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    (NPG 1970-02-27)

    I GIOVANI NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA

    Partecipazione alla vita pubblica

    Molti giovani rifiutano di partecipare alla vita pubblica, ma altri ancora più numerosi rivendicano come un diritto il prendervi parte più diretta, non soltanto perché li interessa ma anche perché la considerano la condizione preliminare per aver l'accesso a quei diritti ancora gerarchicamente riservati agli adulti, accesso che permetterà loro di liberarsi dallo stato di minori.
    La necessità di questa partecipazione dei giovani alla vita pubblica è sempre maggiormente riconosciuta e si attua più o meno efficacemente, a seconda delle istituzioni e dei livelli, in sistemi di autogestione o di cogestione, nell'ambito delle amministrazioni locali di certi paesi e talvolta anche in seno a comunità rurali tradizionali, nelle cooperative e negli organismi consultivi.
    Gli atteggiamenti dei giovani verso una partecipazione attiva alla vita pubblica sono molto diversi. Talora rivendicano una più ampia ed effettiva partecipazione in seno alle strutture esistenti che si sforzano di rendere più efficaci e democratiche; o talora, quando ne hanno l'occasione, rifiutano di integrarsi al «vecchio sistema», perché pensano che così facendo indebolirebbero la loro dinamica influenza nel gruppo di contestazione. Se è vero che bisogna mantenere un dialogo permanente con i giovani, è anche vero che il dialogo può essere proficuo solo se in grado di influenzare i centri decisionali, e talvolta i giovani ritengono che la tolleranza nelle discussioni nasconda una radicata intolleranza al momento della decisione.

    Partecipazione dei giovani alla soluzione dei loro problemi

    Sempre più frequentemente gli alunni, a partire da una certa età, e specialmente gli studenti, domandano fra l'altro di partecipare all'insegnamento che viene loro impartito, all'elaborazione di nuove strutture universitarie o scolastiche, alla realizzazione di nuovi procedimenti di selezione o di esame. Tuttavia non si tratta, anche per i più estremisti, di sostituire l'autorità degli studenti a quella dei professori, ma di giungere invece a una discussione senza complessi e ad una comunicazione più semplice e umana. Questa partecipazione cosciente e responsabile si esplica non solo nella cogestione delle città universitarie, ma anche delle mense, dei dormitori e in genere della disciplina nelle scuole e nei collegi.
    Quanto detto per gli studenti si può dire anche per i giovani operai, che vogliono anch'essi partecipare alla loro formazione professionale e all'acquisizione delle conoscenze, delle nozioni e degli atteggiamenti necessari per acquisire la «mobilità» richiesta dall'ammodernamento delle industrie, contribuire alle leggi sulla sicurezza e all'organizzazione del lavoro e all'utilizzazione del tempo libero. Per i giovani contadini la partecipazione alle cooperative e ai circoli dei giovani agricoltori, alle istituzioni che devono salvaguardare la loro ragion d'essere, assicurando loro un ruolo degno della moderna agricoltura, può rappresentare la base del consolidamento e ringiovanimento delle comunità rurali.
    Ancora più importanti a questo livello sono le rivendicazioni dei giovani nei confronti delle molteplici istituzioni e associazioni giovanili, dove vogliono disporre di maggiore responsabilità e possibilità di azione diretta. I giovani dispongono di luoghi di riunione in numero sempre maggiore: di focolari, circoli, case della gioventù costruite per loro dallo Stato e da altre associazioni. Ma nella misura in cui tali circoli e focolari non sono veramente loro, gli preferiscono altri luoghi di incontro, come caffè e sale da ballo scelte da loro, dove hanno libertà di evasione e di scambio. Dappertutto, più o meno apertamente, aspirano all'autogestione dei centri che sono stati destinati a loro.
    Infine, per contribuire alla soluzione dei loro problemi, i giovani chiedono di poter vivere in maniera autonoma la loro vita nel tempo libero e mediante il tempo libero. Che si tratti di sport o di attività culturali, di vacanze o di viaggi, i giovani vogliono trovare i loro mezzi espressivi e di sviluppo attraverso attività che hanno liberamente scelto o direttamente organizzato.

