Pastorale Giovanile

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    Per una pastorale dei giovani studenti



    (NPG 1969-08/09-19)

    In data 15 settembre 1968, Mons. Adrien Gand, Vescovo di Lille (Francia), promulgava ufficialmente un documento sulla pastorale dei giovani scolarizzati, preparato dal Consiglio presbiterale con la collaborazione di un gruppo di esperti.
    La Diocesi, con questo atto, viene posta in stato di attenzione, di fronte al fenomeno scolastico: introduzione della scuola d'obbligo fino a 16 anni con conseguente immissione di grandi masse giovanili nei problemi della scuola; fermenti e inquietudini di cui i «fatti di maggio» non sono che un campione frammentario; possibilità di incontro sul medesimo terreno culturale di giovani di estrazione sociale e di formazione diversa.
    Le sottolineature e le soluzioni (in genere in chiave problematica: proprio per cointeressare continuamente una riflessione di tutti i responsabili pastorali) sono decisamente valide anche per il nostro ambiente nonostante che il punto di fenomenologia possa presentare qualche leggera variante.
    Per questo, trascriviamo il documento nelle sue linee essenziali:
    – una prima nota sulla situazione degli adolescenti e dei giovani che sono i protagonisti dell'attuale trasformazione della scuola;
    – una seconda nota che presenta il piano apostolico della Chiesa, nei loro confronti.

    Prima nota:
    GLI ADOLESCENTI E I GIOVANI
    CHE STANNO VIVENDO L'ATTUALE RIFORMA DELLA SCUOLA

    Fedeli al piano della Chiesa, di aiutare a vivere in Gesù Cristo le persone e le comunità di persone, dobbiamo prima di tutto sforzarci di conoscere meglio i giovani scolarizzati.

    A. Essi si presentano come adolescenti, che vivono le realtà proprie di tale tappa della loro vita, e tra le altre: ricerca di una personalità, di un clima di fiducia; aspirazione alla indipendenza; crescita; risveglio della vita sessuale; sensibilità per la schiettezza e la semplicità; scoperta della amicizia e importanza del gruppo; tensione e conflitto con l'autorità (genitori, educatori...); incertezze per il futuro e idealizzazione dell'avvenire...

    B. Sono caratterizzati da un mondo moderno in mutamento costante; le grandi direzioni di sviluppo di tale mutamento sono note: società dei consumi, diffusione dei mezzi di comunicazione sociale, socializzazione, mondo tecnico, sviluppo economico, mobilità della manodopera...

    C. La riforma nella scuola è un elemento tra i più importanti nell'insieme dell'evoluzione del mondo d'oggi: e tocca da vicino tutti gli adolescenti.

    1. La moltiplicazione degli edifici scolastici dimostra che si sta progressivamente realizzando il piano previsto: l'introduzione cioè della scuola d'obbligo, a ciclo unico, fino ai 16 anni.
    Tale riforma procede in modo progressivo e non verrà portata a termine prima di parecchi anni.

    2. Essa si attua nel quadro geografico del settore scolastico.
    a) La riforma in atto (lo si è voluto espressamente) prevede che tutti i giovani di un settore, qualunque sia l'ambiente sociale di provenienza e le rispettive capacità intellettuali, dagli 11 ai 16 anni dovranno passare attraverso il medesimo tipo di scuola: i Collegi d'Insegnamento Secondario (C.E.S.).
    b) Tale fatto creerà inevitabilmente le situazioni seguenti:
    – La mescolanza di ambienti sociali esprimerà in modo più profondo le differenze ma contemporaneamente costringerà a vivere insieme e a conoscersi;
    – l'accedere di tutti ad una medesima formazione culturale, il frequentare gli stessi edifici scolastici, renderanno più stabile e, senza dubbio, allargheranno gli elementi comuni, tutto ciò che potremmo chiamare «i contenuti globali della società in evoluzione»;
    – giovani di modesta provenienza, per il solo fatto di essere dotati, saranno a fianco con altri giovani nelle sezioni classiche. D'altra parte giovani di elevata estrazione, ma intellettualmente meno dotati, si ritroveranno in classi di transizione. Tutti potranno rendersi conto, in misura più alta che per il passato, delle differenti capacità intellettuali.

