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    Il preadolescente italiano nella società dei consumi



    Luciano Tavazza

    (NPG 1971-05-07)

    Punto di partenza per un progetto educativo è la situazione sociologica in cui di fatto vivono i preadolescenti italiani.
    Le fonti di manipolazione più insistenti, quelle che hanno maggiore incidenza nella formazione «parallela» dei nostri ragazzi, sono gli strumenti di comunicazione sociale e la mentalità che caratterizza la civiltà dei consumi. Non è possibile condurre un discorso pastorale senza dialogare, realmente, con questi dati.
    Per chi pensasse questa «attenzione» una indebita ingerenza nelle «cose del mondo» o un indulgere alle mode del momento, è opportuno il richiamo del RdC: Per alimentare una mentalità di fede, che consenta di vivere da figli di Dio, la catechesi deve raggiungere gli uomini nel tempo e nel luogo in cui essi operano, vale a dire nelle situazioni di vita che è loro propria. Sono pertanto da studiare fenomeni come la rivoluzione scientifica e tecnologica, il processo di secolarizzazione, la diffusione del benessere e della civiltà dei consumi, glí squilibri sociali ed economici, il nuovo volto della famiglia e della società, la diffusione della cultura, la trasmissione di idee e valori attraverso gli strumenti della comunicazione sociale, il pluralismo culturale e religioso, la urbanizzazione, la democratizzazione della società, la nuova coscienza della dignità e della responsabilità personale dell'uomo» (128).
    Questo studio fa un primo tentativo: i temi da affrontare sarebbero stati molti di più. Praticamente l'attenzione è tutta e unicamente sulla civiltà dei consumi, in rapporto all'incidenza sul preadolescente italiano.
    Suggeriamo, per completare il discorso, l'analisi delle seguenti opere: Braga, «La comunicazione sociale» (ERI);
    «Televisione e ragazzi» (Quaderni servizio opinioni RAI - V.le Mazzini - Roma); «La violenza dei mezzi di comunicazione di massa» (idem);
    Cattani, «Etica e pedagogia dei consumi» (Silva editore); Guarda, «La televisione come violenza» (edizioni Dehoniane).

    Il testo dell'articolo è fornito da nostri appunti, dalla registrazione della relazione del dott. Tavazza.

    Il preadolescente italiano, degli anni 70, vive le sue esperienze:
    • all'interno di una società moderno-urbana,
    • all'interno della condizione giovanile caratteristica delle società industriali,
    • all'interno di una famiglia protagonista della corsa ai consumi.
    I preadolescenti, nella attuale società italiana, non sono una cosa a sé stante: vivono nella sfera d'influenza del mondo che li sopravanza, soprattutto di quello giovanile che da poco li ha sopravanzati. Proprio per questo, qui vogliamo evitare di fare il discorso sul «preadolescente eterno»: è discorso facile ma perfettamente inutile. L'Hollinghead, che ha fatto una serie di studi sui problemi preadolescenziali, afferma che il comportamento dell'adolescente è un comportamento di transizione, dipendente dalla società e più particolarmente dalla posizione che gli individui occupano nella struttura sociale, piuttosto che da fenomeni bio-psicologici connessi con la pubertà. Cui fa eco il Volpicelli, quando afferma: «se volete studiare il preadolescente, non occupatevi soltanto della sua età biologica e sociale, ma ricordatevi che il preadolescente ha un'età psicologica e spirituale tutta particolare».
    Ecco, quindi, in concreto, la nostra intenzione: daremo un'occhiata al retroterra socio-economico e culturale che circonda il preadolescente italiano, sulla scia delle indicazioni fatte in apertura, ma con l'avvertenza di spostarci continuamente dal presente al prossimo futuro: mettendo cioè l'accento su ciò che sta per accadere nell'arco dei prossimi 10 anni. Questa apertura al futuro pare necessaria per tre motivi:
    • il presente è già vissuto da ciascuno di noi, conosciuto e analizzato con una ricchissima esperienza;
    • educare vuol dire lavorare in prospettiva. Ci sono degli atteggiamenti che bisogna abbandonare subito, nella misura in cui si scopre con certezza che la storia si muove lungo una direttrice;
    • perché in Italia è vicina (in un arco inferiore ai 10 anni) una rivoluzione tecnologica, di costume, di rinnovamento familiare, religioso, che creerà una realtà quasi totalmente nuova.

