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    La spiritualità dei Giovani Cooperatori



    Joseph Aubry

    (NPG 1978-07-36)


    CHI SONO I GIOVANI COOPERATORI

    I «giovani cooperatori» (GG CC) non formano un'associazione indipendente. Costituiscono l'elemento specificamente giovanile di una Associazione più vasta: quella dei Cooperatori salesiani, fondata cent'anni fa da San Giovanni Bosco (1876) e ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa come una specie di Terz'Ordine di tipo nuovo: e cioè direttamente apostolico e attivo.
    L'Associazione come tale ha dunque la sua storia e una lunga tradizione. Ma i gruppi GG CC sono recenti: sono nati dodici anni fa come espressione della volontà di ringiovanimento dell'Associazione dopo il Concilio e del suo desiderio di corresponsabilizzare di più i suoi elementi giovani. L'unità di vita e di lavoro dell'Associazione è chiamata «centro». Nella maggioranza dei Centri esiste adesso il gruppo degli adulti e il gruppo dei giovani, abitualmente separati per poter svolgere comodamente delle attività più specifiche. Ma il Centro rimane unico e unito, sulla base dello stesso progetto di vita e della stessa Regola, e gli scambi tra adulti e giovani sono frequenti.
    Una conseguenza di questo stato di cose è che un GG CC non è altro che un cooperatore ancora giovane: voglio dire che, se uno ha capito bene il progetto dei cooperatori, se si è deciso di entrare nel gruppo dopo seria riflessione e iniziazione conveniente, accettandone gli impegni, questo è cooperatore per tutta la vita. Quando avrà 35 anni, passerà naturalmente nel gruppo degli adulti, per svolgere gli stessi impegni sotto una forma adatta ai suoi nuovi interessi.
    Un tratto molto caratterizzante dei GG CC è che il loro progetto di vita potrebbe essere espresso in forma sintetica dicendo che è una partecipazione di tipo giovanile e laicale al carisma di un grande Fondatore: don Bosco. I GG CC situano la loro scelta al livello di una vocazione carismatica, essa stessa capita nell'ambiente di un Popolo di Dio carismatico, secondo la visuale di S. Paolo, riaffermata dal Concilio (LG 4, 12b; AA 3d). Sono convinti di ricevere dallo Spirito un appello e una capacità per una santità salesiana, cioè per una esistenza battesimale, vissuta salesianamente. Il GG CC è quindi un giovane cristiano laico nel quale lo Spirito Santo orienta i doni particolari nella linea o nella corrente del carisma salesiano, aperta da don Bosco.

    LINEE FONDAMENTALI DELLA SPIRITUALITÀ DEL GG CC

    La spiritualità del GG CC è una spiritualità apostolica e missionaria, che si potrebbe sintetizzare in cinque tratti maggiori:
    – è centrata su Cristo risorto, da cui ricevono missione e carità «pastorale»;
    – i GG CC sono attenti al disegno salvatore di Dio Padre, tessuto segreto di tutta la storia;
    – i GG CC sono pieni di compassione attiva per i piccoli e i poveri concreti;
    – i GG CC sono convinti della grandezza ed efficienza dell'apostolato;
    – e sono sensibili alla dimensione ecclesiale del loro apostolato.

