempo dei segni di eventuali cedimenti? In che modo è stata operata un’azione di animazione nei suoi confronti da parte di chi aveva responsabilità? I suoi membri sono stati preparati a ricoprire ruoli dirigenziali?…
    È all’interno di queste dinamiche che è nato il progetto «Cittadinanza educante»: le associazioni rappresentano esperienze significative per l’azione educativa e pastorale di tante realtà ecclesiali in vista di una cittadinanza più matura e responsabile [4], ma vi è la consapevolezza che questo non avviene in modo spontaneo, immediato, automatico, richiede che le organizzazioni e i loro membri siano accompagnati a scoprire la valenza civile e sociale del loro operare.

    UN'ESPERIENZA IN AMBITO SALESIANO SCS: IL PROGETTO «CITTADINANZA EDUCANTE»

    I bisogni formativi

    La crisi economica, politica e sociale che ha investito in questi anni il paese, pone una serie di problemi che è impossibile non affrontare anche sul piano formativo. Un razzismo sempre più dilagante, un’emarginazione sempre più vasta di ampi strati sociali, un disagio giovanile che passa attraverso nuove forme di alienazione e individualismo, la perdita di valori di convivenza civile, l’insicurezza e la difficoltà di incontro, richiedono alla società civile, e al mondo dell’associazionismo, nello specifico, la capacità di interrogarsi sul proprio ruolo e di trovare nuovi riferimenti e risposte. È in questo contesto che è nato il progetto «Cittadinanza Educante»: l’idea alla base era di stimolare una riflessione sul significato della partecipazione civica negli operatori e nei referenti delle organizzazioni di servizio per tradurre i propri interventi nella realtà socio-politica dove sono inserite.
    In quest’ottica la finalità del progetto era trasformare il tema della cittadinanza responsabile in uno strumento valoriale e operativo di supporto dell’impegno associativo salesiano nel lavoro con i minori ed i giovani. La necessità di qualificare gli operatori delle organizzazioni federate su questo tema, è testimonianza di una duplice esigenza: da una parte quella di intercettare maggiormente le ansie e le incertezze delle nuove generazioni tra le quali sembra emergere anche una «carenza» di consapevolezza come cittadini; dall’altra quella di innovare il servizio educativo e sviluppare un modo differente di agire il proprio ruolo (sia come singolo operatore/volontario che come gruppo/organizzazione) consapevoli di essere parte di organizzazioni che hanno un ruolo e alle quali vengo assegnate delle aspettative educative non solo da chi ne fa parte ma dalla società stessa. Acquisire la consapevolezza dell’associazione come importante esperienza educativa non era e ancora non è scontato anche per tutti coloro che agiscono di fatto all’interno di diversificate realtà locali o di chi ne è parte anche inconsapevolmente. Anche i ragazzi intercettati dalle realtà salesiane talvolta non sono o non vengono resi consapevoli che, oltre a svolgere delle attività, fanno parte di organizzazioni sociali e che possono al loro interno esercitare compiti di cittadinanza e farne esperienza.
    Partendo da questi presupposti, si sono realizzati dei percorsi formativi sul significato della partecipazione civica con l’intento di sviluppare nelle organizzazioni associate un nuovo ruolo di promozione di valori civili e sociali nell’impegno quotidiano nei confronti dei giovani in crescita: i corsi, come delineato in precedenza, erano volti a supportare l’operatività delle organizzazioni tramite una riflessione sulla loro stessa responsabilità civica e un miglioramento delle metodologie di intervento con minori e giovani a disagio. Analizzare il proprio ruolo professionale significava consolidare il senso civico dell’intervento della Federazione e far sorgere una nuova mentalità per affrontare in maniera più completa i bisogni e le criticità dei giovani.
    A conferma di ciò, prima dell’avvio del progetto, si denotava nei servizi educativi non solo l’esigenza di acquisire conoscenze rispetto ai temi della rappresentanza e della cittadinanza attiva, ma anche di una crescita e di un miglioramento delle metodologie d’intervento con i ragazzi. Sviluppare consapevolezza democratica infatti richiede una progettualità specifica accanto a percorsi operativi e competenze che devono essere continuamente aggiornate e confrontate anche con i destinatari degli interventi.

