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    Per un progetto educativo


    Pietro Gianola

    (NPG 1978-08-38)

    Rimarrebbe limitato il discorso sulla animazione cristiana nella scuola che non si proponesse anzitutto quale occasione di ripensamento per le istituzioni scolastiche ecclesiali, chiamate a diventare – lo afferma VA. nel presente studio –«valida alternativa allo smarrimento generale e proposta per analoghe attuazioni».
    Sono molti i pericoli in cui può incorrere, e nei quali di fatto attualmente si dibatte, la scuola cattolica.
    Forse il più grave è quello di battersi spesso per una libertà vuota, cioè per difendere la libertà della scuola senza precisarne i contenuti originali. In questo modo rischia di trovarsi alleata con le più retrive e conservatrici scuole «private» che mirano quasi solo alla promozione e al guadagno, oppure resta essa medesima impigliata nei programmi e metodi tradizionali d'una cultura liberal-borghese rinsanguata dalle aggiunte spiritualmente neutrali delle moderne scienze e tecnologie.
    Un secondo pericolo, non meno preoccupante, consiste nella incapacità di definire le premesse immediate per una profonda ristrutturazione globale, pur nell'ambito delle direttive generali dello stato, usufruendo delle sempre larghe possibilità che una forte competenza può garantirsi anche all'interno di modelli abbondantemente qualunquisti.
    E finalmente vorrei sottolineare il pericolo di arrestarsi alle dichiarazioni grandiose e impegnate delle definizioni, degli atti ufficiali, senza essere in grado di passare allo sviluppo metodologico corretto e ben articolato di «progetti» gestionali e operativi originali e coerenti rispetto alle premesse reali, culturali, spirituali, cristiane. Senza pretendere di esaurire il tema, senza poter scendere alla concretezza dell'operare immediato, vediamo alcune premesse che potrebbero guidare lo sforzo di innovazione effettiva d'una scuola cattolica che possa porsi come valida alternativa interna allo smarrimento generale e quindi anche come proposta per analoghe attuazioni.

    PER UNA MENTALITÀ E PER UNA COMPETENZA DI «PROGETTO»

