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    La crescita di fede nella vita di un gruppo



    Gruppo «Speranza» - Torino

    (NPG 1976-07/09-12)

    «Premesso che per essere cristiani sentiamo la necessità dell'abbandono delle nostre sicurezze e il bisogno di fare vera esperienza di povertà: il nostro essere cristiani sente fortemente l'esigenza dell'impegno per la giustizia come risposta di lode e di ringraziamento umile ad una chiamata da non vivere individualmente ma insieme, chiamata che non è riducibile ad alcuna ideologia. Avvertiamo l’esigenza della contemplazione e la necessità di realizzarla nel quotidiano, e come singoli e come gruppo, anche se in pratica spesso ci lasciamo trascinare dall'attivismo.
    Poiché Cristo non è una realtà esterna a me ed alla mia testimonianza, è presente come persona che dona la salvezza per tutti e la speranza per tutti.
    Questo Cristo che è gioia, senso della vita, liberazione ("pietra miliare") che fa la storia è da ritrovare e ricercare in un confronto continuo e costante (esegesi e Parola di Dio come realtà dinamica) nella Parola di Dio e in una vita sacramentale, sia come singoli che come esperienza di Chiesa, che non è ancora da tutti acquisita come esigenza e nonostante si manifestino da più parti difficoltà sulla preghiera.
    La testimonianza a questo Cristo non la ritroviamo principalmente in gesti clamorosi ma crediamo che sia nel vivere il quotidiano umanamente bene e seriamente facendo per questo maturare l'atteggiamento del Cristo in noi, anche se constatiamo che quando ci scontriamo con realtà di dolore, povertà, violenza, odio, sfruttamento... la reazione più immediata di alcuni di noi è mettere in crisi la fede».

    Questo è il documento con cui un gruppo di giovani partiti nel 69-70 da un camposcuola tenuto a Cesana Torinese hanno cercato di fare il punto nell'agosto del 75 ad Ulzio sul loro cammino di sei anni circa. Un cammino fatto di momenti di perplessità, di «crisi», di difficoltà, ma anche di stupore e di meraviglia quotidiana per l'opera di Dio che ti trasforma attraverso le vie più strane.
    Cercare di andare indietro, rivederne le tappe e soprattutto il tentare di descriverne i risvolti è difficile: come è difficile entrare nel profondo di ogni persona là dove si «giocano» le scelte fondamentali di vita. La strada percorsa la potremmo, globalmente, sintetizzare ín alcuni punti che a parere nostro sono un po' come i momenti forti del cammino.

    PRIMA TAPPA: FARE COMUNITÀ

    L'esigenza di stare insieme per stabilire rapporti più umani e per crescere insieme.
    Sono le prime pagine della storia del gruppo specialmente negli anni 69-70. I grossi temi: «Cosa avviene in me a 15 o 16 anni?», «Il problema dell'amicizia fatta di sincerità e di apertura», «Come far partecipare i compagni di scuola o di quartiere alla esperienza che si sta facendo», «Amore fra ragazzi e ragazze», «La società in cui viviamo e i suoi ideali», «Che senso ha la vita», ecc., sono diventati argomenti di discussione, verifica per una prima seria presa di coscienza del nostro essere persone, uomini e motivi di dialogo e di proposta a tutta la gente della parrocchia in un Recital sulla civiltà dei consumi e i suoi idoli. Il Recital è stato sempre uno dei nostri modi di comunicare a tutti le scoperte che man mano andavamo facendo.
    Ben presto i primi intoppi: i pericoli di un rapporto piuttosto intimista, lo scontro fra caratteri diversi, la ricerca esasperata di rapporti primari, le delusioni dagli amici, le prime cotte, qualche pettegolezzo. Stare insieme e crescere insieme è difficile. C'è qualcuno che ci può indicare la strada per superare le difficoltà?
    L'esperienza di Gesù ricercata nel suo rapporto con gli amici, un brano dell'Ecclesiaste 6,5-17, un pezzo della I Lettera di Giovanni 4,1-19 ci hanno fatto comprendere che per superare i limiti sempre presenti di una amicizia umana, bisognava far crescere in noi Qualcuno diverso da noi, un modello da vivere. Lui poteva unirci e aiutarci a crescere. I nostri tentativi, i lunghi colloqui di chiarificazione, servivano a poco se non si riusciva a perdonare e amare come Lui.
    Anche i gruppi di interesse che si andavano costruendo per non far solo parole, come gruppo musica, sport, cineforum, problemi sociali, rimanevano solo un modo per fare dell'attività e riempire il tempo libero in qualche modo.