    LA SOCIETÀ MODERNO-URBANA

    Per analizzare l'influsso che il contesto sociologico attuale esercita sui preadolescenti, fermiamo prima di tutto l'attenzione sulle caratteristiche della società moderno-urbana, in cui egli vive.

    I modelli degli italiani

    A quali modelli si ispirano oggi, in Italia, le famiglie italiane, e quindi, di riflesso, i preadolescenti?
    G. Petroni (La sociologia dei consumi, Angeli editore, Milano) ricorda che in questo momento il modello di riferimento della media della popolazione italiana non è più la classe agiata, come capitava un tempo, ma quelle categorie di persone – cantanti, attori, celebrità... – che in qualche modo esercitano un fascino sugli altri membri della società senza essere depositari di potere economico, politico, religioso. Questa «élite senza potere» sembra attivare gli atteggiamenti, gli interessi, i consumi di una società moderno-urbana (e quando si parla di essere urbanizzati non vuol dire risiedere in una città quanto piuttosto aver accettato, anche nel più lontano casolare d'Italia, la psicologia e la predisposizione a certi atteggiamenti). Perché venga messo in moto il meccanismo della identificazione, non è necessario che queste persone rappresentino una classe socialmente qualificata. La televisione, quotidianamente, avalla la pressione d'influsso da essi esercitata.
    È interessante notare ancora come l'identificazione con questi modelli è spesso inconsapevole o non confessata.
    Di fatto, le famiglie italiane tendono a copiare questi moduli di consumo che loro sono presentati.
    È quindi possibile descrivere i fenomeni che si registreranno a questo proposito, in Italia, nei prossimi cinque anni:
    • avremo un incremento di reddito;
    • avremo una intensificazione della mobilità sociale. Molti papà dei nostri ragazzi passeranno da una classe sociale ad un'altra;
    • avremo una graduale eliminazione dei conflitti di ruolo, di quei conflitti legati al ruolo che ciascuno assolve nella società;
    • avremo una più democratica strutturazione del potere;
    • avremo una modificazione della struttura decisionale della famiglia.
    Queste sono le tendenze indicate da chi, in Italia, studia la società dei consumi.
    Qual è allora l'iter prevedibile dei consumi, con cui si incontreranno immediatamente i nostri preadolescenti?
    Le aziende italiane stanno già programmando, su questa linea.
    Nel mondo dei consumi, prima di tutto, avremo la soddisfazione totale dei bisogni primari. Questo non vuol dire che spariranno le sacche di povertà. Se spariranno... sarà solo sulla carta, a suon di statistiche. Ci sarà poi la dilatazione di certe categorie di consumi, in dipendenza del reddito aumentato e della mobilità sociale: ogni status crea un fascio di consumi proporzionati.
    E, infine, avremo un ricorso più ampio al consumo di beni non durevoli: i modelli di riferimento sono mutevoli; lo sforzo quindi di adeguarvisi comporta un continuo ricambio di beni di consumo.

    Riflessi sul preadolescente

    Quali i riflessi sul preadolescente? E abbastanza facile fare delle previsioni. La società italiana copia, nella sua evoluzione, i modelli di altre società più evolute: nella logica delle società capitalistiche e consumistiche è facile prevedere l'arco di maturazione.