    Una spiritualità centrata su Gesù Cristo

    La vita del G. C. si situa a livello di vocazione carismatica. Si sente chiamato, sulla scia di Don Bosco, ad andare verso i suoi fratelli giovani per rivelare loro in modo pratico qualcosa della carità di Cristo buon samaritano e buon pastore. Vuole prolungare nella storia attuale, a favore di questi suoi fratelli, qualcosa della carità di Cristo salvatore.
    La spiritualità dei GG CC è centrata chiarissimamente su Cristo mandato dal Padre a salvare il mondo. Lo dice senza esitazione l'art. 15 della loro Regola di vita: «Il centro dello spirito salesiano è quella carità dinamica che trova il suo modello vivente nel Cristo del vangelo, consumato di amore per gli uomini, soprattutto i giovani e i poveri». Ma non solo guardano al Cristo del passato: si volgono anche verso il Cristo attuale, il Cristo risorto che non cessa mai di essere mandato da suo Padre, e che vive nella sua Chiesa per animarla con il suo Spirito e mandarla a sua volta a tutti gli uomini come sacramento universale della salvezza.
    Si potrebbe qui ricorrere a un famoso sogno che Don Bosco ha avuto all'età di nove anni e in cui ha sempre letto l'annuncio della sua vocazione. È un sogno illuminatore non solo per il fondatore, ma, per riflesso, per tutti i membri della sua Famiglia. In due parole, vi riceve da Cristo la missione di occuparsi dei giovani abbandonati, ma nello stesso tempo anche l'indicazione del modo di farlo: usare la carità evangelica, la pazienza misericordiosa del buon pastore. Ma poi appare un secondo personaggio, la Madonna, presentata come «Maestra di saggezza»: rinnova a Giovannino Bosco la sua missione a favore di quelli che Ella chiama «i miei figli» e l'indicazione del suo metodo fondato sulla carità. Anche se Don Bosco non l'ha fatto, ci è permesso oggi, soprattutto dopo i chiarimenti dottrinali del Concilio, di vedere in questa donna del sogno, oltre la Madonna stessa, anche la Chiesa, che, a nome di Cristo, manda Don Bosco e la sua Famiglia a servire i giovani.
    La vita spirituale dei GG CC ha quindi come elemento di fondo: l'adesione viva a Cristo risorto per partecipare, nello Spirito Santo, alla sua carità per i giovani e per i poveri, alla gloria del Padre, secondo lo stile di Don Bosco. Questo suppone immediatamente che essi danno un posto preponderante nella loro vita a queste tre realtà:
    – alla conoscenza del Cristo passato, attraverso la meditazione del vangelo,
    – all'intimità con il Cristo attuale, per mezzo della fede viva che lo percepisce come Compagno della strada quotidiana,
    – all'incontro eucaristico frequente, dove questo Cristo offre alla sua Chiesa proprio la pienezza della sua carità di buon Pastore.
    Insomma, questa visuale dei GG CC raggiunge perfettamente quanto dice il Concilio della spiritualità dei laici: «Siccome la fonte e l'origine di tutto l'apostolato della Chiesa è Cristo mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell'apostolato dei laici dipende dalla loro vitale unione con Cristo» (AA 4). La vita spirituale dei GG CC consiste allora nel lasciarsi trasformare a poco a poco dal Buon Pastore in buoni pastori. Conoscenza, intimità e incontro eucaristico con Cristo mirano a realizzare questa «conformità all'immagine del Figlio» (Rm 8,29), questo «prendere in sé gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,7) di cui parlava san Paolo, ma con questa sfumatura salesiana di farlo utilizzando la traduzione viva che ne ha fatto Don Bosco, missionario dei giovani.
    Qui allora si aprono altri orizzonti, si delineano altri tratti, che non sono altro che l'esplicitazione dell'elemento centrale. Rapidamente, ne indico quattro.