    SECONDA TAPPA: TESTIMONIARE CRISTO IN SITUAZIONE

    «E la persona di Gesù, il nostro incontro con Lui, reso gradualmente più profondo che è la forza interiore, la motivazione vera per dare un senso più giusto e aperto alla nostra vita. Questo incontro deve avere uno sbocco "in testimonianza" nelle situazioni sfidanti a scuola, sul lavoro, in famiglia, nel quartiere».
    È lo sforzo degli anni 71 e 72.
    Ci sono stati di grande aiuto in questo tempo alcuni testi che nel gruppo sono andati lasciando una traccia profonda: Juan Arias «Il Dio in cui non credo», più tardi la «Camminare Insieme» del Card. Pellegrino, ma soprattutto il libro di Gonzalez Ruiz «Credere è impegnarsi» già letto e meditato in precedenza nel 70.
    Basandoci su questi testi e scoprendo contemporaneamente il Vangelo in modo più profondo e sistematico, aiutati da alcune riflessioni («Una comunità di fratelli ha sempre la porta aperta e si chiede sempre se è più "dentro" che "fuori"»), si è fatta allora per la prima volta la scelta di momenti di preghiera comune (il sabato sera normalmente) per verificare il nostro incontro con il Cristo e la nostra fraternità.
    Per iniziare ad aprire la porta ecco gli incontri (scontro) con i nostri genitori, per dire loro «chi siamo», «cosa facciamo», ma soprattutto per discutere insieme nuovi rapporti da stabilire, per realizzare una famiglia meno «borghese», protettiva e tradizionale.
    Alcuni di noi hanno poi riconosciuto gli ammalati, gli anziani come persone in cui il Cristo presente interpella la nostra fede ed allora è nato il primo tentativo di servizio al Cottolengo e all'Istituto Poveri Vecchi di Torino, o ad anziani nel nostro quartiere.
    Altri si sono rivolti ai bambini, nel servizio della catechesi in preparazione alla prima comunione. È stato poi potenziato il giornale del gruppo intitolato «IL CAMPANACCIO», giornale nato l'anno prima come mezzo di espressione e circolazione delle idee che sí andavano maturando. Nell'estate del 71 ancora, ci siamo interrogati per la prima volta sulla Chiesa (un discorso che in gruppo si sarebbe poi rifatto parecchie volte), cosa rappresentasse per noi, e perché era necessario appartenervi, in che modo dovevamo vivere questa esperienza, e tradurre le verità di cui essa è custode e garante.
    Natale del 71: Recital: «Natale oggi, una parola?». Si trattava di dire a tutti una indagine-proposta sul come si vive oggi il Natale fatto di consumismo, di pubblicità che snaturano il vero senso della incarnazione del Cristo come Salvatore e Liberatore dal peccato e dalle sue conseguenze. Un impegno per creare maggior giustizia con un invito concreto a tutti per scelte più umane da vivere insieme.
    Di qui una verifica sul gruppo (nel nostro cammino se ne faranno molte). Il nostro gruppo doveva essere solo più esperienza di amicizia, una comunità dí fratelli? cioè in qualche modo una esperienza di Chiesa?
    L'incontro con Silvana Bottignale, missionaria laica, in Kenya, la presentazione della sua esperienza nel dicembre del 1971, la sua informazione viva e sofferta a riguardo dei problemi del Terzo Mondo e la richiesta di aiuto specifico per sostenere un giornale il «QUETU da lei fondato, condotto e diretto ci ha aperto una visione umana e di Chiesa meno provinciale, più ampia. Ci siamo impegnati a collaborare al giornale cercando delle fonti di finanziamento e poi a tenere corrispondenza con qualche ragazzo o ragazza africana da lei segnalataci.
    La revisione delle motivazioni e del modo di partecipare all'Eucaristia domenicale ci convinse che a Messa si va con la testa nel sacco molte volte mentre vi si dovrebbe partecipare, vivendola, come momento di verifica della fraternità e come momento di denuncia di situazioni di miseria e di povertà: per i poveri bisogna pregare ma anche condividerne il più possibile le situazioni.
    Interventi durante l'omelia, legati alla Parola di Dio, raccolta di aiuti, presentazione di particolari casi specialmente nei periodi di Avvento e di Quaresima, con la determinazione di dire a tutti non solo i casi che fanno pena per sollecitare una generica pietà ma per spingere il fratello ad incontrare personalmente il fratello, vedere la sua povertà ed impegnarsi con lui di persona.
    Il tutto è avvenuto tra momenti di crisi, di sfiducia, di ripresa, tra ripensamenti sul gruppo, sulla sua utilità, sui suoi limiti che hanno provocato una selezione fra gli appartenenti. Alcuni ci hanno lasciati, chi sbattendo la porta, chi più garbatamente, chi accusando incomprensioni, chi autoritarismo clericale, chi dicendo che si voleva fare troppo e che ogni nostro tentativo era inutile tanto non si cambiava nulla, perché eravamo poco impegnati politicamente e la nostra testimonianza era qualunquista (bisognava essere più violenti, rovesciare le strutture), il gruppo non permette di esprimere la propria personalità, ecc.