    3. La riforma si attua in modo progressivo.
    Viviamo in un periodo di transizione; ciò comporta due conseguenze:
    a) Non possiamo prevedere in anticipo quale sarà la conclusione di questa trasformazione nell'ambito della scuola. Per esempio:
    – Quale sarà la figura di giovane che uscirà da tale contesto eterogeneo e da tale cultura?
    – Il C.E.S. costituirà veramente un punto d'incontro di tutti? Gli stacchi sociali non vi saranno forse conservati?
    – Quali saranno l'esito e l'importanza delle classi di transizione, d'insegnamento pratico? La vita non esige forse la creazione di altre formule?
    b) Durante il periodo di transizione, alcuni, e spesso i meno favoriti, difficilmente troveranno la propria posizione:
    – Sarà necessario un determinato periodo di tempo prima che tutti siano effettivamente scolarizzati fino ai 16 anni;
    – l'insegnamento da impartire nelle classi impostate secondo le nuove formule esigerà tempo, per adeguarsi ed enucleare un metodo pedagogico e dei programmi adatti;
    – per un certo periodo di tempo si prospetterà ancora la possibilità per le famiglie di scegliere la scuola in base alle preferenze personali.

    4. La riforma comporta un determinato tipo di cultura caratterizzato da:
    – Lo sviluppo dello spirito critico;
    – l'eterogeneità delle idee, la vita in un mondo pluralista, in cui predominano i non credenti;
    – una cultura più tecnica, essenzialmente in funzione di efficacia, che comporta un orientamento ed una selezione assai più severe;
    – l'accentuazione delle esigenze di libertà, di opzione personale, di autonomia in relazione al mondo degli adulti.

    5. Essa è vissuta nel clima proprio dell'insegnamento pubblico, tipico per:
    – il senso di obiettività;
    – l'educazione a una vera laicità, come sviluppo del senso di rispetto, del pensiero e delle opinioni degli altri;
    – l'ansia di una progressiva liberazione attraverso la conoscenza e l'apertura di spirito;
    – il senso della responsabilità verso se stessi, per una totale realizzazione delle proprie possibilità, e della responsabilità verso l'intera società.

    6. Ogni aspetto della riforma scolastica, dal modo con cui sarà portata avanti, può diventare una fortuna o un rischio per lo sviluppo umano dei giovani. Senza pretendere di essere esaurienti, ecco gli aspetti che appaiono più significativi:
    – Il fatto che, in un medesimo edificio scolastico, si troveranno riuniti giovani dotati di capacità intellettuali molto diverse comporta il rischio di accentuare e rendere più dolorosa tale differenza. D'altra parte offre anche la possibilità di prendere coscienza, in modo più preciso, delle proprie capacità e di stimolare gli educatori nella ricerca d'un metodo pedagogico e di programmi adatti;
    – l'orientamento e la selezione più rigorosa rischiano di porre un freno alle libere iniziative dei giovani e delle loro famiglie, d'essere intransigenti verso i più deboli, di favorire in misura sempre crescente la povertà di categorie già povere, e il continuo arricchimento di categorie già ricche. Allo stesso tempo però offrono la possibilità di una più attenta corrispondenza con le possibilità dei giovani e le esigenze del paese;
    – lo sviluppo dello spirito critico e del clima di libertà porta il rischio di diffondere lo scetticismo su ogni cosa e il rifiuto di tanti valori. Tuttavia rende possibile una fede più profonda, un rispetto degli altri, un dialogo costruttivo, una maturazione realistica per vivere in un mondo non credente.

    D. Questa realtà complessa, i giovani la vivono secondo le dimensioni dell'ambiente sociale da cui provengono. Le condizioni materiali, psicologiche e morali della vita fuori dalla scuola, differenziano per le persone e per i gruppi le possibilità d'istruzione e di cultura, qualunque sia il peso della scuola.