    1. Occorre passare da una «logica dei programmi» a una «logica dei progetti», o, ancora meglio, a una «logica del progettare».
    La logica dei programmi domina i sistemi scolastici fondati sulle direttive centrali, sui libri di testo, sulle tradizioni acriticamente ripetute. Gestiscono questa scuola i docenti, fatti vestali di sacri testi, di un sapere oggettivo e fossilizzato, burocrati di un calendario che prevede l'avanzare di una rete di «lezioni» seguite da compiti e interrogazioni cui rispondono voti e selezioni. Domina l'offerta oggettiva di chi sa e può. Contenuti e metodi sono eretti a fini e valori dominanti e decisivi. Oggi si aggiungono le esigenze del mercato di lavoro, comunque sempre estrinseche all'intima realtà della crescita dei giovani studenti, in una società e in una cultura carica di problemi ben più veri e decisivi.
    La logica del progetto è propria delle gestioni di base, dal basso, sociali, concrete, problematiche.
    Le posizioni vengono rovesciate. Predomina la domanda dei sistemi personali, sociali, culturali, lavorativi, morali. Si definisce nettamente la scuola in termini di mezzo per assolvere nei modi più ragionevoli e tecnicamente efficienti le richieste educativo-formative molteplici, complesse, fluide, sempre dinamicamente evolventi, che vi emergono come nel loro giusto luogo per trovarvi considerazione e risposte.
    L'errore fondamentale della scuola italiana è di essere una scuola gestita dall'alto, dalla cultura oggettiva, dal potere burocratico, dai testi. L'avvenimento potenzialmente più rivoluzionario della scuola italiana è la gestione sociale. La scuola cattolica la deve assumere pienamente. Il diritto è affermato e riconosciuto. I significati non sono ancora ben chiari, le metodologie sono quasi inesistenti.
    Eppure molte cose sono ormai mature.
    «Gestione» si oppone a esecuzione di programmi altrui. Gestisce chi elabora i progetti, chi esegue con criterio i progetti, chi ne verifica i risultati e i procedimenti, chi può cambiare e sviluppare, cioè migliorare, il piano e la sua esecuzione.
    La gestione è «sociale» quando tutti i cointeressati alla scuola vi hanno ruoli attivi, liberi, responsabili, anche se ognuno nell'ambito delle proprie competenze: giovani alunni, genitori, docenti, forze sociali vive.
    Gestisce «la scuola» non chi discute e decide di amministrazione e di attrezzature, di orari e di calendari, di provvedimenti disciplinari e di integrazioni extrascolastiche, ma chi propone e decide in campo di fini e obiettivi, di contenuti e metodi, di proseguimento o di cambio e miglioramento.
    Come si vede, questa è la base della logica del progetto, o piuttosto della logica del progettare. Nessuna scuola, né di stato, né libera cattolica o laica, potrà mai risolversi per una sostanziale innovazione se non innesta quest'ultima logica come proprio modo di autogestirsi. Non si tratta di rifiutare tutto il passato e tutto l'esterno, di presumere l'infallibilità per sé. Quello che è già valido deve essere «reinventato» per sé sul posto, per rinfrescarne la comprensione e la volontà. Quello che non lo è deve essere rifiutato. Quello che manca deve di fatto essere «inventato» sul posto. Tutto deve essere adeguato a una dinamica di domanda emergente e di risposta organizzata di conseguenza nell'ambito di un progetto locale che rappresenti l'intelligenza comune e convergente di tutti i corresponsabili, la volontà condivisa di lavorare insieme per gli stessi obiettivi, la articolazione strutturale e sequenziale delle cose da fare, dei modi da seguire, dei mezzi da elaborare e applicare.
    Quando, come, dove, che cosa, da parte di chi «progettare», in un progetto educativo di ispirazione cristiana?
    Vediamo di fornire alcuni altri elementi utili.

    2. Nel progetto la forza maggiore sta nei «perché» essere prima che nel «come» e nel «che cosa» fare.
    Nel tentativo di rinnovare la scuola si sono percorse spesso strade inadeguate, destinate a non avere esito.
    Per esempio, quando s'è ridotto tutto al problema del «metodo»: come fare scuola, con quali mezzi e metodi? Oggi s'è precisato il metodo con l'esplosione «tecnologica e curricolare».
    La crisi della scuola è ben più profonda. Sono in crisi le ragioni del suo essere e operare, i riferimenti esterni da cui e per cui nasce e si organizza, e cioè le necessità fondamentali che la legano come mezzo evoluto al divenire evolutivo e progressivo delle persone, dei sistemi sociali e culturali, dei quadri professionali, del regno di Dio.
    Una progettazione scolastica non può darne per scontata la natura, í fini, gli obiettivi, o lasciarli alle definizioni generiche e retoriche da tempo in uso e non ancora superate.
    Che cos'è una scuola di vera educazione e formazione?
    È una scuola che ha la forza e la competenza di progettare rigorosamente i propri obiettivi, i rapporti e i ruoli, i contenuti e le discipline, i mezzi e i metodi, le esperienze educative e didattiche, le verifiche in relazione funzionale ai giovani soggetti che la frequentano e alla loro domanda educativa. Domanda che si pone in chiari termini di crescita organica e funzionale, di liberazione delle capacità interiori, di svilup po di relazioni esterne sistematiche con la natura, con la società, con la cultura, con il lavoro, con Dio. È perciò scuola dei «veri problemi» educativi e formativi emergenti attraverso soggetti vivi e immersi in un mondo reale di condizioni provocanti.
    Ma è anche scuola capace di progettare il proprio quadro educativo-didattico in relazione ai corpi sociali e storici che quei soggetti compongono e in cui vivono, cui appartengono, dei quali segnano il destino di crescita, di progresso, di confusione, di fallimento. La scuola non è fatta né per le individualità avulse dai contesti sociali, né per la loro somma collettiva. La scuola deve essere progettata in funzione di risposta alla società che, la interpella e la incarica di assumerne in modo proprio problemi e valori per una trasmissione-coltivazione educativa.
    In una collocazione cristiana, scuola di vera educazione è anche quella in cui il progetto s'ispira ad attuare il piano di Dio di creazione, di redenzione, di salvezza. È scuola nella quale si pone non marginale, anzi fondamentale e ispiratore, il problema-valore VITA-FEDE. Su ogni tema, problema, categoria d'umanità e storia personale e collettiva si innesta almeno la proposta di una organica dilatazione originale trascendente in relazione all'intervento di Cristo. Il «progetto-Uomo» si dilata e definisce ultimamente nel «progetto-Cristo». Almeno tale è l'intenzione degli operatori, che entro tale progetto operano, presupponendolo ogni volta che i soggetti non vi sono ancora collocati.