    TERZA TAPPA: FARE IL PUNTO

    «Stimolati dalle osservazioni degli amici che ci lasciavano abbiamo dovuto ripensare la nostra adesione al Cristo ed alla Chiesa e rivederci i motivi delle nostre scelte ora appannati e confusi». Con questi problemi e con il desiderio di comprendere di più nel dicembre del 71 e gennaio 72 al camposcuola di Peveragno si è riaffrontato il tema: «La figura di Gesù e il suo messaggio». Siamo così giunti alla conclusione che «Il Cristo è colui che annuncia una nuova scala di valori», non fondata sulle apparenze ma sulla verità, quella verità la possiamo scoprire nell'ascolto della Parola (ci eravamo fatti prendere troppo dall'entusiasmo e dall'attivismo) e il Suo messaggio poteva così riassumersi per noi:
    – la nostra vita è un'opera da realizzare (Genesi 43,5: Salmo 8. Genesi 4,29; Matteo 25,14-30) questa realizzazione ci impegna a scoprire che:
    – ci sono uomini da amare (Matteo 23,8 - Lc 10,25-47; 1 Cor 13,1-7)
    – c'è un Padre da riconoscere (Mt 23,9; 8,26-32; 18,14; Gv 18,22)
    – siamo sempre nell'atteggiamento del figliol prodigo (Lc 15,11).
    Per non perdere il contatto con la Parola si è potenziata la preghiera comune, si è iniziato la Revisione di Vita settimanale o quindicinale, si sono riviste le motivazioni di fondo di ciascuno di noi, si è cercato di operare nel confronto con altri gruppi o nella riqualificazione dei servizi, la necessità di essere più informati sui fatti e avvenimenti politici. L'impatto con la «Camminare Insieme» del Card. Pellegrino in occasione della Quaresima del 72 ci ha costretti ancora dipiù ad un pro- fondo ripensamento sui valori di fraternità, libertà e povertà che il Vescovo indicava come impegni prioritari per riconoscerci come gruppo cristiano ecclesiale.
    Si è scoperta la debolezza della nostra fraternità, come gruppo o a livello di parrocchia (contrapposizioni, pregiudizi con altri gruppi), chiusura a coloro che non la pensavano come noi, la nostra voglia puramente teorica di operare la giustizia senza pagare di persona e soprattutto la nostra mentalità da ricchi, il non sapersi staccare dalle cose o persone che ci fanno comodo, il pericolo di essere un'élite chiusa e non lievito che fa crescere la pasta.
    Era necessario sognare di meno, non affogare in presunti o veri problemi personali ma rimboccarsi le maniche e lavorare per:

    – entrare più profondamente a contatto con compagni di scuola e lottare con loro nei collettivi di classe o nelle assemblee o nell'ambiente di lavoro;

    – leggere ogni giorno il quotidiano con senso critico e occhio di fede e confrontarci con altri di diverse ideologie, ad esempio a scuola con le miriadi di proposte dei nostri compagni;

    – evitare la gratificazione e la protezione del gruppo, cioè il gruppo oasi;

    – fare un recital con dibattito seguente sulla «Camminare Insieme» con proposte concrete, presentazione di casi di povertà e sfruttamento (problema dei lavoratori, racket dell'edilizia, gli immigrati, il problema delle case a Torino, quelli che non producono: vecchi e ammalati...) invitando tutti a prendere coscienza;

    – riqualificare la catechesi ai bambini come momento di integrazione tra fede e vita. Cioè sforzarci di calare nell'annuncio di Cristo Risorto che fa passare ogni situazione da morte (egoismo, peccato) a vita (amore);

    – ridiventare in gruppo tutti più corresponsabili delle scelte e non delegare animatori e sacerdote a tutto, favorendo l'autoritarismo e la centralizzazione.