    CONCLUSIONE ALLA PRIMA NOTA

    La riflessione e l'azione pastorale non possono prescindere dalla realtà multivalente che i giovani stanno vivendo, spesso in modo inconscio, nell'unità delle loro persone, e nell'ambito delle loro comunità naturali.

    Seconda nota:
    IL PROGETTO APOSTOLICO DELLA CHIESA

    Presente nel mondo, e in modo speciale tra i giovani in piena evoluzione, la Chiesa è investita di una missione insostituibile. Qual è il progetto che, in forza di tale missione, comanda e giustifica la sua azione?
    Il suo progetto implica tre aspetti inseparabili: si tratta di stimolare i giovani e gli adolescenti a essere responsabili degli altri per:
    I) vivere personalmente e collettivamente questa trasformazione nella linea dello sviluppo dell'uomo;
    II) conoscere più a fondo le rilevanze divine di questo sviluppo, nella misura in cui Dio le ha rivelate in Cristo;
    III) trasfigurare questa vita nella celebrazione liturgica.

    I. – Stimolare i giovani e gli adolescenti a vivere personalmente e collettivamente nella linea dello sviluppo dell'uomo.

    A. Questo progetto tocca la Chiesa:
    Come e con tutti gli uomini di buona volontà i cristiani devono riconoscere e promuovere, nella trasformazione evidenziata nel prolungamento della scolarità per la maggioranza dei giovani, un senso, quello dello sviluppo dell'uomo. Questo progetto fa parte integrante della missione della Chiesa per un duplice fattore:
    a) La Chiesa ha ricevuto dal suo fondatore un comandamento che sintetizza tutti gli altri, il comandamento di amare gli uomini, tutti gli uomini, di un amore sempre più realistico, totale e disinteressato, sull'esempio dell'Amore assoluto di Dio stesso. Al giorno d'oggi, in una nuova età dell'umanità, questo amore richiede il servizio effettivo dello sviluppo dell'umanità. La scolarizzazione ben condotta può diventare un elemento determinante.
    b) Il fatto che un uomo si sviluppi sulla linea dei valori riconosciuti dalla coscienza, costituisce una autentica partecipazione al mistero pasquale del Cristo risorto (Gaudium et Spes, 22,38). Quando una comunità umana progredisce in tale direzione, è già la Chiesa che si predispone, anzi si costruisce (Gaudium et Spes, 39). Certo, non ne cogliamo che segni, poiché la realtà permane un segreto di Dio. Ma la percezione dei segni deve aiutarci e non compiere una dicotomia nella vita del giovane: una parte che è sola preparazione umana al Vangelo, ed un'altra, l'evangelizzazione, che si attua solamente nella scoperta esplicita di Gesù Cristo.

    B. Come attuarlo:
    a) La maturazione degli uomini è condizionata da strutture e da mentalità di cui tutto il mondo adulto (genitori, insegnanti, ecc.) è il primo responsabile. L'azione presso i giovani deve dunque inserirsi in un contesto di azione rivolta anche agli adulti.
    b) Di fronte i giovani stessi:
    1) L'elemento collettivo è essenziale a tutta la vita umana (Gaudium et Spes, 25). Ma lo è soprattutto per i giovani, essi non possono essere capiti e raggiunti se non attraverso le molteplici comunità naturali cui partecipano. Per essere autentico il progetto della promozione dei giovani non può restare chiuso in una prospettiva individualistica (Gaudium et Spes, 30). Deve essere decisamente comunitario nelle prospettive e nei mezzi.
    2) Di fronte ai giovani e ai loro gruppi naturali la Chiesa agisce in maniera molteplice, per far loro vivere e sperimentare nel modo più pieno il senso dell'apertura all'universale, dell'obiettività, della libertà, del rispetto degli altri, della responabilità. Ma non tocca alla Chiesa inventare questo dinamismo e questo contenuto. Ricca della sua fede in Cristo, scopre e filtra ciò che l'umanità, che ogni gruppo umano, già vive di apertura all'universale, all'amore, alla libertà, alla responsabilità, nell'esercizio della sua missione di giudizio (nel senso di Giov., 5) può assumere, purificare, rafforzare e trasfigurare tali ricchezze spirituali (Lumen Gentium, 3).
    3) L'ambiente sociale nel quale i giovani sono inseriti è fertile di valori disparati, che determinano un modo particolare di assumere il senso di responsabilità, di solidarietà e di universalismo. La maturazione umana, nei giovani, non può attuarsi in modo armonico se vengono trascurati quei valori. L'azione presso i giovani deve dunque tendere a raggiungere e a integrare tali valori originali.
    L'impegno perché gli adolescenti e i giovani vivano, nelle loro comunità naturali, una esistenza più aperta e più profonda – e questa è già l'azione dello Spirito Santo – è essenziale al progetto apostolico della Chiesa: essenziale ma insufficiente.