    Il metodo, il cammino, il livello istituzionale come progetto pubblico

    Il progetto si è attuato in 9 regioni, ma premessa fondamentale era che parlare di solidarietà, di partecipazione civica, di gratuità, di legalità ha senso solo se le tematiche vengono contestualizzate e adattate a luoghi, persone, problemi, bisogni e ai diversi percorsi di impegno socio-educativo delle organizzazioni coinvolte.
    L’organizzazione e l’impostazione progettuale
    Seguendo questa linea si sono pensate, progettate e realizzate quattro macro-azioni principali, la prima delle quali che possiamo definire propedeutica:
    – una formazione/accompagnamento di una rete di coordinatori locali che hanno condiviso e «tradotto» i temi del progetto per le diverse aree regionali a cui appartenevano;
    – 9 percorsi formativi della durata di 24 h implementati dai coordinatori locali nelle realtà dove operano le strutture federate;
    – un convegno finale per la presentazione dei risultati e delle buone prassi sviluppate e per offrire ulteriore occasione di condivisione sulle esperienze maturale nelle attività formative, scoprirne differenze e analizzarne le complessità;
    – un manuale operativo e un cd-rom per sistematizzare contenuti, metodologie e linee guida dell’intero progetto.
    L’azione di formazione è stata condotta attraverso due strumenti: un’attività formativa in presenza ed un’altra complementare a distanza (FAD). La scelta delle due tipologie di erogazione è legata alla possibilità di condividere, attraverso la FAD in particolare, il percorso di lavoro a livello nazionale e di sperimentare quanto «la rete» virtuale possa di fatto funzionare per la crescita comune. Lavorare in rete ha consentito una ulteriore sperimentazione di «cittadinanza»: correzione reciproca e sperimentazione del valore della condivisione.

    Le aree tematiche

    Affrontate nei corsi locali, sono state:
    – la cittadinanza attiva nella vita associativa;
    – la cittadinanza educante e problematiche giovanili;
    – i nuovi approcci alle necessità dei contesti sociali;
    – l’azione associativa nel territorio e nella società.
    I corsi attivati hanno visto la partecipazione di circa 250 tra operatori e volontari delle strutture federate offrendo l’opportunità di formare una rete di coordinatori locali sulle competenze di progettazione e organizzazione di interventi di formazione.
    Per quanto riguarda la metodologia, si è seguito l’approccio della progettazione condivisa (sia a livello locale che nazionale): tutti gli strumenti formativi utilizzati hanno avuto una genesi e una realizzazione partecipata. Il materiale didattico previsto e le modalità d’interazione (dal lavoro di gruppo agli interventi teorici) sono stati «calibrati» secondo le caratteristiche dei partecipanti (ad esempio «maturità formativa», età, esperienze passate, conoscenza dei temi trattati) attivando di volta in volta distinte opzioni didattiche. Le esperienze significative di alcuni operatori hanno permesso l’esplicitazione di frequenti riferimenti a situazioni educative concrete, favorendo la comprensione e la rielaborazione dei concetti teorici proposti.

    I principali risultati raggiunti

    Il risultato principale è stato aver creato un modello di progettazione/erogazione formativa che ha abilitato i coordinatori a diventare delle risorse per le associazioni federate sia nel gestire autonomamente iniziative formative sia monitorando i processi di apprendimento/cambiamento implementati nell’ambito di azioni di intervento organizzativo.
    Nei corsi locali è emerso un ottimo grado di soddisfazione: dall’analisi degli strumenti di valutazione utilizzati (questionari, focus group ed interviste) la maggior parte dei partecipanti ha considerato le tematiche proposte pertinenti ai problemi che si affrontano nelle realtà associative di provenienza.
    Il tema che ha suscitato maggior interesse è stato quello relativo alla «cittadinanza educante e problematiche giovanili»: i corsisti hanno riferito di aver acquisito strumenti per intervenire in modo più efficace nel loro contesto territoriale con particolare riferimento a quelli necessari per la mediazione dei conflitti e la «presa in carico dell’altro».
    In tal senso i temi trattati sono stati apprezzati perché hanno toccato gran parte delle problematiche reali che si riscontrano nell’intervento con i ragazzi nel lavoro quotidiano: ovviamente ognuno le ha «adattate» alla propria esperienza ordinaria. Secondo altri corsisti sono state apprese delle linee guida utili per agire in maniera più efficace nel proprio contesto territoriale: a conferma di ciò, le strategie dell’accoglienza e della mediazione, l’analisi dei bisogni sociali, l’educazione civica e il lavoro di rete sono stati gli argomenti che hanno riscosso maggior interesse e i più funzionali (secondo i partecipanti) per arginare gli episodi di conflitto sociale/generazionale espressi dai ragazzi.
    Il progetto ha offerto nuove «chiavi di lettura» per la conoscenza dei giovani (soprattutto per la difficoltà di entrare empaticamente nel loro mondo) e per rivedere alcuni approcci professionali e sviluppare nuove prospettive nell’attività di lavoro quotidiano.
    Funzionali al consolidamento della capacità di lettura dei contesti territoriali sono stati considerati anche i temi dell’accoglienza e del lavoro di rete: argomenti utili sia per riconoscere le proprie abilità e potenzialità sia per avviare un’opera di mediazione tra la finalità educativa delle associazioni ed i progetti dei giovani.
    I docenti e i coordinatori locali in effetti hanno tradotto i contenuti dei singoli incontri in nuove pratiche d’intervento, aumentando le «competenze sociali» e il background operativo dei partecipanti. Ulteriori elementi di positiva valutazione sono stati il buon clima di gruppo che si è creato all’interno delle aule, la presentazione di buone prassi e di modelli efficaci e funzionali, il confronto e il contatto con i colleghi.
    La convinzione globale conclusiva è che parlare e creare dei percorsi sulla cittadinanza attiva con/per i ragazzi costituirà un investimento educativo che avrà come sbocco la creazione di adulti responsabili e maggiormente sensibili ai fenomeni di esclusione ed emarginazione.