    Nel febbraio del 72 in un documento scriviamo: «Vogliamo crescere nella fede che si esprime, in gruppo, come esperienza di corresponsabilità, pagando di persona, e nei confronti degli altri, come testimonianza di gioia di vivere in Cristo risorto che in ogni istante ci stimola a passare dall'egoismo all'amore». Questo momento di ripensamento ha ancora una successiva revisione critica nel maggio del 72 in un ritiro in cui si ripropone il gruppo come «comunità di fede», di preghiera, di servizio.
    A Cesana nel 72 ci si ritrova ancora per una serie di incontri in cui affrontare a fondo un argomento sul quale si era rimasti fino ad ora di pareri discordi e con molte perplessità: i sacramenti, cosa dicono a noi uomini di oggi, cosa realmente sono.
    Un fascicolo ciclostilato, diviso in due parti: parte antropologica (i grandi temi: secolarizzazione, libertà e liberazione, socialità e storicità dell'uomo – la persona nella sua realtà profonda); e una parte teologica (teologia dei Sacramenti, nuova visione teologica – Sacramenti segni di vita).
    Quindici giorni di riflessione hanno fatto nascere una nuova comprensione dell'attualità del Battesimo e del Sacramento della Penitenza (meno capito e apprezzato fino ad ora) e la scoperta del bisogno dell'Eucaristia quotidiana perché ogni giorno la fraternità è messa in crisi e va verificata.
    Intanto alla fine di queste vacanze un ragazzo del gruppo parte per Taizé. Ne ritorna entusiasta. L'anno dopo altri con lui si recheranno da Roger Schultz per riportare poi agli amici di gruppo (oltre alla gioia di aver incontrato molti altri ragazzi), la gioiosa notizia «Cristo Risorto viene a suscitare una festa nel profondo dell'uomo».
    Cominciano a circolare i libri di Taizé in modo particolare quello di R. Schultz «La tua festa non abbia mai fine». Viene a trovarci Frère Jean, uno dei monaci di Taizé. Con lui stabilimmo di cercare di entrare anche noi nella preparazione del Concilio dei Giovani cercando di vivere a Torino, nei nostri ambienti e situazioni, soprattutto la vita come una «gioiosa avventura», una festa in cui il Cristo con la sua morte e risurrezione ci è di modello e ci dona la forza.

