Pastorale Giovanile

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    Amorevolezza per educare



    Elio Scotti

    (NPG 1978-04-6)


    «Religione vera, sincera, che domini le azioni della gioventù, ragione che rettamente applichi quei santi dettami alla regola di tutte le sue azioni» (Memorie Biografiche 7, 760) sono l'obiettivo finale e il segreto del Sistema Preventivo di Don Bosco: educare il ragazzo ad integrare ogni atto di vita con la luce e la forza della fede. L'amorevolezza, il terzo valore del suo metodo educativo, è il nucleo potenziale dell'esplosiva energia interiore dell'ansia pastorale, che si manifesta in opere e si esplicita visibilmente.
    «E Tu lo sai se io li amo. Tu sai quanto per essi ho sofferto e tollerato pel corso di ben quaranta anni, e quanto tollero e soffro ancora adesso. Quanti stenti, quante umiliazioni, quante opposizioni, quante persecuzioni, per dare ad essi pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute delle loro anime. Ho fatto quanto ho saputo e potuto per coloro che formano l'affetto di tutta la mia vita» (M.B. 17, 109).

    «II fondamento della nostra affezione»

    L'amore ai giovani, accettati come sono e stimati nella totalità della loro persona, nel visibile corporeo esistenziale in crescita, nell'invisibile spirito immortale, assunti ambedue in unità dall'incarnazione del Verbo e resi già partecipi della vita divina in attesa della pienezza nella risurrezione con Cristo, porta l'educatore cristiano alla donazione di sé ai propri allievi.
    «lo non sono qui per guadagnare denari, per acquistarmi un nome, per gloriarmi del vostro numero, sono qui per far del bene a voi. Perciò fate conto che quanto io sono, sono tutto per voi, giorno e notte, mattino e sera, in qualunque momento, io non ho altro di mira che di procurare il vostro vantaggio morale, intellettuale e fisico. Per riuscire in questo ho bisogno del vostro aiuto» (7, 503).
    «Che io vi porti molta affezione non occorre che ve lo dica, ve ne ho date chiare prove. Che voi mi vogliate bene non ho bisogno che lo diciate perché me lo avete costantemente dimostrato... La mia affezione è fondata sul desiderio che ho di salvare le vostre anime, che furono tutte redente dal sangue di Gesù Cristo, e voi mi amate perché cerco di condurvi per la strada della salvezza eterna. Dunque il bene delle anime vostre è il fondamento della nostra affezione» (10, 769).

    Condivisione e familiarità

    Per Don Bosco l'amore sì concretizza nella presenza continua dell'educatore tra i giovani, «nell'assistenza coscienziosa», nella condivisione alle attività e preoccupazioni di ogni ragazzo. Diventa comprensione dello stato di incertezza e di indecisione del ragazzo, sostegno ai suoi primi tentativi di affermazione e di autonomi
    personale, difesa dalle ambiguità continue delle proposte nuove e superiori alle sue forze, abilitazione preventiva ad affrontare per il futuro le situazioni interiori ed esteriori della vita. L'educatore si rende segno dell'amore preveniente e perenne con cui il Padre ama con speciale tenerezza ogni giovane vita umana.
    «Era una scena tutta vita, tutta moto, tutta allegria. Chi correva, chi saltava, chi faceva saltare, si giocava... si cantava, si rideva da tutte le parti e dovunque chierici e preti ed intorno ad essi i giovani che schiamazzavano allegramente. Si vedeva che tra i giovani e i superiori regnava la più grande cordialità e confidenza. La familiarità porta affetto e l'affetto porta confidenza. Ciò apre i cuori e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assistenti, ed ai superiori; diventano schietti e si prestano docili a tutto ciò che vuoi comandare colui dai quale sono certi di essere amati» (17, 108).
    «lo non voglio che mi consideriate tanto come vostro superiore quanto vostro amico. Perciò non abbiate nessun timore di me, ma invece molta confidenza, che è quella che io desidero, che vi domando, come mi aspetto da veri amici» (7, 503).