    3. Sembra evidente che questo modo di progettare imponga il superamento di criteri e modelli troppo unilaterali che potrebbero tentare qualcuno.
    Intendo riferirmi a diversi sbandamenti facilmente riscontrabili, come
    a) un progetto scolastico concepito unicamente come programma di cultura da trasmettere in ossequio ai vari miti del sapere umanistico, scientifico, matematico, artistico, tecnico, ecc..., pur con l'aggiunta delle più nuove discipline;
    b) un progetto scolastico di rigida derivazione bio-psico-pedagogica, quasi che l'uomo e la sua vita potessero ridursi a pure strutture e dinamiche e funzioni corporee, mentali, affettive normali o devianti dalle norme e da riportarvi dentro;
    c) un progetto scolastico di trasmissione didattica dell'egemonia politica del sistema dominante di ideologia, di stato e potere, di produzione e consumo;
    d) un progetto scolastico enunciato in termini moralistici di valori e ideali di personalità, di uomo, di società, di religione cristiana enunciati con dichiarazioni programmatiche retoriche, per ragazzi privi di grossi problemi economici, sociali, esistenziali.
    Il progetto deve ispirarsi a tutti questi campi, componendone una sintesi organica e armonica, magari di volta in volta capace di accentuare l'aspetto problematico che più urgente rivolge la sua «domanda».