    QUARTA TAPPA: VIVERE LA GIOIA D'ESSERE CRISTIANI

    «Vivere la gioia di essere cristiani nell'ascolto della Parola, nell'uso dei mezzi di salvezza, i Sacramenti, nell'impegno di testimonianza del nostro Battesimo come profeti, sacerdoti, responsabili dell'andamento dell'umanità».
    Una meta molto bella per l'inizio di un nuovo anno di lavoro: il 72-73. Nell'ottobre del 72 in un ritiro avevamo cercato insieme di analizzare il problema del nostro Battesimo come chiamata di Dio a crescere, scegliere, inventare e sperare. Il tutto gradualmente, con dei fatti, insieme e nel cuore.
    Nell'Avvento abbiamo poi ribadito queste idee a noi stessi e cercato di riproporle a coloro che partecipavano all'Eucaristia, con interventi, cartelloni, preghiere.
    Per tentare di incarnare la Parola nei fatti: rilanciare la catechesi ai bambini della prima comunione (la motivazione della scelta del servizio l'avevamo ritrovata riflettendo sul Battesimo); potenziare il giornale, cambiando impostazione, andando di più su problemi di attualità e cercando di documentarci maggiormente (un gruppo di noi si era impegnato specificamente nella ricerca e nel lavoro di statistica), alcuni si erano impegnati ancora in una azione caritativa di «assistenza» a famiglie più bisognose, altri in un lavoro più tecnico come preparare cartelloni, mostre, ecc.
    All'inizio anno 72 venne l'occasione di andare all'Istituto dei sordomuti Prinotti per animare le giornate mensili che già si facevano. Si è cercato in seguito di conoscere e stabilire rapporti più personali d'amicizia con le ragazze e i ragazzi audiolesi. II problema difficile era quello di superare la situazione di non accettazione delle persone dell'ambiente tipica di questi giovani. Ci sono stati diversi tentativi per aiutarli ad inserirsi con più fiducia e sincerità tra gli udenti, renderli più coscienti della loro situazione socio-politica. Le vacanze insieme due estati, il tentativo di inserimento nella loro organizzazione e alla fine dell'estate 75 si è lasciato tutto perché non ci sentivamo in grado di continuare una esperienza che non aveva chiari obiettivi e che richiedeva persone più specializzate. Abbiamo cercato di mantenere i rapporti personali con coloro con cui si era riusciti a stabilirli. Il discorso è ora poi ripreso dal gruppo «Junior» in altro modo.
    Il gruppo d'altra parte stava diventando troppo grosso, i nuovi arrivati si trovavano male perché non avevano seguito l'iter degli altri, erano molto giovani (14-15 anni) mentre chi aveva iniziato dal 69 era ormai giunto alla fine delle scuole superiori e si stava preparando alla maturità.
    Segni di stanchezza: un evidente conformismo, il non accorgerci più dei nuovi arrivati, il riproporsi esasperato dei problemi affettivi, il cercare nel gruppo più un appoggio per le proprie incertezze e delusioni che motivi di crescita e servizio, ci portarono ad una grossa crisi.
    Da qualcuno è stato definito questo il periodo brutto del gruppo. Le vacanze invernali di Certosa Pesio furono determinanti.
    Si decise di scindere il gruppo in vecchi e nuovi e di lanciare i nuovi su una esperienza adatta a loro, che non fosse copiatura materiale di ciò che fino ad ora era stato fatto.
    Noi qui non parleremo più dello sviluppo del gruppo dei più giovani o gruppo Junior.

    QUINTA TAPPA: ESSERE GRUPPO DI RIFERIMENTO...

    «Se il lievito non viene immesso nella misura di farina, intristisce e la pasta rimane senza fermento».
    Per i Senior intanto si era deciso una rifondazione del gruppo che doveva culminare nell'estate del 73 con la scelta di essere gruppo di riferimento e non più gruppo di appartenenza stretta. Cioè un gruppo di individui fortemente impegnati a livelli diversi che si trovano ogni tanto ad approfondire la propria fede, a celebrare la propria speranza, a potenziare la capacità di amore.
    Fu una operazione dolorosa e non da tutti percepita nel giusto senso, alcuni si allontanarono proprio perché non si riconoscevano più nel gruppo inteso come momento di riposo, pace, oasi insieme agli amici fidati. Constatammo però che questa morte era necessaria per poter risorgere ed essere meno sicuri, meno protetti, più esposti alle vicende del seme. Le tappe che ci portarono nell'estate del 73 a operare decisamente quella scelta le possiamo elencare nell'ordine così:

    1. Nella primavera un gruppo di noi con il sacerdote prepara un documento come base di riflessione intitolato «Costruire la Chiesa». Un insieme di proposte redatte sulla base della «Camminare Insieme» del Card. Pellegrino, del RdC n. 57-58-59, di un articolo di NPG del gennaio 72 e agosto-settembre 72 e maggio 72 e di alcune pagine del libro di Boros «Vivere nella speranza», di Evangelizzazione e Sacramenti pag. 11, di «Teologia della speranza» di Moltmann e del libro di Tonelli «La vita dei gruppi ecclesiali» pag. 160. Questo documento che riassume e ripropone i contenuti di fondo ricercati nel corso degli anni precedenti venne discusso brano per brano da tutti i componenti del gruppo e si arrivò a un confronto-analisi da cui emersero deficienze ed esigenze.