    Fiducia e realismo

    Una fiducia radicale nel giovane, accettato e giudicato degno di per se stesso di affetto e di stima è la prima conseguenza dell'amore. Esso è giudicato capace di realizzare gradualmente quegli obiettivi di maturazione proposti dall'educatore alla sua libera scelta. Questa fiducia non esclude la coscienza realistica della debolezza ed incoerenza del giovane di fronte alla novità e alla attrattiva del male, che si presenta improvviso alla sua inesperienza e gracilità.
    • Fidarsi di tutti, ma mai del tutto» è detto sapienziale popolare che ha le radici nella conoscenza del limite originale che ogni uomo onesto ha di se stesso e degli altri.
    • Senza familiarità non si dimostra l'affetto e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuol essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò le nostre infermità. Ecco il maestro della familiarità! Il maestro vostro solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione coi giovani diventa come fratello; se dice una parola in ricreazione è la parola di uno che ama» (17, 111).

    Imparino a vedere l'amore

    Amorevolezza, parola arricchita di contenuti da Don Bosco, ha una carica particolare di umanità e di sensibilità apostolica. Include la espressione visibile dell'amore interiore, l'affetto dimostrato in forma fraterna e paterna; esprime l'amicizia attiva di compartecipazione, la confidenza totale e vicendevole. Quest'amore si adegua ai bisogni anche superficiali del ragazzo, trascende i desideri e le richieste, si fa, con la testimonianza e la proposta, stimolatore verso obiettivi formativi impegnanti. Gli lascia la spontanea iniziativa dei suoi gesti e supera criticamente ma con comprensione, le ingratitudini, le incorrispondenze e le mancanze del giovane.
    «Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto specialmente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica fra i giovani e i superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano i loro difetti. Questo amore fa sopportare ai superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, la mancanze, le negligenze dei giovanetti» (17, 111).
    Questo amore fatto visibile è esternato con gesti indicativi dei sacrifici, delle fatiche e dell'impegno dell'educatore, si avvale anche di dichiarazioni esplicite: I giovani non solo siano amati, ma essi stessi conoscano di essere amati; ché essendo amati in quelle cose che loro piacciono, col partecipare alle loro inclinazioni infantili, imparino a vedere l'amore in quelle cose che naturalmente loro piacciano poco; quali sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose imparino a far con slancio ed amore» (17, 110).

    Attualità e modernità

    Pedagogisti e psicologi moderni confermano che l'«amore disinteressato crea la persona» (Maslow) suscitando nel giovane che si sente amato per se stesso la scoperta del proprio valore e la volontà di attualizzare le proprie capacità. Lo stile educativo della comprensione ed accettazione incondizionata facilita lo sviluppo di persone creative e felici, secondo il Rogers, poiché suscita la spontaneità, la interiorità e l'autenticità della crescita verso i valori; e pur nella attenzione al diverso grado di maturazione dell'educando, con la lode e la fiducia, gli dona la forza di dominarsi per una attitudine che diverrà abitudine virtuosa. La percezione dell'amore che il giovane avverte nell'educatore facilita, secondo Freud e Jung, l'identificazione con lui, come portatore di valori. Ne imiterà i comportamenti e tenterà di assimilare i suoi atteggiamenti umani e cristiani fino ad essere invogliato a seguire, nelle proprie scelte, l'ideologia, la professione o la vocazione dell'educatore apprezzato ed amato.
    Le espressioni con cui Don Bosco si rivolgeva ai suoi giovani, possono essere ripetute oggi da ogni educatore ai propri allievi:
    «lo penso sempre a voi. Un solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Voi siete l'unico e continuo pensiero della mia mente» (17, 107). «lo mi sono consacrato tutto a voi: la mia vita stessa voglio impegnarla a vostro servizio» (6, 362).


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