    Il progetto di Dio come tessuto di tutta la storia

    «Fonte e origine di tutto l'apostolato è Cristo mandato dal Padre», diceva il Concilio. I GG CC vedono nel Cristo l'Operatore del regno del Padre: unendosi a lui, diventano i «Cooperatori di Dio». La prospettiva di fondo del loro progetto di vita è proprio il Progetto di salvezza del Padre: rifiutando un progetto di vita egoistico, dove Dio sarebbe «utilizzato», accettano di «decentrarsi» su Dio per servirlo, e la riuscita della loro vita appare loro nell'inserire il loro progetto personale nell'immenso Progetto di Dio. Come dicevano recentemente due fidanzati CC: «Vogliamo che la nostra vita insieme sia il sassolino della strada inserito nell'immenso mosaico del Regno che Dio sta facendo».
    Alla base dello spirito apostolico dei GG CC, c'è quindi la scoperta piena di ammirazione e di adorazione dell'Agapè di Dio Padre, che si esprime nel disegno di salvezza universale, vigna e messe del Padre, alla quale ad ogni ora invia operai (Mt 9,37; 20,1-7). Questo disegno è il tessuto segreto di tutta la storia: cammina e opera ad ogni istante. Il Padre per mezzo del Cristo risorto, Cristo risorto per mezzo del suo Spirito e della sua Chiesa non cessano di agire e di «operare nel cuore degli uomini» (GS 38). Più particolarmente il G. C. è convinto che Dio parla segretamente a ogni giovane e lo invita con premura al dialogo dell'Alleanza in questo momento decisivo della sua storia personale.
    Di questa presenza attiva, egli si sente chiamato ad essere un testimone e uno strumento. Nella Chiesa «sacramento universale di salvezza» (LG 1), vuole contribuire, per la sua umile parte, ad essere per i giovani, soprattutto più bisognosi, sacramento vivo dell'amore del Padre per loro, trasparenza dell'amore di Cristo buon pastore per loro.
    Ma il suo sguardo di fede scopre purtroppo un'altra realtà operante nel mondo che minaccia sempre i giovani: «il mistero dell'iniquità anch'esso in atto» (2 Ts 2,7). Il mondo è salvato, sì, ma non senza la croce né senza la lotta. Don Bosco ha tenuto gran conto della realtà del peccato, di Satana il tentatore, del «mondo» come ambiente seduttore, del peccato personale favorito dalla debolezza naturale. Al G. C. tale prospettiva dà una giusta visione del carattere drammatico dell'Agapè di Dio del carattere redentore della sua azione e del proprio intervento presso i giovani. Come Dio stesso, dovrà essere pronto ad impegnarsi fino al sacrificio, vigile per denunciare le forme di sfruttamento dei giovani, paziente e misericordioso davanti alle debolezze, preoccupato di educare alla verità.

    La compassione, attiva per i piccoli e per i poveri

    Dio è il primo polo della missione. L'altro polo, quello dei destinatari, pone anche delle esigenze spirituali particolari. Certo Cristo è venuto per tutti, ma il vangelo ci fa vedere che Egli si è lasciato per così dire attrarre in modo privilegiato dai fanciulli e dai poveri. Ha avuto per i fanciulli gesti di amore particolarmente premurosi; egli stesso ha scelto di essere socialmente povero; ha chiamato specialmente a sé gli affaticati e gli oppressi. Chi si lascia invadere dall'agape di Dio e dalla carità del Cristo pastore si sente incline verso i piccoli e i poveri, preparati a ricevere quell'amore con più grande abbondanza.
    E proprio il caso dei discepoli di Don Bosco, e quindi dei GG CC. E trovano qua la matrice evangelica del loro metodo educativo e pastorale. Difatti trattando con i giovani, soprattutto bisognosi, ritrovano i tre atteggiamenti più tipici di Cristo così come vengono indicati e illustrati nella parabola del buon samaritano (Lc 10,33-34): «Lo vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino. Gli fasciò le ferite... e si prese cura di lui». Il cuore si commuove nell'aver compassione. I piedi si muovono nell'avvicinarsi. Le mani si muovono nell'apportare la salvezza. A quest'esempio i GG CC, guidati da Don Bosco, si ispirano per la concretezza del loro apostolato di oggi: tentano di scoprire i bisogni, le sofferenze, la solitudine dei fanciulli, degli adolescenti, dei giovani che li circondano, e di dare loro in primissimo luogo un affetto personale; e quindi si fanno vicini a loro, presenti, per capirli bene e per fare amicizia; infine lavorano, organizzano servizi opportuni per contribuire effettivamente alla loro liberazione e promozione integrale.