    2. Nell'estate del 73 a Certosa Pesio si riprende l'argomento con una riflessione dal titolo «Il gruppo di Chiesa a confronto con le comunità cristiane» e si tenta di rivedere la situazione alla luce di quest'ultima
    proposta e concretizzarla in scelte che a grandi linee potrebbero così essere sintetizzate:
    – riconoscere Cristo che ci ama e accettarne la mentalità come emerge dal Vangelo e come stile di vita fatto di continuità e di disponibilità;
    – l'Eucaristia è punto di arrivo e di partenza della nostra testimonianza per rendere partecipi gli altri della Pasqua del Cristo. Momento in cui l'amore di Dio ci tocca, ci provoca a verificare la fraternità;
    «Mai un pane senza un messaggio» per noi è impegnarsi a lottare per la liberazione, cioè impegnarci a togliere tutto ciò che non permette all'uomo di riscoprire che lui è amato da Dio, cioè l'odio, l'indifferenza, il disinteresse, la non-partecipazione, l'impegno a non fare della lotta politica un momento di esasperazione o un «transfert» per scaricare le proprie insoddisfazioni...

    Intanto prima di arrivare alle vacanze 73 di cui abbiamo parlato non possiamo dimenticare due avvenimenti nella Quaresima del 73 che hanno inciso notevolmente sul nostro gruppo.
    II primo l'incontro con le Carmelitane di Montiglio, una vera rivelazione su una testimonianza cristiana fatta nella gioia con una maturità umana sorprendente, aperta a tutti nonostante la scelta del carmelo. Con loro è iniziato un dialogo di molti di noi che anche oggi continua, e fra le due comunità è nata una profonda fraternità.
    Il secondo un recital fatto a Pasqua del 14 aprile 73 in cui abbiamo cercato di dichiarare a tutti che il modo per cambiare la società non è solo avere la contestazione facile, ma è costruire: «Contestare è costruire».
    Si sono riproposte alle circa settecento persone in sala le esperienze di Madre Teresa di Calcutta, quelle del Dott. Dezzani e di Gigi Ciotti del Gruppo Abele, la comunità di Bose, Montiglio, il lavoro della diocesi per gli immigrati. L'invito finale tramite dibattito è stato quello di collaborare in questi gruppi, di scendere a lavorare nella vigna.

    SESTA TAPPA: ... PRESENTE NELLA STORIA

    «Vogliamo tentare di tradurre in concreto le scelte di impegno sociale e politico all'interno dei vari movimenti esistenti oggi senza perdere la nostra identità di cristiani».
    È l'anno 73-74. Soprattutto scorrendo il giornale «Il Campanaccio», tirato ora a stampa, si può intravvedere lo sforzo di realizzare queste due esigenze.
    Il gruppo ormai ha solo più come momenti di incontro la Revisione di Vita – settimanale e poi quindicinale –, e i ritiri ogni mese e mezzo circa; il tema per tutto l'anno: un esame profondo degli Atti degli Apostoli. Si fa un corso biblico il cui scopo è introdurci alla lettura della Bibbia nelle sue grandi linee, si creano occasioni per tenerci informati su grandi problemi sociali e politici. Gli esercizi spirituali nel periodo natalizio sono il momento di pausa, ricarica e revisione dell'andamento del gruppo. Ciascuno poi è invitato a scegliere nel suo ambiente di lavoro (gli studi nelle scuole medie e superiori sono ormai finiti per la maggior parte) o all'università o nel quartiere una collocazione di impegno personale dentro i vari movimenti.
    I titoli del giornale sono significativi al riguardo:
    Ottobre 73: «Lotta e contemplazione per diventare uomini di comunione» e poi in altre pagine «Dobbiamo diventare poveri per verificare la nostra fede» e ancora sullo stesso numero «Il piano dei servizi» del Comitato di Quartiere, «Il massacro cileno», «La violenza in Africa».
    Novembre 73: «Il cristiano e l'impegno politico», «La preghiera: un senso alla vita?». «Disadattati e delinquenti non si nasce ma si diventa», «Relazione lavori del Comitato di Quartiere», ecc.
    In tutti i numeri del giornale fino a quando si è decisa la chiusura (giugno-luglio 74) per collaborare al settimanale diocesano «La Voce del Popolo», si intrecciano sempre l’esigenze di non perdere la propria identità con la verifica della propria fede «dentro» alle situazioni concrete di ogni giorno.
    Sono di questo periodo i tentativi di incontro con i giovani della FIGC della zona, gli scambi di opinioni sulle diverse situazioni locali, la partecipazione di alcuni di noi alle manifestazioni per il popolo cileno, la solidarietà con il Card. Pellegrino a riguardo di un suo intervento (aprile 74) sul problema del referendum e del divorzio, le informazioni sul Tribunale Russel, la Chiesa spagnola e la sua autonomia, alcuni amici in servizio militare che ci scrivevano sul loro impatto con l'esercito, ecc...
    Dalla riflessione sugli Atti degli Apostoli nasce un interrogativo «Come vivere l'appartenenza alla "Chiesa" oggi» sulle linee dell'impegno politico, della preghiera come tipicità di esperienza cristiana, dell'ecumenismo. Il tutto viene tradotto in un recital presentato il 1° giugno del 74 dal titolo «Una proposta di Chiesa».
    Il tema della «Chiesa» ci trova in dibattito e divisi sul problema suscitato dall'appesantimento delle «istituzioni» e la realtà che essa deve esprimere. Decidiamo di farci le idee più chiare rimandando il discorso alla riflessione comune nelle vacanze di Ulzio, estate del 74.
    Silvana Bottignole, missionaria laica in Kenya, ci fa scoprire le esigenze di giustizia delle ragazze capoverdiane a Torino, sfruttate come persone di servizio. Per migliorare la loro situazione si decide di iniziare una scuola per avere il minimo degli studi e cambiare la loro posizione ed insrrirsi in modo più qualificato nel mondo del lavoro. Vi sono due gruppi: uno per le scuole elementari e l'altro per le scuole medie che continuano tutt'ora.
    Oltre all'insegnamento si è tentato di stabilire con loro una buona amicizia sforzandoci di entrare nel loro modo di pensare e vedere. L'atteggiamento, più volte ribadito, di chi di noi fa questo servizio non è quello di chi sente di avere magari di più e dona in beneficienza ma di chi si sforza di condividere.