    • Prima di tutto, il preadolescente avrà nelle mani una quantità sempre maggiore di beni, anche non primari. E questo induce grossi problemi educativi: impiego di questi mezzi, sprechi, solidarietà con i meno abbienti...
    • Il preadolescente, poi, avrà la possibilità di scegliere tra una gamma sempre più vasta di beni, a sua portata. I problemi educativi sono relativi: snobismo, le cose più ricercate, l'inutilità di possedere certe cose contro l'orientamento a scelte di utilità e di necessità.
    • Ancora, i beni che la società dei consumi offrirà al preadolescente saranno più transitori di quelli che gli offre oggi. Andiamo verso beni di consumo caratterizzati da una grande obsolescenza: in fretta cambiano, si distruggono, vengono superati. Grande mutevolezza e ritmo veloce di ricambio.
    • Il preadolescente nei prossimi anni si troverà ad avere maggior potere decisionale. Potere decisionale significa: uso del denaro, aumentata influenza sul mercato. La crescita del potere decisionale comporta tutta una nuova educazione alla capacità intelligente e critica di scegliere, di prendere posizioni, di assumere comportamenti.
    • Aumenterà la permissività. La nostra società continua a marciare a passi da gigante verso una permissività sempre più grande. Pensiamo solo alla tendenza della moda.
    • Il preadolescente sarà sempre più orientato, dalla società dei consumi, ad occuparsi dell'individuale anziché del collettivo: è conseguenza spontanea delle annotazioni sopra descritte: chi ha sempre di più, chi può scegliere sempre di più, chi ha sempre maggior «libertà» morale, è costretto a porre se stesso come centro di riferimento di ogni rapporto sociale: gli altri diventano sempre più insignificanti.
    • E infine, il preadolescente aumenterà il suo ascolto presso la donna. Le madri «spartane» di un tempo stanno scomparendo. Diminuiscono sempre più quelle che sapevano contemperare le richieste dei figli con il bilancio familiare: oggi, una mamma, piuttosto di far soffrire il figlio, accende la cambiale!
    La carica di questo elemento è aumentata dal fatto che la donna è oggi una delle forze dinamiche più significative del mercato: è essa che detta legge, anche negli acquisti del marito.

    LA CONDIZIONE GIOVANILE

    Il secondo contesto in cui il preadolescente italiano d'oggi vive la sua esperienza è quella che i sociologi chiamano «la condizione giovanile». Perché ci interessa?

    ♦ Prima di tutto, per un problema di quantità. Ciò significa – e lo diciamo con uno studioso francese di questi problemi (Alfred Sauvy, La montée des jeunes, Parigi 1966) – che la contrazione o l'espansione numerica delle giovani generazioni cui i preadolescenti appartengono, influenza per sé la condizione giovanile, l'orientamento della famiglia verso la società e quello della società verso la conservazione del passato e del presente, o verso l'innovazione e l'apertura al futuro.
    Secondo i calcoli dell'ONU e dell'UNESCO, nel 1975 il 43% della popolazione mondiale sarà costituito da giovani: quindi c'è una irreversibile spinta giovanile al rinnovamento. Questo fatto non è solo di ordine numerico (il peso della quantità) ma diviene subito causa di una serie di mutamenti sociali, politici, culturali... All'interno di tutto ciò, stanno i nostri preadolescenti.