    La valutazione dell’esperienza

    Al termine dell’attuazione dei corsi locali, si è realizzato un seminario formativo nazionale per riflettere sui risultati raggiunti dal progetto e indicare prospettive future. In tal senso l’organizzazione del seminario ha visto un duplice livello d’intervento:
    – tre gruppi di lavoro su cittadinanza attiva e lavoro; cittadinanza attiva e politica; cittadinanza attiva e costruzione di comunità, con l’obiettivo di confrontarsi con esperti di settore;
    – un workshop «Cittadinanza Educante: Riflessioni, Esperienze, Valori», professionisti ed esperti con esperienze diversificate (terzo settore, aziende profit, università) per elaborare una riflessione condivisa sul tema dell’educazione alla cittadinanza.

    La valutazione finale è stata focalizzata soprattutto su tre dimensioni:
    – le sinergie tra gli operatori/volontari e i propri dirigenti, che hanno sviluppato un significato condiviso della partecipazione civica come asse portante della funzione strategica/gestionale delle associazioni.
    – Lo spazio di analisi che si è creato sui riferimenti valoriali e culturali scs, per verificare costantemente lo stato attuale delle associazioni sul tema della cittadinanza attiva.
    – Il ricco confronto sui diversi modi di gestire e organizzare le realtà locali, per imparare da esperienze di successo e modificare le azioni educative laddove risultano poco efficaci e «produttive».
    Riguardo le prospettive, queste le indicazioni emerse. Occorre:
    – consolidare la conoscenza di elementi teorici di base in cui contestualizzare l’educazione alla cittadinanza: competenze e conoscenze trasversali (ad esempio legislative, progettuali, di lavoro di rete); valori/principi fondanti della convivenza civile e della solidarietà sociale;
    – attivare una maggiore propensione a considerare i fenomeni sociali come causati da molteplici variabili per affrontarli con approcci complessi e partecipati;
    – riconoscere l’importanza delle coalizioni tra soggetti associativi e istituzionali nell’ottica della contaminazione delle diverse appartenenze e identità nel perseguire e condividere progetti comuni;
    – abilitarsi a un approccio non ideologico nell’intervento delle associazioni; ciò include un’azione di contesto in relazione all’evoluzione dei bisogni, ai profili dei territori e alle risorse che si hanno a disposizione;
    – assumere un ruolo di advocacy rispetto ai diritti sociali e civili trascurati, negati o non riconosciuti;
    – acquisire un’etica unitaria nella propria condotta (coerenza tra ciò che si professa, il proprio intervento nel «sociale» e le scelte nella vita quotidiana).
    Un’ultima annotazione riguarda l’auspicio della trasferibilità dei corsi: la scommessa sarà di riportare quanto appreso nelle proprie realtà, per provare a sperimentare un modo diverso di vivere e agire la cittadinanza nell’ottica di coniugare il benessere dei giovani che si rivolgono alle associazioni con l’educazione ad una cittadinanza partecipata, attiva e responsabile.

    NOTE

    1) CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, EDB, Bologna, 2009, pag. 40.
    2) «Particolarmente importanti risultano per i giovani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e nei territori di missione.
    In esse imparano a stimarsi non solo per quello che fanno, ma soprattutto per quello che sono», Cei, Educare alla vita buona del Vangelo, EDB, Bologna, 2009, pag. 49 num. 32.
    3) CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, EDB, Bologna, 2009, pag. 20.
    4) «L’attuale dinamica sociale appare segnata da una forte tendenza individualistica che svaluta la dimensione sociale, fino a ridurla a una costrizione necessaria e a un prezzo da pagare per ottenere un risultato vantaggioso per il proprio interesse. Nella visione cristiana l’uomo non si realizza da solo, ma grazie alla collaborazione con gli altri e ricercando il bene comune. Per questo appare necessaria una serie educazione alla socialità e alla cittadinanza», CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, EDB, Bologna, 2009, pag. 77-78.


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