    SETTIMA TAPPA: LA CHIESA

    «La Chiesa è una comunità di chiamati dal Padre, una comunità fraterna di persone attorno a Cristo, una comunità che nasce e vive per Cristo, parola di Dio, costruita sui sacramenti di Cristo, animato dallo Spirito (i carismi), una comunità apostolica e segno di salvezza».
    Questa la sintesi di un articolo di F. Ardusso comparso su NPG che impegnò la nostra riflessione e quella di alcuni gruppi torinesi con cui ci siamo trovati per camminare insieme, confrontarci e condividere l'esperienza di cristiano oggi.
    Le conclusioni di queste vacanze ci trovano concordi su alcuni punti da realizzare:
    – rafforzare i piccoli gruppi di zona come esperienza di Chiesa dal momento che le grosse strutture ecclesiali non sono più in grado normalmente di gestire questa esperienza;
    – rafforzare la nostra appartenenza alla chiesa locale e con la parrocchia evitando i rischi di scomuniche vicendevoli, di opposizione radicale fra i gruppi e quello dello spontaneismo. Perché non dare vita al Consiglio Pastorale?
    – rafforzare la convinzione che l'impegno politico si gioca nel quotidiano. Non c'è una fede per il tempo libero.
    Siamo nell'anno 74-75: si cerca di ribadire per ciascuno la partecipazione nel proprio ambiente di lavoro o studio (come preciso impegno politico), poi il rafforzamento della RdV come momento di fede, speranza e carità. L'Eucaristia domenicale come verifica della fraternità da realizzare e costruire soprattutto in parrocchia. La preghiera quotidiana dalle 18,30 alle 19 come momento comunitario di incontro con il Cristo e i fratelli per rivedere alla luce della Parola le tensioni, i problemi e le situazioni quotidiane.
    Intanto alcuni di noi provenienti da altre parrocchie sono inseriti nell'interno delle loro situazioni per creare altri gruppi, e tentare con nuovi adolescenti di ripetere rinnovandolo il loro percorso di fede. Alcuni ci hanno lasciato per fare esperienze più dirette di comunità e impegno politico in gruppi ideologicamente più orientati.
    Alla fine del 75 una ragazza del gruppo finisce gli studi di assistente sociale e con lei alcuni tentano una via per realizzare un po' il discorso della promozione umana. Aprono un ufficio di informazione sociale. Questo ufficio aveva ed ha lo scopo di informare la popolazione sulle vie da seguire per varie pratiche fra cui quelle di pensione, di accettazione in istituto di persone anziane, di servizi ambulatoriali, ecc. L'iniziativa si è rivelata fin dall'inizio utile alla gente del quartiere perché molte persone si sono recate lì per usufruire del servizio.