    4. Urgenza prioritaria di stabilire delle «necessità» e delle «risorse».
    Quando si tratta di elaborare un progetto operativo, non è mai indifferente definire con precisione chi se ne fa responsabile (i protagonisti), chi ne rappresenta il termine di riferimento (i destinatari), da dove si ricavano le richieste di servizio e le risorse per assolverle concretamente (le collocazioni).
    Esplicitare questi elementi vuol dire riuscire a evidenziare con relativa facilità e precisione rigorosa alcune necessità che ad ogni costo dovranno essere rispettate e promosse nel progetto; vuol dire saper dove trovare le risorse per renderne possibile l'attuazione.
    • Incominciamo con i protagonisti. E per brevità fermiamoci a considerarne l'ispirazione cristiana.
    Almeno gli educatori devono essere dei cristiani per i quali sussistono e premono precise «ragioni» per dedicarsi a sviluppare e attuare in modo originale il progetto scolastico. E attorno a loro comunità, istituti, gruppi caratterizzati da natura, intenzioni, tensioni, propositi riconducibili alla fede.
    Si può aggiungere la fede e la relativa intenzione educativa dei genitori, e, in terzo ordine, sempre però, in concreto, decrescente, la fede e l'intenzione cristiana dei ragazzi-alunni.
    Queste realtà non sono di piccolo rilievo. Se i protagonisti hanno alla base delle ragioni cristiane, non come esclusive, ma certamente come animatrici sostanziali del loro interesse educativo, i progetti da essi elaborati dovranno portarne l'impronta, i caratteri, i valori, i problemi, i risultati.
    Consideriamo la situazione specifica dei docenti «religiosi», consacrati a Dio e al mondo con tre voti assai esigenti e totali. Sarebbe per essi un assurdo operare in progetti scolastici privi di un senso secondo il Vangelo, cioè inadeguati a sopportare le ragioni della consacrazione di una
    vita su tali basi. Destinatari, obiettivi, contenuti, metodi, risultati devono necessariamente essere assunti nel «progetto» con rigorosi criteri di Vangelo. Altrimenti? Capiterebbe il caos che sta succedendo oggi in troppe scuole cattoliche. Ma soprattutto ne risentirebbero le «vocazioni», prive di senso e di credibilità le antiche, prive di disponibilità le giovani, richiamate altrove, dove il Vangelo è di casa.
    • I destinatari aggiungono altre necessità. La «scelta del campo» è il primo passo di un progetto d'intervento. In una pedagogia dell'offerta ha scarso peso. Basta che sia adeguato per ciò che vi si vende. Ma in una pedagogia della domanda le cose sono diverse. La scelta dei destinatari è scelta necessitante l'intera strategia progettuale. Il progetto dovrà dirigersi prima di tutto a leggerne, interpretarne ed educarne la situazione di domanda educativa, culturale, scolastica.
    Quali destinatari per un progetto educativo scolastico di ispirazione cristiana? Nelle scuole cattoliche dichiarazioni retoriche hanno spesso semplicisticamente semplificato il problema: i figli cristiani delle famiglie cristiane delle comunità cristiane per una educazione organicamente cristiana. È una storiella, dicono le inchieste appena un po' severe. Qualunquismo politico, conservazione sociale, possibilità economiche, moderatismo morale, ricerca di comprensione umana e di migliore cura scolastica, spesso sono alla base della scelta dei destinatari delle più celebrate scuole cattoliche in Italia. È un equivoco che continua, anche quando si ha il coraggio di chiedere per un tale equivoco il finanziamento dello stato e la libertà di gestione (privilegiata).
    Che ci siano anche alcuni di quei destinatari ideali, non si può escludere. E di loro bisognerà tenere conto progettando la scuola e l'educazione. Neppure bisognerà rassegnarsi nel caso della invasione del secondo gruppo degli «equivoci». Ai dichiarati punti di partenza, dovranno conseguire precisamente progetti di educazione o meglio di rieducazione in vista di autentiche «conversioni» ai motivi e ai valori evangelici, pena la rescissione del contratto di servizio, per non tradurlo in asservimento, magari mutuando dalle classi privilegiate lo stesso programma scolastico di cultura e ambiente e andamento liberai-borghese e antievangelico, con pizzichi inefficienti di aggiunte catechetiche o sacramentali.
    Ben diverso sarebbe il caso in cui la volontà evangelica della scuola cattolica privilegiasse come destinatari i bisognosi, proprio il mondo dei meno buoni e dei cattivi, dei malati bisognosi di medici spirituali, dei diseredati sociali, culturali, di coloro che hanno bisogno di educazione integrale e di cura piena, di promozione evangelica e sociale, culturale e morale, economica e religiosa.
    Una scuola consapevole e decisa per queste scelte di campo rende necessarie subito le linee maestre del suo «progetto educativo di ispirazione cristiana». Basterà che assuma, interpreti, educhi le domande educative emergenti nei protagonisti e sviluppi un coerente quadro pedagogico di obiettivi, impegni, contenuti, mezzi e metodi, valutazioni e integrazioni adeguate per rispondervi.
    La stessa prospettiva vale per protagonisti cristiani nella scuola pubblica di stato. Dove la loro percezione profonda vocazionale e professionale li guida a evidenziare nei giovani soggetti quelle domande che in Cristo e secondo il Vangelo suo è giusto e indicativo percepirvi e rispondervi con cura privilegiata, conservando, integrando, correggendo, liberando, elevando a prospettive cristiane esplicite.
    • Le collocazioni sono argomento più complesso e articolato, che meriterà più attenta considerazione. Perciò verrà ripreso con maggiore dettaglio.
    Mi sembra che vengano eseguite considerando gli ordini di realtà che come valori-problemi danno motivo alla progettazione educativa della scuola e alla sua organizzazione e azione solutiva: il divenire problematico emergente nei giovani-alunni della realtà vitale dell'uomo-persona, della società-comunità, della cultura, del lavoro, dell'esistenza in cerca di senso, di valori, di motivi, di norme, di competenze fino alla dimensione e alla salvezza religiosa cristiana.
    Così la libertà vuota di tante richieste sbandierate in congressi e convegni e documenti si fa, almeno per la scuola di ispirazione cristiana, libertà piena, cioè affermata, richiesta, pagata dal pubblico per un preciso quadro di «perché», di «necessità» metapedagogiche, e dotata delle «risorse» personali, professionali, morali, economiche, didattiche necessarie per passare dalle strategie dei progetti alle strategie dell'azione.
    È impossibile elaborare progetti educativi di ispirazione cristiana, per qualunque scuola, sulla base di equivoci e di non-sensi di fondo in contrasto o anche solo estrinseci rispetto a quadri di riferimento prima autenticamente umani e poi sostanzialmente completati secondo il Vangelo. (Cfr. le posizioni emergenti dalle linee convergenti delle costituzioni Lumen Gentium e Gaudium et Spes, per le ragioni e i modi di una presenza animatrice del cristiano nell'umano, con duplice convergente andamento fede-vita e vita-fede).