    II. – Stimolare gli adolescenti e i giovani a conoscere più a fondo le rilevanze divine di questo sviluppo, nella misura in cui Dio le ha rivelate in Cristo.
    Il procedere in una via. che comporta dei segni di partecipazione al mistero pasquale impegna la Chiesa ad assumere la totalità della sua missione di evangelizzazione. Infatti la speranza che questi giovani vivano già misteriosamente della vita di Cristo esige qualcosa in più di attitudini conformi all'ottica del Vangelo. Essa implica una conversione che arrivi alla rivelazione, alla esplicita scoperta di Gesù Cristo, e stimoli a vivere più intensamente. Rinunciarvi equivarrebbe a frustrare i giovani di un bisogno fondamentale.

    A. È questo il motivo per cui la Chiesa deve continuamente chiamare alla conversione a Cristo:
    Convertirsi a Cristo significa rispondere di sì a quanto Lui stesso ci ha rivelato della sua vita e della vita dell'umanità; espressione di un Amore assoluto e tensione ad un Avvenire assoluto.
    Questo richiede contemporaneamente di:
    1) Aiutare i giovani con decisione – anche prima di un loro esplicito atto di fede – a vivere in grado maggiore, con l'azione, nella concretezza della loro esistenza e delle loro solidarietà, la conversione a Gesù Cristo attraverso una partecipazione al mistero di liberazione dal peccato, e di educazione alla libertà secondo Dio che è Amore (Gal., 5,13-14).
    2) Evidenziare nelle aspirazioni, nelle attitudini, in una certa visione della vita, tutto quanto può essere segno dell'azione dello Spirito, della Parola di Dio; parola espressa, ma anche parola interiore offerta a tutti i membri del genere umano, per donare loro la possibilità di vivere il mistero pasquale.
    3) Permettere l'incontro con la Buona Novella della Salvezza, espressa, proposta con la Parola, già operante nei cuori.

    B. Per questo, la Chiesa deve anche stimolare la crescita della fede:
    La vera conversione implica un approfondimento incessante, una crescita nella comunione di tutto l'essere con Gesù Cristo. Se il cristiano rimane allo stadio del «sì» iniziale, conserva uno stadio infantile e corre il rischio di essere sballottato «a ogni soffiare di dottrine e teorie».
    Quanto è sempre stato vero per ogni cristiano, lo è ancora di più per i giovani d'oggi, che seguono lo sviluppo della cultura in proporzioni tutte nuove e sono chiamati a vivere la fede in un mondo con profondi mutamenti.
    La Chiesa ha ricevuto la missione di alimentare la fede nella prospettiva della crescita fino ad uno stadio «adulto».
    Tale crescita implica nello stesso tempo:
    – una educazione progressiva della responsabilità e della solidarietà, vissuta tra giovani, nelle comunità cristiane a loro livello, partendo dalle relazioni e dalle realtà della vita quotidiana;
    – un approfondimento dottrinale che permetta al credente di giustificare la sua fede in termini di ragione, di percepirne la logica misteriosa, e soprattutto di «scandagliare» le insondabili ricchezze di una Parola che è luce per il mondo e per la vita.
    La crescita della fede è un compito capitale per gli apostoli dei giovani studenti. Esige che tutti vi si accingano con ardore, serietà e costanza, in uno spirito di ricerca sempre rinnovato.