    ULTIMA TAPPA: UNA STORIA DA INVENTARE

    L'ultima tappa del cammino di maturazione della fede porta la data dell'estate 75 ad Ulzio.
    Il documento finale l'abbiamo citato in apertura.
    Oltre a ribadire le scelte di impegno personale nelle situazioni di vita e ritrovarci nella RdV quindicinale, nei Ritiri ogni due mesi e negli Esercizi Spirituali ogni anno, alcuni di noi hanno pensato di portare avanti ancora alcune scelte di evangelizzazione e promozione umana secondo le indicazioni del Card. Pellegrino nella sua «Uomo o cristiano?».

    – La scuola per ragazze capoverdiane, in collegamento con il movimento diocesano del Terzo Mondo. Si è cercato l'aiuto di persone al di fuori del gruppo e si sono riprese le lezioni tentando di stabilire un dialogo con ciascuna di loro da amici e non da professori senza pretendere di italianizzare culture, usi e tradizioni. Nel programma non c'è la storia d'Italia ma la storia e gli avvenimenti del loro paese e della loro isola, ecc. Ogni giovedì pomeriggio si studia, una volta o due al mese si passa una domenica insieme.

    – La catechesi alle famiglie che chiedono il battesimo per i loro figli. Si tratta di due incontri: il primo come visita alla famiglia in cui si cerca di conoscere la situazione e farsi conoscere, il secondo in parrocchia. Qui ci si trova con tutte le famiglie che nella settimana hanno chiesto il Battesimo e si fa una vera e propria catechesi sul senso del Battesimo servendosi anche di sussidi visivi. La promozione umana si cerca di realizzarla, non disgiunta dall'evangelizzazione, soprattutto negli incontri in famiglie povere, bisognose, di analfabeti, in cerca di case più decenti, ecc., indirizzandoli agli uffici appositi o nelle sedi più opportune per ottenere chiarimenti (Comitato di Quartiere, ufficio di servizio sociale, consultori, ecc.) senza sostituirsi a loro.

    – Il servizio di animazione di due gruppi nuovi di adolescenti nati parallelamente al nostro cammino che impegna una ventina di noi dal 71 circa. Sarebbe troppo lungo qui descriverne lo sviluppo.

    – L'ufficio di servizio sociale: continua l'impegno di informazione sulle vie da percorrere per svolgere determinate pratiche che «attualmente si riducono a richieste di occupazione e di case più sane», e sul modo di compilare la «dichiarazione dei redditi». Ci si interroga ora sull'utilità o non di questo servizio di promozione umana.

    – La partecipazione al Comitato di quartiere, non è di tutto il gruppo. Alcuni, cinque o sei, vi prendono parte in modo stabile e poi informano gli altri.

    – Un certo numero di noi, provenendo da altre parrocchie di Torino ha cercato e cerca di realizzare nella propria situazione una presenza di animazione specialmente fra gli adolescenti.
    L'occasione però più nuova per un discorso di promozione umana e di evangelizzazione è venuta con l'apertura di una chiesa succursale in una zona (3.000 abitanti circa) distante dalla chiesa parrocchiale. Abbiamo chiesto al parroco di affidarcene la conduzione sia dal lato amministrativo che pastorale e con il sacerdote che ci segue ci siamo per ora impegnati di curare l'Eucaristia domenicale in modo da renderla comprensibile a coloro che vi partecipano: spiegazione gesti liturgici, omelia partecipata, canti adatti, inserimento nell'Eucaristia di situazioni riguardanti il nostro quartiere o problemi attuali...
    Quest'anno non faremo più le solite vacanze estive nel periodo delle ferie. Ci troveremo a fine giugno per riflettere sulle scelte da operare e poi ciascuno andrà in estate dove crederà più opportuno. Ad ottobre ci sarà un nuovo appuntamento per riprendere il cammino insieme.

    Molti giovani sono passati in questi anni (si pensa un 150 circa), scrivendo queste righe i loro volti ci ritornano in mente; ognuno con la propria presenza anche solo di qualche mese ha segnato un tratto profondo nel cammino del gruppo.
    Siamo rimasti una cinquantina e cerchiamo di andare avanti costruendoci una duplice fedeltà a Dio e agli uomini di oggi. Fino a quando? Per quale strada? Non lo sappiamo. La descrizione richiestaci del cammino termina qui. Il resto è storia da inventare.


    T e r z a
    p a g i n A


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