    VALORI-IDEALI O VALORI-PROBLEMI?

    La tendenza della pedagogia astratta, retorica, deduttiva, borghese, moralistica, ha sempre privilegiato per la educazione in generale e per scuola in particolare i programmi-progetti ispirati alle visioni del mondo, ai quadri e alle gerarchie dei valori.
    E ne sono nate appunto la pedagogia e la scuola dell'offerta, dei controlli, delle trasmissioni e riproduzioni, delle conservazioni, dei privilegi, delle selezioni, dei contenuti, della rieducazione come riporto correttivo dentro le norme dell'ordine (spesso disordine) costituito.
    Vicina a questa linea mi sembra la preoccupazione di definire teoreticamente il tipo d'uomo, il tipo di società, il tipo di cristiano da porre alla base e al vertice del progetto educativo-scolastico.
    Non sarà meglio forse invece partire da alcuni ordini di realtà storica, concreta, attuale, locale, costituita da valori-problemi da assumere e da contribuire a risolvere nell'ambito della scuola? Quali ordini di realtà-valori-problemi? Eccone un modello ipotetico.

    1. La realtà-valore-problema degli UOMINI-PERSONE emergente nei soggetti scolastici, nel loro collettivo, nei sottogruppi, nelle individualità.
    Ecco alcuni dei valori-problemi cui un progetto educativo deve ispirarsi e rispondere:
    – la massima liberazione bio-psico-spirituale possibile e richiesta da ogni soggetto in termini di crescita, maturazione, promozione corporea, mentale, affettiva, morale, relazionale, operativa, attorno alla nascita e allo sviluppo di un io ben definito, forte, protagonista, progettante tra il reale e l'ideale;
    – lo sviluppo e l'uso largo e retto degli atteggiamenti-condotte oggi privilegiati della coscienza personale, della bontà, della libertà liberata motivata e impegnata, della responsabilità della vita e degli atti, della iniziativa, della giusta interazione sociale e culturale, della originalità critica e creativa, della volontà del bene e dei valori, della tensione all'assoluto, all'eterno, al divino;
    – il decondizionamento e il ricupero dagli handicap e dalle emarginazioni, dalle inibizioni dell'insensibilità ai valori, dalle devianze;
    – la percezione e la soluzione valida e pratica degli interrogativi esistenziali dell'essere e dell'esserci nella storia personale e situazionale;
    – l'orientamento per la valorizzazione ottimale dei talenti;
    – la massima liberazione relazionale mediante inserimento, scambio, partecipazione, oblatività;
    – il possesso e l'uso valido della corporeità e della sessualità globale maschile e femminile e interpersonale...;
    – l'attenzione e l'assunzione problematizzante e solutiva (nei limiti concessi alla scuola, in collaborazione con le altre agenzie) dei «veri problemi personali e collettivi» inerenti alle precedenti realtà-valori, con la giusta promozione sia dei talenti che delle mediocrità e dei ritardi.