    III. – Stimolare gli adolescenti e i giovani a dare, in misura sempre maggiore, un orientamento nuovo alla vita nella celebrazione liturgica.
    a) A quanti si sono convertiti a Cristo e sono agli inizi nella comprensione del suo mistero, la Chiesa offre il Battesimo, con cui entrano nella famiglia ecclesiale: esso è segno della partecipazione alla vita trinitaria. La Chiesa inoltre ha la missione di offrire ai suoi figli battezzati e cresimati l'effettiva e agevole possibilità della trasformazione sacramentale della vita intera nella liturgia eucaristica.
    b) Nella nostra diocesi, dove l'immensa maggioranza dei ragazzi dai 12 ai 16 anni sono stati battezzati alla nascita, sono stati catechizzati e hanno fatto la Comunione solenne, si constata che di fatto, per molti, la vita sacramentale diminuisce e ben presto sparisce. L'allontanamento massiccio dei giovani dai sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia pone un problema. Di fatto deve stimolare la Chiesa ad una ricerca in profondità. Ecco alcune possibili tracce:
    – Partendo dalla vita e dall'azione dei giovani, non è forse da riscoprire tutto il senso della vita sacramentale, assumendo la realtà già vissuta (di una conversione, di una riconciliazione, di un sacrificio, di una comunione con gli altri, nella vita), e ciò che forma il centro del Sacramento?
    – Non si deve forse, nell'ambito del possibile, ricongiungere la vita sacramentale nel suo aspetto di segno a quanto nella vita è già segno della medesima realtà?
    Tale ricerca, tale impegno, portati avanti in collaborazione dalle parrocchie, dai sacerdoti incaricati dei giovani, dai movimenti, permetterebbero di dare alla liturgia il suo posto di culmine e fonte di tutta la vita dei giovani cristiani.

    CONCLUSIONE ALLA SECONDA NOTA

    Questi tre aspetti apostolici della Chiesa sono inseparabili. Non giustapposti, ma integrati l'uno all'altro. Devono essere un punto di riferimento del lavoro portato avanti, o da iniziare, nei confronti dei giovani scola-rizzati perché realizzino la propria vocazione in fedeltà alla chiamata del Signore.

    SARTRE
    VOLEVA FARSI MONACO...

    Presentivo la religione, la speravo, era il rimedio... Se me la avessero rifiutata, l'avrei inventata io stesso. Non me la rifiutavano: educato nella fede cattolica, seppi che l'Onnipotente mi aveva fatto per la sua gloria. Era più di quanto non ardissi sognare. Ma in séguito, nel Dio elegante che mi insegnarono, non riconobbi colui che la mia anima aspettava: avevo bisogno di un Creatore e mi davano un Gran Padrone; i due non erano che una sola persona, ma io non lo sapevo; servivo l'idolo fariseo... Senza questo equivoco sarei diventato monaco... Ho appena raccontato la storia di una vocazione mancata: avevo bisogno di Dio, mi fu dato, lo ricevetti senza capire che lo cercavo. Non potendo attecchire nel mio cuore, egli ha vegetato in me, poi è morto. Oggi quando mi si parla di Lui, dico con quel tanto di divertito senza una punta di rimpianto con cui un vecchio vagheggino si rivolge ad una vecchia fiamma incontrata per caso: «Cinquant'anni fa, senza quel malinteso, senza quell'errore, senza quell'incidente, che ci separò, avrebbe potuto esserci qualcosa fra noi»Non ci fu nulla.

    J. P. Sartre
    Le parole, Milano, 1964, pp. 69-70, 73


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