    Partecipazione alla vita internazionale

    Non si può negare che un gran numero di giovani siano molto indifferenti verso gli avvenimenti mondiali, in caso di conflitto non propendono per nessuno degli avversari accomunandoli nella stessa indifferenza e ignorano l'esistenza delle organizzazioni internazionali; altri invece fanno prova di un grandissimo scetticismo verso le istituzioni del sistema delle Nazioni Unite. Tuttavia l'interesse dei giovani verso gli avvenimenti mondiali cresce di giorno in giorno, lo si potrebbe considerare come un risultato della crisi planetaria: disgregazione dei sistemi dei valori nelle società industrializzate, contrasti fra società dotate di diversi sistemi sociali ed economici, terribili problemi dei paesi in via di sviluppo, terrore della morte atomica... Tutto questo sembra a molti giovani terribilmente irrazionale e risveglia il loro desiderio di agire per «cambiare il mondo». Apparentemente i giovani accettano molto meno degli adulti le tensioni internazionali, i conflitti e le ingiustizie del mondo moderno. Anche se i giovani aderiscono a movimenti nazionalisti, sono in genere i fautori più generosi della comprensione internazionale. Per loro queste idee non restano allo stato teorico: le proteste contro la guerra si moltiplicano; si consolida il volontariato che si è rapidamente sviluppato in questi ultimi anni a tal punto che ora l'offerta supera la domanda; le organizzazioni giovanili cercano sempre più di collaborare con le organizzazioni internazionali e la loro adesione ai programmi di queste organizzazioni è spesso massiccia ed entusiastica: come per la campagna per la lotta contro l'analfabetismo e contro la fame, e per le manifestazioni di solidarietà dopo le calamità naturali, che sono solidamente appoggiate dai giovani. Infine, non c'è dubbio che la rete permanente di scambi fra i giovani ha contribuito alla creazione di una nuova solidarietà giovanile su scala internazionale. I giovani offrono e rivendicano una loro partecipazione alla solidarietà internazionale per costruire un mondo dove i diritti dell'uomo, la pace e la fratellanza non saranno più scritti su delle «carte», ma si attueranno in modi di vita e di azione. Certamente le attività dei giovani in questi campi riflettono a modo loro le incomprensioni, le tensioni e le contraddizioni esistenti nella vita internazionale, ma ovunque i giovani sono molto vicini agli ideali che la comunità mondiale continua a proclamare, troppo spesso invano.
    Dobbiamo sottolineare specialmente la volontà manifestata dalle organizzazioni giovanili di partecipare maggiormente non solo alla realizzazione ma anche all'elaborazione dei programmi delle organizzazioni internazionali. Finora però non ne è stata data loro la possibilità. Le organizzazioni devono tener conto di queste aspirazioni e lasciare più spazio ai giovani, perché senza dubbio il consolidamento della loro azione nel mondo dipende largamente dall'adesione e dalla partecipazione della gioventù. L'interesse manifestato dai giovani per la vita internazionale è certamente uno degli aspetti più positivi di tutto il fenomeno che investe attualmente la gioventù e offre delle straordinarie possibilità per la comprensione internazionale, per la solidarietà fra i popoli e per la pace.

    Definizione di giovinezza

    Si tende spesso a definire la giovinezza in termini cronologici, «età della vita»: ecco in genere i programmi per la gioventù destinati a quel gruppo fra i quindici e i venticinque anni. Questa classificazione è utile senza dubbio a fini pratici, non saprebbe però riportare a un unico comun denominatore i problemi profondamente diversi e specifici delle molteplici categorie di individui che compongono questo gruppo d'età (anche nel medesimo paese). A maggior ragione, quindi, sarebbe difficile farne una norma universale, quando sappiamo che nei diversi paesi e continenti l'accesso all'età maggiore, agli effetti civili, alle responsabilità sociali e all'esercizio delle attività sessuali avvengono in epoche molto diverse stabilite dalla legge, dalle istituzioni e dal costume.
    Analogamente si è tentati di definire la giovinezza secondo la sua «posizione sociale, educativa e familiare», in altri termini considerare giovane chi frequenta una scuola, non è ancora entrato nella vita attiva e non si è ancora formato una famiglia; e adulto, invece, chi non studia più, lavora e ha creato una unità familiare. Ma anche così le differenze esistenti fra i diversi tipi di società e la progressiva trasformazione delle caratteristiche dei giovani e degli adulti rendono quasi impossibile l'applicazione di questo concetto.
    Si potrebbe, non a torto, essere tentati di definire la giovinezza come uno «stato d'animo», includendovi per esempio chi si distingue per «una qualità d'immaginazione, predominanza del coraggio sulla timidezza, un gusto dell'avventura e non delle comodità», ma nemmeno questo criterio risponderebbe a tutte quelle molteplici situazioni in cui si vengono a trovare gli individui e i gruppi sociali («giovani» o «adulti» secondo le norme correnti) con i quali vorrebbe identificarsi.
    In realtà, la situazione sociale, economica e psicologica dei giovani è così diversa che sembra difficile formulare una definizione generale e completa di giovinezza. Quindi chi si occupa di problemi sociali e umani di questo tipo farà bene ad attenersi a delle ipotesi caute e sfumate. Ecco perché talvolta ci si contenta di una definizione pragmatica secondo la quale sono giovani quelli che la società considera tali.