    2. La realtà-valore-problema della e delle SOCIETA-COMUNITA le cui attese emergono interroganti attraverso i soggetti che vi appartengono e partecipano, società presente, società futura, società storica.
    Ecco alcune istanze emergenti anche nella scuola:
    – fare di ogni gruppo e convivenza da orde e bande, società, e da società, ogni volta che ce n'è l'esigenza, comunità;
    – risolvere i problemi esistenziali dei gruppi e sottogruppi, delle classi sociali private o minorate nei diritti, nei poteri, nelle libertà, nelle fondamentali parità;
    – formare i giovani nella crisi sociale, civile, politica, economica, morale che li coinvolge e spesso travolge, verso una reazione e partecipazione informata, critica, libera, responsabile, attiva, competente;
    – preparare elementi e gruppi dirigenti migliori per solidarietà, uguaglianza delle opportunità, giustizia e umiltà sociale fino al potere come servizio, competenza professionale;
    – liberare una valida e realistica mobilità sociale;
    – educare contro una società alienante, privilegiata, dominante e egemonica, totalizzante senza pluralismo sostanziale, tecnocratica e meritocratica;
    – inserire nella problematica sociale-comunitaria del luogo di appartenenza, delle diverse aree di emergenza, vivendo il conflitto odierno delle tre tesi: conferma e riproduzione della società liberai-borghese in termini di evoluzione e progresso largamente ingiusto; integrazione con una nuova società marxista-stalinista, di regime egemonico neo-marxista, socialdemocratica; conversione personale e ricerca comunitaria per una nuova società di tipo autenticamente e giustamente umano, e perciò cristiano, con e senza espliciti riconoscimenti di fede...

    3. La realtà-valore-problema della CULTURA che chiede risposta nella scuola. Eccone alcune espressioni interpellanti:
    – diritto di partecipazione e di consumo culturale più e meglio distribuito a livello di base, generale, specializzato;
    – definizione degli «assi» della cultura moderna: antropologico (neo-umanistico), naturalescientifico-tecnologico-tecnico-matematico-logico, sociale-storico-giuridico, artistico-estetico, teleologico-deontologico-teologico;
    – inserimento dei giovani nella continuità e nella novità della cultura per la sua conservazione-trasmissione-diffusione, per il suo proseguimento critico-creativo, per il dominio e l'uso maturo della sua comunicazione, per l'assimilazione delle metodologie e degli strumenti della sua ricerca e produzione;
    – conquista informata-critico-creativa della cultura di base generale per un dominio largo e retto della realtà-verità di sé, del mondo, degli uomini nella società e nella storia, di Dio, in termini di compiutezza e unità organica contenutistica, di possesso e uso dei principali strumenti interpretativi scientifici della natura, delle cause, delle valenze oggettive e soggettive, delle norme conseguenti, dei progetti derivabili, di possesso e uso dei principali strumenti metodologici di informazione (capacità di culturalizzazione problematica della realtà e della vita, della scuola e fuori);
    – gestione «colta» delle principali «questioni» dell'uomo: vita e condotta bio-psicologica, ecologia nel cosmo e nella civiltà, divenire sociale-politico-democratico, significati e condotta morale, fede religiosa e esistenza coerente, comparazione critica delle proposte totalizzanti: cattolica, marxista, laica...;
    – sviluppo di linee di controinformazione e di controcultura rispetto all'ignoranza, ai pregiudizi, agli integrismi, al consumismo, alla massificazione, alle egemonie..., per collocarsi entro i grossi fenomeni della transizione, di progresso e cambio di cultura, società, vita...