    ♦ Ma è anche problema di qualità.
    Ci sono fatti nuovi che hanno immediati riflessi sui preadolescenti e che quindi determinano un loro atteggiamento e condizionamenti del tutto originali.
    La prima caratteristica della condizione giovanile nella società industriale è una anticipata maturazione fisiologica. Non c'è bisogno di commenti. Basta una semplice costatazione. Nel mondo anglosassone sono normali i matrimoni tra studenti. E questa tendenza comincia ad affiorare anche in Italia.
    La seconda è antagonista a quella appena descritta: il periodo di esperienza scolastica è protratto. E quindi si allunga il tempo della adolescenza.
    Terzo fenomeno, più preoccupante: il ritardo dell'inserimento nel mondo del lavoro. Ardigò, in Questioni di sociologia avanza a questo proposito le seguenti annotazioni: mentre uno dei normali prerequisiti per la maturità sociale, quello della scelta matrimoniale, tende ad essere anticipato nel tempo, gli altri prerequisiti, della conclusione degli studi e dell'inserimento a pieno titolo (quindi non da apprendisti) nel mondo del lavoro, vanno collocandosi, per i giovani dei ruoli e dei centri medi e superiori, più avanti nel tempo. Risultato: il preadolescente anticipa – forzato anche dalla pressione erotico-pornografica della società – almeno psicologicamente le pulsioni istintive sessuali (un preadolescente che non «abbia la ragazza» è pensato un anormale... da molti), mentre è costretto
    ad allungare il periodo del «fidanzamento», per posticipare il matrimonio dopo il raggiungimento di una posizione sociale sicura.
    Quarto fenomeno: i giovani, e quindi i preadolescenti, sono diventati centro di un nuovo e determinante mercato.
    I giovani come mercato, fino al 1962, in Italia non sono esistiti. Nel 1965, alcune grosse aziende italiane, in assoluto segreto, hanno cominciato a fare indagini di mercato sui giovani ed hanno scoperto uno sbocco nuovo: un mercato che attualmente assorbe materiale per mille miliardi l'anno. Il fatto che i giovani siano diventati il centro di un mercato molto proficuo, cambia un'infinità di cose. Il preadolescente, soprattutto, che risente di questo alone, incomincia a standardizzarsi nei consumi molto prima di quello che faceva un tempo. Oggi i preadolescenti, quelli stessi che un tempo non avevano problemi estetici, almeno fino ai 15 anni, fino alla scoperta dell'esistenza delle ragazze..., oggi i preadolescenti vanno in giro come tanti signorini.
    E infine, un disagio esistenziale, innegabile a tutti i livelli. Quello «eterno», proprio della condizione giovanile e quello invece che tutte le inchieste sembrano accertare nei confronti dell'etica della società capitalistica. Anzi, alcuni avvertono una certa complicità in esso del cristianesimo, perché non prende posizioni. E questo acuisce il precedente, perché lo rilancia in una crisi di fede o almeno di appartenenza.

    IL MERCATO GIOVANILE

    Il discorso sul mercato giovanile, annotato sopra, merita di essere ripreso, perché denso di implicanze educative, soprattutto nei riguardi dei preadolescenti.
    I giovani, in Italia oggi, sono 11 milioni (considerando «giovani» gli individui dai 6 ai 19 anni), il 21% di tutta la popolazione. Ebbene, in Italia, alcuni articoli si vendono solo perché li consumano i giovani. Un esempio: il gelato. Il 54% è consumato da giovani dai 6 ai 19 anni; con l'altro 46% nessuna azienda sarebbe in grado di reggersi.
    Per renderci conto di questo fenomeno, citiamo una fonte tutt'altro che sospettabile: l'incontro che il «Club dei dirigenti di vendite» ha svolto nel 1967 a Genova, sul tema «il mercato dei giovani» (di esso riferisce Il gallo, luglio-agosto 1967). Per alcune conclusioni, è stato consultato il CIRM (Centro Internazionale di Ricerche di Mercato).
    I giovani, secondo il CIRM, consumano per un ammontare di 500 miliardi l'anno. E i dati coincidono con notevole approssimazione con l'inchiesta Doxa che dà 450 miliardi l'anno (in riferimento ai 13/19 anni). La cifra che ci interessa di più è quella relativa al denaro che passa in mano ai giovani di questa età. Per retribuzioni di lavoro e appannaggi familiari, un complesso di 885 miliardi l'anno. Risulta che 445 vengono riversati all'interno delle loro famiglie dai giovani che lavorano. Quindi ne rimangono disponibili 440.
    Ma ne vengono spesi 450/500: i giovani sono già nella possibilità di spendere più di quanto abbiano disponibile.
    Ma c'è di più. I vari ricercatori sottolineano che altri 200 miliardi escono dalle casse familiari per doni destinati ai giovani: doni evidentemente «graditi» ai giovani, congeniali a loro.
    Può essere interessante analizzare alcune tra le tante voci. In campo di musica leggera, per esempio, il 9% delle vendite è realizzato in Italia fra ragazzi inferiori a 16 anni. Il 38% fra 16 e 20 anni: quindi il 47% della produzione italiana è consumato in Italia da giovani sotto i 20 anni. Secondo le comunicazioni del dr. Pasqualini, uno dei protagonisti dell'incontro sopra ricordato, 70 miliardi vengono spesi per giornali a fumetti. Il 20% delle ragazze sotto i 19 anni spendono le loro somme in cosmetici. E così via.
    Va subito aggiunto un altro particolare. Le aziende hanno previsto, nei prossimi 5 anni, un raddoppio di consumi. Stanno impostando le catene di produzione su questa linea... quindi il consumo ci sarà. Perché i giovani (e i preadolescenti soprattutto) non solo consumano per sè, piegano i genitori a consumare per loro e si fanno propagandisti presso i genitori stessi di questa nuova «moda», ma sono in generale, grazie al richiamo tecnico-scientifico, dei propagandisti in assoluto: creano nuove esigenze, un nuovo modo di essere.
    Con queste riflessioni, abbiamo ritrovato in pieno il preadolescente nella civiltà dei consumi.
    Il Riessmann ricorda che il preadolescente è un «apprendista consumatore»: la ragazzina, in 10-12 anni diviene mamma, e in 10-15 anni il ragazzino diviene lavoratore, padre di famiglia, preoccupato di migliorare il proprio tenor di vita, di mettere su casa.
    «Cosa sono 10 anni? Il tempo giusto per preparare il futuro consumatore, per condizionarlo a dovere. Dice Clyde Miller, l'autore del famoso e insuperato Process of persuasion: pensate ai profitti che potranno derivare alle vostre aziende se riuscirete a condizionare un milione o dieci di ragazzi, i quali diventeranno adulti, addestrati a comprare il vostro prodotto, così come dei soldati sono addestrati a mettersi in marcia appena sentono lo slogan "avanti march". Il mercato dei giovani in espansione significa economia nazionale in espansione, significa progresso economico del quale i giovani consumatori di oggi saranno i consumatori di domani, che le aziende devono prepararsi a servire attraverso una produzione sempre più qualificata e diversificata e una pubblicità dagli strumenti e dalle tecniche sempre più affinate».
    È una spirale che avvolge i nostri preadolescenti. Ecco alcune conseguenze:

    • nasce nel preadolescente una serie di esigenze concrete, dovute alla sua vita di relazione. Per relazionarsi con gli altri ragazzi, ha bisogno di avere i loro stessi consumi, per non rimanere «fuori del giro». E siccome le esigenze di un mercato di questo tipo sono in continua crescita, il ragazzo tra i 10 e i 14 anni ha esigenze sempre crescenti.
    • Le esigenze non appagate producono frustrazioni. Quindi crescenti frustrazioni.
    • Di qui un clima di insoddisfazione permanente, con un invito a comportamenti devianti: a procurarsi in altri modi ciò che non si riesce ad avere per le vie normali.
    • Una confusione di tipo etico. La pubblicità italiana, come tutta la più accorta pubblicità di oggi, fonda le sue istanze sul «dovere»: sul bisogna comprare per essere. Le campagne pubblicistiche tendono a sciogliere le resistenze psicologiche che nascono naturalmente quando ci si interroga sulla opportunità di talune spese.
    • Nasce un nuovo principio etico: consumare è un valore. Non più produrre, o risparmiare, ma consumare. Questo è il modo per tenere in movimento tutto il giro della nostra società, a detta di Galbraith, nel suo La società opulenta.
    • Il preadolescente si forma quindi un'abitudine al consumo. E spesso, nelle famiglie, sono degli «incompresi» perché non possono consumare come e quanto vorrebbero.

    CONCLUSIONE

    Le cose da dire sarebbero ancora molte.
    Ci sembra però necessario rilevare che qui non vogliamo certo fare l'elogio della società del pauperismo, né intendiamo studiare i vantaggi della società opulenta: abbiamo solo voluto dare un'occhiata, profondamente umana e cristiana, ai meccanismi della società dei consumi, società che ingloba e immerge i preadolescenti.
    Anche perché se non riusciamo a cogliere la logica di questo sistema, sarà difficile inventare qualcosa che, rimanendo all'altezza dei tempi e non respingendone i lati positivi, liberi le persone dal pericolo di venire catturate dalla società del benessere.


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