    Categorie di giovani

    Si parla della «gioventù», si fanno piani e programmi «per la gioventù», eppure si tratta di una entità sociale sempre più differenziata e complessa; quindi occorre distinguere più chiaramente le categorie che ne fanno parte. Queste categorie, di cui si potrebbe moltiplicare il numero e che si intersecano fra loro, sono utilizzate qui in funzione dei problemi che rappresentano e non come realtà obiettive perfettamente delimitate. Fra le categorie di giovani si possono considerare essenziali, in termini sociologici, i giovani rurali, la gioventù di città, i giovani non scolarizzati, gli scolari, i giovani operai e gli studenti, classificazione alquanto sommaria, che trascura le molteplici differenze fra paesi e all'interno di ogni gruppo; le aspirazioni, le esigenze e gli atteggiamenti dei giovani, come i provvedimenti necessari variano da caso a caso.
    La gioventù rurale, che rappresenta ancora su scala mondiale la categoria più numerosa, viene a trovarsi in una situazione ambigua quando, malgrado l'importanza del suo ruolo nelle economie di tipo rurale, le strutture tradizionali e gli effetti di una disoccupazione parziale o latente gli impediscono di intervenire come gruppo sociale coerente nel processo di sviluppo.
    La gioventù urbana, soprattutto la gioventù povera urbana, che a seguito dell'esodo dalla campagna è in costante aumento, è talvolta sotto-occupata o disoccupata. Non integrati in un contesto sociale e culturale che resta loro estraneo, ridotti a vivere di espedienti ai margini della società, al confine della delinquenza, molti di questi elementi sono in preda a un profondo malessere e insoddisfazione.
    La gioventù non scolarizzata costituisce una categoria numericamente molto significativa, dato che nel 1962 si pensava che ci fossero nel mondo centoquarantasei milioni di giovani analfabeti di età variabile tra i quindici e i ventiquattro anni. La mancanza di istruzione e il mantenimento in uno stato di frustrazione sociale, civica ed economica, impediscono il normale sviluppo di personalità ricche e infinitamente diversificate; e inoltre questi giovani, che in altre circostanze potrebbero rappresentare un potenziale fatto di forze capaci di essere messe al servizio dello sviluppo economico, sono condannati ad agire come freno dello sviluppo.
    I giovani operai, le cui file aumentano costantemente e fra i quali larghi strati si sentono insicuri di fronte alle trasformazioni che la tecnica ha apportato al lavoro industriale, hanno come principali preoccupazioni l'orientamento, la formazione, la mobilità, le garanzie contro una disoccupazione.
    Gli scolari – categoria molto numerosa, poiché in questi quindici anni si sono quasi raddoppiati, passando dai duecentoventidue milioni del 1950-1951 ai quattrocentotredici milioni del 1965-1966 – hanno attualmente delle possibilità di sviluppo intellettuale molto più precoce di quelli che li hanno preceduti e sono anche capaci di assimilarsi più facilmente a quelle correnti sociali e civiche che animano il loro ambiente. Non dovremmo quindi stupirci di vederli unirsi agli studenti e anche, nei paesi in via di sviluppo, svolgere una funzione paragonabile a questi ultimi.
    Gli studenti rappresentano una categoria di grande espansione, la più progredita sotto molti aspetti. Dal 1960 al 1965, il numero degli studenti nel mondo è passato da undici milioni centosettantaquattromila a sedici milioni quindicimila, quindi con un aumento del sessantun per cento. Sotto il duplice aspetto qualitativo e quantitativo, i giovani universitari, dove sono presenti, hanno sempre un certo peso ed esercitano una considerevole influenza e attualmente hanno assunto un massimo spicco nei paesi industrializzati.
    (da «Rapport sur la jeunesse» a cura dell'Unesco)