    L'impegno apostolico

    In tutto questo, non dimenticano che rimangono piccoli servitori di Colui che li manda, che sono pieni di limiti e di difetti, che hanno un bisogno assoluto e continuo dello Spirito Santo, Operatore misterioso del disegno del Padre... E tuttavia sono convinti di poter essere dei servi effettivamente utili, che Cristo prende sul serio, chiedendo loro di mettere in opera tutte le loro risorse e uno zelo instancabile per contribuire alla costruzione del Regno eterno e alla felicità presente ed eterna dei fratelli.
    Infatti, tra tutti i santi, Don Bosco è uno di quelli che hanno creduto di più alla grandezza divina, all'utilità reale, e anche alle esigenze tremende dello sforzo apostolico. E ha detto un giorno: «L'Opera dei CC è fatta per scuotere dal languore nel quale giacciono tanti cristiani, e diffondere l'energia della carità» (MB 18,161; 15 luglio 1886).
    – Grandezza divina, perché è «cooperare a un'opera divina». Il nome «Cooperatore» ha una portata teologica e spirituale: i «CC salesiani» non sono quelli che cooperano con i Salesiani, ma quelli che cooperano con Dio secondo il carisma salesiano: «Cooperatori di Dio»: l'espressione torna più volte in san Paolo (1 Cor 3,9; 2 Cor 6,1 ecc). Per Don Bosco l'apostolato è senz'altro la cosa più grande offerta allo sforzo umano. Decine di volte ha citato il detto attribuito a qualche Padre della Chiesa: «Delle cose divine la più divina quella si è di cooperare con Dio a salvare le anime». «La più divina perché nel servizio apostolico l'amore di Dio si fa presente e attivo attraverso strumenti umani».
    – Di conseguenza, efficacia reale dell'apostolato e responsabilità dell'apostolo: tra le sue mani Dio rimette una parte piccolissima, ma reale, della riuscita del suo Regno e della felicità dei fratelli... Quindi non è concepibile un apostolo se non disponibile e zelante, uomo coraggioso, e di fuoco, animato da zelo instancabile, che «corre avanti fino alla temerità» (Epistolario III, 166). Il motto salesiano Da mihi animas è anche una preghiera che esprime la sete del Regno: «Signore, dammi da lavorare per Te!».
    – Quindi, di conseguenza ancora, esigenze tremende dell'apostolato. A questa prospettiva infatti si ricollega l'intera ascesi richiesta dai GG CC. La bontà, la pazienza, la cura degli altri, il servizio sempre disponibile... tutto questo è impossibile senza rinuncia di sé, senza accettazione della croce. L'apostolo deve accettare le prove dell'apostolato, le fatiche, gli scacchi, a volte l'opposizione: ci vuole senso del combattimento e coraggio! Si colloca anche a questo punto la stima per i valori evangelici come la povertà, la purezza, l'obbedienza semplice e filiale a Dio: Don Bosco li ha messi in relazione diretta con il servizio agli altri. Colui che non è distaccato dalle sue comodità, che non lotta contro i suoi cattivi istinti e la sua volontà d'indipendenza, come potrà essere disponibile per gli altri? e in particolare per i poveri?
    – Tuttavia questa ascesi molto reale non toglie, anzi permette la gioia più profonda. Il discepolo di Don Bosco ha imparato dal suo fondatore anche la confidenza nella provvidenza, la semplicità filiale, lo spirito d'infanzia, l'ottimismo a tutta prova... perché si è al servizio di un Padre buono, che vuole la salvezza di tutti e che non mancherà di condurre a buon esito il suo disegno. I GG CC tentano veramente di essere di quelli che Dio ama perché danno con gioia (cfr 2 Cor 9,7).

    La dimensione ecclesiale dell'apostolato

    Ultimo tratto: entra nell'atteggiamento fondamentale dei GG CC accettare lealmente la concreta dimensione ecclesiale del loro apostolato: sono «segni e portatori dell'amore di Dio ai giovani» all'interno della loro Associazione e della Famiglia salesiana, nell'ambito più ampio della Chiesa locale e universale. Cooperano con Dio, sì, ma collaborando con gli altri operai del suo regno, sotto la guida dei pastori stabiliti da Cristo. Don Bosco fondatore ha insistito enormemente su quest'aspetto della coesione ecclesiale, proprio perché aveva un senso vivo della natura stessa e dell'ampiezza dell'apostolato.
    I GG CC quindi lavorano ín modo preferenziale in gruppo, non solo perché questo favorisce l'amicizia e la porta al suo livello di maggiore profondità, ma anche perché si è più sicuri di fare un apostolato più autentico e più efficace. E si inseriscono senza discussione nella pastorale d'insieme della loro Chiesa locale. Hanno per il loro vescovo e per il Papa un affetto vero e una obbedienza schietta.
    Queste sono le linee fondamentali della spiritualità dei GG CC, ispirata a un progetto di vita cristiana chiaramente polarizzato dal servizio del regno di Dio nel servizio ai fratelli giovani, secondo il carisma salesiano. Evidentemente questo è un ideale verso il quale tendono! Questa loro vita spirituale «missionaria» è insomma una conversione permanente alla verità e alla qualità del loro servizio.


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