    4. La realtà-valore-problema del LAVORO emergente nella scuola per chiedere esplorazione, comprensione, orientamento, preparazione remota e prossima. Eccone qualche termine:
    – reazione alle false e ingiuste realizzazioni del lavoro come fattore discriminante, spersonalizzante, dissociante, massificante, campo del costituirsi del privilegio e del potere fine a sé, dello sfruttamento e dell'esclusione..., verso un lavoro più personalizzato e socializzante, vero servizio sociale, accessibile a tutti secondo capacità e aspirazione ragionevole; passaggio da una concezione «aziendale» del lavoro a una concezione più «imprenditoriale» per tutti mediante una più larga partecipazone che fa sempre in qualche modo protagonisti della propria professione;
    – orientamento sviluppato sulla base di una fondamentale politica scolastica e educativa promozionale, di una pedagogia promozionale, di tecniche di valutazione e di indicazione aperte a tutti i fattori in corretta gerarchia;
    – avviamento alla strumentalità valida e corretta del lavoro nelle direzioni della socialità, della politica, del progresso civile, della mobilità, dell'attuazione personale e collettiva morale e teologica cristiana;
    – promozione del superamento della dicotomia lavoro intellettuale-lavoro manuale;
    – progressiva acquisizione delle competenze professionali;
    – professionalità come polivalenza anche nella specializzazione...

    5. La realtà-valore-problema della TRASCENDENZA. L'uomo e la società non si concludono entro chiusi limiti di introversione, ma si proiettano fuori e sopra di sé per trascendersi, valorizzarsi, dirigersi, salvarsi. Una scuola educatrice deve considerare questa dimensione suprema dell'esistenza. Eccone alcune tensioni:
    – superare le «inibizioni» che bloccano e chiudono troppi soggetti scolastici nella insensibilità e non disponibilità a trascendersi e a trascendere;
    – avviare a cogliere e a coltivare la profondità teleologico-tensionale delle realtà e delle aspirazioni dell'uomo e dell'umanità protese a auto-realizzarsi in prospettiva di scopi, di fini, di progetti liberatori, fonte necessaria di progresso, di felicità, di produttività, di pace;
    – avviare a cogliere e a coltivare le proiezioni deontologico-morali negli ideali e nei valori che forniscono alla coscienza e all'intenzione dell'intelligenza e dell'amore impegni e destini non solo utili, ma buoni e giusti, etici;
    – avviare a cogliere e a coltivare le tensioni soggettive e le proposte oggettive teologiche, prolungando l'umano nel divino, percependo, riconoscendo, assumendo come prospettiva esistenziale personale, sociale, storica l'intervento del divino nell'umano mediante Cristo e il suo Spirito;
    – acquisire l'attenzione, la tensione, la competenza per esplorare e per impadronirsi di tutti questi tre ordini di trascendenza riscontrandone í segni e i messaggi nell'esperienza ambientale delle cose e degli uomini, nell'esigenza esistenziale di significati valori progetti e salvezza, nella mediazione del patrimonio linguistico e culturale comune da capire nella comunicazione e nell'uso...

    CONCLUSIONE

    Questi sono unicamente orientamenti e elementi per avviarsi a progettare nella scuola educativa di animazione cristiana. Sarebbe interessante che qualche gruppo si costituisse in modo valido e produttivo in gruppo autogestore.
    Le note precedenti potrebbero costruire traccia di lavoro, proseguendo nel punto cruciale di esaminare COME ogni ruolo-rapporto, ogni area e unità disciplinare, ogni iniziativa estrascolastica, ogni esperienza educativa spontaneamente emergente o liberamente aggiunta... può contribuire a realizzare un progetto educativo di cui possiedono ormai i responsabili le chiave di elaborazione in rapporto a precisi obiettivi formativi.


    T e r z a
    p a g i n A


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