    LA SETTIMANA SUI CONSIGLI PASTORALI

    Il consiglio pastorale, «dalla parrocchia alla diocesi», è l'argomento su cui hanno discusso a Roma i sacerdoti, i religiosi e i laici partecipanti alla XIX Settimana di aggiornamento pastorale, promossa dall'istituto «Irades» e dal centro di orientamento pastorale. Il lavoro della settimana, che coinvolgeva tutta l'attuale problematica sulla partecipazione del popolo di Dio alla edificazione della chiesa locale, si è svolto attraverso sette relazioni in aula e successivamente discussioni in 29 gruppi di studio. I partecipanti provenivano da 160 diocesi italiane e dall'isola di Malta.
    Esaminando il documento conclusivo approvato dall'assemblea, appare questa osservazione: «Riflettendo su alcuni momenti dello sviluppo storico delle forme di partecipazione nella Chiesa locale, si rileva che i momenti più fecondi nella vita della Chiesa si sono avuti quando ad essa è stato recato l'apporto responsabile di tutte le sue componenti». Ne consegue – come hanno affermato i convegnisti – che «ogni chiesa particolare e ogni comunità locale deve prendere conoscenza dei valori della propria tradizione particolare, non per chiudersi in uno schema campanilistico ma per fondarsi sulla continuità della vita, e per riconoscere con gratitudine i doni specifici con cui lo Spirito santo arricchisce ogni singola Chiesa».
    «Un criterio per valutare il reale rinnovamento delle strutture – citiamo sempre dal documento finale – sta nella loro adeguatezza a far partecipare tutti i membri della Chiesa alla triplice missione di Cristo: sacerdotale, profetica e regale». Se è vero che il Concilio ha posto le premesse teologiche e ha dato un suggerimento specifico circa la partecipazione e la corresponsabilità, tuttavia non ha inteso esaurire il tema dei consigli pastorali né tanto meno bloccarne lo sviluppo. La sperimentazione con una certa libertà, a livello parrocchiale, zonale e diocesano, potrà favorire una maggior comprensione pratica della dottrina del Vaticano II.
    La settimana ha rivolto l'attenzione anche ai Consigli pastorali diocesani, limitandosi però alla rappresentatività e alla partecipazione. Preso atto che nella situazione italiana i membri eletti e veramente rappresentativi sono ancora troppo in minoranza rispetto ai membri di diritto e a quelli di espressa nomina vescovile, e che i laici e i religiosi sono ancora troppo scarsamente rappresentati, si è richiamata la dottrina conciliare della corresponsabilità fondata sul battesimo.
    (Ancilla)

    Perché le adolescenti fuggono di casa?

    Ogni anno ventimila minorenni, nella maggior parte femmine, fuggono di casa. È ormai un vero e proprio allarmante fenomeno sociale.
    Le statistiche rilevano che nell'ultimo decennio queste «fughe» sono sensibilmente aumentate e le conseguenze che ne derivano sono ovviamente gravi: matrimoni precoci, interruzione volontarie di maternità, incontri con «protettori» che avviano alla prostituzione.
    Questo fenomeno non può non interessare gli educatori e chiunque venga a contatto con i giovani. Riportiamo qualche dato che possa inquadrare meglio il problema:
    in genere scappano di casa soprattutto le adolescenti fra i 14 e i 18; il 70% di queste fughe è dovuto a un disagio affettivo nell'ambiente familiare (scappano soprattutto le figlie uniche) ; il 30% per seguire un innamorato, per spirito di avventura, per diventare attrici, cantanti, indossatrici ecc.; in genere sono studentesse o ragazze senza lavoro; sono più frequenti le fughe di minorenni appartenenti al ceto medio e inoltre ciò sembra accadere più facilmente nel meridione che nel nord, sebbene qui sia più facile sfuggire alle autorità.
    Ma quali tipi di adolescenti, di solito, sono predisposti alla fuga?
    È una domanda che sorge spontanea. Uno psicologo, il dott. Fausto Antonini, li inquadra così: «Sono ragazzi disordinati, discontinui, a momenti esasperatamente sensibili e subito dopo di una insensibilità che può rasentare il cinismo. Spesso sono distratti in modo addirittura patologico e questo perché la sfera fantastica e creativa ha, in loro, un'assoluta prevalenza su quella razionale. Sono mitomani: amano immaginarsi e raccontarsi protagonisti di storie eroiche. Amano tenere diari, si sentono e si dicono destinati a vicende grandiose. Sono soggetti da sottoporre a psicoterapie».
    È chiaro da questo, sia pur sommario, quadro psicologico, che le cause di un tale comportamento sono da ricercarsi in tutto l'ambiente familiare, affettivo, educativo, culturale in cui vivono questi adolescenti.
    Da un punto di vista sociologico il fenomeno investe una grande quantità di fattori: fra i più rilevanti i «miti» proposti dalla nostra società: essere «personaggio», divenire «qualcuno», sulla falsariga della fumettistica, dove sesso e denaro sono presentati come i luccicanti traguardi.
    Questi «miti» vengono spesso recepiti dagli adolescenti con una intensità psicologica proporzionale all'insoddisfazione affettiva derivante dal loro ambiente familiare, alle incomprensioni che vengono a crearsi in famiglie autoritarie, oppressive oppure disinteressate all'adolescente; alla mancanza di socializzazione dell'ambiente scolastico e quindi di un adeguato inserimento nel mondo degli adulti.
    In questo quadro non è difficile comprendere come le «fughe» da casa siano un campanello d'allarme per le famiglie, la scuola e tutta la comunità civile, perché venga avviato un discorso-alternativa ai miti consumistici proposti oggi dalla pubblicità e dai mezzi di comunicazione sociale: un discorso in cui la persona umana abbia un valore prioritario.


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